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Food for Future Festival: il successo della prima edizione

La Cucina Italiana

Il Food For Future Festival ad Alba si è rivelato un trionfo, aprendo la strada a conversazioni nuove e a stimolanti riflessioni profonde sul futuro della gastronomia. Nella due giorni Francia e Italia si sono incontrate raccontando pezzi del proprio passato, presente e futuro. Organizzato dalla Città di Alba in collaborazione con Luciano Tona e la giornalista enogastronomica Sarah Scaparone, l’evento ha attirato una platea di addetti al settori e appassionati del mondo culinario nel Teatro Sociale di Alba. Con 40 relatori, 11 panel e 9 talk dedicati alla Francia come paese ospite, il festival è stato una celebrazione vibrante della gastronomia in tutte le sue sfaccettature. L’edizione 2024 è infatti già stata lanciata dall’assessore al Turismo della Città di Alba, Emanuele Bolla, evidenziando l’impatto positivo dell’iniziativa che si è svolta per due giorni.

Un teatro trasformato in sala ristorante, talk brevi e concisi e tematiche fresche, verso il futuro della gastronomia: sono queste le caratteristiche di questo format molto innovativo. Insomma, una ventata d’aria fresca che attira e stimola l’ascoltatore a pensare al futuro del cibo insieme ai relatori. Questo approccio dinamico e coinvolgente ha riportato la parola al centro della discussione gastronomica attraverso conversazioni informali e intime.

I temi dell’incontro e lo sguardo al futuro

La domenica del festival è stata dedicata alla scena gastronomica italiana: partendo dalla pasticceria, finendo con la carne. Ma non sono state le aree gastronomiche a essere al centro, bensì tematiche più ampie: dall’evoluzione in pasticceria alle forme e i sensi in essa; dall’importanza dei valori del territorio a quelle del design e dell’architettura in gastronomia; dal pane ai panorami alpini; dalla pasta patrimonio UNESCO alle cucine acide, finendo con il tema del selvatico, la fassona e le città. Si inizia con un dibattito sulla pasticceria in cui le giovani generazioni rappresentate da Christian Marasca (Zia*, Roma) e Maicol Vitellozzi (Torino) hanno evidenziato come sia nei laboratori che nella ristorazione ci sia un ritorno alla classicità, al valore della gestualità e uno sguardo a naturalezza e semplicità ben lontane dalle sovrastrutture che hanno contraddistinto gli ultimi anni. Concetto di gestualità che torna nei discorsi legati alla montagna alla cucina di Biafora (Hyle*, San Giovanni in Fiore-Cs) e di Cantafio (La Stua de Michil*, Corvara-Bz) che lancia il progetto di Incö, con un tavolo che risponde alla quotidianità dell’offerta gastronomica o, ancora, la gestualità testimoniata dalla lavorazione di una sfoglia come hanno raccontato la sfoglina Poletti e Beppe Rambaldi (Cucina Rambaldi, Villardora-To): sfoglia che rappresenta una tradizione in continuo divenire, basti pensare alla lasagna e alle sue interpretazioni. I temi del congresso hanno quindi toccato diverse sfere, dalla montagna alla cucina, dalle filiere alimentari alla mediterraneità, creando un ponte tra culture agricole e cucine urbane.

Osterie d’Italia: le migliori 15 da nord a sud

Osterie d'Italia: le migliori 15 da nord a sud

Si fa presto a dire osterie d’Italia (o trattorie). Mai come adesso è un termine che si presta – soprattutto in alcune regioni – a deviazioni più o meno leggere dalla filosofia che il sentimento comune le assegna dalla notte della cucina. Lo si vede anche dalle scelte delle due guide che ogni anno le valutano: I Ristoranti d’Italia del Gambero Rosso sceglie i tre Gamberi (36 nell’ultima edizione), Osteria d’Italia di Slow Food – quindi ancora più specializzato nella tipologia – è stata particolarmente generosa nel volume appena presentato, assegnando 311 Chiocciole (forse con troppa generosità, ma è un nostro personalissimo parere). In ogni caso, con evidenti differenze tra regione e regione, per questioni di pubblico e prezzo, c’è ancora una rotta valida dal Brennero a Pantelleria fatta di materie prime del territorio, rispetto della tradizione (talvolta con tocchi d’autore e/o innovativi) e sostenibilità. Aspetto che se per molti ristoranti è novità recente, per osterie e trattoria – soprattutto nelle zone meno ricche – è storia antica e naturale. Non si buttava mai niente, la cucina del recupero per molti non è un’invenzione di marketing.

L’ospitalità delle osterie

E poi c’è il valore dell’ospitalità che, come dice Carlin Petrini, guru di Slow Food, «vuol dire garantire al cliente un atteggiamento di benevolenza, il più sincero possibile. L’accoglienza migliore è quella che esprime l’identità di chi gestisce il locale e del locale stesso». La buona notizia è che molti dei locali sono stati aperti di recente, soprattutto, da giovani cuochi e cuoche (non di rado patron o soci) che tra i tanti modelli offerti dalla ristorazione contemporanea, hanno scelto di calzare proprio quello dell’osteria. È il caso di professionisti che, dopo svariate esperienze all’estero, in segmenti totalmente diversi come quello del fine dining e in ristoranti di ben altro livello, scelgono di seguire «una via all’osteria» che garantisce un futuro alla tipologia mentre si discute del destino dell’alta cucina.

L’osteria di oggi

Torniamo al tema iniziale: cosa è oggi un’osteria? Per noi sono i locali che incarnano al meglio l’autenticità della cucina italiana, una cucina semplice, priva di barocchismi ed eccessi di lavorazione che hanno il solo fine di stupire. Una cucina che non cerca di uniformarsi in un unico stile con cotture millimetriche, ma sottolinea le differenze e non si piega alle mode. Poi è giusto non rimanere bloccati ed ecco che Osterie d’Italia, quest’anno, ha allargato la visione tradizionale a enoteche con cucina, agriturismi, ma anche alternative come pastifici, pub e gastronomie le cui caratteristiche sono, in primis, l’attenzione e l’aderenza al territorio. Ma al tempo stesso ha assegnato le prime Chiocciole anche ai posti segnalati negli inserti, locali la cui offerta e impostazione sono interpreti di una tradizione gastronomica autoctona, rintracciabile esclusivamente nella regione di appartenenza. E sono ben 15 ad aver ricevuto il massimo riconoscimento: un trippaio fiorentino, 4 indirizzi di supplì e pizza al taglio romani, 2 indirizzi per gli arrosticini abruzzesi, 7 pizzerie campane e un indirizzo per il morzello calabrese.

Ecco le new entry di quest’anno e, a seguire, la nostra personalissima selezione delle (nuove) osterie immancabili, dove vino, cibo, atmosfera e gente creano un mix imperdibile. Prenotate sempre.

Ricetta Bignè croccanti con crema al cioccolato

Ricetta Bignè croccanti con crema al cioccolato

In francese li chiamano bignè “craquelin”, un termine che noi traduciamo con bignè croccanti. La particolarità di questi bignè è, infatti, un rivestimento della pasta choux a base di zucchero di canna, farina e burro che li rende croccanti in superficie, lasciando l’interno morbido.

I bignè croccanti si possono farcire a piacere, ma oggi ve li proponiamo con crema al cioccolato secondo la ricetta del celebre pasticcere tedesco Ernst Knam che, in occasione del Natale, li ha anche vestiti a festa con dischetti di cioccolato rossi e neri e fiocchi di neve di pasta di zucchero. 

Provate a prepararli e fatelo in quantità perché garantiamo che andranno a ruba!

Scoprite anche la ricetta dei Bignè croccanti con crema alle mandorle.

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