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Perché il tovagliolo a destra non è sbagliato

Perché il tovagliolo a destra non è sbagliato

Storia e bon ton del tovagliolo, dalla fetta di pane… fino alla mise en place più moderna

Fino all’epoca tardo medievale il tovagliolo non esisteva e ci si puliva la bocca con la tovaglia (quando c’era). In sostituzione si chiamava “pane da bocca” una fetta di pane che si usava per pulirsi le labbra per poi mangiarla.
Leonardo da Vinci fu il primo a interessarsi alla progettazione di “mini tovaglie”, stanco della sporcizia che imperava durante i banchetti rinascimentali. Fu così che progettò il primo tovagliolo, da porre sopra il piatto dell’ospite, ma non ebbe il successo auspicato… gli ospiti, non abituati a quell’oggetto, lo usarono nei modi più disparati.

Solo successivamente iniziarono a comparire pezzette di stoffa: da prima appoggiate sulla spalla destra, per pulirsi la bocca con la mano sinistra, poi poste nell’incavo del gomito destro e solo successivamente si iniziarono a porre sul tavolo.

Dove si mette il tovagliolo a tavola oggi?

Spesso ce lo si chiede come dubbio esistenziale mentre si sta preparando la tavola per gli ospiti che stanno per arrivare.
La risposta a questa domanda non è però univoca, tutto dipende dal tipo di mise en place che si vuole presentare.

Prima di tutto bisogna sempre tenere a mente che il galateo non è una serie di regole imposte, ma piuttosto il frutto di ragionamenti puramente logici che hanno portato la società a stabilire il modo più evoluto di utilizzare gli strumenti a disposizione, per condividere la tavola nel modo più civile possibile.

Elisa Motterle, consulente di etiquette e bon ton, durante i suoi corsi online avvalora sempre questo pensiero: «Non esiste giusto o sbagliato in assoluto nel bon ton. La funzionalità e il buon senso sono le uniche vere regole del galateo».
Suggerisce inoltre: «Meglio piuttosto concentrarsi su quello che assolutamente è da evitare: come porre il tovagliolo sotto il piatto o sotto le posate, poiché totalmente illogico. Dispiegare il tovagliolo è il primo gesto che dobbiamo fare una volta che abbiamo ordinato al ristorante, e sarebbe meglio farlo senza spostare tutta la mise en place!».

Ci sono alcuni casi in cui è concesso posizionare il tovagliolo sul piatto: «Ad esempio», spiega Elisa, «nel banqueting, durante matrimoni o eventi, dove bisogna ottimizzare al massimo gli spazi dei posti a sedere».

Bisogna inoltre valutare una cosa fondamentale di ordine igienico: passata (fortunatamente) la moda dei tovaglioli piegati in modo molto creativo e posti sul piatto, ora è preferibile piegarli nel modo più semplice (a forma di rettangolo). In questo modo il tovagliolo viene toccato il meno possibile da mani altrui.

«Il tema si presentava già nel Rinascimento», racconta sempre l’esperta di galateo Elisa Motterle, «quando i tovaglioli con forme artistiche, che erano delle vere e proprie sculture di tessuti ripiegati, rimanevano sul tavolo come decorazione, e successivamente i camerieri passavano a lasciare ai commensali seduti delle pezzette di stoffa per pulirsi la bocca».
Dopo queste premesse veniamo alle differenze tra le mise en place più utilizzate oggi.

La mise en place all’inglese: tovagliolo a sinistra

La mise en place più utilizzata è quella detta “all’inglese”, riconoscibile per porre le posate con i rebbi rivolti verso l’alto, i bicchieri in ordine raggruppati in alto a destra, il coltello e cucchiaio a destra del piatto e la forchetta a sinistra.
Il tovagliolo in questo caso andrebbe quindi a sinistra per un equilibrio dello spazio della mise en place, che in caso contrario sarebbe sproporzionato a destra, ma soprattutto per un motivo di carattere logico-funzionale: afferrando un lembo del tovagliolo con la mano destra, con un unico semplice gesto lo si può facilmente dispiegare e appoggiare sulle gambe.

La mise en place all’inglese.
La mise en place all’inglese.

La mise en place alla francese: il tovagliolo a destra

Alla corte francese si usava porre le posate con i rebbi all’ingiù verso il tavolo, per diversi motivi: per evitare che i rebbi si intrappolassero nei pizzi delle maniche e per enfatizzare la propria ricchezza.
Ponendo i rebbi all’ingiù, infatti, non ci si curava del rischio di rovinare le tovaglie, sottolineando così il proprio status sociale. Successivamente anche l’incisione dello stemma nobiliare iniziò a essere posta dietro le posate per adeguarsi a questo tipo di apparecchiatura.
La mise en place alla francese è quindi facilmente riconoscibile, anche se oggi poco utilizzata, dal posizionamento delle posate all’ingiù e dai bicchieri disposti in fila sopra il piatto. In questo modo non si ha più la necessità di ottimizzare lo spazio e il tovagliolo può essere messo a destra. Questa tipologia di messa in tavola alla francese fu molto utilizzata anche in Italia in epoca sabauda, mentre oggi si ritrova perlopiù in Francia durante eventi formali.
Non esiste quindi una regola standard per la posizione del tovagliolo, lo si può mettere dove si vuole, purché siano presi in considerazione il buon senso e la funzionalità, che sono le uniche vere regole del bon ton!

La mise en place alla francese.
La mise en place alla francese.

Per l’8 marzo Vanity Fair lancia “La Geografia delle Donne”

Per l’8 marzo Vanity Fair lancia “La Geografia delle Donne”

Per l’8 marzo, Vanity Fair lancia “La Geografia delle Donne”, un progetto che unisce editoria, istituzioni pubbliche ed emancipazione femminile. Nei prossimi mesi e insieme ai più importanti comuni d’Italia, il settimanale di Condé Nast si farà promotore dell’intestazione di strade e piazze a donne che hanno scritto grandi pagine della storia. Si parte da Firenze con un giardino intitolato a Tina Anselmi

In Italia, solo il 4% delle strade di città e comuni sono intitolate a personaggi femminili che per la maggior parte sono madonne, sante e martiri. E le artiste? Le scienziate? Le scrittrici? Dove sono le grandi voci femminili? In occasione della Giornata internazionale della donna, Vanity Fair lancia La Geografia delle Donne, un progetto che unisce editoria, istituzioni pubbliche e impegno civile intorno al tema dell’emancipazione femminile. Lo scopo è iniziare a riscrivere la cartografia italiana dando spazio ai personaggi femminili che hanno scritto grandi pagine della nostra storia.

Insieme all’associazione Toponomastica Femminile, il settimanale di Condé Nast si fa promotore di intestazioni di strade, piazze, corti e giardini, che porteranno il nome di grandi donne. Si è partiti proprio l’8 marzo 2021 da Firenze, dove uno dei giardini che affacciano su Lungarno Colombo è stato dedicato a Tina Anselmi. L’intestazione è accompagnata da un QR code che rimanda a un approfondimento sul sito di Vanityfair.it per scoprire la storia di ogni donna celebrata. Come Tina Anselmi che ha dedicato la sua vita ai valori della libertà e della democrazia. Il progetto di Vanity Fair proseguirà per le prossime settimane e verrà coronato da un numero speciale in edicola il 17 marzo.

«Firenze per la Giornata Internazionale della donna intitola un giardino alla memoria di Tina Anselmi: prima donna ministro, ‘madre della Repubblica’, ha dedicato la propria vita alla democrazia, alla libertà e al nostro Paese. – sottolinea il sindaco di Firenze Dario Nardella – Giovane staffetta partigiana, sindacalista, parlamentare e poi ministro prima del Lavoro e della Previdenza sociale e poi della Salute, una figura che resta un esempio per tutti e che la nostra città è orgogliosa di onorare come merita. A lei dobbiamo riforme cruciali, basti pensare all’istituzione del Servizio sanitario nazionale, la cui importanza mai come adesso è chiara a tutti noi, e ancora, leggi che garantirono passi avanti per i diritti delle donne e nel lavoro, senza dimenticare il suo impegno nella commissione parlamentare di inchiesta sulla loggia P2 da lei presieduta. Ci ha insegnato che la democrazia è un bene prezioso, da proteggere con cura e se la nostra società, oggi, è più equa, giusta e tollerante, lo dobbiamo a lei e alle tante battaglie che ha avuto il coraggio di combattere».

Anna in Casa: ricette e non solo: Torta cacao e patate di Benedetta

Anna in Casa: ricette e non solo: Torta cacao e patate di Benedetta

 

Quando guardo la nostra casa mi si apre il cuore. Sono quasi undici anni che ci abitiamo e ogni mattina, quando apro le ante, la guardo e mi piace. E’ una casa semplice, non ha niente di speciale ma è luminosa e questo per me è tutto. Ogni sera, non importa quanto io sia stanca, prima di andare a letto sistemo tutto perchè la cosa che più mi piace quando scendo le scale e apro le ante è vedere ordine. Un’altra cosa che mi piace è fare colazione seduta con la porta della cucina aperta davanti a me, in questo modo vedo una parte del salotto. Se poi ad accompagnare la mia tazza di caffè lungo con un goccio di latte c’è una fetta di torta al cacao, beh la mattina inizia alla grande.

 

. La ricetta leggermente variata di questa golosa dolcezza adatta a tutti, è di Benedetta Rossi

 

Ingredienti

 

300 g di patate lessate

90 g di zucchero semolato

2 uova a temperatura ambiente

30 g di cacao in polvere

zucchero a velo

 

Procedimento

Scaldare il forno a 170°C e foderare una tortiera da 20 cm di diametro ( 18 se la volete più alta) con carta forno.

In una ciotola schiacciare le patate con lo schiacciapatate o con una forchetta e tenere da parte intanto che intiepidiscono.

Dividere i tuorli dagli albumi e montare questi ultimi a neve ben ferma, con 20 g dello zucchero previsto in ricetta (questo trucchetto serve per evitare che gli albumi si smontino subito intanto che aspettiamo di unirli agli altri ingredienti).

A parte montiamo con lo zucchero restante i tuorli. 

Aggiungere l’aroma vaniglia e successivamente le patate schiacciate, mescolare per amalgamare gli ingredienti.

Unire il cacao e continuate a mescolare.

A questo punto unire delicatamente gli albumi mescolando dal basso verso l’alto.

Versare il composto nello stampo prima preparato e infornare per 35-40 minuti, la torta cotta è morbida e leggermente cremosa.

 

Sfornare la torta e lasciarla raffreddare completamente prima di sformarla,

cospargerla di zucchero a velo e servirla.

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