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Veganuary: detox e benessere green per iniziare il nuovo anno

La Cucina Italiana

Come recuperare dopo gli eccessi di cene e dolci delle festività? Un’opzione interessante proveniente dagli Stati Uniti è adottare l’approccio del Veganuary, una sfida lanciata anni fa dalla comunità salutista americana. Questa consiste nel dedicare l’intero mese di gennaio a un’alimentazione priva di crudeltà verso gli animali, rappresentando un modo sostenibile e leggero per iniziare il nuovo anno. Nel frattempo, una nuova ricerca condotta dall’Università di Oxford rivela che seguire una dieta vegana non solo è benefica per la salute, ma è anche la scelta più economica, riducendo il budget alimentare del 33% rispetto a una dieta che include prodotti animali.

Favorire frutta, verdura, cereali e legumi per il benessere dell’organismo

Secondo la dottoressa Manuela Mapelli, biologa nutrizionista, privilegiare un’alimentazione ricca di frutta, verdura, cereali e legumi costituisce la base di qualsiasi dieta salutare, specialmente se si scelgono prodotti di stagione e a chilometro zero. Questo approccio è particolarmente indicato dopo gli eccessi delle festività, poiché una dieta a base vegetale aiuta il corpo a liberarsi dalle tossine e a sostenere la funzione di filtro dell’organismo, garantendo la regolarità intestinale grazie all’alto contenuto di fibre. Tuttavia, è essenziale che i cibi siano poco elaborati, prestando attenzione al tipo di cottura per preservare le vitamine e i sali minerali. La frutta e la verdura dovrebbero essere preferibilmente consumate crude o cucinate al vapore, al forno con l’aggiunta di spezie ed erbette aromatiche, o spadellate con olio extravergine di oliva a fine cottura.

Consigli pratici per una dieta cruelty free di un mese

Se si desidera sperimentare una dieta vegetariana o vegana per un mese, è consigliabile evitare l’approccio fai da te. La dottoressa Mapelli sottolinea l’importanza di consultare un nutrizionista, il quale consiglierà esami del sangue preliminari per escludere carenze nutrizionali, come quelle di ferro e vitamina B12. Evitare tali carenze è essenziale per prevenire anemia, ipovitaminosi e problemi metabolici. Per coloro che non presentano tali problemi, è possibile concedersi un periodo vegano assicurandosi di includere tutti i nutrienti essenziali in ogni pasto, compresi carboidrati integrali, grassi salutari e proteine vegetali provenienti da legumi, tofu, seitan e tempeh. Creare piatti unici bilanciati è un’ottima idea.

Una giornata tipo durante il Veganuary

Seguire la dieta vegana richiede buon senso e una conoscenza di base degli abbinamenti alimentari. La dottoressa Mapelli suggerisce uno schema di una giornata-tipo durante il Veganuary: una colazione con porridge di avena e latte vegetale, seguita da uno spuntino a base di 15 mandorle. Il pranzo comprende un’insalata di rucola, tofu, semi di zucca e pane di farro. Nel pomeriggio, una bruschetta di pane integrale con avocado e lime, accompagnata da frutti di bosco. Per cena, zuppa di cereali e lenticchie con radicchio alla piastra condito con semi di sesamo. È consigliato l’uso di due cucchiai di olio extravergine a pasto, oltre all’assunzione di acqua a volontà. Prima di andare a dormire, è consigliabile rilassarsi con una tisana detox a base di cardo mariano, carciofo e moringa. Arriverete a febbraio alleggeriti, è garantito.

No alla carbonara modificata: da Londra a Roma, i commenti degli chef

La Cucina Italiana

È successo ancora: l’ennesima carbonara modificata ha scatenato una polemica, stavolta di dimensioni internazionali. Conferma quanto (poco) siamo disposti ad accettare variazioni di questo piatto così amato, e la dice lunga sul modo in cui gli stranieri concepiscono la cucina italiana, seppur votata come la migliore al mondo.

La questione riguarda “Bottega Prelibato”, ristorante dell’elegante quartiere di Shoreditch, a Londra, dove Gianfillippo Mattioli, romano doc, ha preso una decisione radicale. Ha scelto di eliminare la carbonara dal menù perché, dopo averla proposta nella sua versione canonica – uova, pecorino, guanciale e pepe -, si è ritrovato a dover fare i conti con così tanti feedback negativi e così tante richieste di carbonara modificata, da non poterne più.

«Tanti clienti non gradivano la ricetta originale, e in molti chiedevano aggiunte tipo pollo, funghi, o di togliere il guanciale. Abbiamo preferito non servirla», ha detto Mattioli al Tg1. Sì, se ne è occupato perfino il principale telegiornale italiano, a ruota dopo quasi tutti i quotidiani britannici, e qualche italiano, attratti da un post del ristorante su Instagram. Un post intitolato “Carbonara Gate” in cui Mattioli sostanzialmente ha raccontato la storia, sentenziando: «Sia chiaro che rispettiamo le preferenze dei nostri clienti, ma non vogliamo compromettere la nostra qualità e autenticità».

Perché la carbonara ci infiamma?

Non un caso isolato, appunto. I carbonara – gate scoppiano periodicamente. Talvolta sono divertenti, altri meno, e puntualmente scatenano un mai sopito integralismo gastronomico. Ma perché casi come questo capitano con la carbonara e non con altri piatti? «Secondo me perché la carbonara è uno dei piatti popolari per eccellenza. Tutti la fanno e tutti pensano di saperla fare meglio degli altri, quindi si sentono titolati a dire la propria», dice Luciano Monosilio, tra i più giovani chef ad ottenere la stella Michelin, che è davvero tra i più titolati a parlare di carbonara, dato che a Roma ne è considerato il «re». Per la sua carbonara si è meritato lodi del New York Times e la sua ricetta è uno dei motivi per cui prenotare un tavolo nei suoi ristoranti: Luciano Cucina Italiana e Follie, nella storica Villa Agrippina Gran Meliá, che dirige da due anni.

Come Monosilio la pensa un altro pilastro della cucina romana, cioè Simone Panella, che con il fratello Francesco ha in mano le cucine dell’Antica Pesa di Roma, tra i ristoranti che hanno fatto la storia della cucina capitolina (hanno anche celebrato il centenario), e – da 12 anni – dell’Antica Pesa a New York: «La carbonara non smetterà mai di far discutere perché è un piatto molto conosciuto in tutto il mondo. Lo fanno un po’ ovunque, e proprio per questo ognuno ha applicato la sua idea. Aggiungo: purtroppo. Perché la ricetta resta una sola».

Quanto si può cambiare la carbonara secondo Luciano Monosilio e Simone Panella

«La carbonara è quella fatta con uova, guanciale, pepe e pecorino. È tenacemente romana anche negli ingredienti. Non esiste una sola ricetta codificata proprio perché è un piatto del popolo: possono variare le preparazioni ma non le materie prime, perché di sicuro non prevede pollo, funghi, panna», continua Monosilio. Per questo, e non solo, nei suoi ristoranti non cede a variazioni sul tema: «Non è successo quasi mai che mi abbiano chiesto variazioni della carbonara. Io comunque non transigo: non cambierei nemmeno il formato di pasta, figurarsi se aggiungerei ingredienti a piacere dei clienti. Se vai in una boutique a comprare un paio di scarpe, chiedi di cambiarle a piacimento?».

«Sono piuttosto integralista anche io, soprattutto sui primi piatti», prosegue dalla sua Simone Panella. «A me capita spesso di ricevere richieste singolari, e quando è possibile cerco una via di mezzo senza mai snaturare la ricetta. Magari per la pasta cambio il formato, cercandone però uno adatto e spiegando comunque al cliente che non è il migliore per quel condimento, ma non aggiungo ingredienti che non siano previsti. Piuttosto consiglio di modificare l’ordine: se chiedono una carbonara con il pollo, propongo di scegliere un piatto completamente diverso. Oppure, se proprio non riescono a farne a meno, di prendere una carbonara e un pollo arrosto da mangiare a piacimento, anche contemporaneamente, perché dalla mia cucina non uscirà mai una carbonara che non sia una vera carbonara». «Nemmeno dalla mia», aggiunge Monosilio. «E di sicuro non toglierei la carbonara dal menù se non dovesse piacere ad alcuni clienti così com’è: è un’espressione della mia cucina, della cucina del ristorante che la propone. Il cliente è sempre libero di scegliere».

La carbonara e la cucina italiana all’estero

Può darsi che a tratti faccia sorridere pensarci, ma dover rispondere alla richiesta di una carbonara con il pollo o i funghi (o di un qualsiasi altro piatto italiano completamente stravolto) per un professionista della ristorazione è molto meno semplice di quanto si pensi, specie se si interfaccia con clienti stranieri. «A Roma capita meno spesso, forse perché i clienti stranieri arrivano da noi con consapevolezza. Ma a New York è frequente ricevere richieste di variazioni. Gli stranieri all’estero sono i clienti più difficili, specie per piatti dai sapori forti, come può essere una carbonara con il pepe e il pecorino. Loro sono normalmente abituati a variazioni nate per inseguire il loro gusto, in ristoranti italo-americani o italo-tedeschi a seconda della provenienza, perciò fanno fatica ad apprezzare gli originali», dice Panella.

«Il fatto, però, è che la carbonara è solo la punta di un iceberg», fa notare Panella. In effetti la questione per i ristoratori è più ampia: si tratta di essere disposti o meno scendere a patti, decidere se fare lo stesso (errore) che per tanti anni hanno commesso i ristoranti italiani all’estero. Due le vie, insomma: assecondare palati poco allenati alla nostra cucina, oppure andare dritti per la propria strada consapevoli del fatto di essere anche ambasciatori di una cultura culinaria, la nostra. «I bisogni dei clienti vanno assecondati, ma c’è un limite: se so che chiamare “lasagna” della pasta fresca ripiena di pesce per loro fuorviante, la chiamerò “pasta fresca” e continuerò a chiamare “lasagna” solo quella con ragù e besciamella. Ma non oltre», dice Panella. «E poi – conclude Monosilio – non dimentichiamo una cosa: magari tutti hanno una loro versione di carbonara, ma lasciamo agli chef la possibilità di fare gli chef». Altrimenti – aggiungiamo noi – che gusto ci sarebbe ad andare al ristorante?

Qual è la migliore cucina di tutto il mondo? La classifica mondiale

La Cucina Italiana

Se avete dubbi su qual è la migliore cucina di tutto il mondo, tranquillizzatevi. La cucina italiana è stata incoronata ancora una volta come prima tra le migliori cucine del mondo. Il verdetto è dei Taste Atlas Awards 2023/24, la classifica delle classifiche pubblicate periodicamente dal portale specializzato in cibo, vino e destinazioni. Per questa “graduatoria annuale”, sempre curiosa e per questo attesa, ha chiesto ai suoi follower di esprimere la propria preferenza tra 50 tra i piatti top di ogni Paese, e poi ha sommato i voti per il punteggio finale di ogni cucina tipica.

Qual è la migliore cucina di tutto il mondo?

A farci guadagnare la vetta è stata la pizza, e per la precisione la pizza napoletana. Nella classifica di Taste Atlas, infatti, Italia e Giappone hanno registrato la stessa valutazione media (4,65) ma i voti guadagnati dal nostro piatto più famoso sono stati determinanti per farci raggiungere complessivamente un punteggio più alto. Il Giappone dunque ci segue al secondo posto. Terzo, invece, per la Grecia.

Le migliori cucine del mondo (e le peggiori)

A seguire nella top ten ci sono Portogallo, Cina, Indonesia, Messico, Francia, Spagna e Perù. Gli ultimi posti, invece, secondo gli utenti di Taste Atlas sono Repubblica Dominicana, Galles e Ghana, rispettivamente alle posizioni 98, 99 e 100. Sorpresi? Se non per questo, forse per altre posizioni: la cucina degli Stati Uniti, per esempio, è al sedicesimo posto, prima di quella thailandese. E la cucina cipriota, per molti versi simile a quella greca che è sul podio, è solo al posto 88.

I piatti migliori del mondo

Evidentemente la popolarità delle ricette (e quindi di una certa cucina) è stata determinante per attrarre voti. In effetti, al primo posto della top 100 dei piatti dei Taste Atlas Awards c’è la popolarissima Picanha: taglio di manzo brasiliano tradizionalmente grigliato e servito a mo’ di tagliata. È seguito dal Roti canai, pane simile alla focaccia nella consistenza, tipico di diversi Paesi del sud est asiatico e immancabile nei ristoranti che fanno cucina orientale (che però la classifica indica solo come “malese”). Terzo posto, altro must per gli amanti della cucina etnica: il phad kaphrao, che è una preparazione thailandese a base di maiale e fagiolini servita in abbinamento al riso. La pizza, che ci è valsa la vittoria, è invece al quarto posto.

I migliori piatti italiani

Non è sola, perché nella top 100 dei piatti migliori del mondo di Taste Atlas ci sono ben 13 ricette italiane: una conferma del fatto che la nostra cucina è molto diffusa e popolare nel mondo, specie nelle sue versioni più classiche. Al posto 11 della top 100 ci sono le tagliatelle al cinghiale, al 31 la focaccia di Recco, e poi la genovese, la parmigiana alla napoletana, il ragù alla bolognese, le linguine allo scoglio, la carbonara, le lasagne alla bolognese, il risotto ai funghi porcini,il fritto misto e la bistecca alla fiorentina.

I migliori formaggi italiani

Abbiamo vinto anche con il formaggio: tra gli oltre 1300 catalogati e oltre 24 mila voti, il Parmigiano Reggiano è stato riconfermato come migliore del mondo anche quest’anno. È seguito da altri due formaggi italiani e cioé mozzarella di bufala e stracchino.

Le migliori città italiane in cui mangiare

Infine, nessun dubbio: siamo primi nella lista delle migliori città al mondo in cui mangiare. Roma, Bologna e Napoli occupano il podio, consigliate dagli utenti di Taste Atlas, rispettivamente per pizza al taglio e pasta carbonara, tagliatelle e tortellini e sì, ovviamente, pizza. Ma anche sfogliatelle.

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