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“Amarcord”: chef Davide Palluda e la cucina italiana

"Amarcord": chef Davide Palluda e la cucina italiana

Davide Palluda non cerca mai la copertina, ma se la meriterebbe per le qualità umane e per la sua cucina: una delle migliori del Piemonte, con una capacità di ‘riscrittura’ della tradizione che vede pochi alla sua altezza. Vuole realmente bene al suo Roero, lo conosce benissimo, è un maestro del tartufo bianco. Ma si è preso – fortunatamente – il diritto di smontare e rimontare i fondamentali con tecnica moderna e gusto innato. Che fosse bravo lo aveva intuito un grande gourmet e scopritore di talenti quale Toni Cuman. «Mi ricordo che avevo aperto il ristorante da tre mesi e si era seduto a tavola con due critici, giovani come me. Poi mi arrivò la telefonata da Milano per invitarmi a preparare un piatto per La Cucina Italiana: era ottobre 1995, ma non chiedetemi il piatto: mi ricordo l’emozione, ma non cosa ho cucinato…» ricorda lo chef-patron di Canale. Poco male, i nostri Lettori ritrovano l’articolo originale apparso sul numero di ottobre 1995 qui sotto in gallery.

Davide Palluda & la cucina italiana

«L’uscita mensile de La Cucina Italiana era l’occasione per vedere cosa succedeva in giro e soprattutto verificare il lavoro dei cuochi più importanti. La mia è una generazione che ha iniziato a girare per l’Italia e il mondo solo quando ha potuto organizzarsi la vita: io tra i 25 e i 30 anni dovevo pensare al locale con mia sorella Ivana e stop. Nè Internet aveva la stessa importanza di oggi per i cuochi: oggi i ragazzi, al di là che viaggiano molto di più, hanno la possibilità di vedere cosa combina ogni cuoco sul pianeta e ispirarsi ai suoi piatti. Nel mio caso, frequentavo solo i ristoranti della famiglia Alciati, il Pinocchio a Borgomanero e il Sorriso a Soriso dove il grande Angelo Valazza mi affascinava oltre che per la stessa immensa fede juventina quale la mia per la conoscenza della materia prima e la determinazione per fare sempre bene. Lui sì che ha cambiato un territorio quando del tema manco se ne parlava» continua Palluda.

Ma se la ricorda la cucina italiana degli anni ‘90? «Era nettamente divisa tra i cuochi che facevano grandi cose ispirandosi chiaramente alla Francia e quelli che cercavano già di interpretare il meglio del territorio. Poi le osterie con i piatti della tradizione eseguiti come un secolo prima e i posti classici con una proposta ampia che poteva piacere un po’ a tutti. Oggi, vedo una trasversalità dei luoghi e della cucina che non sempre mi convince, secondo me c’è bisogno di una maggiore identità persino nelle regioni del Sud dove sino a pochi anni fa non ci si poneva dubbi sulla rotta da tenere».

Cos’è il Cyber Egg di Davide Scabin e altre uova celebri

La Cucina Italiana

Il temibile «giudice ombra», Davide Scabin, ieri sera è tornato a MasterChef per affiancare i giudici nella sfida della Red Mystery Box, sotto cui si celava il suo cyber egg, l’uovo cibernetico che ha decretato la fama dello chef piemontese. I concorrenti avevano a disposizione 45 minuti per inventare un piatto con l’uovo come protagonista assoluto, lasciandosi ispirare dalla mitica creazione che Scabin realizzò per la prima volta nel 1997, quasi per caso. E che oggi non viene più proposto.

«Era una notte piovosa di novembre, mi stavo stufando durante il servizio», ha raccontato lo chef ai concorrenti. «Ho iniziato a giocherellare con un pezzo di pluriball. C’era un plateau di uova, le guardavo e mi dicevo: “Che cosa ci posso fare? La natura gli ha dato tutto, anche il packaging. E se provassi a cambiargli il guscio?”. Di fianco c’era il rotolo della pellicola».

Ed è da un’intuizione estemporanea che è nato il cyber egg. L’uovo cibernetico si presenta come un fagottino trasparente chiuso da un filo di nylon sottilissimo (0,3 millimetri). Al suo interno ci sono caviale Asietra (o Oscietra), scalogno, tuorlo d’uovo, pepe bianco e qualche goccia di vodka. Non si usano posate: la pellicola va incisa con un bisturi in alto, al centro. Poi si succhia, assaporando lentamente i preziosi ingredienti, per godere appieno dell’esplosione di gusto.

Cyber egg

A spiegare i dettagli della ricetta futuristica è stato proprio lo chef Scabin, una decina di anni fa, sui social. «Su un piano di lavoro stendere la pellicola a foglio doppio incamerando un po’ di aria tra i due fogli. Disporre al centro 15 grammi di caviale, un pizzico di scalogno tritato finemente, un tuorlo d’uovo (crudo, ndr), una macinata di pepe e due gocce di vodka». Poi è il momento di dare forma al cyber egg: «Sollevare i quattro angoli della pellicola, chiudere a fagotto e far fuoriuscire l’eventuale aria in eccesso, quindi mandare in pressione il cyber egg arrotolandolo su se stesso, creando così due camere ben distinte. Chiudere ermeticamente legando l’estremità del cyber egg con il filo di nylon. Tagliare l’eccesso di filo e pellicola formando un picciuolo». Per completare l’innovativa esperienza gastronomica, il piatto va accompagnato a vodka secca ghiacciata.

Altre uova celebri

Oltre al visionario cyber egg di Scabin, la storia della cucina italiana è stata segnata anche da altre celeberrime uova.

Uovo alla Cracco

Anche lo chef Carlo Cracco ha saputo nobilitare e valorizzare l’uovo che, da ingrediente quasi «di ripiego», è diventato il super protagonista di una pregiatissima ricetta, quella che Scabin ha citato dopo avere visto Eleonora preparane uno piuttosto simile durante la prova. Si tratta di un tuorlo d’uovo avvolto in una croccante panatura e fritto. Per prepararlo bisogna appoggiare il tuorlo, delicatamente separato dall’albume, in uno stampino di alluminio, sopra uno strato di pangrattato, e ricoprirlo con altro pangrattato. Dopo avere fatto riposare l’uovo in frigo per tre o quattro ore, prelevarlo e friggerlo, usando una schiumarola, in abbondante olio caldo di semi di girasole. Posare il tuorlo fritto su un foglio di carta assorbente e salare.

Uovo di seppia di Cuttaia

L’uovo di seppia è un grande classico dello chef siciliano Pino Cuttaia. È un uovo fatto di seppia che avvolge un tuorlo, servito su una crema al nero di seppia e ricotta o su tartufo. Dopo avere pulito accuratamente la seppia, si taglia la polpa a cubetti e si frulla poco alla volta con un minipimer, fino a ottenere un composto liscio e omogeneo. Da un piccolo foro sul guscio delle uova, che si può allargare con una piccola forbice, far colare l’albume in un bicchiere. Estrarre il tuorlo dell’uovo allo stesso modo e tenerlo da parte. Pulire l’interno del guscio con acqua, inserire 30 grammi di seppia frullata per ogni uovo all’interno del guscio con la punta delle dita e modellarla pressandola e creando una membrana uniforme. Lasciare spazio per inserire il tuorlo e posizionarlo all’interno. Chiudere il guscio con la rimanente seppia frullata, fino a «saldarlo». Cuocere l’uovo nel forno a 52°C in modalità vapore per 15 minuti. Assemblare il piatto creando un nido di tartufo nero e posizionando l’uovo cotto privato della buccia.

Uovo all’uovo di Marchesi

Piatto iconico della cucina italiana, è stato creato dal celeberrimo chef Gualtiero Marchesi nel 1985. È un uovo cotto a vapore, svuotato e riempito con il tuorlo cotto a bassa temperatura. Il morbidissimo uovo cremoso che si ottiene viene servito insieme a una salsa delicata.

Il risotto preferito di Giuseppe Verdi secondo Davide Livermore

La Cucina Italiana

E se cucinare il risotto preferito di Giuseppe Verdi fosse il piatto perfetto per oggi?

Come ogni dicembre (o quasi), il 7 dicembre è la data della Prima alla Scala a Milano. Quest’anno, andrà in scena Giuseppe Verdi con il Don Carlo, che va a chiudere la “trilogia del potere” iniziata con Macbeth e proseguita lo scorso anno con Boris Godunov, come ha sottolineato il Maestro Riccardo Chailly.

Per l’occasione, resa ancora più lieta dalla proclamazione dell’Arte del Canto Lirico Italiano come Patrimonio dell’Umanità Unesco, abbiamo pensato di riproporvi la ricetta del risotto preferito del grande Giuseppe Verdi, che preparò nel 2018 nella nostra cucina di redazione Davide Livermore, l’allora regista dell’Attila che aprì la stagione 2018/19, oggi direttore del Teatro Nazionale di Genova.

Risotto quasi alla Giuseppe Verdi

Ingredienti

  • 500 g riso Carnaroli
  • 150 g funghi champignon mondati
  • 100 g oppure 1 fetta di Prosciutto di Parma Dop
  • 100 g pomodori pelati
  • 100 g panna fresca
  • 80 g Parmigiano Reggiano Dop
  • 80 g guanciale a dadini
  • 6 carciofi
  • 1 cipolla a fettine
  • brodo vegetale
  • vino bianco secco
  • prezzemolo
  • limone
  • menta
  • aglio
  • burro
  • olio extravergine d’oliva
  • sale
  • pepe

(ph Riccardo Lettieri, styling Beatrice Prada)

Procedimento

  1. Tritate finemente un bel ciuffo di prezzemolo e uno di menta.
  2. Sbucciate 1 spicchio di aglio e tagliatelo a dadini.
  3. Mondate i carciofi e immergeteli a mano a mano in una ciotola di acqua acidulata con succo di limone perché non si anneriscano.
  4. Sgocciolateli e asciugateli delicatamente.
  5. Aprite le corolle e farciteli con il guanciale, poco aglio, il trito di prezzemolo e menta, sale e pepe.
  6. Accomodate i carciofi a testa in giù in una casseruola con un paio di cucchiaio di olio.
  7. Portate sul fuoco e fate rosolare per alcuni minuti, poi sfumate con 1/2 bicchiere di vino, fate evaporare, bagnate con un paio di mestoli di brodo vegetale, riducete la fiamma, coprite e cuocete per 15 minuti circa.
  8. Prelevate 3 carciofi e affettateli finemente.
  9. Completate la cottura degli altri in 10 minuti. Infine divideteli a metà per il lungo e teneteli in caldo.
  10. Affettate gli champignon.
  11. Tagliate a striscioline il prosciutto crudo.
  12. Rosolate la cipolla in una casseruola velata d’olio, aggiungete dopo due minuti gli champignon, dopo altri 2 minuti i carciofi affettati e il prosciutto.
  13. Cuocete per un minuto, aggiungete i pomodori pelati e il riso, mescolate brevemente, sfumate con 1/2 bicchiere di vino bianco e lasciate evaporare.
  14. Portate il risotto a cottura bagnandolo via via con il brodo necessario.
  15. Toglietelo dal fuoco e mantecatelo con una generosa noce di burro e con la panna.
  16. Completate con il parmigiano grattugiato.
  17. Distribuite il risotto, unite i mezzi carciofi e servite.

Ricerche frequenti:

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