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Prussiane, manine o ventagli con sfoglia fatta in casa

Prussiane, manine o ventagli con sfoglia fatta in casa

Mia mamma le chiamava manine, io li chiamo ventaglietti e in molti le chiamano prussiane. Poco importa il nome, vale il fatto che sono buonissime e facilissime da preparare, bastano pochi passi e il dolcetto è pronto.

Ingredienti

                  o già pronta rettangolare

zucchero 

Procedimento

Foderare una leccarda con carta forno.

Prendere la sfoglia dal frigorifero e lasciarla 5 minuti a temperatura ambiente.

Su un foglio di carta forno srotolare la sfoglia e darle una forma rettangolare senza premere troppo forte con il mattarello (non serve in caso di sfoglia acquistata), spennellarla leggermente con acqua e cospargerla di zucchero. Appoggiare sulla sfoglia così preparata un foglio di carta forno e capovolgere, in modo da avere lo strato di sfoglia zuccherato sul secondo foglio di carta forno

A questo bucherellare la sfoglia con i rebbi di una forchetta o con l’apposito strumento, spennellare con l’acqua e cospargere con lo zucchero.

Partendo dai lati più corti del rettangolo di sfoglia, arrotolarli verso l’interno ad ottenere due cilindri che si incontrano al centro, spennellando con acqua e cospargere di zucchero ogni parte di sfoglia che non ne sia coperto.

Riporre in frigorifero per una decina di minuti.

Riprendere la sfoglia e con un coltello ben affilato, tagliare a fette spesse circa 1 cm.

Disporre i ventagli (o prussiane o manine) sulla leccarda prima preparata e mettere in frigorifero per una mezz’ora.

Scaldare il forno a 190° C.

Trascorso il tempo di riposo, prendere la leccarda dal frigorifero, spennellare la superficie dei ventagli e cospargere poi di zucchero.

Infornare per una decina di minuti nella parte bassa del forno e successivamente alzare nella parte centrale fino a doratura.

Una volta terminata la cottura, togliere dal forno  e lasciare raffreddare sulla leccarda stessa.

A raffreddamento avvenuto, conservare in una scatola da biscotti.

Piccolo atlante dei cibi perduti di Alberto Capatti

Piccolo atlante dei cibi perduti di Alberto Capatti

Nella crescita benemerita – ma talvolta tumultuosa – della nostra cucina si è avuta la sensazione che il passato sia stato poco considerato, come fosse un freno allo sviluppo. In realtà, ha una valore fondamentale soprattutto in un Paese come l’Italia dove le differenze climatiche e storiche hanno impedito sostanzialmente la nascita di una cucina italiana: uno svantaggio forse per l’esportazione del concetto, ma un vantaggio clamoroso perché ha permesso la difesa (e la rivisitazione) delle cucina regionale, in certe aree ancora fortissima. Ma bisogna studiare cosa siamo stati, cosa siamo e soprattutto cosa saremo in base a quello che mangiamo. Un valido contributo lo porta il nuovo Piccolo atlante dei cibi perduti (Slow Food Editore, 192 pagine, prezzo di copertina 16,50 euro) scritto da Alberto Capatti. Uno dei più noti storici della gastronomia italiana, primo rettore dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, dove ha insegnato Storia della cucina e della gastronomia. Ha scritto molti libri, diretto magazine e fa parte del comitato scientifico di CasArtusi. È anche presidente della Fondazione Marchesi.

C’è anche la sogliola al ferro da stiro

Capatti ha raccolto 80 schede-racconto che spaziano dall’acqua (e dal modo in cui viene pesata nelle ricette) fino a “ricette meteore” e bizzarre preparazioni come la sogliola al ferro da stiro. Le schede si susseguono in rigoroso ordine alfabetico: si parte da abalon (il mollusco orientale da noi chiamato anche orecchia di mare) e si chiude con zuccaro (la variante arcaica di zucchero). Ci si diverte molto, leggendo di cibi oggi imprevedibili, dalle varianti infinite,  con ingredienti non usuali o nomi curiosamente seducenti o misteriosi come «bighelloni, broccioli e brustulli» o le uova di pavoncella, suggerite per una cena galante in un ricettario afrodisiaco del 1910. Ma si parla anche della sogliola al ferro da stiro (con tanto di ricetta del 2005, provatela), delle allodole nel nido e persino dello yogurt come rimedio per la sbornia. 

Le ricette scomparse

L’autore definisce l’opera come una «stanza delle meraviglie enogastronomiche», nata ispirandosi alle fonti più varie, tra ricettari iconici della cucina italiana e saggi contemporanei, ma anche canzoni di Guccini. E poi c’è la «cucina delle nonne» in parte dimenticata, ma grazie a ricettari di grande fortuna editoriale, capace di innescare un meccanismo sorprendente. A loro Capatti riserva la seconda parte del volume, analizzando i libri che citano le nonne nel titolo e che, di fatto, le hanno consacrate ad anima autentica della cucina di tradizione italiana. «Ho voluto raccogliere alcune ricette inconsuete, uniche nel loro genere, ma non impossibili da ripetere; ricette frutto di una idea di cucina maturata in famiglie che non conosciamo più e che ci offrono cibi preclusi. La nonna ha due identità, una passata e conclusa e una sempre presente», sottolinea l’autore. 

» Marmellata di liquirizia – Ricetta Marmellata di liquirizia di Misya

Misya.info

Lavate le mele, mondatele eliminando buccia e torso e tagliatele a tocchetti.

Mettete le mele in una casseruola insieme allo zucchero e cuocete, a fiamma medio-bassa, per circa 30 minuti o finché non saranno morbide.

Frullate con un minipimer, quindi unite la liquirizia e l’acqua calda e mescolate.

Travasate in barattoli sterilizzati finché è ancora bollente riempiendoli fino a 2-3 cm dal bordo, chiudete bene e fate raffreddare a testa in giù.
Per una sicurezza ulteriore, procedete a pastorizzare i vasetti.

La marmellata di liquirizia è pronta, non vi resta che conservarla in dispensa o, dopo l’apertura, in frigo.

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