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Antipasti di Natale: il nostro super speciale che aspettavate

La Cucina Italiana

Telefonate di auguri. Conversazioni emozionanti. Incontri importanti. Acquisti. Piccole creazioni artigianali. Dettagli scintillanti. C’è posto per gli antipasti di Natale tra tutti questi preparativi? Noi diciamo di sì. Anzi, diciamo di più. Ovvero che la definizione stessa di antipasto (qualcosa che anticipa il pasto) in questa festa non è corretta. Gli antipasti per Natale sono una parte fondamentale del menù e vanno scelti con molta attenzione.

Antipasti di Natale.

NelliSyr

Il primo piatto che accoglierà gli ospiti a tavola, infatti, non avrà la funzione di riempire un buco allo stomaco, ma di anticipare la festa. Dovrà mettere tutti i commensali a proprio agio, essere la cornice ideale per intavolare una conversazione allegra e annunciare con discrezione le portate che seguiranno.

Come servire un antipasto di Natale

Un tempo, durante i pranzi di festa, si usava apparecchiare la tavola predisponendo già l’antipasto per ogni posto. Oggi però tra decorazioni abbondanti, tavole ricche di dettagli e la presenza quasi scontata di frutta disposta sulla tavola per colorarla e renderla più allegra, non abbiamo bisogno di utilizzare il cibo come riempitivo e possiamo portarlo in un secondo momento, quando tutti saranno già seduti. Questo favorirà un notevole effetto sorpresa oltre a permetterci di servire gli antipasti caldi all’ultimo senza temere che si freddino. Appoggeremo il piatto sul set di sottopiatti e piatti piani che avremo predisposto, sostituendo i segnaposto con cui avremo personalizzato i tovaglioli in tessuto.

Il richiamo sulla tavola

Un dettaglio raffinato che potrebbe accompagnare la scelta degli antipasti per Natale è il richiamo di uno o più ingredienti sulle decorazioni della tavola. Se nella ricetta è previsto l’uso dei chicchi di melagrana, ad esempio, ne distribuiremo un paio tagliate a metà sulla tavola. Lo stesso discorso vale per frutta secca, agrumi e tutte le pietanze che possono essere considerate decorative. Abbinarle a piccoli rametti di abete o rosmarino è l’idea giusta per dare un twist rustico ed elegante al tempo stesso alla vostra tavola di Natale.

Ecco le nostre ricette per gli antipasti di Natale

 antipasti per Natale Flan di erbette con cialda croccante e salsa all’uovo

mania | La Cucina Italiana

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Cioccolato-mania? Ecco qualche novità per i cultori di uno degli ingredienti più amati. Tanto che Armani Bamboo bar di Milano gli dedica Merenda al cioccolato ed è la nuova formula per una piacevole pausa, al settimo piano di Armani Hotel Milano. Per tre giorni a settimana, il martedì, il mercoledì e il giovedì, dalle ore 15.00 alle ore 17.00, il menu del locale lascia spazio a tre diversi tipi di cioccolata calda in tazza abbinata a quattro mini dessert. Gli ospiti potranno scegliere tra una gamma di cioccolate in tazza dagli aromi diversi, dal più forte al più delicato, per un viaggio sensoriale alla scoperta dei sapori dei paesi produttori. Ma il cioccolato ingolosisce anche il mondo della niscelazione: ecco che arriva la birra, il rum e il liquore che del cioccolato fa la sua essenza.

La merenda al cioccolato dell’Armani Hotel di Milano

E ancora, per i più goumand, la garttugia per ricavare scaglie e riccioli senza bisogno di temperare, il bonet piemontese che si fa cioccolatino secondo la creatività di Chiambretto, antica pasticceria torinese. Ma anche birra e rum scoprono le note intense delle fave di cacao e Villa d’Este sul lago di Como, inaugura per le Feste la Chocolate Room, una stanza del cioccolato a disposizione degli ospiti del celebre hotel sul lago di Como dove degustare, a partire dal 1 dicembre, un tè o caffè accompagnato da dolci creazioni di alta pasticceria e di cioccolato in particolare. È fatto di cioccolato invece l’Albero di Natale di Anantara Palazzo Naiadi Rome Hotel che allestirà sa un albero di Natale di cioccolato, che darà appuntamento quotidianamente per una merenda dolce con cioccolata calda.

Melanzana, attenti al frutto nero

La Cucina Italiana

La vicenda della melanzana è tutta racchiusa nella storia della parola che la designa. Secondo le ipotesi più accreditate il suo nome deriva dall’incrocio tra l’arabo bādingiān e mela oppure dal greco bizantino melintzána (da mélas, «nero», in riferimento al colore scuro della buccia). Ma c’è anche un’interpretazione popolare, dal latino mala (mela, frutto) e insana, che rivela un’accoglienza iniziale tutt’altro che benevola. Portata in Europa nel Medioevo dagli Arabi attraverso la Sicilia e la Spagna, il frutto della Solanum melongena trova in Occidente vistose resistenze, tanto che nei ricettari medievali della nostra Penisola non ce n’è quasi traccia, perché era considerata nociva, capace persino di portare alla follia. È quanto emerge nel Novellino, raccolta fiorentina di novelle della fine del XIII secolo, in cui, in riferimento al pet(r)onciano (variante toscana e più antica di melanzana), si legge: «Maestro Taddeo, leggendo a’ suoi scolari in medicina, trovò che, chi continuo mangiasse nove dì di petronciani, che diverrebbe matto; e provavalo secondo fisica».

Melanzana: amore o sdegno?

Nel Nord Europa la melanzana è a lungo considerata una pianta ornamentale, e in Francia è addirittura ridenominata pomo d’amore; in Italia viene utilizzata in cucina solo a partire dal Cinquecento: lo dimostrano le risultanze di AtLiTeG, in cui la voce compare per la prima volta nel cosiddetto Cuoco Napoletano (manoscritto della fine del XV secolo), nella forma plurale marignani. Che a quel tempo l’ortaggio non fosse ancora totalmente riabilitato lo testimoniano i due più importanti trattati del Rinascimento: i Banchetti di Cristoforo Messi Sbugo e l’Opera di Bartolomeo Scappi. Nel primo, accanto alla forma mollegnane troviamo pome di sdegno; nel secondo, accanto a molignana ancora pomo sdegnoso. Parallelamente alle controindicazioni di carattere medico (come ebbe a scrivere Castore Durante nel suo Herbario Nuovo, l’uso smodato dell’ortaggio avrebbe arrecato «humori malinconici, oppilationi, cancari, lepra, dolor di testa»), sembra farsi strada l’idea della melanzana come cibo volgare, adatto alle mense popolari se non plebee. A ciò va aggiunto che, se per tutta l’età moderna la melanzana acquisisce nella cultura alimentare cristiana uno spazio limitato, essa occupa un posto d’onore in quella ebraica, sulla quale un tempo ricadeva un giudizio tutt’altro che positivo. Anche in questo caso, bisogna attendere la Scienza in cucina di Pellegrino Artusi (1891) per avere maggiore chiarezza. Nella ricetta dei petonciani, variante preferita da Artusi in ossequio al modello fiorentino di lingua, si legge: «Petonciani e finocchi, quarant’anni orsono, si vedevano appena sul mercato di Firenze; vi erano tenuti a vile come cibo da ebrei, i quali dimostrerebbero in questo, come in altre cose di maggior rilievo, che hanno sempre avuto buon naso più de’ cristiani». Una strada lunga e faticosa, dunque, quella della melanzana, che oggi, a dispetto di ogni pregiudizio, è una regina della dieta mediterranea.

Che cosa è ATLITEG

L’Atlante della lingua e dei testi della cultura gastronomica italiana dall’età medievale all’Unità è un progetto finanziato dal ministero dell’Università e Ricerca. Si esprimerà in una banca-dati testuale, un Vocabolario digitale e un Atlante, che riporterà su webGIS la distribuzione geografica e storica dei dati ricavati dai testi. La cartina mostra la distribuzione e le frequenze, in base alle risultanze del corpus di AtLiTeG, dei due tipi lessicali melanzana e petonciano, ben differenziati rispetto alla assenza/presenza in Toscana.

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