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Mandorle: tutti gli effetti benefici che (forse) non sapete

La Cucina Italiana

Mandorle, che bontà. Ricordate la mela al giorno e i suoi vantaggi per poter tenere lontani da noi i medici? Ebbene esiste un altro alimento che ha notevoli poteri benefici sul nostro fisico. Stiamo parlando di poche mandorle quotidiane, per un massimo di circa 60 grammi. Secondo uno studio realizzato dal King’s College di Londra, pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition, il consumo costante di mandorle produce effetti benefici per la salute dell’intestino, in particolare rafforzando il microbioma, cioè la micro-popolazione batterica intestinale che fa funzionare il colon.

Ma lo studio inglese non è l’unico a riportare i benefici di questa frutta secca, il cui consumo porta a una maggiore assunzione di nutrienti come fibre, grassi insaturi, vitamina E, folati e altro, con un consumo inferiore di grassi saturi, zuccheri aggiunti e sodio

Lo studio del King’s College

Da un punto di vista empirico lo studio dagli esperti del King’s College di Londra si è basato sull’analisi di 87 soggetti in salute con un’età compresa tra 18 e i 45 anni. Il gruppo si componeva di persone attente dal punto di vista alimentare, dichiarando l’abitudine di due spuntini giornalieri e di non seguire una dieta ricca di grassi.

Si è proceduto dividendo gli 87 volontari in tre gruppi distinti. In un arco temporale di circa un mese il primo gruppo doveva sostituire entrambi gli spuntini giornalieri, ogni volta con 28 grammi di mandorle intere (per un totale di 56 grammi al giorno).

Il secondo gruppo si impegnava alle medesime condizioni con una sola differenza: le mandorle dovevano essere macinate e non intere. Infine, il terzo gruppo, aveva il compito di consumare, al posto delle mandorle, uno spuntino che consisteva in un muffin equivalente come energia (cioè calorie).

I risultati 

Una volta terminato il periodo di dieta i ricercatori hanno verificato che, chi aveva consumato mandorle, presentava livelli elevati di butirrato. Di cosa si tratta? Questo è un acido grasso a catena corta dovuto alla fermentazione delle fibre delle mandorle nel colon. Proprio il butirrato è importante per la salute dell’intestino, poiché funge da fonte primaria di carburante per le cellule del colon, consentendo loro di funzionare in modo ottimale.
E non è tutto. Il butirrato, entrando nel flusso sanguigno, ha effetti benefici in altre aree del corpo, come fegato, cervello e polmoni. Sempre il butirrato è importante perché forma una sorta di barriera nelle pareti intestinali, impedendo il pericoloso passaggio nel sangue da parte di microrganismi come i microbi: per questo viene anche considerato antinfiammatorio e protettivo nei confronti della colite (sindrome dell’intestino irritabile) e in grado di ridurre disturbi gastrointestinali come il gonfiore.
Ma ulteriori differenze nei risultati dello studio sono emerse anche a seconda che le mandorle fossero intere o macinate. Chi le ha assunte intere ha mostrato maggiori movimenti intestinali. Questo perché, secondo gli studiosi, ingerendo le mandorle intere, gran parte del loro grasso, a causa di una masticazione non prolungata, sfugge alla digestione e raggiunge di più il colon, facilitando il transito intestinale.

L’assunzione di mandorle aiuta contro le malattie croniche

I vantaggi non si limitano solo all’intestino. Diversi studi hanno potuto verificare l’importanza di un consumo di mandorle anche nella gestione del rischio cardiovascolare e di conseguenza ad aiutare a mantenere un cuore sano. La Food and Drug Administration, basandosi su prove scientifiche, consiglia il consumo di circa 42 grammi di mandorle come parte di una dieta povera di grassi saturi e colesterolo per aiutare a ridurre il rischio di malattie cardiache.

Gli studi fondati su gruppi diversi geneticamente e su persone con diversi Indici di Massa Corporea (IMC) evidenziano chiaramente una riduzione del colesterolo totale e Ldl, quello comunemente conosciuto come colesterolo “cattivo”, e, nel contempo, un mantenimento del colesterolo Hdl, meglio noto come “buono”. In studi più recenti, altri fattori di rischio di malattia coronarica, infiammazione e grasso addominale sono migliorati con il consumo di mandorle come parte di una dieta sana per il cuore.

Conclusioni sui benefici

Per concludere sulle potenzialità benefiche delle mandorle non va trascurato che, assunte in una dieta sana, non provocano aumento del peso, aiutando, anzi, chi è obeso o in sovrappeso. Ciò è agevolato anche dal loro potere saziante, la disponibilità di calorie incomplete e un possibile miglioramento della spesa energetica a riposo.

L’aspartame è cancerogeno? Risponde la Fondazione Veronesi

La Cucina Italiana

«L’aspartame è possibilmente cancerogeno per l’uomo»: lo hanno appena annunciato l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, l’Organizzazione Mondiale della Sanità e il Comitato congiunto di esperti sugli additivi alimentari della Fao. Una conclusione a cui sono giunti dopo aver esaminato gli studi degli ultimi dieci anni sugli effetti di questo dolcificante 180/200 volte più dolce del saccarosio, ma a-calorico e senza effetti sulla glicemia, molto utilizzato nell’industria alimentare.

Quali alimenti e bevande contengono aspartame

L’OMS, nel dare l’annuncio, ricorda infatti che l’aspartame è usato «per diverse bevande comprese bevande dietetiche, gomme da masticare, gelatina, gelati, latticini come yogurt, cereali per la colazione, dentifricio e farmaci come pastiglie per la tosse e vitamine masticabili». 

Aspartame e cancro: qual è la relazione

Cambierà qualcosa? L’industria, che fa largo uso di aspartame sin dagli anni ’80, sarà costretta a trovare un ingrediente sostitutivo? Molto probabilmente no, perché l’aspartame rientra nel Gruppo IARC 2B, quello di cui fanno parte alimenti e sostanze che non pongono particolari criticità. «È il gruppo in cui rientrano alimenti e sostanze i cui effetti sulla cancerogenità sono confusi: cioè non ci sono dati scientifici sufficientemente evidenti di cancerogenicità della sostanza né per gli animali né per l’uomo», dice infatti Elena Dogliotti, nutrizionista e supervisore scientifico della Fondazione Umberto Veronesi. Che spiega: «La Iarc classifica la pericolosità dell’oggetto di studio in funzione alla sua correlazione con un aumento di probabilità di ammalarsi di cancro. Del Gruppo 1 – in cui rientrano ad esempio alcol, sigarette, raggi UV – fanno parte i “cancerogeni certi per l’uomo”, la cui assunzione/esposizione è correlata in modo certo ad un aumento di rischio di tumori perché un numero consistente di studi su animali e uomo ha dato effetti evidenti e concordanti. Quando gli effetti sono chiari per gli animali e non per l’uomo, invece, sostanze e elementi vengono classificati nel gruppo 2A, i “cancerogeni probabili”. Il terzo è il gruppo 2B, che riguarda i “possibilmente cancerogeni” di cui ora fa parte anche l’aspartame».  

Aspartame: è sicuro oppure no?

L’OMS, perciò, non ha lanciato un allarme sull’aspartame, come del resto non lo ha fatto con la carne rossa (classe 2A IARC) e processata (classe 1 IARC), suggerendo di limitare la prima a non più di 500 grammi la settimana e la seconda al meno possibile e comunque non più di una porzione di 50 grammi a settimana. Con questo annuncio, piuttosto, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato un nuovo monito per un’alimentazione più consapevole.

«Sapevamo già che non bisogna abusare di prodotti che contengono aspartame, indipendentemente dalla possibilità di un aumento del rischio di cancro. Il Comitato congiunto di esperti sugli additivi alimentari (JECFA), del resto, già da tempo ha definito “accettabile” un consumo di 40 mg per chilo di peso corporeo al giorno, che in realtà sono moltissimi», dice infatti il supervisore scientifico della Fondazione Veronesi. Per rendersene conto basta un esempio semplice: una lattina di bibita zero – «che già di per sé – specifica Dogliotti – non è comunque consigliata nell’ambito di un’alimentazione sana ed equilibrata» – contiene 180/300 mg di aspartame. Per arrivare ai 40 mg per chilo, una persona che pesa 70 chili dovrebbe bere dalle 9 alle 15 lattine al giorno. Impossibile bere 15 lattine? Forse. Se però si considera che il consumo di bibite zero e in generale di cibi «senza» in cui lo zucchero è sostituito con l’aspartame è in costante aumento, non è poi così difficile sfiorare i 40 mg. 

Perché la Iarc ora parla di aspartame

«Gli studi della Iarc prendono sempre spunto dai trend dei consumi per quanto riguarda gli studi sugli alimenti, e con questo annuncio l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro non fa che ripetere quello che nutrizionisti e divulgatori dicono da tempo: non bisogna abusare di prodotti processati», ricorda la dottoressa Dogliotti.

Quali sono gli zuccheri «buoni»

«L’alimentazione migliore è sempre povera – o meglio, priva – di zuccheri semplici. Vanno sempre preferiti alimenti che contengono naturalmente zuccheri, e quindi frutta e latticini. Sono concetti che è bene conoscere perché dalla sana alimentazione non dipende semplicemente il peso, ma la salute», dice Dogliotti. D’altra parte appena pochi mesi fa l’OMS ha ricordato che l’aspartame – e in generale i dolcificanti – non fa dimagrire, raccomandandone contemporaneamente un uso moderato «L’uso di dolcificanti non zuccherini non porta alcun beneficio a lungo termine nella riduzione del grasso corporeo negli adulti o nei bambini», recita la raccomandazione dell’Organizzzione Mondiale della Sanità, che ha specificato che, anzi, queste sostanze potrebbero comportare «potenziali effetti indesiderati» «come un aumento del rischio di diabete, malattie cardiovascolari e mortalità negli adulti». 

Perché non bisogna abusare di dolcificanti

«Diversi studi hanno dimostrato che i dolcificanti non hanno grandi effetti sull’obesità», chiarisce la dottoressa Dogliotti. «Per una questione psicologica anzitutto, perché proprio per il fatto che sono acalorici ci sente legittimati a mangiarne di più. Poi c’è un meccanismo fisiologico correlato a un discorso di recettori, per cui il sapore dolce di questi dolcificanti fa venire voglia di altri zuccheri e quindi di mangiare. Non da ultimo ci sono potenziali effetti negativi, ancora da chiarire, legati al microbiota, la popolazione di batteri del nostro intestino». Questo non vuol dire aspartame e dolcificanti vadano eliminati tout court. «La regola è sempre una: il buon senso. Non bisogna mai abusarne», conclude l’esperta della Fondazione Veronesi.

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