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Ciambelline al vino bianco di Susy

Ciambelline al vino bianco di Susy

Ho sempre meno tempo per essere social in tutti i sensi, ma un’ora ogni tanto, non spesso quanto vorrei, per una pausa con le amiche cerco di ritagliarla. L’ultima volta che ci siamo incontrate la mia amica Susy aveva preparato queste golosissime ciambelline. Dopo averne mangiate una decina (si lo so sono tante ma erano davvero golosissime) ovviamente le ho chiesto la ricetta. Le avevo già assaggiate tempo fa ma preparate con il vino rosso e onestamente non mi avevano fatto impazzire, un po’ per il colore e un po’ perchè essendo astemia per me il vino si sentiva troppo. Invece preparate con il vino bianco sono tutta un’altra cosa. 

Grazie Susy per la ricetta 💛

Ingredienti

400 g circa di farina 00 

90 g zucchero semolato

100 ml vino bianco secco

100 ml di olio di semi 

8 g di lievito per dolci

zucchero semolato per rifinire

A piacere potete aggiungere agli ingredienti un poco di anice.

Procedimento

Scaldare il forno a 180°C e foderare una teglia con carta forno.

In una ciotola mescolare il vino con lo zucchero e l’olio. 

Iniziare a mescolare e poca per volta aggiungere la farina (si unisce la farina  poco a poco perchè l’impasto potrebbe richiederne di meno o di più), fino ad ottenere un composto morbido ed omogeneo facile da lavorare con le mani.

Prelevare piccole quantità di impasto e formare dei bastoncini (io lunghi circa 8 cm), chiuderli a ciambellina e passarli  nello zucchero semolato.

Allineare sulla teglia precedentemente preparata le ciambelline distanziandole leggermente,  e infornare per 15 minuti.

Addio a Mario, il barista delle canzoni di Ligabue

Addio a Mario, il barista delle canzoni di Ligabue

È morto a 80 anni: era il gestore dello storico Bar Mario di San Martino in Rio, dove il cantautore emiliano si ritrovava con la sua band agli inizi della carriera

Ligabue lo aveva cantato in diversi suoi successi: Bar Mario del 1988 («Mario dà un colpo di straccio al banco del bar… Mario sputa e tira fuori i conti del bar… Mario manda tutti a nanna e poi chiude il bar»), e Certe notti («Ci vediamo da Mario, prima o poi») del 1995. Ma anche in Walter il mago e I duri hanno due cuori. Mario Zanni era il gestore dello storico Bar Mario di San Martino in Rio, vicino a Correggio, in provincia di Reggio Emilia.

È morto a 80 anni e il cantautore emiliano lo ha voluto ricordare sui suoi social con parole di affetto: “Ciao Marietto. Grazie. Ora riposati», e con un video in cui Mario Zanni, mostrando la carta d’identità, dice: «Io sono Mario, questo è il mio bar, ed è una balla che Ligabue diceva che il bar Mario non esiste, che erano tutte fantasie, è 10 anni che sono qui e il signor Ligabue veniva qui quando si metteva con quei ragazzi a fare ‘sto complesso».

Anche il fan club ufficiale di Ligabue – che si chiama barMario, appunto – prende il nome dallo storico locale, che ancora oggi, nonostante la gestione non fosse più affidata a Mario Zanni, rimane una tappa fissa dei supporter del rocker emiliano. Sì, perché, come racconta “Il Resto del Carlino”, agli inizi della carriera il Bar Mario era il punto di ritrovo della band di Ligabue, gli Orazero, dopo le prove in una vicina ex stalla, a Lemizzone. Allora, il cantante faceva ancora il ragioniere in una ditta e il suo gruppo, che sognava di diventare famoso, tirava tardi nel bar.

Lo raccontava Mario stesso: «Luciano? Non beveva alcolici, solo Coca Cola. Veniva a fine prove con la fidanzata dell’epoca. C’era anche Claudio Maioli, che sarebbe diventato il suo manager. Siamo molto simili noi due: carattere semplice, buono, disponibile. Per questo andiamo d’accordo». E ancora: «Luciano e gli altri suonavano in una stalla vicina. Così non disturbavano. Quando finivano di provare, verso mezzanotte, venivano al bar. Io preparavo gnocchi fritti e tenevo le bevande in fresco. Si tirava fino alle due. Poi davo l’ormai celebre colpo di straccio al banco e mandavo tutti a letto».

Il personaggio di Mario compare anche nel primo film di Ligabue, Radiofreccia, uscito nel 1998: il barista, che nella pellicola si chiamava Adolfo, era interpretato da Francesco Guccini.

Come il Covid-19 ha cambiato i menu dei ristoranti, tra app e QR Code

Come il Covid-19 ha cambiato i menu dei ristoranti, tra app e QR Code

Le nuove norme sanitarie stanno obbligando molti locali ad archiviare i cari vecchi menu di carta. Ecco allora quali sono le alternative messe in campo dalla tecnologia

Il menu, in quanto oggetto, ha un suo fascino innegabile. I suoi dettagli, la sua carta, il carattere con cui è stato scritto e sì, anche il suo stato di conservazione ci possono dire molto del locale in cui ci accingiamo a mangiare, facendoci pregustare – o temere – l’imminente esperienza gastronomica. Vi immaginate, per esempio, un ristorante di alta cucina con menu scritto in Comic Sans su carta azzurrina stropicciata? No, ecco. C’è un problema, però, tutt’altro che marginale: l’emergenza sanitaria scatenata dal coronavirus ci sta costringendo a fare a meno di qualsivoglia esperienza tattile. Perché anche sfogliare un banalissimo elenco di primi, secondi e contorni – racchiuso all’interno della propria cartelletta in finta pelle – potrebbe trasformarsi in un’occasione di contagio. E no, in questo caso le eventuali chiazze di unto sulle pagine – che restano sempre e comunque imperdonabili – non c’entrano davvero nulla.

La verità è che purtroppo il virus può annidarsi sulle superfici, anche di carta o di plastica. E per questo scambiarsi il menu tra commensali o, ancora peggio, fra tavoli può comportare un rischio. È vero, basterebbe grossomodo igienizzare le pagine e dare ai clienti la possibilità di pulirsi le mani subito dopo aver ordinato la propria cena, magari con un gel gentilmente offerto dalla casa. Ma in molti hanno preferito evitare questa prassi un tantino ospedaliera, optando invece per la strada – sostenibile anche a livello ambientale – del digitale.

Foto: SafeTable.

La rivincita del QR Code

In molti avevano smesso di scommetterci. Quel quadratino arzigogolato in bianco e nero, che talvolta il nostro smartphone si rifiutava categoricamente di riconoscere, sembrava aver imboccato il viale di quelle innovazioni tecnologiche potenzialmente capaci di rivoluzioni epocali, ma sconfitte alla prova dei fatti. E invece il QR Code è diventato l’alleato ideale di tutti quei ristoratori che per precauzione hanno deciso di sospendere la distribuzione dei propri menu. Già, perché in fondo il problema menu può essere risolto disseminando qua e là nel locale qualche totem che il cliente possa inquadrare con il proprio smartphone per poi consultare con tutta calma la carta direttamente dallo schermo.

Certo, resta un problema di fondo, che è bene non sottovalutare: a quale pagina reindirizzare lo smartphone del cliente? Le soluzioni attuate sono le più fantasiose, e spaziano dalla foto pubblicata sulla pagina Facebook del locale – con scritte talmente sfocate da non riuscire a distinguere un “pasta alla carbonara” da un “il costo del coperto è di 1,50 euro” – a un qualche pdf. Talvolta ben fatto, talvolta tanto brutto da essere stato per forza di cose commissionato per pochi spiccioli al cugino del cugino del fornitore della salsa di pomodoro. Che però ha fatto un corso online di grafica, per cui se ne intende.

C’è però chi ha deciso di ricorrere a servizi un tantino più strutturati, come per esempio quelli di SafeTable. In questo caso il ristoratore ha la possibilità di scegliere fra tre diverse tipologie di menu, totalmente personalizzabili: solo con testo, con foto introduttive per ogni categoria, con foto per ogni singolo piatto. Il tutto traducibile in 12 lingue, per aiutare quella clientela internazionale che – speriamo – tornerà presto a popolare locali e localini delle nostre città. SafeTable offre inoltre piccoli totem in plexiglas con QR Code stampato, da distribuire sui vari tavoli, ed eventuali servizi fotografici realizzati ad hoc. Quindi no, niente foglietto di carta svolazzante che passa di cliente in cliente, e niente foto ambigue di calamari fritti scontornati con Paint.

Foto: Kill-Bill.

Dal menu alla comanda

È possibile, però, pensare di spingersi un tantino più in là, partendo sempre da un QR Code, ma rendendo il menu vagamente più interattivo. È il caso di Kill-Bill, servizio dal curioso nome tarantiniano che però non contempla duelli di forchette e spargimenti di sangue fra tavoli rivali al grido di: «Tu mi hai rubato l’ultimo tiramisù». No, tranquilli, l’idea escogitata da due giovani di Viterbo è più semplicemente quella di integrare al menu digitale anche la possibilità di ordinare in totale autonomia. Proprio come accade per le proposte del food delivery, insomma.

Ogni QR Code è in realtà collegato anche a un numero di tavolo e questo permette al cameriere di limitarsi a controllare la correttezza dell’ordine a distanza per poi passarlo in cucina. Il che rende tutto più sicuro e diminuisce ulteriormente le occasioni di contagio tra personale e clienti, anche se forse potrebbe rendere le dinamiche del ristorante un tantino troppo fredde e automatizzate. Quindi tutto perfetto per i locali più giovani e informali, un po’ meno per quelli che da sempre vedono nel servizio uno dei propri fiori all’occhiello. Anche se ai tempi del Covid-19 vale pur sempre la regola del «meno fronzoli e più Amuchina», al di là di ogni possibile carineria.

Foto: Burger King.

Tutto in un’app

Il QR Code, come abbiamo visto, è senza alcun dubbio l’alleato più immediato per trasportare il menu cartaceo nel mondo del digitale. Ma non è l’unico, ovviamente, tra le varie possibilità c’è anche quella dell’app da scaricare. Decisamente più invasiva, perché presuppone che il cliente investa parte del suo tempo e dei suoi Giga per il download, e soprattutto che abbia sufficiente spazio libero nella memoria del proprio smartphone, solitamente intasato da meme di gattini, screenshot degli stati di Facebook dell’ex e video non meglio identificati provenienti da una qualche chat di gruppo. Quella dei genitori della 4B, forse, ma chissà.

Chi ha deciso di scommettere sull’app, dunque, è soprattutto chi ha la forza, la portata e la diffusione sufficienti per giustificare un simile sforzo informatico. Come le grandi catene di fast food. Burger King, per esempio, ha deciso non solo di trasferire una buona parte dei propri servizi su smartphone, ma di ampliarli ulteriormente sempre in ottica Covid Free.

La nuova app della catena americana di hamburgerie consente di sfogliare il menu delle proposte, effettuare l’ordinazione in totale autonomia e addirittura pagare, sempre via smartphone, riducendo così anche tutti i rischi legati in qualche modo al passaggio di denaro o all’utilizzo delle carte. Non solo: ai clienti è consentito addirittura di prenotare il proprio tavolo al fast food, per essere certi di trovare un posto libero senza dover girovagare per il locale bardati di mascherina con la disperazione di un milanese alla ricerca di un parcheggio in Porta Romana. Interessante, senza alcun dubbio.

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