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Guida Michelin Italia 2024: promossi, bocciati e (finte) sorprese

La Cucina Italiana

Ed eccola la Guida Michelin Italia 2024. Ma va detto, così come siamo un popolo di commissari tecnici (a meno di non odiare il calcio), allo stesso modo crediamo di essere (in questo caso parliamo di nicchia) gli ispettori della Michelin. Magari allenandoci con le recensioni di Tripadvisor. Comunque sia, non possiamo fare né le formazioni della Nazionale, né decidere sulle Stelle: per la cronaca, visto che ormai nella Serie A calcistica i giocatori italiani sono il 35% sul totale, appare ben più difficile il lavoro di Sergio Lovrinovich – direttore della Guida Michelin Italia – che quello del buon Luciano Spalletti, selezionatore degli Azzurri. Di ristoranti che vogliono entrare o tornare nel “salotto buono” della cucina ce ne sono decine e decine: nove volte su dieci restano al palo. La premessa, per ribadire che noi per primi ci divertiamo un sacco a fare pronostici sulla Rossa e, come tutti (addetti ai lavori e gourmet), ne azzecchiamo una parte, quando va bene.

Le Stelle

Lo hanno scritto mille volte, ma è giusto ripeterlo. Il fascino (non occulto) della Michelin è non seguire le mode, ma premiare la costanza. A parte che non sempre la Rossa fa seguire il dogma alla pratica, andiamo in controtendenza: talvolta è un errore perché ci sono decine di vecchi stellati fuori dal tempo non per gli arredi bensì per una cucina stanca e non di rado mal eseguita. Non è questione di creatività, né di restare fedeli al copione: si chiama restare sul pezzo, merita rispetto, ma non ha senso metterlo sullo stesso piano di chi spingendo continuamente viene fermato al confine. Vedere dei campioni della nostra cucina (i soliti, scusateci, ma è così: Cracco, Berton, Baronetto, Camanini…) messi sullo stesso piano di onesti cuochi non mi convincerà mai e non si tratta di snobismo. Per non parlare di eccellenti professionisti cui manca sempre la prima Stella o cercano di riprendersela, che sono avanti anni luce a parecchi posti “con la storia”.

Qualche facile previsione

Poi, ovviamente, ci sono anche i pronostici rispettati. La doppia stella di Andrea Aprea e Michelangelo Mammoliti rientra tra queste, partendo da presupposti diversi, ma esemplari in entrambi i casi. Oppure la conferma di Norbert Niederkofler, protagonista di un trasloco esemplare: raramente si è visto un posto e un team che in poche settimane di lavoro è stato capace di offrire esperienze di altissimo livello, in un luogo top, come Atelier Moessmer. Questa è una case history da prendere nota, unita alla capacità del guru altoatesino di aver creato un metodo che i suoi allievi (Alnerto Toé di Horto e Michele Lazzarini di Contrada Bricconi) hanno messo rapidamente a frutto, conquistando la Stella singola.

Regione per regione

Capitolo Sud. Non fa notizia nella misura in cui tanti hanno scritto. La Campania è da sempre una delle regioni più amate (giustamente, sia chiaro) dalla Michelin: evidente sia stata un’edizione memorabile con tre stelle singole in provincia di Salerno, due bistellati in quella di Napoli e il tristellato (a sorpresa) Quattro Passi di Nerano. Alla fine, la richiesta a gran voce di scendere sotto la vecchia linea tra l’Abruzzo e Roma per dare al Sud un tre Stelle ha funzionato. Bravissima la famiglia Mellino a cogliere l’attimo fuggente, bruciando vecchi leoni e giovani rampanti. Tra l’altro, quando tornerà Don Alfonso 1890 in una veste che, dicono, clamorosa, la Campania potrebbe avere un altro massimo riconoscimento.

A livello regionale, considerando che Toscana e Lombardia hanno fatto, come sempre il proprio dovere, ci pare che la maggiore soddisfazione debba risiedere nella piccola Umbria (non bagnata dal mare, quindi con un handicap in partenza) con le tre nuove stelle singole mentre a parte il previsto exploit di Mammoliti con La Rei Natura è stata una stagione triste per il Piemonte che ha perso quattro Stelle per strada. Bene anche la Sicilia, ma senza il colpo d’ala, e la Liguria, che sembra uscita dall’immobilismo di un tempo. Importante: a conferma che le accuse fatte alla Michelin di guardare molto ai giovani cuochi e poco alle cuoche sono insensate, ecco ben tre nuove stelle a locali guidate da signorine e signore. Morale: se ci sono poche donne in cucina, ce ne saranno pochissime brave e da premiare, è una questione di numeri.

Le Stelle Verdi

Invece, di Stelle Verdi, se ne troveranno sempre di più (siamo a 58 da quando è nata l’idea nel 2021) per quanto la classificazione ci appaia onnicomprensiva. Ma il Verde piace, fa sentire persino più buoni e non di rado diventa l’anticamera della Stella Rossa o la targa in più da mettere davanti all’entrata affiancando quella già guadagnata. Al contrario, continuano a mancare i “macaron” per la pizza con alti lamenti da parte degli addetti ai lavori: i maestri nonostante locali chic, comunicazione ad alto livello e un impegno clamoroso per apparire chef continuano a non essere considerati. Anche i più bravi, secondo noi, non prenderanno mai l’agognata Stella perché – non dimenticatelo mai – magari gli ispettori italici nel tempo libero vanno sempre in pizzeria, ma comandano i francesi. Fargli capire che Franco Pepe – tecnicamente e culturalmente – vale quanto (e forse più) un giovane cuoco è praticamente impossibile.

A proposito di cugini d’Oltralpe: per quanto ci sia gioia diffusa per essere sempre più vicini a loro (e in effetti, almeno sui piatti non hanno più niente da insegnarci, anzi spesso siamo noi a emigrare per dar loro energia), 395 locali stellati in Italia sono un’enormità che non ci convince. Teniamoceli, per carità, ma vent’anni fa entrare nel “salotto buono” era decisamente più complicato e il livello medio – soprattutto dei neo stellati – era superiore. Chiedere a chi viveva quell’epoca da cuoco o gourmet, se non ne siete convinti. Ma la Michelin, per quanto ami raccontarsi inamovibile, è una vecchia signora che sa adattarsi al mondo che cambia e si concede pure il piacere della (finta) tendenza. Quella che può apparire la sorpresona dell’anno, ossia la doppia stella al milanese Verso, locale minimal in tutto, nel menù e nell’arredo con un bancone in stile omakase davanti alla cucina, da un lato è un riconoscimento a due super professionisti quali i fratelli Capitaneo e dall’altro pare lanciare un messaggio che il ristorante del futuro possa uscire dai canoni della tradizione. Calma e gesso, possiamo elencare le Stelle fuori dalle rotte, rimaste tali: nella notte dei tempi il ristorante vegetariano (Joia, tuttora il solo in guida), la macelleria con cucina Damini e Affini (senza imitatori), il locale etnico Iyo (tale è rimasto). Ergo, è la sorpresa richiesta dal copione: quindi se volete che l’amata pizza colga il “macaron” non parlatene più per un paio di anni.

Foreste: perché sono essenziali per il cibo e il nostro futuro

La Cucina Italiana

Le foreste come gli alberi delle città lavorano in silenzio e spesso neppure li notiamo, sebbene siano fra noi. 
È una bella giornata. Usciamo a fare due passi. Sentiamo il fruscio delle foglie e percepiamo la leggera brezza del vento sulla pelle. Siamo circondati dalla natura e gli alberi ci fanno sentire la propria presenza.

Sono alti, senza pretese e, spesso, passano inosservati sullo sfondo. Ma sono lì. Più che un semplice sfondo, gli alberi e le foreste svolgono un ruolo fondamentale per l’esistenza quotidiana dell’uomo.
E non sono solo gli alberi a lavorare. Nelle profondità delle foreste c’è un intricato ecosistema di piante, funghi, insetti e animali che interagiscono e svolgono ruoli fondamentali per la vita di ognuno. Tutti lavorano silenziosamente dietro le quinte per garantire agli esseri viventi acqua fresca da bere, aria da respirare e cibo da mangiare.

Le foreste coprono circa il 31% della superficie globale, ma più della metà delle foreste mondiali si trova in soli cinque Paesi. Esse custodiscono una quantità significativa di biodiversità planetaria, poiché ospitano circa l’80% delle piante e degli animali terrestri
Sono un partner silenzioso, ma vitale nel fornire mezzi di sussistenza e sicurezza alimentare a milioni di persone. Gli alberi si prendono cura delle persone ogni giorno, quindi prendetevi un minuto per riflettere: se gli alberi avessero una voce, cosa direbbero?

Forniamo alimenti nutrienti

I prodotti della foresta, come frutta, noci, insetti e carne selvatica, forniscono energia, proteine, carboidrati e vitamine essenziali e costituiscono una parte fondamentale della dieta, in particolare per le popolazioni rurali che soffrono di insicurezza alimentare.

Per alcune comunità dei bacini del Congo e dell’Amazzonia, il consumo di carne selvatica copre da solo il 60-80% del fabbisogno proteico giornaliero. A livello globale, quasi un miliardo di persone dipende dalla raccolta di cibo selvatico come erbe, frutta, noci, carne e insetti per la propria dieta.

Offriamo mezzi di sussistenza

Si stima che circa 33 milioni di persone (l’1% dell’occupazione globale) lavorino direttamente nel settore forestale. Inoltre, fra i 3,5 miliardi e i 5,76 miliardi di persone utilizzano anche prodotti forestali non legnosi per uso personale o per alimentare i propri mezzi di sussistenza. Che si tratti di legno per abitazioni e mobili, prodotti di bellezza, medicinali, aromi, gli alberi forniscono tutto ciò.
In quanto farmacia della natura, le foreste offrono anche medicinali per il trattamento di un’ampia gamma di disturbi. Circa 50mila specie di piante, molte delle quali crescono nelle foreste, hanno valore medicinale. Molti farmaci comuni derivano da piante forestali, tra cui i farmaci antitumorali ricavati dalla pervinca del Madagascar e il chinino, farmaco contro la malaria, ricavato dagli alberi di china.

Combattiamo il cambiamento climatico

Le foreste offrono protezione. Gli alberi possono attenuare gli effetti del cambiamento climatico e ridurre le emissioni globali di carbonio.

Ricetta Torta coi bischeri senza canditi

Ricetta Torta coi bischeri senza canditi

Dolce tipico toscano, la torta coi bischeri è originaria esattamente del comune di Pontasserchio, in provincia di Pisa. È una sorta di crostata, con un guscio di pasta frolla e un ripieno di riso, cacao, cioccolato, canditi, uvetta e pinoli. E i “bischeri” sono le punte di pasta frolla con cui viene decorato il bordo della torta.

In questa nostra ricetta abbiamo alleggerito la torta togliendo i canditi e aumentando pinoli e uvetta. Inoltre abbiamo utilizzato meno latte, solo cacao invece di cacao e cioccolato, mantenendo la tipicità del sapore e della forma caratteristica, con l’aggiunta di un tocco in più, dato dal Cognac.

Provate a prepararla e scoprite i migliori indirizzi di Pisa dove acquistarla.

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