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Puntarelle alla romana: tutti i segreti

La Cucina Italiana

Puntarelle alla romana, il contorno per eccellenza nella Capitale Dal finire dell’autunno all’inizio della primavera, quando sono di stagione, nei mercati – e di conseguenza nei ristoranti – romani è tutto un arricciarsi di puntarelle. Perché la cosa più difficile, in realtà, non è renderle saporite, ma dar loro quella tipica forma a ricciolino che prendono solo se lavorate nel modo giusto. Abbiamo chiesto come le prepara alla cuoca di un ristorante di Trastevere fra i più veraci di Roma. Lei è Stefania Porcelli, cuoca e nipote di Checco er Carettiere, in cucina da quarant’anni, dove dice di aver imparato tutto rubando con gli occhi. Compreso il mondare e condire alla perfezione le puntarelle, che sono quelle che, in tanti anni di assaggi, abbiamo trovato fra le più equilibrate in sapidità e acidità, oltre che perfette nella consistenza. Per la cronaca: Checco er Carettiere, che dà il nome al ristorante, è un mitologico personaggio trasteverino realmente esistito. Ha iniziato la carriera portando in città il vino più buono dei Castelli, poi è diventato oste e poi… la moglie era brava a cucinare e da lì è nato tutto.

Da cicoria catalogna a puntarella alla romana: «Ci vuole pazienza!»

Per prima cosa, le puntarelle sono la parte più tenera della cicoria catalogna. Si usa il cuore della pianta e qualche fogliolina esterna più morbida, ma nient’altro. La lavorazione è una vera e propria arte: a Roma è facile trovare e acquistare l’apposito attrezzo, una specie di griglia con cui incidere dall’alto il cuore della catalogna e zac! si formano i fili. Difficilissimo, peraltro, trovarlo per esempio nel Nord Italia. Anche se, come dice Stefania, «è meglio sfilarle a mano, come si dice a Roma, così da togliere pure i fili esterni, che se no vanno fra i denti. Ci vuole tanta pazienza, ma la differenza si sente eccome». E in effetti, dal momento che si mangiano crude, è facile che qualche fibra causi il fastidioso inconveniente, salvo essere così precisi da mondarle correttamente.

Per arricciarle: acqua, ghiaccio e limone

Appena mondate si mettono a bagno in acqua, ghiaccio e limone. È il freddo che, grazie allo choc termico, aiuta a farle arricciare alla perfezione. La funzione del limone è invece di non farle annerire, in modo da conservare quella bella palette di verdi che va dal chiarissimo dei fili che vengono dal cuore della catalogna al più scuro delle foglioline.

Il condimento: un’emulsione che sa di mare

L’aglio nel condimento delle puntarelle alla romana c’è e ci deve essere, per Stefania, «ma deve essere solo un lontano ricordo perché non piace a tutti». Fondamentale il ruolo delle alici, che danno il sapore e anche la giusta componente di sale. Da Checco comprano rigorosamente quelle sotto sale e poi provvedono loro a dissalarle: «Devo vedere che cosa mi hanno portato, quando sono già in olio a stento riconosci che pesce è», commenta Stefania, che ha negli anni ha consolidato l’arte della selezione della materia prima. Quindi si fa l’emulsione con abbondante olio e aceto. «Le alici si schiacciano nel mortaio fin quasi a scioglierle, insieme all’aglio, che non deve essere presente nel piatto, ma solo al palato, poi con olio e aceto si crea l’emulsione». Volendo dare una proporzione, l’aceto è un quarto dell’olio: «Schiacciate al mortaio una decina di alici dissalate, sciacquate e asciugate bene, insieme all’aglio e, se piace, a una puntina di peperoncino. Una volta che sono diventate una poltiglia, cominciate ad aggiungere l’olio, almeno due cucchiai, e un cucchiaino di aceto. Naturalmente non serve sale perché le alici già danno il loro contributo di sapidità», avverte infine Stefania.

San Valentino a casa di Ernst e Frau Knam: la ricetta salata

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Qual è il vostro posto del cuore?
A. «Io da veneziana del sestiere di Cannaregio, consiglio sempre la Serenissima: è una meta facilmente raggiungibile. A Venezia poi, la vista al tramonto dall’Hilton Molino Stucky Venice per me è una delle più belle della città».

Come si crea l’atmosfera giusta?
E. «Per una cena, puntate su un dettaglio a sorpresa come le mie candele al cacao. Luci soffuse, un bel mazzo di fiori in tavola, e poi un menù corto e leggero, facile da preparare. Una bollicina servita rigorosamente nella coppa. Finite con un dolce e due cioccolatini. Per poi spostarsi sul divano, sazi ma ancora leggeri…».

Frau Knam, ovvero Alessandra Mion, e Ernst Knam.

La ricetta per un amore duraturo come il vostro?
E. «Litighiamo anche noi e in quei casi evochiamo Cristina: “ Ma quel giorno la nostra amica non si poteva fare gli affari suoi?”. Scherzi a parte, il segreto è ascoltare e non solo parlare e poi fare un passo indietro. Le farfalle se ne vanno, coltiviamo l’amore con piccoli gesti ogni giorno. Mi sono da esempio i miei genitori, insieme da 50 anni».
A. «A proposito di piccoli gesti, trovo che anche regalare solo un singolo fiore sia un gesto profondo. Il fiore è effimero, ma è anche qualcosa di cui prendersi cura. Il bello è trovarlo quando meno te lo aspetti. In ufficio a inizio settimana, lontano da un compleanno. Aiuta a superare le incomprensioni che tutti affrontano».

La ricetta: Pasta risottata con crema di piselli e capesante

Pasta risottata con crema di piselli e capesante: una delle ricette di San Valentino dei coniugi Knam.

Ingredienti per 2 persone

  • 450 g brodo vegetale
  • 150 g pasta risoni
  • 150 g purea di piselli
  • 50 g vino bianco
  • 50 g cioccolato fondente 80% tritato
  • 30 g burro
  • 30 g olio evo
  • 20 g burro di cacao
  • 6 capesante
  • 6 julienne di limone semi canditi
  • erbe fresche (timo, maggiorana, erba cipollina)
  • sale Maldon
  • pepe bianco di Sarawak

Procedimento

  1. Fate un risotto classico, usando con la pasta al posto del riso. Alla fine mantecate con la purea di piselli, il burro, il cioccolato e l’olio evo.
  2. Scottate le capesante in una padella antiaderente con burro di cacao e salate con il sale di Maldon.
  3. Mettete la pasta risottata in un piatto piano.
  4. Finite con tre capesante decorate e le julienne di limone.
  5. Decorate con le erbe e pepe bianco di Sarawak.

Ricerche frequenti:

MasterChef: chi è Chiara Pavan e cos’è la cucina ambientale?

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Scopriamo insieme chi è l’ospite chef a MasterChef, la cuoca Chiara Pavan, che spesso avrete ritrovato nei nostri articoli online e tra le pagine del ricettario della nostra rivista.

Il futuro è green, anche in cucina, e MasterChef, nella puntata di questa sera, esplorerà proprio le nuove frontiere della sostenibilità. Nell’ultimo skill test della stagione, dedicato a una cucina che si prende cura del territorio attraverso la valorizzazione dei suoi ingredienti, i giudici Bruno Barbieri, Antonino Cannavacciuolo e Giorgio Locatelli accoglieranno un’ospite speciale, Chiara Pavan del ristorante Venissa (una stella verde Michelin), che si trova sull’isola di Mazzorbo a Venezia. La chef racconterà ai concorrenti la sua cucina ambientale, che descrive il territorio circostante e, allo stesso tempo, riflette sull’impronta che vi lascia.

Veronese, 39 anni, Chiara Pavan è laureata in Filosofia con una tesi in Filosofia della Scienza a Pisa. Da sempre appassionata di cucina, dopo aver conseguito il diploma ad Alma, la scuola di alta cucina in provincia di Parma, ha fatto esperienza da Caino a Montemerano, a fianco della chef Valeria Piccini, ed è approdata al Venissa con Francesco Brutto (che adesso è anche il suo compagno di vita).

Solo i prodotti del proprio microcosmo

Insieme curano i menù del ristorante, e i loro piatti sono soprattutto a base dei frutti del loro orto, per trasmettere il forte legame con il territorio. «L’orto di Venissa ci permette di lavorare con prodotti sempre freschi, non trattati in alcun modo, unici perché crescono in un terreno ricco di sale, e soprattutto che hanno un’impronta carbonica decisamente più bassa, non avendo bisogno di trasporto per arrivare fino al ristorante», spiega la chef su Instagram. Certo, il progetto è molto ambizioso, e spesso complesso: «Talvolta è davvero difficile cucinare con prodotti provenienti solo dal proprio microcosmo, seguendo stagionalità che sono sempre più incerte. Eppure l’idea di cucina ambientale si basa principalmente su questo. In quest’ultimo anno, vedendo la laguna così in sofferenza ci siamo datə un sacco di limiti: verdure provenienti dal nostro giardino sull’isola o da orti di prossimità; solo quattro-cinque specie invasive; farine localissime più complicate da lavorare. Ma quanto è difficile?! Quanto sarebbe più facile usare pesci più comuni (oramai sempre meno presenti nei nostri mari), carne, cioccolato, prodotti esotici squisiti (e pensare che noi non usiamo nemmeno il limone…dando acidità con l’uva acerba di recupero del diradamento della vigna)».

Meno proteine animali

Molte delle proposte del Venissa sono a base vegetale: Chiara Pavan spiegherà ai concorrenti di MasterChef che «uno dei compiti principali di noi chef/fe oggi è dimostrare che le pietanze a base vegetale sono soddisfacenti tanto quanto quelle a base di proteina animale. Essendo i sistemi alimentari e il modo in cui mangiamo responsabili di un’alta percentuale di emissioni gassose e inquinamento, negli ultimi anni ho ripensato molto a cosa significhi davvero applicare principi di sostenibilità in cucina. Sembra scontato ma non lo è: la cosa più importante è promuovere una dieta povera di proteina animale e ricca invece di vegetali legumi e cereali. É fondamentale inoltre approvvigionarsi da coltivatori e produttori che condividono con noi gli stessi valori di cura dell’ambiente e dell’ecosistema».

Fra le verdure che, da buona veneta, preferisce, c’è il radicchio. «In Veneto il gusto amaro fa parte della cultura culinaria ed è particolarmente apprezzato. L’amaro è un’abitudine, ci riporta ai sapori del campo, dell’inverno con i radicchi, ma anche della primavera (con il tarassaco, le erbe spontanee e, in particolare, le cicorie)».

Trasformare i problemi in opportunità

Ma Chiara Pavan va oltre: cerca di sfruttare la flora e la fauna invasive per trasformare i problemi in opportunità. Prendiamo, ad esempio, la salicornia. «Negli ultimi due anni la presenza di piante alofite in laguna è molto aumentata. La causa è direttamente legata al cambiamento climatico: la risalita del cuneo salino, inasprita dalle siccità di questi anni, che ha portato ad un aumento della percentuale di sale nel suolo. La situazione nell’Italia nord orientale è piuttosto grave e non se ne parla ancora abbastanza. L’anno scorso a Venissa abbiamo perso vari alberi da frutto e una parte di vigneto. Le vittime di questo aumento della salinità del suolo sono proprio le produzioni agricole e la biodiversità. Solo le piante che tollerano un’alta percentuale di sale riescono a sopravvivere e a diffondersi dando forma a vere e proprie distese di salicornia e “sue sorelle”. A mio avviso, come per la situazione dei granchi blu, l’emergenza climatica va affrontata prima che sia troppo tardi ma anche con uno sguardo creativo: le piante alofite si possono usare in cucina, sono buonissime e hanno interessanti proprietà nutritive».

Le proteine alternative alla carne

Fra le proteine alternative al consumo della carne, la chef, da un paio di anni, ha introdotto in menu anche la rapana venosa, un gasteropode originario del mare del Giappone, già da qualche decennio arrivato nell’alto Adriatico, probabilmente – come il granchio blu – attraverso le zavorre delle navi. Si presta per cotture sia lunghe, che molto veloci. Un’altra specie aliena servita nel menu è l’anadara inaequivalvis, detta anche scrigno di Venere: è un mollusco bivalve estremamente invasivo che, come la rapana, si nutre di molluschi locali, contribuendo alla perdita di biodiversità e alla trasformazione degli ecosistemi marini. Esteriormente è simile alla vongola, ma ha un gusto singolare e tanta emoglobina quanto (in percentuale) il manzo. Chiara Pavan e Francesco Brutto ne hanno ricavato una sorta di «panna cotta» e la servono anche cruda, condita con olio all’aglio, allo zenzero, rapa lattofermentata, finocchio di mare, potentilla ed erba ostrica. «Nuove specie invasive, cereali tolleranti alla siccità, insetti e carne coltivata», promette la chef, «saranno ingredienti che accoglieremo con curiosità».

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