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Ricetta Fusilli al pesto di dragoncello con melanzane e gamberi

Ricetta Fusilli al pesto di dragoncello con melanzane e gamberi
  • 320 g fusilli tricolori
  • 50 g anacardi
  • 15 g dragoncello
  • 16 pz code di gambero rosso già sgusciate
  • 1 pz melanzana lunga da 150 g
  • 1 pz spicchio di aglio
  • farina
  • olio di arachide
  • olio extravergine di oliva
  • sale

Per la ricetta dei fusilli al pesto di dragoncello con melanzane e gamberi, mondate la melanzana e tagliatela
a rondelle sottili. Infarinatele e friggetele in abbondante olio di arachide ben caldo fino a quando saranno dorate; scolatele su carta da cucina. Tritate gli anacardi con il dragoncello; mettete da parte 1/3 del trito per i gamberi. Frullate il resto con l’aglio, 50 g di olio extravergine e un pizzico di sale ottenendo un pesto. Cospargete le code di gambero con il trito al dragoncello e scottatele in padella in un velo di olio extravergine ben caldo per 30 secondi per parte a fuoco vivo. Cuocete i fusilli, conditeli con il pesto e completate con il trito avanzato, le melanzane fritte, le code di gambero e qualche foglia di dragoncello.

La mocetta valdostana: che cos’è e come si mangia

La mocetta valdostana: che cos'è e come si mangia

La mocetta è un tipico salume valdostano, preparato con la coscia di vacca invecchiata secondo l’antico metodo di salagione e conservazione. Si fa solo con le parti più magre, per questo è ideale anche nelle diete, oltre che essere molto gustosa e aromatica

In Valle d’Aosta ci sono più di settanta comuni, ognuno con il suo patois (il dialetto locale) e il suo modo di preparare (e chiamare) i salumi. Per questo non esiste un modo più o meno corretto di dire mocetta, motsetta o motzetta, poiché dipende dalla vallata in cui ci troviamo. Quello che però è certo è la materia prima di partenza con cui si prepara questo salume antico, dai numerosi utilizzi in cucina, che ci ricorda un po’ la bresaola. Ma fate attenzione a non dirlo ad alta voce, perché in valle potrebbero offendersi: la mocetta è la mocetta.

La Valle d’Aosta è allevamento

La Valle d’Aosta è soprattutto allevamento. Pensate che nel 2014 sono state censiti più di trentamila bovini presenti in regione (e quasi quattromila aziende iscritte all’anagrafe), di cui ventimila di razza pezzata rossa. Negli ultimi anni la situazione non è poi così cambiata: l’allevamento bovino, rispetto a quello ovino o caprino, continua a farla da padrone, anche se si è verificato una sorta di accentramento; sono calate le stalle e le aziende, ma non quello dei capi di bestiame, a dimostrazione che si tratta di un mestiere che fanno sempre meno persone. Inoltre, l’allevamento bovino qui in valle dura tutto l’anno, non ha quasi stagioni; le vacche valdostane trascorrono gran parte della vita al pascolo, cambiando spesso le erbe a seconda del periodo e scegliendo loro stesse di quali essenze nutrirsi. Quindi, oltre a un latte molto vario, da cui i vari prodotti caseari d’eccezione (quali fromadzo, toma e fontina), le vacche valdostane ci regalano anche una carne molto gustosa, presente in vari modi in cucina. Uno dei modi migliori per apprezzare la bontà della manza valdostana è la carbonada, una sorta di spezzatino di carne magra tagliata a dadini e cotta nel vino, spesso insieme alla sosa, uno stufato di verdure miste. E poi, ovviamente, la regina dei salumi valdostani: sua maestà la mocetta, sia fresca sia stagionata.

Che cos’è la mocetta (e la misada o tseur achétaye)

Se sul boudin ci sono più varianti, sulla mocetta non si scherza: si fa solo con la coscia di mucca vecchia invecchiata. In realtà in passato si faceva anche con la coscia disossata di capra, camoscio o stambecco, mentre oggi, per fortuna, questi animali sono protetti dalla caccia. «Ma un tempo non era così, la mocetta si faceva con la cacciagione», ci spiega Denise Marcoz del ristorante Lo Grand Baöu. «Infatti oggi, ad esempio, la fanno con il camoscio solo quelli che vanno a caccia, altrimenti in giro si trova solo di vacca valdostana, vecchia». La mocetta si può mangiare anche fresca e cruda, prima che si compia il processo di salagione e di essiccazione: in questo caso si parla di tseur achétaye o di misada, che ricorda un po’ la carne salada trentina, condita solo con olio di noci e sedano selvatico, come la prepara Denise. Per ottenere la mocetta, invece, cioè la carne salata e essiccata, bisogna procedere così: si prende sempre la parte più magra della coscia, si mette in un recipiente con sale, alloro, salvia, spicchi d’aglio, pepe e altre spezie, poi si conserva al fresco sotto un peso, come vuole l’antico metodo di conservazione. Nel frattempo si forma una salamoia in cui dovrà stare immersa per almeno due settimane; dopo la salagione, a differenza della bresaola, non viene insaccata ma si fa asciugare direttamente e seccare appesa in un luogo arieggiato per almeno tre o quattro mesi, anche se più tempo passa meglio è. In questo modo la mocetta sarà pronta per essere degustata nella tipica merenda valdostana o in altre sfiziose ricette.

La mocetta in cucina

Il modo migliore per assaggiare la mocetta è da sola, come antipasto. In alternativa ci sono numerosi utilizzi che si possono fare in cucina, soprattutto abbinandola con altri prodotti locali valdostani. Ad esempio, spesso si trova sui crostini di pane di segale caldo, con miele o burro; oppure è ottima insieme ai funghi, condita con una salsina di olio, limone, aglio e prezzemolo. Non da meno è l’accompagnamento con i formaggi, dal caprino fresco alla fontina, ma anche con verdure fresche quali insalate o finocchi, in particolare per chi a dieta. Poi c’è un altro piatto curioso che abbiamo trovato in un libro di cucina locale: è il Su sci valdostano di Agostino Buillas, del Cafè Quinson di Morgex, una sorta di sua personale rivisitazione degli involtini di Fénis.

La ricetta del Su sci valdostano

Le dosi che seguono sono per circa quattro persone.

Ingredienti

200 g riso Carnaroli
qb brodo vegetale
8 fette lardo d’Arnad di medio spessore
100 g mocetta
100 g fromadzo (anche fontina o toma di Gressoney)

Per la maionese
100 g tuorlo d’uovo
1 pizzico di sale
succo di mezzo limone
½ litro olio di noci

Procedimento

Tostate il riso come per il risotto e bagnatelo con il brodo vegetale nella misura del doppio del suo volume. Fate bollire, poi mettetelo coperto nel forno preriscaldato a 180° per circa quindici minuti. A cottura ultimata, stendetelo su un piano per farlo raffreddare velocemente, spatolandolo per aiutare il raffreddamento, e ponetelo in frigorifero a riposare per circa due ore.
Nel frattempo preparate la maionese.
Trascorso il tempo stabilito, stendete le fette di lardo su un tappetino di sushi, sovrapponendole leggermente. Aggiungete uno strato di riso di circa 1 cm, avendo cura di lasciare libero almeno la metà del lardo per consentire l’arrotolamento. Sovrapponete al riso una striscia di maionese utilizzando una sac à poche o un cucchiaio. Adagiatevi accanto una striscia di mocetta e una di formaggio. Arrotolate formando un rotolo ben compatto.
Tagliate il rotolo in fette spesse circa 3 cm e disponetele sul piatto di portata. Servite in abbinamento a un calice di Ninive di Ermes Pavese o di Saint-Ours di Noussan e lasciatevi stupire da quel settore recente, ma in crescita costante, che è la viticoltura valdostana.

Ah, lo sapevate che con la mammella di vacca, allo stesso modo della mocetta, si prepara anche un altro salume, seppur più raro? È il teteun, festeggiato ogni anno ad agosto a Gignod durante la Fëta di Teteun.

Come conservare frutta e verdura: frigorifero o temperatura ambiente?

Come conservare frutta e verdura: frigorifero o temperatura ambiente?

Ecco qualche suggerimento e consiglio per garantire alla frutta e alla verdura di casa una vita più lunga e sicura

Alleati ideali per una corretta e sana alimentazione, frutta e verdura non dovrebbero mai mancare in frigo e in dispensa. Riuscire a conservarli al meglio, garantendone integrità e freschezza, è un passaggio fondamentale per poter beneficiare pienamente della loro ricchezza di vitamine e sali minerali. Ecco allora qualche suggerimento per evitare che si guastino e per contenere gli sprechi casalinghi.

Il giusto calcolo delle dosi e i contenitori da usare

Non acquistare frutta e verdure in grandi quantità. Pensare al reale fabbisogno e consumo di questi alimenti è il primo passo per evitare sprechi. Sì a buste di carta e ceste di vimini: usare sacchetti e contenitori di plastica per conservare frutta e verdura è uno degli errori più frequenti e deleteri perché compromette la loro freschezza. In particolare, le verdure a foglia andrebbero conservate in buste di carta per assorbirne l’umidità.

Frigo o temperatura ambiente?

Esistono qualità di verdura che si deteriorano più facilmente rispetto altre, pertanto non sempre vale la regola che la verdura fresca va conservata in frigorifero fino al momento del consumo. Ci sono infatti alcune verdure che devono essere lasciate a temperatura ambiente per evitare che il freddo le danneggi, come le patate, i pomodori, le cipolle, l’aglio e i legumi: a temperature inferiori ai 7-8 gradi tendono a cambiare colore e a macchiarsi sulla buccia per cui è meglio conservarli in una busta di carta in un punto fresco e asciutto della dispensa. Melanzane e zucchine, invece, tra le verdure più delicate perché appassiscono velocemente, è meglio non tenerle in frigorifero per più di 4/5 giorni. Una volta cotte, inoltre, le verdure possono essere conservate in frigorifero per un paio di giorni al massimo.

Per quanto riguarda la frutta, fuori dal frigorifero va riposta quella che deve ancora maturare, gli agrumi e quella esotica che rischia di guastarsi con il freddo. Kiwi, pere e mele, che possono durare anche per settimane, possono essere conservate a temperatura ambiente in un grande cesto. E’ importante ricordare che le mele producono etilene e a meno che non si voglia far maturare in fretta qualche altro prodotto – frutta o verdura è indifferente – è meglio tenerle separate dal resto.

Una dispensa alternativa

E’ preferibile evitare di lasciare troppo a lungo frutta e verdure dove batte il sole perché le alte temperature favoriscono la maturazione. Se si hanno a disposizione una cantina o un balcone, si possono tenere ortaggi e frutta in ripiani creati ad hoc in un posto all’ombra e ben riparato. Qui si possono conservare le verdure di stagione che soffrono meno come le zucchine, la zucca, la verze, le cipolle, lo scalogno, le patate, l’aglio, le mele, i cachi, le pere e le banane.

Sì al congelatore

Il freezer è senza dubbio un valido alleato per evitare sprechi ma per conservare al meglio frutta e verdura bisogna pulirla togliendo le parti non commestibili, sbollentare per un minuto la verdura e lasciarla raffreddare e poi dividere sempre in porzioni per avere tutto pronto all’uso.

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