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Brunello Cucinelli: «Ecco il mio vino, omaggio alla Terra»

La Cucina Italiana

Rosso del Castello di SolomeoNicola Milletti

La serata: bruschette all’olio nuovo e paccheri firmati Fratelli Cerea

Ad accompagnare il vino, una serie di prodotti umbri e un menu (firmato da Da Vittorio) all’insegna della genuinità. Ecco che in tavola sono arrivate le bruschette di pane toscano condite con l’olio nuovo di Solomeo, che da qualche anno è anche una fiorente tenuta agricola sorta in torno al borgo che conta anche una mensa ispirata a quella dei frati del Convento di Norcia, amici dell’imprenditore. Non sono mancati formaggi e salumi locali e lo chef Chicco Cerea che mantecava i paccheri in diretta con con olio nuovo versato a filo sulla celebre e vellutata salsa ai tre pomodori del tristellato bergamasco.  

A unirsi nella «spadellata» lo stesso Brunello Cucinelli e l’amico Gianluca Vacchi, in una scherzosa brigata di cucina.

MILAN, ITALY – NOVEMBER 09: A general view during the Brunello Cucinelli dinner on November 09, 2022 in Milan, Italy. (Photo by Jacopo M. Raule/Getty Images for Brunello Cucinelli)Jacopo M. Raule/Getty Images

Il vino «del castello» e le vigne «a onda»

Cucinelli ha  condiviso il percorso che ha portato alla nascita del vino denominato “Castello di Solomeo”, l’enologo di fama internazionale Riccardo Cotarella è stato amabile consigliere di Brunello Cucinelli. 

«Sono nato in una famiglia contadina, e ho imparato ad amare la Terra madre fin dalla mia infanzia, quando giocavo insieme ai miei fratelli e ai cugini nei campi, e poi da adolescente, guidando l’aratro con i buoi ben diritti nei solchi, lodato per questo da mio padre, che in tale ordine vedeva la bellezza» ha ricordato l’imprenditore. 

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Regina Elisabetta II, la sovrana a tavola: un rispettoso omaggio

Regina Elisabetta II, la sovrana a tavola: un rispettoso omaggio

La Regina Elisabetta II ci ha lasciato, a 96 anni dalla sua residenza di Balmoral, in Scozia. Il lutto non è solo nazionale, colpisce tutto il mondo in un assordante silenzio. Simbolo autorevole, icona di aplomb, di stile, di savoir fair ed etichetta – in ogni circostanza. Oltre alla figura politica, una grande icona femminile.

Di Lei si è scritto di tutto, in 70 anni di regno c’è stato tutto il tempo di conoscerla non solo come punto fermo per la comunità mondiale, ma anche come donna – dai suoi tailleur pastello ai suoi cani corgi fino ai suoi gusti a tavola. Ha sempre seguito una dieta salutare concedendosi qualche strappo alla regola, come il cioccolato. Rendiamo omaggio alla regina Elisabetta II attraverso questi piccoli spunti gastronomici per ricordarla sempre. 

No sprechi, e sei pasti al giorno

Sui gusti privatissimi della regina Elisabetta II aveva rivelato molto, o forse tutto, uno dei suoi ex-personal chef, Darren McGrady nel libro Eating Royally: Recipes and Remembrances from a Palace Kitchen. Fra i prodotti più utilizzati sulla reale tavola, quelli che si fregiano del marchio della Royal Warrant Holder’s Association, che riunisce i fornitori ufficiali della corona. Fra questi, il cioccolato Cadbury, i cioccolatini alla menta Bendricks, Heinz, Tabasco, l’avena Quaker Oats, i cereali Kellogg’s, i formaggi Whitfield ma anche Angostura, Bacardi, John Walker & Sons, Schweppes e il tè Twining and Company. Niente ingredienti di gran lusso insomma, il foie gras è anche vietato per motivi etici dal protocollo, segno di un grande understatement regale, e attenzione allo spreco di cibo. E poi una dieta quotidiana sobria, salutare e piuttosto metodica – cene di gala permettendo.

Prima e seconda colazione

Niente caffè, la Regina amava cominciare la giornata con una tazza di tè Earl Grey con latte, senza zucchero, qualche biscotto. Sul tabloid Hello! avevano rivelato che i biscotti preferiti per questa primissima colazione erano i Chocolate Bath Olivers, croccanti e ricoperti di cioccolato, di cui andava ghiotta. Viste le lunghe preparazioni quotidiane per essere sempre impeccabile, la seconda colazione della mattinata prevedeva pane tostato, burro e marmellata, e su alcune testate si riporta notizia di latte e cereali. Special K per la precisione.

No ai carboidrati

Durante i pranzi privati la Regina era nota per essere morigerata e disciplinata. Il menù a palazzo era semplice, ricco di proteine e a basso contenuto di carboidrati. Lo chef McGrady aveva indicato fra i suoi piatti preferiti la sogliola alla griglia o il salmone scozzese con spinaci e zucchine. Fra le ricette del pranzo anche semplici insalate con pollo alla griglia. Pasta, riso, pane? Neppure a cena, se la Regina cenava da sola.

Tea time

Come ogni buon inglese che si rispetti, alle 17 scattava per la Regina l’ora del tè. La biografa reale, Katie Nicholl, ha citato fra le preferenze, torta alla frutta e al cioccolato, tè Earl Grey e canapè al cetriolo – che lo chef McGrady mostra anche nel suo canale YouTube: pane da tramezzino, cetrioli sottilissimi, formaggio fresco e menta. Altro must, i Jam Pennies, due fette di pane farcite di burro e marmellata di fragole, coppati a cerchio. Da mangiare rigorosamente con le mani.

Chocolate biscuit cake

Proprio McGrady aveva raccontato di come la sovrana amasse il cioccolato, nero e fondente, e la Chocolate biscuit cake, di cui ogni giorno mangiava una fettina durante il tea time, fino a finirla tutta. Perchè non si butta via niente. La speciale torta al cioccolato non è altro che una specie di salame di cioccolato, ma a forma di torta, e ricoperto da glassa al cioccolato. Anche il principe William ne è un grande fan, tanto oltre a condividerla durante il tea time con la nonna, l’aveva voluta anche come seconda torta nuziale al suo matrimonio con Kate Middleton.

Gin e spumante regale

La Regina oltre che essere una bevitrice responsabile, era anche produttrice. Il gin viene infatti prodotto sia a Buckingham Palace che a Sandringham House, e ci sono anche i vini. Nel 2011 infatti, la regina Elisabetta aveva fatto piantare una vigna nel Windsor Great Park e nel 2013 era arrivato il primo brindisi del Windsor Vineyard English Quality Sparkling Wine. È ancora in vendita, annata 2015.

Le regole in trasferta 

La vita da reale è una vita fatta di doveri, viaggi, eventi di beneficenza, inaugurazioni e incontri con capi di Stato. E in queste occasioni vigono regole molto severe – che possono apparire strane ma che sono semplicemente di buon senso. E la Regina ne aveva da vendere. Aglio no: bandito da Buckingham Palace e dai pranzi ufficiali per l’alito pesante, così come le cipolle, da usare con parsimonia. In trasferta però anche no ai molluschi e ai crostacei, troppo rischiosi per eventuali intossicazioni alimentari e quindi da evitare. No anche alla carne al sangue, per motivi igienici o forse per gusto personale – il cuoco di corte aveva rivelato che la Regina mangia sempre la carne ben cotta, anche a palazzo. Off-limits il sugo di pomodoro, per evitare imbarazzanti macchie, cibi troppo piccanti o sconosciuti, per evitare imbarazzanti reazioni a tavola, e acqua del rubinetto: nel dubbio che non sia perfettamente sicura, perchè berla? Saggezza non popolare, ma regale.

Omaggio vincente alla trota sarda di chef Serusi

Omaggio vincente alla trota sarda di chef Serusi

Nato e cresciuto in un paese di montagna dell’isola, il giovane chef ha conquistato i giurati del Premio Mesa con il suo piatto gourmet a base di trota

Detesta gli sprechi alimentari e adora la parte meno nota della sua Sardegna: l’entroterra montuoso e incontaminato dov’è nato e cresciuto. Andrea Serusi è un giovane chef desideroso di dare risalto e dignità alla cucina sarda di montagna, a partire da ingredienti autoctoni poco considerati o caduti in disuso. Arrivato primo all’edizione 2021 del Premio Mesa, concorso regionale dedicato ai giovani chef emergenti promosso da Cantina Mesa, azienda vinicola fondata da Gavino Sanna nel Sulcis Iglesiente, Andrea Serusi si è guadagnato un master di alta formazione presso l’Accademia Niko Romito, proposto con l’obiettivo di aumentare il patrimonio di competenze da poter restituire al territorio. Ad aver conquistato i giurati è stato il suo piatto Tottu trota, inaspettato omaggio alla trota, specie autoctona, un tempo molto consumata nell’entroterra sardo, e oggi sulla via dell’estinzione. Ecco cosa ci ha raccontato il giovane chef del ristorante Pizzeria Triku di Olbia.

Tottu trota.
Tottu trota.

Come sei venuto a conoscenza di questo premio?

«Devo dire grazie a mio zio Giuseppe, che dopo aver saputo del concorso mi ha inviato il link al modulo di iscrizione, invitandomi a partecipare. Ricordo di essere rimasto colpito dall’intento di dare risalto alla nuova cucina sarda. Cantina Mesa ha visto giusto, intercettando un reale bisogno di noi giovani chef dell’isola».

Com’è nata l’idea per il tuo piatto?

«La mia volontà era quella di proporre un piatto fuori dal coro. Desideravo trovare una ricetta del territorio capace di rappresentare la tradizione della montagna senza banalità. Ed ecco l’intuizione di dare nuova vita alla trota. Anni fa questo pesce di torrente era molto presente nell’entroterra sardo. La sua carne molto dolce, dal sapore minerale dato dall’ambiente acquatico e ricco di pietre in cui vive, mi ha definitivamente convinto a renderla protagonista del mio piatto».

Quali sono i punti di forza della preparazione che ti ha fatto arrivare primo?

«La trota è l’elemento principale e del pesce ho voluto sfruttare tutto. Sono partito dal filetto, che ho prima cotto a bassa temperatura, per poi scottarne la pelle col cannello per dare un tono di arrostitura e infine laccarlo col suo fumetto ristretto per accentuarne il sapore. In accompagnamento al filetto ho preparato una crema, ricavata dal fegato dello stesso pesce, che ho prima cotto a vapore e poi emulsionato sempre col suo fumetto. Sopra il fegato ho grattugiato la bottarga di trota, che ho lasciato essiccare completamente, dando sapidità al piatto. Ho proseguito con della carota osmotizzata al miele amaro di corbezzolo e una cipollina autoctona del mio paese, Fonni, preparata in agrodolce. Ho accompagnato il tutto con una salsa agrodolce al Rosa Grande della Cantina Mesa e con ombelico di Venere, un’erbetta dolce, minerale e acquosa, sempre autoctona, per dare più rotondità al piatto».

Andrea Serusi.
Andrea Serusi.

Quali sono gli elementi sardi più riconoscibili nel tuo modo di cucinare e di intendere la tavola?

«Mi piace utilizzare gli ingredienti del posto, a partire dall’immensa varietà di erbe selvatiche di cui l’isola è ricca. Tengo sempre lo sguardo rivolto alla montagna e, in particolare, al territorio del mio paese, che si trova a 1000 metri di altitudine».

Cosa speri di apprendere presso la prestigiosa scuola di Niko Romito?

«Premesso che Niko Romito è un mito, sono certo che il corso supererà qualsiasi aspettativa. Imparerò l’arte della panificazione da chi, come Romito, sa rendere il pane un elemento di spicco. Vorrei imparare quanti più segreti e tecniche di lavorazione, anche perché quello del pane è un mondo che mi affascina tantissimo. Il mio preferito, ovviamente, è il pane carasau, sottile e capace di conservarsi a lungo, nato come alimento che le mogli preparavano ai mariti pastori durante il periodo della transumanza».

Quali sono i tuoi sogni nel cassetto dal punto di vista professionale?

«Mi piacerebbe avere un locale tutto mio, dove esprimere la mia idea di cucina. Se riuscissi nella mia Folli, poi, sarebbe il massimo. Valorizzare i territori meno noti dell’isola è un mio obiettivo. E le sue ricette, nate da una tradizione povera, ma ricca di gusto e sostanza».

Ci sono chef sardi ai quali ti ispiri?

«Roberto Petza e Stefano Deidda sono due grandi chef stellati che considero mentori e maestri. Aver avuto l’opportunità di lavorare con loro mi ha permesso di apprendere moltissimo. Ho grande stima dello chef Mauro Ladu di Abbamele Osteria, apripista nella valorizzazione del territorio sardo con ricette contemporanee e tantissima ricerca. E poi Roberto Paddeu dei locali Frades, così geniale da introdurre nei suoi ristoranti una ricercatissima bottega con vendita dei migliori e meno noti prodotti sardi».

Foto di apertura: Andrea Serusi e Gavino Sanna.

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