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torte brutte (ma buone) per persone belle | La Cucina Italiana

torte brutte (ma buone) per persone belle
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Classe 1995, Veronica Boienti lancia nel 2020 il progetto Ugly Cakes, tutto da sola. Alle spalle, il panificio di famiglia dalla parte del papà – già il nonno produceva pane seguendo tutte le fasi della panificazione – che diventa la sua palestra per allenare la passione per la pasticceria. Non puoi non averle intraviste su Instagram: sono torte opulente, colorate, allegre. Poi ti soffermi a leggere le scritte e ti accorgi del contrasto. Se a prima vista sembrano opere d’arte dolciaria stucchevoli e romantiche, quando metti a fuoco percepisci la graffiante battuta ironica, spesso una verità anche molto tua, ma che non volevi ammettere o non è concesso farlo. Le Ugly Cakes di Veronica sono figlie delle vintage cakes americane e inglese, che vivono una nuova ondata di tendenza oggi, ma il successo sta tutto nella bravura e nell’ironia intelligente di chi le fa. Per questo abbiamo incontrato Veronica Boienti, determinata e spigliata food creator che riesce a far venire al suo laboratorio di Arese in provincia di Milano le influencer più cool della città per il ritiro delle sue torte – no, niente spedizioni.

Ecco l’intervista a Ugly Cakes in persona nella gallery di foto delle “bruttissime torte”. Al fondo, troverete anche un omaggio dolcissimo di Veronica, che ci ha regalato la sua ricetta della base carrot cake, che potete scegliere quando ordinate la vostra torta Ugly Cake – oltre alla vaniglia e al cioccolato. Fate attenzione che tra gli step di Procedimento ci scappa anche un consiglio davvero utile – sempre.

Buon non compleanno a voi!

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«Come ogni buona famiglia italiana, avevo mia nonna che stava in cucina soprattutto durante le festività, specie a Natale. Ho iniziato a cucinare da bambina con crostate e biscotti. Non ricordo a che età, ma sono certa che la prima cosa che ho cucinato è stata una crostata con la confettura. Poi piano piano, diventando grande, ho iniziato a cucinare di più, volevo imparare proprio anche altre pietanze, ho studiato su libri, siti e social, prima di Masterchef. Un anno prima della quarantena c’è stata una una full immersion per me, mi sono cimentata nel tentativo di fare il panettone, con il lievito madre, ci ho lavorato un anno. Poi ho iniziato a panificare, infine sono passata al “salato”.»

Quali sono i passi principali che ti hanno condotto ad essere un food influencer di successo?

«Mi dedico molto alla gestione dei social e alla creazione dei contenuti a cui tengo tantissimo, perché voglio che siano espressione di quello che sono. I passi per avere questo pubblico? Penso sia solo il fatto di non averci pensato su troppo, ma di avere scelto sempre una comunicazione diretta e spontanea. Sento che ho un potere in mano, di poter comunicare, e cerco di farlo al meglio.»

Che cosa ti rende unica, diversa da tutti gli altri?

«Non saprei, davvero. Cerco di essere sempre me stessa, così non posso sbagliare.»

Qual è la tua ricetta preferita?

«Impossibile rispondere! E poi in che senso, da cucinare? Da mangiare? Beh, da mangiare forse una ricetta di infanzia, per esempio le ciambelline al vino che faceva mia nonna.»

C’è un piatto o in ingrediente che non ti piace?

«Per ora no: come sapore tendenzialmente mi piace tutto, anche se sicuramente ci sono cose che non ho assaggiato. Fino a oggi, non esiste niente che non mi piaccia in assoluto. Poi ci sono cose che scelgo di non mangiare ma per altri motivi, non per il gusto (Irene predilige un’alimentazione basata sui vegetali, dei quali cerca di esaltare tutte le qualità, ndr).»

Dove ti vedi tra 5 anni?
«5 anni sono troppi, pensare così avanti, così a lungo termine mi genera un po’ di ansia. Diciamo 5 mesi? Mi vedo sempre alla ricerca di imparare qualcosa di nuovo, in ambito enogastronomico, certo. Anche se la cucina per me va a braccetto con la vita, quindi vorrei continuare con questo approccio alla vita, e soprattutto cercando di godermi questi momenti.»

Qual è il piatto che rappresenta meglio l’Italia, anche all’estero?

«Pizza e pasta: perché ogni regione ha le sue paste tipiche e il suo lievitato tipico: un dolce, un pane, una pizza…»

Le mode e le tendenze cambiano continuamente, ma secondo lei che cosa non tramonterà mai parlando di cucina italiana?

«Il sapore, il gusto e l’emozione.»

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