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Dove mangiare le cozze a Milano in 5 indirizzi

Dove mangiare le cozze a Milano in 5 indirizzi

Le cozze a Milano in 5 ristoranti perfetti per innamorarsene ancora una volta. Assaggiatele crude, gratinate, in pentola e… fritte!

Questa sera cozze?
Una bella pentolata in famiglia, con gli amici, ma anche a due, per godere del sapore più popolare del mare e scoprire le ricette di chi di cozze se ne intende, eccome. Anche a Milano, dove il mare è lontano, ma il suo eco risuona forte. Tra i ricordi vacanzieri, la costante voglia di respirare la brezza delle onde e la diffusa presenza di ristoratori capaci di importare nel capoluogo lombardo le migliori ricette a base di cozze. Ma non solo. Nei posti che trovate qui sotto, l’amore per le cozze si traduce anche in una accuratissima selezione e nella costante voglia di proporre un prodotto apparentemente molto comune che può regalare emozioni uniche. Se è vero infatti che un’impepata di cozze si può ordinare praticamente in tutti i ristoranti che propongono pesce, in questi posti ha una marcia in più. Provare per credere.
Una volta entrati poi, sarà un grande piacere andare oltre la classica zuppa. E innamorarsi delle cozze pelose crude, delle ricette che profumano di Belgio, della vivacità tarantina…

La Cozzeria
Via Lodovico Muratori 7

Foto @Tripadvisor

Se avete davvero tanta voglia di cozze, dovete partire da qui. Un locale piccolo, romantico, che strizza l’occhio alla Francia con leggerezza e in cui raccogliersi davanti a una grande e profumata pentola di cozze senza troppe pretese. Apparecchiatura semplice, spazi modesti, ma un’incredibile scelta di cozze servite con peperoni, in salsa di rucola e zafferano, in salsa di basilico, con arancia e zenzero (le mie preferite), con fagioli, con ceci, alla siciliana, al rosmarino, alla poulette, alla crema di porri, alla crema di Pastis, alla senape di Digione, in salsa di Gorgonzola e gratinate. Non mancano ovviamente la classica impepata e la ricetta alla marinara e sono tutte rigorosamente accompagnate da un piattino di patatine fritte fatte in casa. Gradevolissimo anche il bianco della casa che completa la proposta semplice e non scontata di un locale che merita una visita.
LaCozzeria tel. 0254107164

Le Vent du Nord
Via Sannio 18

Foto @Instagram

Eccoci in Belgio, tra i tavolini dei vicoli in cui moules et frites profumano le strade e incantano gli avventori più affamati. Tornando alla realtà in Via Sannio non ci sono i vicoli e nemmeno il vento del Nord, ma con un po’ di immaginazione, siamo proprio lì. Le Vent du Nord è infatti un locale che di atmosfera ne ha da vendere e che può anche contare su un menu essenziale, ma azzeccatissimo in cui troneggiano cozze e patatine fritte due volte, come da tradizione belga. Belga anche le ricette delle cozze, proposte alla marinieres con sedano, cipolla, burro, prezzemolo, pepe e vino bianco, à la crème con burro, aglio, panna e pepe, à la provençale con sedano, scalogno, olio, prezzemolo, pepe e pomodoro e infine allo zenzero con zenzero, scorza di lime, peperoncino, burro e sfumate con vino bianco. Se volete stare sul semplice, rifugiatevi nelle cozze classiche saltate semplicemente con olio, aglio e pepe.

Vent du Nord tel.  0255189027

Pescaria
Via Bonnet 5/Via Solari 12

Foto @Instagram

Da Polignano a Mare a Milano il viaggio è stato breve, l’intesa immediata. Pescaria ha conquistato i milanesi con i suoi panini giganti al pesce (quello con il polpo fritto è un must), ma noi siamo qui per parlare di cozze. Ed ecco allora l’inevitabile carrellata sul menu di questa catena di ristorantini di pesce che offre un assaggio da veri cozza lovers. Da assaggiare assolutamente le cozze pelose crude(servite in piatti da 10), le classice cozze nere, ma anche le squisite cozze fritte (200 g di cozze sgusciate e fritte). Per non parlare della cacio, pepe e cozze, semplicemente irresistibile.

Pescaria.it tel. 02 659 9322/02 3668 5383

La Taverna dei Terroni
Via Pietro Crespi 18

Foto @Tripadvisor

Se siete alla ricerca di un posto dall’atmosfera popolare, questa trattoria potrebbe fare per voi. Qui le cozze rappresentano solamente una parte del menu che è composto dai classici piatti di pesce (pasta, fritti, pesce da scegliere al banco…). L’origine tarantina del gestore Paolo però, impone un assaggio della zuppa di cozze, un punto di partenza irrinunciabile per una buona scorpacciata di pesce. Le cozze poi troneggiano anche nei classici scialatielli allo scoglio, da assaggiare assolutamente per completare l’esperienza.

Tel. 335 404 821

Mieru Mieru
Via Magolfa 14

Foto @Mierumieru

Spaghetti alla tarantina. Cozze gratinate o in impepata. Cozze pelose. In questo ristorante pugliese dall’animo caldo del sud, le cozze diventano regine dei piatti della grande tradizione, proposte secondo antica ricetta e istintivamente preparate senza troppe complicazioni. Buone, da assaggiare a volontà e innaffiate da un buon bicchiere di vino, mieru in dialetto salentino.  Per la classica tiella di riso, patate e cozze meglio chiedere al telefono. È un piatto speciale che non viene preparato tutti i giorni!

MieruMieru.it tel. 0289406320

Peppa Pig vuole riempire il mondo di nuove foreste di alberi da frutto

Peppa Pig vuole riempire il mondo di nuove foreste di alberi da frutto

In collaborazione con il portale Treedom, la tenera maialina dei cartoni animati punta a dare vita a nuove foreste di alberi da frutto, le Peppa Pig Forest. Ecco come contribuire in prima persona con un semplice “like” sui social

Una foresta firmata Peppa Pig. No, non è la trama di un qualche spin-off del cartone animato prescolare più iconico dell’ultimo ventennio, bensì un’interessante iniziativa pronta a fare il grande passo dal piccolo schermo al mondo reale: la maialina più famosa del mondo dell’animazione ha infatti unito le proprie forze con Treedom, il portale che permette di piantare alberi e di seguirli online nel loro sviluppo. Obiettivo: dare vita a tante piccole Peppa Pig Forest, e disseminare preziosi alberi da frutto in giro per il mondo.

L’iniziativa, che punta a finanziare direttamente le comunità agricole, favorendo al contempo la biodiversità del pianeta, prevede almeno per questa prima fase di raggiungere quota 250 alberi, tra avocado, cacao, caffè, limone e papaya, da piantare in Kenya, Cameroon, Madagascar e Guatemala. Per contribuire in prima persona alla foresta di Peppa è sufficiente andare sulla pagina Facebook del cartone animato, OfficialPeppaPigItaly, e lasciare un mi piace al post dedicato alla campagna #PeppaPigForest: per ogni 100 like raccolti da qui a fine agosto, un albero sarà piantato. Cliccando sul portale Treedom dell’iniziativa, inoltre, è possibile scegliere anche la tipologia e la destinazione delle varie piante da frutto, suggerendo per loro un nome di battesimo.

Foto Getty.

Il mondo immaginario della piccola maialina e dei suoi amici animali, d’altronde, è sempre stato in qualche modo molto attento ai temi della salvaguardia dell’ambiente. Nell’ottava stagione del cartone animato, in onda in Italia dallo scorso aprile, sono stati inseriti anche diversi episodi legati alla sostenibilità, pensati per spiegare ai più piccoli temi fondamentali – e non semplici – come l’importanza delle energie rinnovabili, la bellezza della mobilità green e tutto il processo legato al riciclo dei rifiuti. Le Peppa Pig Forest risultano dunque come un proseguimento del tutto naturale di questa missione incominciata sullo schermo: un piccolo, ma significativo, passo in avanti per salvaguardare la vita sul nostro pianeta. Con tanto di limoni, caffè e avocado di contorno.

Come il Covid-19 ha cambiato i menu dei ristoranti, tra app e QR Code

Come il Covid-19 ha cambiato i menu dei ristoranti, tra app e QR Code

Le nuove norme sanitarie stanno obbligando molti locali ad archiviare i cari vecchi menu di carta. Ecco allora quali sono le alternative messe in campo dalla tecnologia

Il menu, in quanto oggetto, ha un suo fascino innegabile. I suoi dettagli, la sua carta, il carattere con cui è stato scritto e sì, anche il suo stato di conservazione ci possono dire molto del locale in cui ci accingiamo a mangiare, facendoci pregustare – o temere – l’imminente esperienza gastronomica. Vi immaginate, per esempio, un ristorante di alta cucina con menu scritto in Comic Sans su carta azzurrina stropicciata? No, ecco. C’è un problema, però, tutt’altro che marginale: l’emergenza sanitaria scatenata dal coronavirus ci sta costringendo a fare a meno di qualsivoglia esperienza tattile. Perché anche sfogliare un banalissimo elenco di primi, secondi e contorni – racchiuso all’interno della propria cartelletta in finta pelle – potrebbe trasformarsi in un’occasione di contagio. E no, in questo caso le eventuali chiazze di unto sulle pagine – che restano sempre e comunque imperdonabili – non c’entrano davvero nulla.

La verità è che purtroppo il virus può annidarsi sulle superfici, anche di carta o di plastica. E per questo scambiarsi il menu tra commensali o, ancora peggio, fra tavoli può comportare un rischio. È vero, basterebbe grossomodo igienizzare le pagine e dare ai clienti la possibilità di pulirsi le mani subito dopo aver ordinato la propria cena, magari con un gel gentilmente offerto dalla casa. Ma in molti hanno preferito evitare questa prassi un tantino ospedaliera, optando invece per la strada – sostenibile anche a livello ambientale – del digitale.

Foto: SafeTable.

La rivincita del QR Code

In molti avevano smesso di scommetterci. Quel quadratino arzigogolato in bianco e nero, che talvolta il nostro smartphone si rifiutava categoricamente di riconoscere, sembrava aver imboccato il viale di quelle innovazioni tecnologiche potenzialmente capaci di rivoluzioni epocali, ma sconfitte alla prova dei fatti. E invece il QR Code è diventato l’alleato ideale di tutti quei ristoratori che per precauzione hanno deciso di sospendere la distribuzione dei propri menu. Già, perché in fondo il problema menu può essere risolto disseminando qua e là nel locale qualche totem che il cliente possa inquadrare con il proprio smartphone per poi consultare con tutta calma la carta direttamente dallo schermo.

Certo, resta un problema di fondo, che è bene non sottovalutare: a quale pagina reindirizzare lo smartphone del cliente? Le soluzioni attuate sono le più fantasiose, e spaziano dalla foto pubblicata sulla pagina Facebook del locale – con scritte talmente sfocate da non riuscire a distinguere un “pasta alla carbonara” da un “il costo del coperto è di 1,50 euro” – a un qualche pdf. Talvolta ben fatto, talvolta tanto brutto da essere stato per forza di cose commissionato per pochi spiccioli al cugino del cugino del fornitore della salsa di pomodoro. Che però ha fatto un corso online di grafica, per cui se ne intende.

C’è però chi ha deciso di ricorrere a servizi un tantino più strutturati, come per esempio quelli di SafeTable. In questo caso il ristoratore ha la possibilità di scegliere fra tre diverse tipologie di menu, totalmente personalizzabili: solo con testo, con foto introduttive per ogni categoria, con foto per ogni singolo piatto. Il tutto traducibile in 12 lingue, per aiutare quella clientela internazionale che – speriamo – tornerà presto a popolare locali e localini delle nostre città. SafeTable offre inoltre piccoli totem in plexiglas con QR Code stampato, da distribuire sui vari tavoli, ed eventuali servizi fotografici realizzati ad hoc. Quindi no, niente foglietto di carta svolazzante che passa di cliente in cliente, e niente foto ambigue di calamari fritti scontornati con Paint.

Foto: Kill-Bill.

Dal menu alla comanda

È possibile, però, pensare di spingersi un tantino più in là, partendo sempre da un QR Code, ma rendendo il menu vagamente più interattivo. È il caso di Kill-Bill, servizio dal curioso nome tarantiniano che però non contempla duelli di forchette e spargimenti di sangue fra tavoli rivali al grido di: «Tu mi hai rubato l’ultimo tiramisù». No, tranquilli, l’idea escogitata da due giovani di Viterbo è più semplicemente quella di integrare al menu digitale anche la possibilità di ordinare in totale autonomia. Proprio come accade per le proposte del food delivery, insomma.

Ogni QR Code è in realtà collegato anche a un numero di tavolo e questo permette al cameriere di limitarsi a controllare la correttezza dell’ordine a distanza per poi passarlo in cucina. Il che rende tutto più sicuro e diminuisce ulteriormente le occasioni di contagio tra personale e clienti, anche se forse potrebbe rendere le dinamiche del ristorante un tantino troppo fredde e automatizzate. Quindi tutto perfetto per i locali più giovani e informali, un po’ meno per quelli che da sempre vedono nel servizio uno dei propri fiori all’occhiello. Anche se ai tempi del Covid-19 vale pur sempre la regola del «meno fronzoli e più Amuchina», al di là di ogni possibile carineria.

Foto: Burger King.

Tutto in un’app

Il QR Code, come abbiamo visto, è senza alcun dubbio l’alleato più immediato per trasportare il menu cartaceo nel mondo del digitale. Ma non è l’unico, ovviamente, tra le varie possibilità c’è anche quella dell’app da scaricare. Decisamente più invasiva, perché presuppone che il cliente investa parte del suo tempo e dei suoi Giga per il download, e soprattutto che abbia sufficiente spazio libero nella memoria del proprio smartphone, solitamente intasato da meme di gattini, screenshot degli stati di Facebook dell’ex e video non meglio identificati provenienti da una qualche chat di gruppo. Quella dei genitori della 4B, forse, ma chissà.

Chi ha deciso di scommettere sull’app, dunque, è soprattutto chi ha la forza, la portata e la diffusione sufficienti per giustificare un simile sforzo informatico. Come le grandi catene di fast food. Burger King, per esempio, ha deciso non solo di trasferire una buona parte dei propri servizi su smartphone, ma di ampliarli ulteriormente sempre in ottica Covid Free.

La nuova app della catena americana di hamburgerie consente di sfogliare il menu delle proposte, effettuare l’ordinazione in totale autonomia e addirittura pagare, sempre via smartphone, riducendo così anche tutti i rischi legati in qualche modo al passaggio di denaro o all’utilizzo delle carte. Non solo: ai clienti è consentito addirittura di prenotare il proprio tavolo al fast food, per essere certi di trovare un posto libero senza dover girovagare per il locale bardati di mascherina con la disperazione di un milanese alla ricerca di un parcheggio in Porta Romana. Interessante, senza alcun dubbio.

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