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La passata di pomodoro: il sole dentro

La passata di pomodoro: il sole dentro

Non c’è Paese al mondo con tanta ricchezza e varietà di prodotti, naturali come li regala il territorio o lavorati da mani esperte in modi semplici, che sono antichi e insieme i più contemporanei. Prosegue il viaggio per scoprire le nostre bontà, spesso poco note lontano dalle zone di produzione, e per capire come riconoscerne la qualità e dare loro il valore che meritano. 

La passata di pomodoro

Salsa, pelati, passata: tutti a base di pomodoro, ma diversi uno dall’altro così da rafforzare la tesi della ricchezza non solo agricola di cui gode l’Italia. Creativa, per esempio. Pellegrino Artusi nella sua opera La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene citava un fantomatico Don Pomodoro. Alla ricetta n. 125 scrive: «C’era un prete in una città di Romagna che cacciava il naso per tutto e, introducendosi nelle famiglie, in ogni affare domestico voleva metter lo zampino. Era, d’altra parte, un onest’uomo e poiché dal suo zelo scaturiva del bene più che del male, lo lasciavano fare; ma il popolo arguto lo aveva battezzato Don Pomodoro, per indicare che i pomodori entrano per tutto». «Un aiuto indispensabile in cucina», concludeva l’Artusi.

Come riconoscerla

Spesso si fa confusione tra pelati (pomodori interi, spellati, leggermente scottati e conservati nella salsa), polpa (ricavata da pomodori tagliati, senza semi, con aggiunta di succo) e salsa (preparata con una base di soffritto – in genere sedano, carota e cipolla – al quale viene poi aggiunto il pomodoro lavorato). Altro ancora è la passata che è il derivato di pomodoro più acquistato dagli italiani (la sceglie il 60,4%). Può essere vellutata (se privata di semi e bucce) o rustica, cioè più granulosa. Comunque, sempre fluida – per quanto densa – perché i pomodori vengono tritati e cotti nella propria acqua a temperatura altissima. Come stabilito dal ministero delle Politiche Agricole, si ottiene da pomodoro fresco, raccolto nei due-tre giorni precedenti la lavorazione, che deve mantenere tutte le caratteristiche organolettiche dell’ortaggio. Non devono esserci pezzi interi. Possono essere aggiunti sale, spezie ed erbe, ma non acqua. Viene pastorizzata così da durare a lungo. In etichetta è d’obbligo indicare il Paese di coltivazione e quello di trasformazione del prodotto. Quasi tutti i produttori italiani aggiungono volontariamente anche la varietà di pomodoro usato, cioè la vera origine della bontà.

Grana Padano: il cacio più consumato al mondo

Grana Padano: il cacio più consumato al mondo

L’Italia è forse il Paese al mondo che vanta la maggior ricchezza e varietà di prodotti, da quelli naturali, doni del territorio, a quelli trasformati dalle mani esperte degli artigiani di ogni regione. Continua il viaggio alla scoperta delle nostre bontà, da quelle più conosciute a quelle poco note lontano dalle zone di produzione, per valorizzarle tutte. 

Il Grana Padano DOP 

È uno dei primi prodotti antispreco della storia: i monaci dell’abbazia di Chiaravalle a Milano, era il 1135, per non buttare il latte avanzato provarono a cuocerlo, aggiungendo caglio e sale. Lo battezzarono caseus vetus (formaggio vecchio, da conservare quindi). I contadini, che non parlavano certamente il latino, per distinguerlo dai caci freschi, preferirono chiamarlo «grana», visti tutti quei granelli bianchi che ne punteggiano la pasta (sono dei piccoli cristalli di calcio, residuo del latte trasformato). La particolarità di oggi durante la produzione è la decrematura mediante affioramento naturale che rende il formaggio meno grasso, lasciandogli un gradevole sapore burroso e fondente.

Daniela Marangon

Il grana vive di vita propria (fate le scagliette all’ultimo minuto per evitare che si asciughino), ma è anche versatile ingrediente in cucina. Sicuramente nelle creme, quando serve il completo scioglimento del formaggio. La sua umidità lo rende ideale anche nelle ricette al forno, perché il vapore acqueo evapora lentamente e ritarda la caramellizzazione superficiale.

Le ricette con il Grana Padano DOP

Come scegliere il pomodoro camone

Come scegliere il pomodoro camone

Non c’è Paese al mondo con tanta ricchezza e varietà di prodotti, naturali come li regala il territorio o lavorati da mani esperte in modi semplici, che sono antichi e insieme i più contemporanei. Cominciamo un viaggio per scoprire le nostre bontà, spesso poco note lontano dalle zone di produzione, e per capire come riconoscerne la qualità e dare loro il valore che meritano. 

Il pomodoro camone

Sardegna principalmente, Sicilia, Puglia, anche Piemonte. Queste le regioni da cui arriva il camone, pomodoro relativamente giovane (rispetto alle coltivazioni di Aztechi e Incas e ai primi portati in Europa dai conquistadores spagnoli). La varietà è stata introdotta nel Sud della Sardegna negli anni Ottanta perché resistente alle patologie che avevano aggredito gli ortaggi. Cresce in serra, è solitamente disponibile da dicembre a giugno, viene strappato dalla pianta rigorosamente a mano, non ci sono trattamenti dopo la raccolta. I sigilli di alcuni consorzi garantiscono la tracciabilità dell’intera filiera.

Andrea Benedetti

Rotondo, piccolo-medio (non supera gli 80 grammi), perfettamente liscio. Il rosso scuro brillante sembra volutamente pennellato con striature verdi: devono esserci sempre, più o meno maturo che sia. Anche la ricchezza di tonalità ne fa l’ingrediente per festose insalate dal sapore fresco col giusto grado di dolcezza e acidità. Crudo è ideale. Equilibrato nel sapore, lo è anche nei valori nutrizionali, ricco com’è di vitamina C, carotenoidi e potassio.

Il pomodoro al centro delle nostre ricette

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