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» Cannelloni di melanzane – Ricetta Cannelloni di melanzane di Misya

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Innanzitutto, se non ce l’avete già pronta, preparate la besciamella e lasciatela intiepidire.
Nel frattempo, tagliate la mozzarella a dadini e lasciatela scolare, quindi preparate il sugo: fate soffriggere la cipolla tritata con l’olio, poi aggiungete la passata e il basilico, salate e fate cuocere per 20-30 minuti con coperchio, a fiamma bassa.

A questo punto occupatevi delle melanzane: lavatele, spuntatele, tagliatele a dadini, quindi fatele saltare per una decina di minuti (dipende dalle dimensioni dei dadini: alla fine devono risultare ben cotti, morbidi e dorati) a fiamma media in una padella antiaderente con sale e olio.

Una volta cotte le melanzane, lasciatele intiepidire, quindi unitele a mozzarella e un paio di mestoli di sugo.

A questo punto iniziate ad assemblare i cannelloni: sbollentate la pasta, scolatela, quindi farcite ogni sfoglia con un po’ di ripieno e arrotolate la sfoglia sul ripieno per creare i cannelloni.

Una volta preparati tutti i cannelloni, assemblate la teglia: mettete sul fondo un po’ di salsa e un po’ di besciamella, adagiatevi sopra i cannelloni, quindi coprite con la restante salsa e besciamella, spolverizzate con il grana e cuocete in forno statico preriscaldato a 175° per circa 30 minuti.

I cannelloni di melanzane sono pronti, lasciateli riposare per almeno 5-10 minuti prima di servirli.

Costoletta e milanese al cubo: Davide Oldani gioca ancora con la storia. La ricetta

Costoletta e milanese al cubo: Davide Oldani gioca ancora con la storia. La ricetta

Il suo maestro Marchesi la scompose a cubetti una ventina di anni fa, lo chef del D’O ha deciso di andare oltre: ecco la sua visione, di grande tecnica e classe. Naturalmente buonissima

«Non sono mai stato un cuoco che si agita, ma quando arrivava la comanda per una costoletta andavo in panico. E quando meno me l’aspettavo, spuntava lui dietro a controllare… Per il signor Marchesi era un grandissimo piatto: selezionava personalmente il carrè di vitello prima che spennellassi sulla carne grasso di rognone, sciolto in acqua, per una perfetta frollatura. Era un rito, emozionante se ci penso. E pretendeva venisse servita perfetta».
Davide Oldani fa capire quanto la preparazione della milanese rappresentasse (e rappresenti) tuttora un impegno serissimo e un punto di orgoglio per un cuoco, tanto più del territorio come lui. Nel suo caso c’è un motivo in più: da grandissimo allievo del Maestro non si dimentica che per lui era una magnifica ossessione. «È l’unico piatto che ho imparato da mio padre: amo moltissimo la costoletta, ma avrei voluto inventarla io»diceva ai suoi ragazzi.

Milano nel piatto

Non l’ha inventata, ma sicuramente l’ha re-inventata con la Costoletta 2000, creata nel 1991. Un gioiello marchesiano: tecnicamente lucido – la cottura su ogni lato del cubo, alto quanto l’osso, evita il distacco della crosta e sfrutta l’intero pezzo di carne – ed esteticamente gradevole. E nessuno prima di lui aveva pensato a questo piatto godibile senza coltello. Oldani, nel 2018, ha ripreso il concetto dei cubi nella Milano nel piatto. L’unione di tre classici della tradizione ambrosiana: risotto giallo, ossobuco e costoletta. Che per la cronaca è anche l’ordine delle preferenze personali del cuoco di Cornaredo. Il terzo elemento della preparazione era rappresentato dal filetto di vitello che veniva tagliato a cubi, cotto a bassa temperatura per 22-24 minuti a 75°, quindi arrostito. «Però lui impanava i cubi, io no», ricorda. «Il pangrattato entra solo alla fine, è saltato a parte, poi aggiunto sopra a ogni singolo pezzo per dare la nota croccante che s’accompagna alla grande morbidezza del filetto, ottenuta dalla cottura sottovuoto »

Intuizione geniale

Il lockdown ha portato al pensiero definitivo della versione attuale, che peraltro era nella mente oldaniana da un paio di anni. Si chiama Costoletta e milanese a cubi, fa parte del degustazione Essenza e lascia sorpresi: i cubi di vitello sono affiancati da un numero identico di dadi vuoti con la panatura mentre l’osso è diventato una mousse stampata a costoletta. La salsa versata al tavolo disegna il profilo di una costoletta intera e circonda i vari elementi. Prima di regalarvi la ricetta per quattro persone (originale e buonissima), ci piace richiamare il commento di Fiammetta Fadda sul piatto, in uno dei servizi del numero di agosto di La Cucina Italiana, diretto eccezionalmente proprio da Davide Oldani. «Il bravo cuoco è uno che sa fare (anche) i conti. Il cuoco bravissimo sa trasformare le considerazioni economiche in intuizioni geniali. Il punto era: la costola ricavata dal carrè pesa mezzo chilo, troppo per una persona. Ma divisa in due, la parte senza osso non si può considerare costoletta. Marchesi aveva risolto l’impasse facendola a cubi panati e fritti. Oldani ci ha pensato su ed è andato oltre». Dall’alto, sicuramente, Gualtiero avrà prima scosso la testa, sorridendo, e poi commentato «Bravo, ragazzo».

Costoletta e milanese a cubi

Per il filetto

Unire 300 grammi di filetto di vitello  a 100 grammi di burro chiarificato e aromatizzato al limone, rosmarino e sale. Cuocere per 50 minuti, sottovuoto a 52 gradi. Tagliarlo in cubi il più possibile regolari e arrostire.

Per l’impanatura

Impastare 200 grammi di farina con due uova intere, stendere sottile la pasta e arrotolarla su uno stampo a forma di parallepipedo. Fare essiccare e tagliarla in pezzi da 1,5 cm circa di altezza. Impanare con farina, uova, pan grattato e friggere in burro chiarificato.

Per l’osso

Unire 200 grammi di lombo di vitello a 100 grammi di midollo e sale. Cuocere a 65 gradi. Fare raffreddare, frullare, setacciare e stendere nello stampo a forma di osso.

Impiattamento

Porre i cubi e le impanature, nello stesso numero, all’interno del piatto con la costoletta sul bordo. Terminare versando del fondo di vitello profumato al limone e rosmarino. Guarnire con qualche foglio di germogli.

Addio a Bauli e Pernigotti, due lutti nella dolciaria italiana

A Verona, a 79 anni, è morto il «re del pandoro», e a Milano, a 98, il nipote del fondatore della famosa azienda di cioccolato

Due lutti, a distanza di poche ore, nell’imprenditoria dolciaria italiana: a Verona è morto Alberto Bauli, 79 anni, «re del pandoro», e a Milano il cavalier Stefano Pernigotti, 98, nipote del fondatore dell’azienda del cioccolato.

Alberto Bauli
Bauli, per più di 25 anni, è stato il presidente del gruppo dolciario fondato nel 1922 dal padre Ruggero, che ora ha sede a Castel d’Azzano, in provincia di Verona. Con l’ingegnere Alberto Bauli, l’azienda di famiglia è diventata leader in Italia ed Europa nei dolci natalizi e pasquali, come pandoro, panettone e colombe, ma sempre più presente anche nel settore dei dolci continuativi (biscotti, merendine, brioches e cracker): nel 2006 la Bauli ha acquisito il biscottificio Doria, e nel 2009 ha rilevato da Nestlè i prodotti dei marchi Motta e Alemagna (spesso scherzava dicendo: «Il presidente del colosso svizzero pensava fossi andato a trovarlo per vendergli la nostra azienda»). Negli ultimi anni aveva avviato un ambizioso piano di crescita oltre frontiera, dove il gruppo genera ormai il 15% del suo giro d’affari. Nell’ultimo bilancio, il fatturato è arrivato vicino ai 500 milioni, con un conto economico in attivo per 11 milioni.

Stefano Pernigotti
Era stato il nonno a fondare l’azienda dolciaria di Novi Ligure, ma fu Stefano Pernigotti a trasformarla in uno dei marchi più importanti dell’industria dolciaria e del cioccolato, in un’azienda illuminata che metteva gli interessi della comunità e dei lavoratori davanti alla logica del profitto. Era appassionato di caccia e di sport, soprattutto di calcio: ai due figli Paolo e Lorenzo, che morirono prematuramente in un incidente stradale in Uruguay, nel 1980, aveva intitolato un torneo giovanile di calcio che, per tanti anni, è stato disputato a Novi Ligure. Nel 1995, Pernigotti cedette la proprietà dell’azienda ai siciliani Averna. Ma rimase sempre affezionato all’industria della sua famiglia e seguì il passaggio ai fratelli turchi Toksoz e tutte le vicissitudini e i problemi della Pernigotti. Viveva a Milano, ma sarà seppellito a Novi Ligure nella tomba di famiglia.

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