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Giovanna Castiglioni, intervista su design e cucina

Giovanna Castiglioni, intervista su design e cucina

A tutti sarà capitato, più di una volta, di dover raccogliere dal fondo di un barattolo le ultime tracce di maionese (ma anche di marmellata o di crema di nocciole…). Tanti si saranno detti che non avevano lo strumento adatto, brontolando per lo scomodo cucchiaio con cui si stavano sporcano le dita, altri invece avranno goduto della fortuna di possedere (da più di mezzo secolo) lo strumento giusto, pensato esattamente per questo scopo.

Stiamo parlando di Sleek, un cucchiaio di plastica PMMA (polimetilmetacrilato) disegnato nel 1962 dai fratelli Achille e Pier Giacomo Castiglioni. E, secondo me, cercando bene in fondo al cassetto della cucina, potreste scoprire di possederne uno, senza conoscerne il valore storico.

Forse il cognome Castiglioni si associa con più immediatezza alle celeberrime lampade, come Arco (che proprio quest’anno festeggia sessant’anni), Parentesi, Snoopy, Taccia, o alle sognanti sedute come Sella e Allunaggio. Sono tanti però anche i progetti che i tre fratelli (Livio, 1911-1979; Pier Giacomo, 1913-1968; Achille, 1918-2002) hanno dedicato all’arte della tavola. Piatti, bicchieri, posate, tutti creati per svolgere una funzione molto precisa.

«Prendiamo per esempio la linea di posate Dry», dice Giovanna Castiglioni, la più giovane dei tre figli di Achille, «ideate per essere pratiche da maneggiare. Il manico è ispirato a quello delle matite per carpentiere a sezione rettangolare, per un’impugnatura salda, ideale per arrotolare gli spaghetti muovendo la forchetta tra le dita a mo’ di trottola.
Progettate per Alessi nel 1982, vincono il Compasso d’Oro nel 1984.
Oppure pensiamo al servizio da tavola Bavero (sempre per Alessi), in porcellana bianca, in cui tutti i pezzi sono irrobustiti da spessori che li rendono più resistenti. Il disegno del labbro esterno, del bavero appunto, che dà il nome alla serie è completato verso l’interno da un filoncino in rilievo che forma una barriera per le dita durante l’azione del porgere. Io mi immagino sempre che il piatto dica al dito di chi sta servendo: “Fermo lì, non entrare nella zuppa!”.
È questo per me il senso del design: progettare qualcosa che migliori concretamente la quotidianità, che sia un cucchiaio per la maionese (mio papà e mio zio l’avevano disegnato per la maionese Kraft e con un certo numero di barattoli lo si aveva in regalo), una linea di piatti o una lampada per illuminare perfettamente il desco.
A casa nostra la tavola è sempre stata il punto di ritrovo della famiglia. Fratelli, mogli, figli, nipoti, nonne e nonni, tutti insieme per rinsaldare i legami. Mio fratello Carlo, presidente della Fondazione, ha appena pubblicato un libro (Affetti e oggetti. Cenni di un’antropologia famigliare alla Castiglioni, Corraini Edizioni, ndr) in cui racconta, tra le tante cose, anche lo stile di stare a tavola di casa Castiglioni.
I miei fratelli Carlo e Monica e io siamo cresciuti così, travolti affettuosamente dal flusso creativo che si respirava tra casa e studio e ispirati dal metodo sperimentale da applicare a ogni cosa. Lo scopo? Il raggiungimento del risultato sperato, in particolare il saper dare forma a oggetti giusti, cioè in perfetto equilibrio tra forma e sostanza.
Per questo alcuni di essi sono diventati di culto, perché non sono solo belli da vedere, ma anche utili, per davvero. Alcuni di uso quotidiano sono tutt’ora in produzione, proprio il cucchiaio Sleek, per esempio, nel 1996 è stato rieditato da Alessi e lo trovate in vendita in edizione speciale in color rosso, anche da noi, in Fondazione Achille Castiglioni.
Mio padre, cultore del segno grafico, in cucina amava in particolare le uova, così affascinanti nella loro perfetta semplicità. Era un mangiatore seriale di uova, di tutti i generi e cucinate nei modi più disparati. Più di tutto però gli piacevano “all’ostrica”: un pizzico di sale, qualche goccia di limone e via.
Io ho preso da lui questa passione sfegatata. Non sono una grande cuoca (avendo sposato un siciliano bravissimo ai fornelli, non ho problemi), ma le uova le preparo in tutti i modi. Basta chiedere: al tegamino, in camicia, sode, strapazzate, barzotte… E poi non faccio differenza, amo tutte le varietà di uova: di gallina, di oca (addirittura seducenti), di struzzo. Quelle di quaglia, seppur bellissime, mi danno poca soddisfazione perché dovrei mangiarne dozzine.
Non posso svelarvi ricette segrete di famiglia, ma una notizia riservata posso rilasciarla. Da piccola mi chiamavano OvoAnna».

Chissà come mai?

Gucci Garden: Karime Lopez e Martina Bonci, intervista doppia

La Cucina Italiana

MB: «Sono di origini umbre, ho sempre lavorato in Italia, ma ho avuto la possibilità di fare tanti viaggi di piacere per scoprire il resto del mondo. Ho fatto tesoro di questi viaggi e nelle mie ricette metto sempre qualche ricordo di quello che ho visto. Fin da bambina ho frequentato Firenze perché mio papà ha fatto l’università qui e quindi il legame è forte. La città è un museo a cielo aperto, un’emozione quotidiana che ti rapisce, come la luce che filtra adesso attraverso le vetrine, vedi che è magica?».

Qual è il vostro piatto tipico fiorentino preferito?

KL: «Senza dubbio la pappa al pomodoro. All’Osteria la serviamo come benvenuto dei nostri menù: un piccolo bignè farcito di pappa al pomodoro completato con una glassa al parmigiano».

MB: «La ribollita, con l’olio nuovo e il pane tostato».

Ribollita toscana

E quello del cuore?

KL: «Tacos, il profumo delle tortillas di mais mi manca molto».

MB: «Tagliatelle fatte in casa con il sugo di carne che mi ricordano le mie nonne».

Gucci Garden Karime Lopez e Martina Bonci intervista doppia
Tagliatelle con ragù alla bolognese

Le tagliatelle con ragù alla bolognese sono un gustoso primo piatto emiliano, grande classico della cucina di casa amato da tutti!

Vai alla ricetta

Entrambe avete girato tanto, qual è il nostro piatto che meglio rappresenta la cucina italiana nel mondo?

KL: «Qualsiasi piatto di pasta, secca o fresca. Ma secondo me c’è una ricetta che meriterebbe di essere più conosciuta e apprezzata anche all’estero: le olive all’ascolana».

MB: «Penso che la pizza li batta tutti».

Che cosa non manca mai nella vostra dispensa?

KL: «Il formaggio».

MB: «La pasta, e nel mio mobile bar whisky, limone e zucchero».

Lavorate per un marchio che è emblema di eleganza e incanto. Qual è il vostro rapporto con la bellezza?

KL: «Lavorare per una maison come Gucci è emozionante, ti ispira in ogni momento, ti dà fiducia che quello che fai sarà motivo di gioia per qualcuno. La bellezza non è ferma, ogni giorno si evolve, ogni giorno è diversa, ogni giorno è una sorpresa: è sufficiente entrare in questo palazzo, ammirare la piazza, guardare una collezione di abiti per capire che in ogni cosa la si può coltivare. Non solo nei tessuti più pregiati, anche in un piatto di baccalà o in un drink».

Karime Lopez

SOFIE DELAUW

Boomdabash: orecchiette, disco d’oro e libro nuovo: Intervista

Boomdabash: orecchiette, disco d'oro e libro nuovo: Intervista

Abbiamo intervistato Biggie Bash, il cantante del gruppo musicale Boomdabash. Quattro chiacchiere in libertà su Salento, ricette preferite e luoghi del cuore

Mettetevi comodi, selezionate una compilation dal ritmo in levare e scoprite che cosa c’è dietro Salentu d’Amare, il libro (anche di ricette) dei Boomdabash, il gruppo musicale salentino, protagonista indiscusso della colonna sonora delle nostre estati, da diversi anni. La parola a Biggie Bash!

Boomdabash: da sinistra Payà, Biggie Bash, Blazon e Mr.Ketra
Boomdabash: da sinistra Payà, Biggie Bash, Blazon e Mr.Ketra (ph Flavio&Frank)

«Il libro che avete in mano era nelle nostre teste già un anno fa». Così si legge nella prima riga dell’introduzione. «Ma a ripensarci bene, era nei nostri cuori da molto prima», mi dice il cantante Biggie Bash, che insieme a Payà (l’altro cantante) e a Blazon e Mr. Ketra (gli uomini alle macchine del «sound system») forma il famoso quartetto di Mesagne (BR). Non è un romanzo, ma è pieno di storie appassionanti; non è una guida, ma troverete indicati posti speciali, spesso fuori dalle rotte più note; non è un ricettario, ma state pur sicuri che dosi e procedimenti per preparare il pasticciotto, la focaccia barese o le orecchiette con le cime di rapa non mancheranno. Ecco cosa ci ha raccontato Biggie Bash:

La copertina del libro Salentu d’Amare, DeAgostini

Come mai avete deciso di scrivere un libro come questo, una via di mezzo tra il ricettario e la guida turistica? 

«L’idea è nata spontaneamente. La cucina è una parte importante della nostra cultura, in Salento si parla di qualcosa che ha a che fare con la tavola o il cibo come minimo due volte al giorno. Cucinare non significa solo preparare qualcosa per sfamarsi, per noi è un simbolo identitario, è quello che maggiormente restituisce il senso di appartenenza alla terra. A tutti questi concetti altisonanti aggiungi anche la convivialità, il bello di stare insieme, le famiglie numerose, gli ingredienti genuini (quasi sempre di provenienza domestica), le porzioni generose, il profumo del mare e hai trovato il Salento».

Torre Guaceto

Il patrimonio delle ricette pugliesi è vastissimo, come avete fatto a scegliere quelle da inserire nel vostro racconto?

«Il libro è diviso in quattro parti in cui ciascuno di noi si racconta. Ognuno ha scelto le proprie ricette preferite, quelle a cui è più affezionato, quelle che non mancano mai sulla tavola (in particolare del pranzo della domenica, il momento irrinunciabile per il salentino doc). Per non scontentare nessuno, abbiamo riportato solo le ricette «codificate». Poi si sa che ogni focolare ha la sua versione… Le nostre mamme e le nostre nonne sono custodi di tutte quelle piccole varianti che rendono inimitabile la nostra cultura gastronomica (e con «nostra» intendo quella italiana, mica solo quella salentina!). Per questo il mio consiglio è sempre  di provare lo stesso piatto in posti diversi, per scoprire quelle magiche sfumature».

Orecchiette con le cime di rapa
Orecchiette con le cime di rapa

Qual è allora la ricetta che meglio ti rappresenta?

«Confesso che non c’è nel libro. È una preparazione molto povera, che risale ai tempi antichi. Sincera e saporitissima: Ciceri e tria, pasta e ceci. Premetto che sono un appassionato di cucina e in particolare ho un debole per i legumi, li mangio preparati in tutti i modi, talvolta li sgranocchio anche secchi. La particolarità di questa pasta è che una metà dei maltagliati di pasta fresca viene cotta normalmente, l’altra viene fritta e aggiunta alla fine per dare un tocco croccante e molto gustoso al piatto».

Ciceri e tria
Ciceri e tria

Mi sembra che tu sia più di un semplice appassionato…

«In effetti mi piace cucinare, purtroppo non sono molte le occasioni in cui riesco a farlo per via del nostro lavoro, ma quando posso ritagliarmi un momento ai fornelli mi sento a mio agio, come quando sono su un palco. Io sono uno che osserva molto, che ripete i gesti che ha visto eseguire da altri. Molte delle cose che conosco, cucinare è una di queste, le ho imparate guardando chi le sa fare (mia mamma e mia nonna, ovviamente). Questi mesi di pandemia sono stati difficili, però ci hanno dato l’occasione per fermarci e per vivere momenti di quotidianità preziosi. Siccome poi cucinare solo per me non mi dà soddisfazione, per proseguire nel filone salentino della convivialità, il massimo è trovarsi con gli amici nelle sere d’estate per mangiare tutti insieme un bel piatto di orecchiette (per me senza acciuga e senza pane tostato, eh!) oppure una grigliata di carne».

Ti ricordi di un pranzo o di una cena memorabili per i Boomdabash?

«Complicato rispondere, perché il 99,9% delle nostre scelte vengono prese intorno alla tavola del pranzo o della cena. Di sicuro posso dirti che quando abbiamo stabilito di collaborare con Loredana Bertè stavamo mangiando. E questa è stata una delle decisioni che ha condizionato maggiormente la nostra carriera (Non ti dico no, singolo, quattro volte disco di platino, pubblicato il 4 maggio 2018 come secondo estratto dall’album Barracuda, ndr.)».

 

Loredana Bertè e Boomdabash

E invece ricordi gastronomici di quando eri bambino?

«I profumi che riempivano le stanze di casa, quelli sono indelebili nella memoria e ancora presenti nella quotidianità. Però da piccoli, la domenica d’estate, si tornava dal mare non più tardi delle 11.30 perché la nonna doveva finire di preparare (a cucinare il grosso del pranzo ci si era messa già alle 7, dopo doveva solo completare le ultime cose). Il menù subiva poche variazioni ma immancabile, cascasse il mondo, c’era il vassoio delle crudità: finocchio, sedano e cicoria. Freschissimi e dissetanti».

Non abbiamo ancora parlato di dolci, possibile?

«Non si offenda nessuno dei salentini all’ascolto: io al pasticciotto leccese (meraviglia della pasticceria, ndr.) preferisco il bocconotto. Si assomigliano abbastanza, ma mentre il primo è un guscio di frolla di forma ovale farcito di crema, il secondo sembra un funghetto ed è ripieno di confettura di albicocca, di fichi o di mela cotogna (questa è la mia versione preferita)».

pasticciotto
Il pasticciotto alla crema

E dove consigli di assaggiarlo?

«A casa mia. Non credo di averne mai mangiato uno che non fosse fatto dalla mamma, dalla nonna o dalla zia. Se non li fai tu, te li porta il vicino di casa… Non ne ho mai comprato uno. Questa «comunione dei beni» è una caratteristica del Salento, al pari del mare cristallino e della musica reggae, c’è sempre stata e sempre ci sarà. Ti faccio un esempio con uno dei prodotti che meglio identificano il nostro territorio: l’olio. Tutti ne producono un po’ e diventa regalo pregiato o prodotto di scambio. Blazon per esempio ha un piccolo appezzamento e ce ne porta sempre qualche bottiglia in regalo. Per noi l’olio è una cosa sacra, non si acquista al supermercato».

Più racconti e più mi viene voglia di partire seguendo le indicazioni del vostro libro!

«In queste pagine abbiamo cercato di raccogliere oltre ai ricordi e alle ricette, anche qualche dritta per visitare e scoprire i posti meno noti, non turistici, quelli che hanno conservato la loro autenticità. Sono i posti dove siamo sempre andati e dove continueremo ad andare, per una festa in spiaggia con gli amici, la musica e una bella scorta di purpetti (polpette) e fucazza chena (focaccia ripiena). Venite, vi aspettiamo!».

 

“Parte la musica e mi carico
Questo qui è un momento magico
Dal Tirreno all’Adriatico
Io sto bene solamente quando sto con te”
Boomdabash e Baby K, Mohicani, la hit dell’estate 2021, già disco di platino

 

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