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Ricetta Petto di faraona con peperoni

Ricetta Petto di faraona con peperoni
  • 100 g ricotta
  • erba cipollina
  • finocchietto
  • 1 petto di faraona
  • 1 peperone rosso
  • 1 peperone giallo
  • olio extravergine di oliva
  • 1 cipolla di Tropea
  • sale
  • pepe

Per il petto di faraona lavorate 100 g di ricotta con un trito di erba cipollina e finocchietto, sale e pepe. Tagliate a metà 1 petto di faraona con la pelle. Praticate un’apertura a tasca nel lato più corto con un coltello e farcite i mezzi petti con la ricotta. Cucite l’apertura della tasca e cuocete i petti in una padella antiaderente con un filo di olio, per 18-20 minuti, a fuoco basso. Alla fine salate e pepate.
Per i peperoni pelate con un pelapatate 1/2 peperone rosso e 1/2 giallo, tagliarli a quadretti e saltarli in padella per 3 minuti in un filo di olio extravergine, insieme con 1 cipolla di Tropea sfogliata in petali. Salate e pepate.
Per completare servite il petto di faraona con le verdure, guarnendo con erba cipollina sminuzzata.

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Agricoltura biologica alle porte di Milano

Agricoltura biologica alle porte di Milano

Cascina Fraschina Bio di Abbiategrasso: una giornata di lavoro in una giovane azienda biologica appena fuori Milano, dove tre ragazzi coltivano di tutto per favorire la biodiversità

«Diamo lavoro ai giovani». È iniziata  così la storia di Tommaso Montorfano, Claudio Vaccari e Marcello Requiliani, che con neanche novant’anni in tre si sono ritrovati a gestire la Cascina Fraschina Bio, tredici ettari ad Abbiategrasso, nel Parco del Ticino. «Non ci manca niente: abbiamo studiato, abbiamo Internet e tanta passione».

La scelta è stata chiara da subito: regime biologico con filiera chiusa, e poi non solo ortaggi tradizionali, ma anche esotici, sempre più richiesti, come okra, shiso, kang kong (spinacio d’acqua). «Coltivare più specie possibili per favorire la biodiversità: questo per noi è l’unico modo sostenibile di fare l’agricoltura, perché è anche il solo modo che abbiamo per influenzare il nostro corpo e il nostro ambiente. Eppure c’è ancora troppa disinformazione sul tema, si tende ad associare il biologico solo al prodotto finale e non a tutto quell’universo che c’è prima e dietro», continua Marcello, che oltre al lavoro in azienda è anche insegnante di Piani di produzione orticola biologica. Qui la giornata si sa quando comincia (presto), ma non quando finisce (tardi); d’estate già verso le sette del mattino, ma l’orario ovviamente cambia a seconda delle stagioni, anche se si lavora sempre almeno dieci ore. «Non abbiamo ruoli precisi, tutti facciamo tutto, e c’è sempre qualcosa da fare». Con loro lavorano alcuni ragazzi, tra stagisti e dipendenti, come Dembo, Giorgio, Suma, Tania.

Inizio con la guida di Marcello a raccogliere il famoso kale, il cavolo riccio, un concentrato di proprietà salutistiche e nutrizionali, chiamato anche «medico dei poveri»; in cucina ha mille applicazioni, dalle chips al pesto, all’estratto.
«Siamo abituati a pensare ai cavoli solo come ortaggi invernali, ma non è affatto così, è un altro di quei miti che vanno sfatati», si infervora Marcello. Il kale, come tante altre piante della cascina, cresce in serre costruite con materiali di riciclo. «Abbiamo investito tantissimo in queste strutture, prima ancora che nei macchinari». Continuiamo con la raccolta dei fiori di zucchina, poi passiamo a togliere le erbe infestanti dai campi:«Devi estirparle dalla radice, Giulia!», mi rimprovera Marcello. «Alla fine le piante sono come tutti gli altri esseri viventi, il loro scopo è sopravvivere, riprodursi e diffondersi. Per questo tutti dovrebbero  leggere Armi, acciaio e malattie (saggio dell’antropologo americano Jared Diamond uscito nel 1997 e pubblicato in Italia da Einaudi, ndr), perché è un libro che ti fa capire le cose; a me ha cambiato la vita, forse portandomi qui». Nel frattempo Claudio è in giro a consegnare quelle che hanno chiamato «Eticassette – Il gusto del rispetto» per dare un’idea dello spirito del loro lavoro.«Forniamo una parte di prodotti “obbligatori” scelti da noi e, a seconda della disponibilità, una parte “libera” che ognuno può assortire a piacere in base alla nostra lista stagionale. Quando consegniamo la nuova cassetta, ritiriamo quella vecchia. Vogliamo ridurre gli sprechi, sia dei materiali sia delle verdure». Per tutte queste ragioni, gli ortaggi bio di Cascina Fraschina Bio sono sempre più richiesti, da Abbiategrasso fino a Milano, dove sono moltissimi i privati e i ristoranti che li scelgono, come Marco Ambrosino dei 28 Posti o la Trattoria Ciciarà. Oltre alla vendita diretta, li trovate al Mercato Contadino di Cascina Linterno, a Milano.

Carote nere.

Intanto si  avvicina l’ora di pranzo e nelle serre inizia a fare veramente caldo. Siamo solo a metà giornata e c’è ancora molto lavoro da fare. «Ci sarà un motivo se l’agricoltura è chiamata il settore primario, no?». Andiamo a raccogliere ancora qualche erba aromatica, borragine e il profumato levistico, finché non sentiamo urlare: è pronto, la pasta con i fiori di zucchina appena sbocciati è in tavola!

Ricetta Saor di fagiolini, taccole e salvia con salsa aïoli

Ricetta Saor di fagiolini, taccole e salvia con salsa aïoli
  • 150 g olio di arachide
  • 2 tuorli freschissimi
  • 2 spicchi di aglio nuovo
  • 1 uovo intero
  • aceto
  • sale
  • 350 g acqua minerale frizzante
  • 300 g farina 00
  • 2 cucchiai di farina di riso
  • 1/2 bustina di lievito in polvere per torte salate
  • 700 g 5 cipolle bianche
  • 150 g fagiolini
  • 150 g taccole
  • 30 g pinoli
  • 50 g uvetta
  • 12 foglie di salvia
  • aceto di vino bianco
  • vino bianco secco
  • alloro
  • zucchero
  • olio di arachide
  • olio extravergine di oliva
  • sale

Per la salsa aïoli, portate a bollore 2 cucchiai di aceto; sbattete i tuorli e l’uovo ed emulsionateli con l’aceto bollente, l’aglio tritato, sale e l’olio di arachide. Una volta montata l’emulsione, riponetela in frigorifero.
Per la pastella, mescolate la farina 00 con la farina di riso, l’acqua frizzante e il lievito.
Per il saor, tagliate a fette le cipolle e fatele stufare a fuoco medio per circa 20 minuti, con un filo di olio extravergine di oliva, sale e 4 foglie di alloro. Alzate la fiamma per fare dorare le cipolle. Unite poi una soluzione preparata con 1/2 bicchiere di vino bianco, 1/2 bicchiere di aceto, 2 cucchiai di zucchero.
Aggiungete anche i pinoli tostati e l’uvetta, e cuocete per altri 15 minuti a fuoco basso.
Mondate fagiolini e taccole e scottateli in acqua bollente salata per 3-4 minuti; raffreddateli in acqua e ghiaccio, scolateli e asciugateli.
Passate fagiolini, taccole e salvia nella pastella e friggeteli, pochi per volta, nell’olio di arachide ben caldo (170-175 °C). Scolateli su carta da cucina e salateli.
Condite i fritti con le cipolle e il loro sugo e accompagnateli con la salsa aïoli.

Ricetta: Caterina Perazzi, Testi: Laura Forti, Foto: Riccardo Lettieri, Styling: Beatrice Prada

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