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Perché Unesco, perché Bottura – La Cucina Italiana

Perché Unesco, perché Bottura - La Cucina Italiana

Una nuova avventura aspetta tutti i lettori de La Cucina Italiana. Scopritela insieme a un ospite molto speciale.

Mercoledì 27 maggio, 9:41. «Luglio, luglio, luglio». È il WhatsApp con cui cerco di far colpo su Massimo Bottura. Abbiamo pensato che sia tempo di candidare la cucina italiana come Patrimonio Immateriale dell’Umanità Unesco – non il magazine, proprio la tradizione culinaria italiana, e stavolta tutta intera senza campanilismi, in quella che due nostri amici a pag. 10 chiamano «la sua straordinaria biodiversità».

Abbiamo scelto di lanciare la candidatura con una serie di numeri guest edited dai più grandi chef del Paese. E abbiamo deciso che il primo, luglio, deve essere firmato da lui. Che però prima non reagisce: vedo solo la spunta blu. Poi chiama per dirmi che è una follia. E lo capisco: siamo alla vigilia del 2 giugno, la Festa della Repubblica che Bottura ha scelto come data simbolica per riaprire l’Osteria Francescana, tre stelle Michelin, uno dei ristoranti più famosi al mondo, e altre sue svariate attività, come Casa Maria Luigia, stanno per ripartire dopo la pandemia. Ma insisto. E il 28 maggio, mattina presto, mi richiama. «Certo che tu non molli, ragazza». Pausa (lunghissima). «Va bene, facciamolo». Così siamo partiti per questa meravigliosa avventura, con un giornale diverso ma fedele a se stesso.

Questo numero è immaginato, cucinato, fotografato e scritto a tempo di record seguendo la filosofia di Bottura, che è poi così vicina alla nostra. Ma soprattutto è il fischio d’inizio di una nuova impresa: candidare come Patrimonio dell’Umanità – e sembra incredibile che non sia già stato fatto – la cultura culinaria più amata del mondo (l’artista di fama mondiale che ha firmato la copertina, JR, è francese, per dire). Il motore è acceso. Posto a bordo ce n’è. Venite con noi?

P.S. Ringrazio Fedele Usai perché alza sempre l’asticella un po’ più su, verso il cielo d’Italia.

 

Marco Sacco, come reiventare un due stelle Michelin (grazie al lockdown)

Marco Sacco, come reiventare un due stelle Michelin (grazie al lockdown)

Un bistrot dove si facevano i matrimoni, una barca per il pic nic, un menu diverso per il gourmet. Il Piccolo Lago a Mergozzo è un valido esempio di come i bravi chef e patron stanno reagendo ai problemi del dopo Covid-19

Il Piccolo Lago di Mergozzo (VB) non è il solo ristorante (bi)stellato che si è presentato alla riapertura in una veste diversa. Dalle Alpi alla Sicilia, è un fiorire di temporary per l’estate o di locali dove si sono spostati i cuochi di città. Però, la trasformazione del ristorante di Marco Sacco ci ha colpito particolarmente, partendo dalla storia dello chef-patron, cresciuto tra il ristorante di famiglia e le importanti esperienze in Francia. Grande viaggiatore (e ottimo windsurfista in gioventù), ma ferocemente attaccato al proprio territorio, e forse per questo sottovalutato dalla critica. Il paradosso vuole che nel momento in cui Sacco iniziava a uscire di casa – con la gestione di Piano 35  nel grattacielo Intesa Sanpaolo a Torino e l’apertura di Castellana Restaurant a Hong Kong – è arrivata la botta del Covid-19. Che vale per tutti i suoi colleghi, ma in un posto di frontiera culinaria quale Mergozzo (più vicino alla Svizzera che a Milano o Torino) la ripresa è più difficile. Ci vogliono passione, coraggio e la voglia di reinventarsi. Tornando all’antico, per vedere il futuro.

Un piccolo lido sul lago

«Senza retorica, il riposo mi ha portato a pensare che questo splendido lavoro bisogna farlo sempre e comunque sapendosi divertire, attraverso una tranquillità nel prendere gli impegni e le fatiche del lavoro quotidiano», dice Sacco. Ed ecco la trasformazione del giardino sottostante la struttura sospesa del bistellato: praticamente un piccolo lido, aperto sin dalle 10 del mattina dove ci si può rilassare in giardino, pranzare in mezzo alla natura, prendere il sole, gustare una merenda gourmet e un gelato freschissimo o scegliere il momento dell’aperitivo o di un after-dinner, visto che – salvo la domenica – è aperto anche un lounge-bar dalle 19.30 alle 22.00.  Il tutto davanti alle acque del lago prealpino più pulito d’Europa, dove si può navigare solo a vela, pagaiando o utilizzando uno scafo a propulsione elettrica. A proposito di lago, è nato anche un originale pic nic in barca, che consente in tre ore di esplorare lo specchio d’acqua e la cucina di Marco Sacco. Perché insieme a un box con tutto l’occorrente per il pranzo o la cena (acqua e vino compresi), c’è la mappa del lago con l’itinerario da seguire e cosa mangiare, tappa dopo tappa. Più distanziamento di così!

Cinque box al bistrot

E poi c’è la cucina. Il Piccolo Lago gourmet è vivo (e lotta insieme a noi), ma solo a cena, dal mercoledì alla domenica: due degustazione, innovativo e storico, a 150 euro più un pairing da 70 euro. Una sicurezza tra presente e passato, dove la tecnica è al servizio della materia prima che spesso è cercata direttamente dallo chef. Al bistrot ci si diverte. «Noi in cucina per primi: se ne sono resi conto i ragazzi quando ho proibito sottovuoto e dintorni per il menu», racconta lo chef . «Ho puntato sull’italianità e sulla semplicità, pensando all’ambiente e a cosa possono cercare i clienti in uno spazio del genere, soprattutto nel fine settimana». Attenzione al concetto di semplicità: è apparente proprio perché la mano è di un cuoco esperto, bistellato, aperto di mentalità. È così che piatti come  la  Caprese, lo Spaghettone al pomodoro, il Vitello tonnato, il Fritto misto di lago, la Grissinopoli (una cotoletta impanata nei grissini) fanno godere. Si sceglie da cinque box dove le singole portate costano 6, 10, 14, 22 e 26 euro. «La parola d’ordine non è stravolgere, rinnegare, ripensare la propria idea di cucina e il proprio stile, ma aprirsi a nuovi clienti o offrire a quelli fedeli altri momenti per cui sedersi a tavola: questo è il tempo per farlo, con passione e serietà», dice Sacco.

Anna in Casa: ricette e non solo: Pesche sciroppate alla vaniglia

Anna in Casa: ricette e non solo: Pesche sciroppate alla vaniglia

Se devo scegliere quale frutta estiva preferisco, la risposta diventa difficile: mi piacciono le fragole, le ciliegie, le albicocche, le pesche noci e ovviamente le pesche ma la varietà con la polpa gialla.

Ad inizio mese, sono stata tutto un pomeriggio in cucina a preparare confetture, gelato, sottaceti vari e ovviamente, le pesche sciroppate. E’ stato di sicuro un pomeriggio pieno, un po’ stancante ma molto, molto produttivo.

Ingredienti per 3-4 vasetti

1 kg e 500 g di pesche a polpa gialla non troppo mature

600 ml di zucchero

1 l di acqua

1 cucchiaino di aroma vaniglia

Procedimento 

Come prima cosa procedete sterilizzando i vasetti.

Sbucciare le pesche (io le ho delicatamente spellate, in modo che mantenessero la forma tondeggiante), con un coltellino affilato eliminare il nocciolo e la parte grinzosa dove alloggia.

Sistemare le pesche nei vasetti, senza pigiarle troppo in modo che non si schiaccino e perdano la forma.

Portare a bollore l’acqua con lo zucchero e la vaniglia, lasciare bollire a fuoco moderato per 10 minuti.

Una volta pronto lo sciroppo versarlo sulle pesche fino a coprirle, chiudere ermeticamente i vasetti.

Capovolgere i vasetti e attendere che raffreddino completamente.

Una volta freddi, foderate con un canovaccio una pentola grande e alta ( in modo che i vasetti rimangano in piedi all’interno). Sistemate i vasetti nella pentola, riempire di acqua fino a coprirli, bollire per 30 minuti. Dopo il tempo indicato, lasciare raffreddare i vasetti nell’acqua, prima di toglierli, asciugarli e conservarli in luogo asciutto e al buoi. Lasciare riposare 1 settimana prima di consumarli

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