Categoria: Ricette veloci

» Biscotti alberelli – Ricetta Biscotti alberelli di Misya

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Innanzitutto preparate la frolla: mettete tutti gli ingredienti in una ciotola e lavorate velocemente, fino ad ottenere un panetto omogeneo, quindi avvolgetelo con pellicola trasparente e lasciate riposare in frigo per almeno 1 ora.

Nel frattempo preparate la crema: iniziate a montare gli albumi con il sale a bagnomaria, quando inizieranno a montarsi, aggiungete lo zucchero e continuate a montare per 5 minuti circa, finché non otterrete una meringa gonfia, lucida e soda, con lo zucchero completamente sciolto.
Togliete dal bagnomaria e continuate a montare per farla raffreddare.

A questo punto incorporate burro ammorbidito e vaniglia, sempre con le fruste, e poi anche lo zucchero a velo.

Colorate la crema con qualche goccia di colorante alimentare, mescolando bene per farlo distribuire in maniera uniforme.

Riprendete il panetto, stendetelo in una sfoglia abbastanza sottile e create i vostri tondini, rispettivamente da 4,5 cm, 4 cm e 3 cm.

Posizionate i cerchietti sulla teglia rivestita di carta forno (io preferisco metterli già in ordine di dimensioni, come andranno abbinati, così il lavoro dopo sarà più rapido) e cuocete per circa 10 minuti a 180°C, in forno ventilato già caldo, quindi lasciate raffreddare completamente.

Assemblate gli alberelli: posizionate uno dei cerchi grandi di frolla su un vassoio o piatto da portata, create un bello strato di crema con una sac-à-poche col beccuccio a stella, decorate con zuccherini.
Ripetete con il secondo piano: coprite con il cerchietto della misura di mezzo, create un altro strato di crema, decorate con gli zuccherini.
Concludete con il terzo piano: posizionate il cerchietto più piccolo, aggiungete un bel ciuffetto di crema (stavolta fatelo più a punta) e decorate con zuccherini e una stellina in cima.

I biscotti alberelli sono pronti, non vi resta che servirli.

Come scegliere il miglior cappone per Natale

Da quelli più industriali ai capponi ruspanti, ecco come scegliere un vero “tartufo con le ali”. Da prenotare online o comprare alle fiere del cappone dell’11 e 12 dicembre

Durante l’anno il cappone è quasi introvabile, poi arriva in macelleria e nei supermercati insieme alle canzoni di Natale di Mariah Carey. Lo si usa per fare il brodo, lo si farcisce di ripieno, è il protagonista di molte della tavola delle feste e di tante ricette della tradizione. Rispetto al pollo è un animale pregiato che richiede una crescita più lenta e lunga, ha una carne più tenera e saporita, ma come in tutti i prodotti, ci sono capponi e capponi. Come sceglierne uno buono? Lo abbiamo chiesto a Mauro Fissore, presidente del Consorzio del Cappone di Morozzo, un paese in provincia di Cuneo famoso, appunto, per il cappone, tanto da aver eletto Mauro anche sindaco.

Carta d’identità del cappone

Il cappone non è altro che un gallo «castrato chirurgicamente prima che abbia raggiunto la maturità sessuale e macellato a un’età di almeno 140 giorni» (regolamento CE n. 2067/1996). Dopo la castrazione (detta capponamento) viene messo all’ingrasso per una settantina di giorni, con un’alimentazione principalmente a base di granaglie e cereali che donano al suo grasso il caratteristico giallo intenso che lo contraddistingue. Vista la sua crescita lenta, le razze più adatte a questa tipologia di allevamento sono la Padovana, la Livornese, l’Ermellinata, la Bianca di Saluzzo.

I metodi i allevamento consenti per legge

Diverse le forme di allevamento consentite dalla legge. Possono essere allevati in modo estensivo al coperto, con una densità per metro quadrato di superficie al suolo di 15 capi, ma non più di 25 kg di peso vivo, oppure all’aperto con una densità che non deve superare i 7,5 capi per metro quadrato e dove per almeno metà della durata del loro ciclo vitale devono avere a disposizione almeno 2 metri quadrati a testa. Si scende ancora di densità per l’allevamento rurale all’aperto con 6,25 capi (fino all’età di 91 giorni, 12 capi) di densità per metro quadro e 4 metri quadrati per cappone di giardino all’aperto. Esiste poi l’allevamento rurale in libertà che in più garantisce che gli animali abbiano costantemente accesso, durante le ore diurne, a spazi all’aperto di superficie illimitata. Il metodo di allevamento non è ancora obbligatorio in etichetta, e quindi per capire che cosa si sta comprando, meglio rivolgersi a marchi di qualità che, allevando prodotti ruspanti, hanno tutto l’interesse a valorizzare le loro peculiarità.

Mauro Fissore e un Cappone di Morozzo.

La qualità: scegliere in base a disciplinari e allevatori

L’acronimo PAT sta per Prodotti Agroalimentari Tradizionali, prodotti tipici italiani particolarmente legati a un territorio e alla sua storia, dai metodi di realizzazione. Esistono ben sei PAT nel caso del cappone: il cappone friulano, il cappone rustico (nostrale) delle Marche, il Cappone di Monasterolo di Savigliano (CN), il Cappone di San Damiano d’Asti (AT), il Cappone di Vesime (AT) e il Cappone di Morozzo (CN), che è stato anche il primo Presidio Slow Food. Le PAT non sono disciplinari di allevamento, però, e rispettano di base la legislazione vigente che può consentire da un allevamento a terra in capannoni a quello ruspante puro. Per scegliere un cappone di alta qualità bisogna quindi rivolgersi ai consorzi o ai singoli allevatori che, fissando disciplinari ancor più stringenti, garantiscono un prodotto più gustoso e allevato in modo più etico per il benessere animale.

Il Cappone di Morozzo: il tartufo con le ali

Il più famoso fra i capponi: il cappone di Morozzo, primo presidio Slow Food dal 1999 e prodotto dal Consorzio per la tutela e la valorizzazione del Cappone di Morozzo, un’istituzione riconosciuta che riunisce i migliori allevatori del territorio con l’obiettivo di produrre esemplari eccellenti e di qualità comprovata. Il loro presidente, nonché sindaco di Morozzo, Mauro Fissore, ci ha raccontato la storia e le peculiarità di questo animale. La storia di questo cappone parte dall’attività delle mogli dei contadini anche chiamate “capunère”, che capponavano i giovani galletti dopo pochi giorni di nascita, e poi li lasciavano crescere e scorrazzare per l’aia fino a raggiungimento del quarto mese d’età, quando venivano macellati e utilizzati come pagamento a favore di medici, notai o avvocati. «Venivano sempre regalati in coppia, come racconta anche Manzoni nei promessi sposi, non era solo un dono, era anche un medicinale: il brodo di cappone era un toccasana per guarire i malati».

La razza da cui si ottiene il Cappone di Morozzo è la razza di Morozzo, la nostrana biotipo scuro di Cuneo, e ha un’età di almeno 220 giorni; dopo la capponatura deve essere ingrassato per un periodo di almeno 77 giorni, deve essere allevato a terra, libero nell’aia o in recinti in uno spazio di almeno 5 metri quadrati a testa. Viene nutrito principalmente con granaglie (mais, orzo, grano), ma razzolando all’esterno non disdegna nutrirsi di insetti e di erba. Ogni allevatore ha una quota di 200 pulcini selezionati e solo quando tutte le regole sono rispettate al cappone viene fissato l’anello alla zampa che ne garantisce la qualità. Mangime, movimento e crescita lenta migliorano la qualità delle carni e lo rendono una carne particolarmente pregiata «Considerando tutti questi costi, dobbiamo renderci conto del vero valore di questo prodotto avicolo: è un tartufo con le piume», spiega Mauro, che guida un’associazione storica di allevatori che hanno mantenuto in vita questa tradizione. Il loro cappone è raro, ma sul sito del consorzio è possibile prenotarlo online o contattare tutti i produttori. E poi, per chi volesse, c’è la fiera del Cappone di Morozzo che si terrà, il 12 dicembre.

Gli atri capponi piemontesi

È stato fondato il Consorzio di Valorizzazione del Real Cappone di Racconigi che viene allevato nelle aree di produzione riconosciute dalla De.Co: Racconigi, Cavallermaggiore, Cavallerleone, Caramagna Piemonte, Fossano, Monasterolo di Savigliano, Marene, Polonghera, Sommariva del Bosco, Murello e Savigliano. L’obiettivo è quello di conservare la tradizione locale con un disciplinare di produzione e il comune di Racconigi offre pulcini di razza Bianca di Saluzzo e Bionda Piemontese. Fra i territori di produzione, anche Monasterolo di Savigliano che vanta una PAT di cappone senza razza indicata. A San Damiano d’Asti, per l’allevamento dei capponi si utilizza invece la razza autoctona Bionda. Il Consorzio tutelerà, attraverso un rigoroso disciplinare, la produzione del Cappone San Damiano. Anche a Vesime la tipicità del cappone è consolidata assieme alla Fiera del cappone che, come a San Damiano, si tiene l’11 e 12 di dicembre. Tra le particolarità del cappone di Vesime abbiamo il taglio della cresta e dei bargigli al momento della capponatura. Per il cappone di Vesime viene perlopiù utilizzata la razza Livornese o la razza autoctona Bianca di Saluzzo.

I capponi di Friuli e Marche

Il cappone rustico (nostrale) delle Marche è allevato a terra con ventilazione a ricambio d’aria naturale, con una densità massima a fine ciclo di 12 capi per metro quadrato, viene alimentato con almeno il 65% di cereali di cui non più del 15% di sottoprodotti. Tra le peculiarità del cappone Friulano PAT invece c’è quella che una volta macellato il cappone va venduto con la testa, le zampe, le punte delle ali e le piume della coda ancora attaccate. Il metodo di allevamento è un ciclo lungo, dura 6 mesi e in capannoni con libero accesso ai cortili all’aperto e viene macellato nel periodo di dicembre.

Le nostre ricette con il cappone

Ricerche frequenti:

Il panettone gastronomico, come lo facciamo a La Cucina Italiana

Il panettone gastronomico, come lo facciamo a La Cucina Italiana

E’ la versione salata e arricchita del dolce natalizio della tradizione – qui a 6 strati. Vi regaliamo anche la versione dolce con 4 creme golose

Il panettone gastronomico, basta guardarlo e viene subito voglia di ridargli un ruolo da protagonista nelle feste per cui era nato: Natale e Capodanno. Conviviale, fantasioso, goloso. Un merito di Instagram è avere riportato sui nostri schermi tante cose belle, magari démodé o semplicemente dimenticate.

Dove si compra? O, per chi ha più pazienza, come si fa? Potete decidere di prepararlo da zero, pane di base compreso, oppure di comprarlo pronto da servire, ripieno e già tagliato per non rovinare il delicato assemblaggio. In questo caso, rivolgetevi a pasticcerie e gastronomie di alto livello per garantirvi la massima freschezza.

Un buon compromesso è acquistare la base pronta e farcirla a casa, come più vi piace. Procuratevi l’apposito pan canasta, una via di mezzo tra il pan brioche e il pancarré, a base di farina, uova e burro: ha un sapore neutro che si presta al ripieno dolce, con creme, ganache e frutta secca, oppure salato, con salse, formaggi, salumi.

Farcire il panettone gastronomico non è difficile, e se possiamo darvi un suggerimento per semplificare l’approccio, pensate di preparare dei tramezzini. Dividete il cilindro di pane in 5-6 dischi; poi tagliateli a metà; farcite con condimenti precedentemente preparati e presentate il vostro piccolo capolavoro.

È un ottimo aperitivo con le bollicine, e un antipasto giocoso quando si è già seduti a tavola: ognuno prenderà dal mega sandwich lo spicchio che lo alletta di più. La versione dolce, invece, conclude il pasto, ma è anche un’elegante merenda all’ora del tè.

Come si fa:

Il trucco per facilitare l’assaggio del panettone gastronomico è mettere due fette tra le farciture. Così, la singola porzione diventa un vero e proprio sandwich. Per tradizione, gli strati sono cinque, ma noi qui abbiamo esagerato e ne abbiamo fatti sei:

Cocktail di gamberi

Abbiamo preparato la salsa rosa mescolando maionese e ketchup, ma ognuno può scegliere la sua ricetta da spalmare sulla fetta di panettone. Distribuitevi sopra i gamberetti. Abbiamo messo la stessa farcitura nel primo e ultimo strato.

Blini reinventato

Salmone affumicato e panna acida profumata con scorza di lime grattugiata e pepe rosa e guarnita con erba cipollina sminuzzata.
Dopotutto anche il panettone è un blini formato XXL.

Più facile di un toast

Fette di prosciutto crudo e robiola cremosa del Piemonte. Affettate qualche ravanello e mettetelo sopra.

Mortadella e salsa verde

Per preparare la salsa, servono una tazza di prezzemolo, 3 filetti di acciughe sott’olio, un cucchiaio di pistacchi e uno di capperi, 2 cetriolini e 60 g di olio extra-vergine. Frullate tutto per 15 secondi e la salsa è pronta.

Uova e maionese

Spalmate la maionese sulla fetta, copritela con fettine di uovo sodo e completate con qualche pomodorino ciliegia sott’olio.

Il panettone gastronomico dolce

Quattro creme per trasformare un classico panettone in un dessert spettacolare:

panettone gastronomico dolce

Panna alla vaniglia

Mescolate 250 g di panna fresca con 40 g di mascarpone, 2 cucchiai di zucchero a velo e i semi di 1/2 baccello di vaniglia. Montate con le fruste elettriche finché la crema non sarà soda. Spalmatela sul panettone e completate con chicchi di melagrana e mandorle a lamelle.

Zabaione

Sbattete 4 tuorli con 120 g di zucchero. Unite 100 g di vino bianco e 100 g di Marsala. Cuocete a fuoco basso, a bagnomaria, mescolando per 7-10 minuti finché lo zabaione non diventa spumoso. Raffreddatelo in frigo per 1 ora prima di usarlo per farcire.

Pistacchio

Amalgamate una crema ai pistacchi (si compra al supermercato) con una tazza di mascarpone. Stendetela su uno strato di panettone e cospargete di pistacchi in granella.

Cioccolato

Preparate una crema pasticciera con 8 tuorli e, a fine cottura, mentre è ancora calda, aggiungete 100-150 g di cioccolato fondente spezzettato. Lasciate raffreddare, poi spalmate la crema sulla fetta di panettone e aggiungete lamponi freschi.

Ricerche frequenti:

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