Categoria: Ricette veloci

Il panettone dà i numeri

Il panettone dà i numeri

Il panettone, da dolce tipico milanese, è diventato un simbolo natalizio nazionale: l’83% delle persone pensa che non possa mancare sulla tavola delle feste.
Venduto in tutta Italia, inizia il suo periodo di gloria insieme agli addobbi, intorno a un mese prima della ricorrenza, ed è consumato, come da leggenda, fino al giorno di San Biagio, il 3 febbraio, giorno in cui si mangia un pezzetto di panettone avanzato per scacciare i malanni. Anche se molti lo vorrebbero mangiare tutto l’anno.

I numeri del panettone

Seguiteci, raccontiamo un po’ di storie sul panettone, attraverso i numeri!

Le caratteristiche del panettone

  • 20/07/2005 Decreto Ministeriale che disciplina la produzione e la vendita del panettone.  
  • 10 i passaggi previsti dal ministeriale per la produzione del panettone
  • 16% quantità di burro minima nel dolce
  • 20% quantità di uvetta e canditi 

Il consumo *

26.800 tonnellate di panettoni 

22% panettoni artigianali, 78% panettoni industriali

87% delle persone pensa

48% delle persone afferma di preferire i panettoni artigianali di pasticceria

11% circa è il rincaro del panettone rispetto al 2020 

1 kg è il formato preferito dai ¾ dei  consumatori 

35% dei consumatori vorrebbe trovare il panettone tutto l’anno

10% degli acquirenti compra il panettone a gennaio 

* (fonte principale ricerca Nielsen/CSM Ingredients “L’evoluzione nei consumi del panettone in Italia”)

Le curiosità

1495 presunto anno di nascita del panettone, il pan del Toni, che lo infornò per la prima volta alla corte di Ludovico il Moro, a Milano 

385 sono le calorie per 100 g di panettone artigianale 

294 i libri sul panettone disponibili su Amazon

14 LE COPERTINE DEDICATE AL PANETTONE DA LA CUCINA ITALIANA dal 29 a oggi.
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Nutri-Score, che cos’è e perché danneggia le eccellenze italiane

Nutri-Score, che cos’è e perché danneggia le eccellenze italiane

Entro la fine del 2022, la Commissione presenterà una proposta legislativa per introdurre un’etichetta informativa uniforme. Ma gli italiani non vogliono quella a semaforo

L’etichetta a “semaforo”, il cosiddetto Nutri-Score, continua a far storcere il naso. Sono state avviate ben cinque istruttorie sull’uso di questo discusso sistema di etichettatura, e il ministro delle Politiche Agricole, Stefano Patuanelli, ha preso una netta posizione contraria. Anche i partiti italiani in Europa, pur di schieramenti politici opposti, sono compatti dalla stessa parte del fronte.

Cos’è il Nutri-Score?

Si tratta di un’etichetta che classifica i prodotti alimentari attraverso lettere e colori, suddividendoli in cinque categorie, sulla base di un punteggio calcolato tramite un complesso algoritmo che sottrae dal valore totale degli elementi “sfavorevoli” (energia, acidi grassi saturi, zuccheri semplici, sodio) quello degli elementi “favorevoli” (frutta, verdura, legumi, fibre, proteine). Gli alimenti con punteggi molto bassi – quindi con più elementi favorevoli – rientrano nella categoria A (verde), mentre quelli con i punteggi più alti nella categoria E (rosso).

Entro la fine del 2022, la Commissione europea presenterà una proposta legislativa per introdurre un’etichetta informativa per i prodotti alimentari, obbligatoria e uniforme su tutto il territorio dell’Unione Europea, più sintetica della lista degli ingredienti e dai valori nutrizionali.

Perché no al Nutri-Score?

Il problema è che, secondo l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (che ha avviato le istruttorie), i punteggi e i giudizi forniti dal Nutri-Score, senza adeguate avvertenze, “vengano erroneamente percepiti come valutazioni assolute sulla salubrità di un determinato prodotto, che prescindono dalle esigenze complessive di un individuo (dieta e stile di vita), dalla quantità e dalla frequenza di assunzione all’interno di un regime alimentare variegato ed equilibrato”. Tant’è che a molte eccellenze italiane, secondo questo sistema di etichettatura, vengono attribuiti voti bassissimi. Un esempio per tutti: l’olio extravergine di oliva, pilastro della dieta mediterranea, che finisce tra i “cattivi”, sullo stesso piano dell’olio di colza.

Chi è contro il Nutri-Score?

Tutte le nostre eccellenze sarebbero etichettate dalla D in giù. Formaggi e prosciutti, ad esempio, contengono elevate quantità di grasso e sale, ma sono alimenti di per sé sani: dipende sempre dalla quantità che se ne mangia”, ha spiegato Paolo Di Stefano, rappresentante delle relazioni internazionali della Coldiretti. Non solo: il Nutri-Score non tiene conto di eventuali additivi chimici, coloranti o conservanti. “Il paradosso è che i nostri salumi naturali vanno in rosso o arancione, mentre il prosciutto cotto sgrassato con l’utilizzo di chissà quali sostanze rientra nella categoria A o B. Non viene preso in considerazione il grado di trasformazione del cibo, che è un aspetto fondamentale per giudicarne l’impatto sulla salute”.

Anche secondo Confagricoltura “il sistema di etichettatura Nutri-Score è dannoso per tutti i prodotti agroalimentari italiani”, ha dichiarato il presidente di Confagricoltura Alessandria e componente della Giunta nazionale, Luca Brondelli di Brondello. “Negli ultimi tempi abbiamo registrato ripensamenti, anche a livello politico, in Francia e in Spagna a seguito, in particolare, delle forti contestazioni mosse dagli olivicoltori spagnoli e dai produttori francesi di formaggi”.

Anche l’Adiconsum, pur favorevole a sistemi di etichettatura in grado di aiutare i consumatori a comprendere con semplicità il valore nutrizionale degli alimenti, precisa che “è fondamentale, tuttavia, che tali sistemi siano adeguatamente contestualizzati nell’ambito di un regime bilanciato e vario, che non può ridursi nell’attribuzione di un giudizio tranchant difficile da relativizzare”, come ha detto il presidente dell’associazione, Carlo De Masi.

Persino il presidente del Consiglio Mario Draghi ha preso posizione contro il Nutri-Score, che penalizzerebbe senza basi scientifiche la dieta mediterranea, apprezzata in tutto il mondo.

L’intero sistema agroalimentare italiano vale complessivamente 220 miliardi, di cui le indicazioni di origine e di qualità (DOP e IGP) incidono per l’11%. “Alla fine di quest’anno, l’export di settore potrebbe raggiungere il livello record di 50 miliardi di euro”, conclude Brondelli di Confagricoltura, secondo cui “l’intero sistema merita di essere tutelato nei confronti del Nutri-Score”.

 

» Alberelli salati – Ricetta Alberelli salati di Misya

Misya.info

Innanzitutto lavate bene gli spinaci, trasferiteli ancora grondanti di acqua in una padella ampia, chiudete con il coperchio e fateli appassire a fiamma bassa per qualche minuto, quindi sgocciolateli e frullateli.

Aggiungete prima sale, olio e vino, poi anche farina e lievito e impastate velocemente.

Stendete l’impasto sul piano leggermente infarinato e, con una formina a forma di albero (la mia era da circa 8 cm) ricavate i vostri salatini.

Disponete gli alberelli sulla teglia rivestita di carta forno, spennellateli con un po’ di latte e decorateli con i semini, quindi cuocete per circa 15 minuti a 180°C, in forno ventilato già caldo, poi sfornate e lasciate raffreddare.

Gli alberelli salati sono pronti, non vi resta che servirli.

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