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Il lievito madre fatto in casa

La Cucina Italiana

Per Renato Bosco il lievito madre è come un mantra, si ripete ogni giorno, in questo caso si rinfresca. E che sia un pensiero fisso, lo dimostrano anche i progetti che ha lanciato e continua a seguire: da Signor Lievito, nato per approfondire le tematiche legate alla lievitazione, a Figli di Pasta Madre (viva) per tutelare l’uso della vera pasta madre viva nella panificazione.  Il “pizza ricercatore” del mondo dei panificati ha in testa, da sempre, pre-impasti e lunghe lievitazioni associati a studi sulle farine, nell’ottica di ottenere maggior gusto, morbidezza, digeribilità. Con Saporè, il suo locale, a San Martino Buonalbergo in provincia di Verona, propone pizze classiche, alla romana, al taglio, a metro, gourmet, con tanto di spin-off due civici più avanti, per l’asporto non solo di pizza, ma anche pane e dolci… Come il panettone, ormai tra i suoi fiori all’occhiello. Un profeta in patria convinto che per rivoluzionare non bisogna esclusivamente cambiare, ma anche tornare a rispettare il ritmo naturale della Terra. A cominciare dalla lievitazione. Dalla pasta madre.

Il segreto? La precisione

«Per molti, troppi anni, per fare la pizza si andava perlopiù “a occhio”. Da tempo, però, le cose sono cambiate, l’ho capito meglio anche io, da quando ho affrontato la lievitazione per i dolci. La precisione aiuta a migliorare l’impasto sia dolce sia salato. Il pizzaiolo si diceva non usasse né lievito né sale né farina, andava a istinto. Oggi è strettamente necessario avere a mente le giuste percentuali di tutti gli ingredienti per ottenere un risultato certo», spiega Bosco. «Per i lieviti si utilizzano i parametri dei sensi (olfatto, vista, gusto, tatto) per riuscire a mantenerli in perfetto equilibrio. Negli ultimi anni a supporto è arrivata anche la tecnologia, come il PHmetro (piaccametro) per il lievito madre». Certo, poi ci vuole dedizione e passione, ma anche tanta sensibilità. «O ce l’hai o non ce l’hai». Ma dove comprare il lievito madre? «Non si vende, si regala, abbiamo prenotazioni di professionisti e di gente comune che lo vuole, esiste una vera e propria comunità della pasta madre. Poi, certo, c’è la gestione». A lui per esempio è stato il maestro pasticciere Rolando Morandin a darglielo. «Da quel momento ho deciso di portarlo avanti e di mantenerlo in vita; ma poi ho fatto tanta sperimentazione, creando lieviti paralleli fatti da me: sono partito da fermentazioni spontanee attraverso, per esempio, solo la farina, oppure utilizzando degli inneschi. Le differenze ci sono, soprattutto nella fase iniziale, ma si standardizzano con il tempo; il mio lievito oggi ha una propria specifica acidità e un proprio profumo caratteristico». Per chi invece volesse provarla a fare da sé, ecco la ricetta di Renato Bosco.

Pasta madre, la ricetta di Renato Bosco

Ingredienti

100 g acqua frizzante 
100 g i farina (dal contenuto proteico di circa il 13-15 %) 
1 cucchiaino (da caffè) di miele d’acacia

Procedimento

In un contenitore mescolate con l’aiuto di una frusta, l’acqua frizzante a 30 °C, la farina e il miele. Lasciate riposare il composto in un vaso di vetro chiuso con un tappo (non troppo tirato) a temperatura ambiente di 22-24 °C per 24 ore. N.B. Potete utilizzare anche 50 g di centrifuga di mela al posto del miele, riducendo l’acqua, e sempre 100 g di farina.

Il primo rinfresco

Amalgamate 100 g di acqua naturale a 30 °C, 100 g di farina e 100 g di pasta madre viva eliminando quella restante. Lasciate riposare il composto nel vaso di vetro chiuso a temperatura ambiente di 22- 24 °C per 24 ore.

I successivi rinfreschi

Ripetete la stessa operazione del primo rinfresco ogni giorno, ma con l’acqua a 24°C.

Il mantenimento

Dopo una decina di giorni, potete cominciare a utilizzare la pasta madre viva per impastare pizza, pane e dolci, preoccupandovi di conservarne una parte per il mantenimento. Per esempio, se restano 100 g di pasta madre aggiungete 100 g di farina e 100 g di acqua a 24 °C (d’inverno potete utilizzare l’acqua a una temperatura più alta). Lasciate riposare per un’ora a temperatura ambiente e conservate in frigorifero. Affinché il lievito resti sempre vivo è consigliato un rinfresco giornaliero.

Ndunderi di ricotta, la ricetta di Sal De Riso

La Cucina Italiana

Gli ndunderi di ricotta sono gnocchi speciali secondo una ricetta tradizionale campana di Minori, che si trova oramai sempre meno nei ristoranti – e persino nelle case. Il noto grande maestro pasticciere Sal De Riso nella sua pasticceria li prepara insieme ad altri piatti della tradizione locale. Sono fatti a mano, con ben il 70% di ricotta e sono stesi su una spianatoia di legno uno a uno. Ecco come farli a casa.

La ricetta degli ndunderi di ricotta

Ingredienti per 12 porzioni

700 g di ricotta di mucca di Tramonti 
300 g di farina bianca 
10 foglie di basilico 
70 g di caciocavallo grattugiato 
100 g di tuorli d’uova (n. 5) 
q.b. di noce moscata grattugiata 
q.b. di pepe bianco

Procedimento

In un contenitore capiente amalgamate la ricotta con il caciocavallo, i tuorli d’uova, la noce moscata, il pepe e le foglie di basilico sminuzzate con le mani. Aggiungete infine la farina setacciata e formate un impasto. 

Tagliate gli ndunderi a pezzi da circa 35 g, dategli una forma ovale e incavate la pasta con l’aiuto delle dita. Adagiate gli ndunderi sopra un vassoio spolverato con la farina. Cuoceteli in acqua e sale fino a quando non risalgono a galla.

Come condire gli ndunderi: con il ragù di salsiccia

Ingredienti

1,5 kg di pomodori San Marzano
100 g di cipollotti di Nocera D.o.p. 
500 g di salsiccia di maiale 
10 foglie di basilico 
½ bicchiere di vino rosso 
6 cucchiai di olio extravergine d’oliva 
70 g di caciocavallo grattugiato (da cospargere alla fine sugli ndunderi)

Procedimento

Fate soffriggere i cipollotti tritati finemente con l’olio extravergine d’oliva. Unite la salsiccia sminuzzata e fatela rosolare per qualche minuto. 

Aggiungete il vino rosso e lasciatelo evaporare. 

A parte, sbollentate i pomodori per qualche minuto in acqua bollente, eliminate le pellicine e tagliateli a pezzetti. 

Ponete i pezzi di pomodori in un contenitore e frullateli con un mixer a immersione. 

Aggiungete il pomodoro alla salsiccia e lasciate cuocere tutto insieme.

Come comporre il piatto di ndunderi di ricotta al ragù di salsiccia

Stendete in una pirofila un velo di ragù di salsiccia e adagiateci sopra gli ndunderi appena scolati.

Ricopriteli con abbondante ragù e cospargete del caciocavallo grattugiato. 

La piadina romagnola autentica come insegna uno chef di zona

La Cucina Italiana

In vacanza per la prima volta a Cesenatico (località consigliatissima) ho deciso di assaggiare la deliziosa piadina romagnola, che conoscevo solo per averla assaggiata in qualche chioschetto a Milano, la mia città. Lasciatevi dire che servita da uno chef del posto, la piadina ha tutto un altro sapore. Ma non si sono limitata all’appagante esperienza gustativa. Curiosa come sono di conoscere tutto ciò che riguarda la tradizione gastronomica locale, ho chiesto allo chef Thomas Spinelli di Valverde Ricci Hotel di Cesenatico di spiegarmi per filo e per segno come si prepara la piadina romagnola. Prima di addentrarmi nella parte pratica, vi racconto alcune curiosità che ho appreso chiacchierando con lo chef. 
In primis che la piadina romagnola ha origini antichissime: pensate che sono state rinvenute tracce dell’utilizzo da parte dei popoli Etruschi insediati in quella che oggi conosciamo come Romagna di un sostituto del pane. Consisteva in un preparato rotondo di farina grezza e cereali. 
In un salto temporale in avanti, ho scoperto dallo chef che alla fine degli anni Venti la piadina è entrata nella quotidianità delle famiglie locali. La piada (come viene chiamata in Romagna) veniva preparata tutte le sere dalle donne di casa al rientro dai campi, rapidamente impastata, cotta al forno in un contenitore di argilla e subito mangiata in maniera conviviale. 
Per arrivare ai tipici chioschi di piadine sul lungomare occorre attendere gli anni Cinquanta. E se avete notato differenze in termini di spessore a seconda della località di villeggiatura non c’è da sorprendersi: nella Romagna settentrionale la piadina è più spessa, mentre più ci si sposta in direzione sud, più diventa sottile.

Ricci Hotels: la piadina. Foto Francesca Bocchia

Francesca Bocchia

Quello che ho imparato sulla preparazione della piadina romagnola originale

Iniziamo dagli ingredienti da procurarsi. Considerando il quantitativo per 5 piadine, ponete sul piano di lavoro 500 grammi di farina di grano tenero dell’Emilia Romagna tipo 1M; 70 grammi di strutto di mora romagnola (salume presidio Slow Food); 2 pizzichi di bicarbonato di sodio oppure 10 grammi di lievito in polvere per torte salate; 8 grammi di sale dolce di Cervia; acqua quanto basta. Mettete la farina su una spianatoia, create un cratere con al centro un buco ben largo. Aggiungete ora sale di Cervia, lievito e lo strutto di mora romagnola. Solo alla fine, versate dell’acqua, andando a occhio e senza esagerare. Lavorate il cratere, avendo l’accortezza di impastare dall’esterno verso l’interno. Terminata la fase di impasto, occupatevi di formare delle palline di circa 120/140 grammi ciascuna (ricordando che, come già detto, la piadina cambia il suo spessore in base alla zona in cui ci si trova, dunque non esiste una regola stringente). 
Importante: la piadina si tira solo da un verso con il matterello e si gira in modo che sia rotonda. Ponetela sulla teglia a cuocere per qualche minuto, forandola prima da un lato e poi dall’altro. Ricordate di non lasciarla all’aria, altrimenti rischiate di seccare l’impasto e renderla la piada meno morbida. Quando inizia a dorare si gira una volta sola, ma sappiate che non c’è un tempo standard di cottura (anche se in Romagna non la fanno mai troppo cotta). 
Come farcirla? Dallo chef Thomas Spinelli ho imparato che la combinazione di prosciutto crudo, rucola, pomodori estivi tagliati a fette e squacquerone è imbattibile, anche se in origine si utilizzavano erbe di campo. Fresca e saporita, deliziosa e saziante, consiglio la piada per pranzi e cene estive, da soli e in compagnia. Mangiarla con le mani aggiungerà un ulteriore elemento godereccio all’esperienza gustativa.

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