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Cotolette di mele – Ricetta di Misya

Cotolette di mele

Innanzitutto lavate molto bene la mela quindi, senza sbucciarla, tagliatela a fette abbastanza sottili in senso orizzontale (tenete presente che andranno abbinate a 2 a 2, quindi cercate se possibile di ottenerne un numero pari), poi eliminate la parte centrale, quella del torsolo.

Tagliate il formaggio a tocchetti.

Iniziate ad assemblare: disponete una fetta di mela sul piano di lavoro, copritela con una fettina di speck, poggiate al centro un po’ di formaggio e avvolgetelo con lo speck, infine chiudete con una seconda fettina di mela.
Procedete così fino ad esaurimento degli ingredienti.

Sbattete le uova in un piatto e disponete il pangrattato in un altro piatto, quindi passate le cotolette di mele (da entrambi i lati) prima nell’uovo, poi nel pangrattato, cercando di ricoprirle interamente.

Ripassate nuovamente le cotolette nell’uovo e poi nel pangrattato, cercando di sigillare molto bene i bordi.

Infine friggetele in olio ben caldo, facendole dorare da entrambi i lati, e scolatele su carta da cucina.

Le cotolette di mele sono pronte, servitele calde o al massimo tiepide.

Ricerche frequenti:

Cos’è l’umami, il quinto elemento del gusto

La Cucina Italiana

«Che gusto ha?» «Umami!». Oramai è sempre più comune rispondere così davanti ad un piatto. Le caratteristiche del “quinto sapore” sono entrate nel nostro patrimonio gastronomico, o più che altro abbiamo imparato a dare un nome ad un gusto che appartiene da sempre alla cucina italiana. Fino a qualche anno fa parlare di umami suonava esotico, e il termine si usava per la sola cucina giapponese, poi la consapevolezza si è diffusa fra gli chef internazionali e sino alla cucina della nostra quotidianità. Ma che cosa significa e a che cosa corrisponde questo umami?

Dalle alghe giapponesi al Parmigiano Reggiano

Quella che potrebbe sembrare una moda passeggera, o l’ennesima invenzione “del mondo del food” si basa su studi cominciati nel 1908 in Giappone dallo scienziato Kikunae Ikeda, professore del Dipartimento di Chimica della School of Science di Tokyo, che per primo cominciò a parlare della presenza di un gusto ulteriore oltre ai quattro canonici. Un gusto saporito (umami letteralmente significa saporito in giapponese), indefinibile attraverso i quattro sapori utilizzati sino ad allora. Per primo ne riconobbe l’alta concentrazione nelle alghe kombu, ricche di glutammato monosodico – presente anche in altri alimenti come il katsuobushi (una bottarga di tonno che viene utilizzata in scaglie), nei funghi shitake essiccati, e nel miso. Si definisce umami (definizione ufficiale dell’Umami Information Center) «un gusto sapido piacevole che viene da glutammato, inosinato e guanilato, che si trovano naturalmente in carne, pesce, verdura e prodotti lattiero caseari». Il gusto umami infatti non ha nulla a che vedere con la sola cucina giapponese e può essere riconosciuto in prodotti localissimi, tant’è che lo stesso Ikeda intuì l’esistenza del gusto umami in Europa, assaggiando per la prima volta pomodori, asparagi e formaggio. Tornato in patria, sviluppò un metodo di produzione per il glutammato monosodico (MSG), brevettato poi nel 1908.

Umami = buono

Amato dai bambini proprio perché hanno un palato vergine e istintivo, il gusto umami è anche quello del latte materno, che contiene una percentuale elevatissima di glutammato, e che quindi ci svezza, rendendolo al genere umano universalmente gradito – al di là invece di altri condizionamenti culturali legati al sapore dei cibi. Saper riconoscere i sapori è alla base della sopravvivenza umana, e dei gusti innati delle persone. L’amaro e l’acido sono due segnali di pericolo per il nostro cervello perché in quantità eccessive significano cibi velenosi o avariati. Lo zucchero invece – fonte di energia – è invece percepito come piacevole dal nostro palato proprio perché segno di un cibo utile, così come il salato, fonte di sali minerali. Il gusto umami è quello dei cibi proteici, necessari al nostro organismo e quindi piacevoli, stimola la salivazione, la digestione e l’assorbimento dei nutrienti – tanto che alcuni studi identificano non solo sulla lingua ma anche nello stomaco la presenza di papille gustative dedicate a questo sapore. Ecco perché l’umami in equilibrio con gli altri gusti di base determina la prelibatezza di un piatto.

Patrimonio UNESCO perché l’umami è parte di una cucina sana

La strada per l’ufficializzazione scientifica di questo nuovo gusto è stata lunga, basti pensare che solo nel 2002, a quasi un secolo di distanza, sono stati individuati dei particolari recettori presenti nella nostra bocca e che nel 2013 la maestria nell’uso del sapore umami degli ingredienti, invece dei grassi animali, in cibi sani ma saporiti ha decretato l’introduzione della cucina tradizionale giapponese nel patrimonio immateriale dell’umanità UNESCO. Controtendenza all’idea che il glutammato monosodico non faccia poi così bene, i ricercatori della Tohoku University del Giappone hanno anche sperimentato come l’insensibilità all’umami determini perdita di appetito, conseguente perdita di peso e quindi indebolimento del fisico e della salute, soprattutto nei pazienti più anziani. Inoltre l’umami aiuta a ridurre il contenuto di sale in cucina.

L’Umami nella cucina italiana: pomodori e Parmigiano

L’umami si trova in una varietà di alimenti tra cui carne, pesce e verdure. Ne sono ricchi i pomodori, tonno e sardine, carne di manzo, pollo e maiale, funghi, cipolle, piselli, asparagi, broccoli, rape. La componente umami degli alimenti aumenta poi a seguito di lavorazioni come la maturazione e la fermentazione, ossia nel Parmigiano Reggiano, nel prosciutto crudo e in condimenti come la salsa di soia o le salse di pesce – che infatti vengono proprio per rendere più buoni e appetibili i cibi su cui vengono utilizzati. Le ricette di tutto il mondo mostrano come la scoperta moderna dell’umami non sia altro che il riconoscimento scientifico di un sapere secolare che ha portato nel tempo a cucinare questi ingredienti, e le loro componenti di glutammato, inosinato e guanilato, mixandoli fra loro proprio per massimizzarne gli effetti gastronomici. Riso in bianco e soia, pasta in bianco e parmigiano, brodo di carne e dote di verdure…. le ricette anche italiane che sono buone perchè umami sono tantissime, risotto al pomodoro inclusa.

Umami come il glutammato: facciamo chiarezza

Il glutammato monosodico è uno degli ingredienti più studiati in campo alimentare, spiega il Consiglio europeo di informazione sull’alimentazione (EUFIC), veniva estratto da cibi ricchi di proteine naturali come le alghe marine e funghi, ma oggi è ottenuto da un processo di fermentazione industriale a partire da barbabietole da zucchero, canna da zucchero o melassa. Il glutammato monosodico (MSG), brevettato da Ikeda nel 1908, viene così utilizzato per intensificare il sapore e l’appetibilità degli alimenti senza rischi per la salute e ne può perfino abbassare il livello di sodio. In alcuni paesi viene utilizzato come condimento da tavola, in Occidente viene aggiunto agli alimenti salati preparati e trasformati e si trova etichetta sottoforma di sinonimi: vetsin, ajinomoto, glutammato monosodico, E621, glutammato di sodio, L-glutammato monosodico e acido glutammico monoidrato. Viene utilizzato per le sue proprietà gastronomiche ma anche perché contiene solo un terzo del sodio contenuto nel sale da tavola , e può essere quindi utilizzato in quantità minori. Nonostante un ristretto numero di persone dichiari di essere sensibile all’MSG, studi scientifici hanno messo in evidenza che non vi sarebbe alcun legame diretto tra tale sostanza e reazioni allergiche o intolleranze nell’uomo. La “sindrome del ristorante cinese” quindi, non esiste. Nessun allarme, come tutti gli alimenti, basta essere morigerati.

Avocado: 10 curiosità e 10 modi di usarlo (in cucina e non)

La Cucina Italiana

Quanto ne sapete sull’avocado? Sappiamo che le domande che ci si fanno su questo prodotto – diventato in pochi anni amatissimo in tutto il mondo – sono sempre tante. E allora ecco tutto quello che avete sempre voluto sapere sull’avocado in un solo articolo, anzi in 10 risposte alle domande più ricorrenti.

10 curiosità sull’avocado

1. L’avocado è un frutto?

Se lo chiedono in molti. La risposta è si, l’avocado è un frutto molto singolare che viene spesso scambiato per un ortaggio soprattutto perché viene spesso utilizzato nella preparazione di piatti salati. È originario del centro America e prende il nome dalla parola azteca ahuacatl che vuol dire testicolo, perché nell’antichità veniva considerato un frutto afrodisiaco, data anche la sua particolare forma.

Avocado con insalata

KarinaUrmantseva

2. L’avocado fa ingrassare?

Si tratta di un frutto ricco di grassi, ma grassi buoni. È quindi più calorico di altri frutti, ma fa bene alla circolazione perché i grassi acidi sono alleati del cuore e riducono i livelli di colesterolo cattivo nel sangue. Qualche fettina di avocado nell’insalata o un po’ di polpa schiacciata su una fetta di pane sono la quantità giornaliera ideale. Inoltre l’avocado ha un notevole effetto saziante ed consigliato nel mantenimento del giusto peso corporeo.

3. Come si riconosce un buon avocado?

Un buon avocado ha il picciolo che protegge la polpa del frutto dagli agenti esterni. La buccia deve essere liscia e senza ammaccature e al tatto il frutto deve essere morbido, ma non troppo. Esistono anche varietà di avocado scurissimi che vengono messi in commercio nel momento di perfetta maturazione, ma attenzione a scegliere quelli giusti!

4. Come si mangia l’avocado?

L’avocado può essere utilizzato sia per la preparazione di ricette salate che dolci. Si pulisce eliminando la buccia che viene via facilmente se il frutto è maturo al punto giusto, poi una volta tagliato a metà viene privato del seme. Il modo più semplice di consumarlo è aggiungerlo a pezzi in una semplice insalata mista, oppure frullarlo con altra frutta per rendere lo smoothie più cremoso. Se lo amate in purezza, tagliatelo a metà e conditelo semplicemente con olio, sale e succo di limone. Di seguito troverete molte altre ricette interessanti.

5. Come si conserva la polpa di avocado?

L’avocado si conserva in frigorifero per alcuni giorni se è già maturo. Essendo un frutto climaterico, che quindi può restare a lungo sulla pianta e che continua a maturare anche dopo essere stato raccolto, un avocado duro in pochi giorni diventerà buono e morbido da mangiare. Una volta sbucciato, però, deve essere consumato in fretta perché la polpa tende a scurirsi. Conditela con del succo di limone o di lime e lasciatela comunque vicina al seme. Non conservatela per più di 24 ore.

6. Se l’avocado è troppo duro o troppo morbido?

Se l’avocado non è maturo non c’è nessun problema perché come abbiamo appena detto, continuerà a maturare una volta raccolto. Magari riponetelo in un sacchetto di carta con delle mele e in breve tempo sarà perfetto. Se è troppo morbido, ma ancora di un bel colore verde-giallo all’interno allora utilizzatelo per preparare creme o smoothies. Se è scuro, purtroppo, non potete fare altro che buttarlo.

7. Quante varietà di avocado esistono?

Esistono circa 20 varietà di avocado. La varietà Hass ha il sapore migliore e ha una buccia verde che con il tempo si scurisce. C’è poi il Fuerte che è quello che troviamo più spesso nei supermercati, e ha la buccia sottile e lucida e di un verde brillante. Abbiamo poi il Nabal con una buccia spessa e una forma tonda e l’avocado cetriolo che ha dimensioni piccole ed è privo di seme. Ora l’avocado si trova anche italiano: da qualche anno la Basilicata e la Sicilia si sono specializzate nella coltivazione delle diverse varietà. Naturalmente si raccomanda la scelta dell’avocado italiano per rispetto al Pianeta.

8. Il seme dell’avocado si butta?

Forse non tutti sanno che il seme dell’avocado è commestibile e anche ricco di proprietà. Basta lavarlo, privarlo della pellicina scura e poi utilizzarne una piccola parte all’interno di frullati e centrifughe. Con il seme dell’avocado si possono ottenere anche delle splendide piantine. Una volta lavato infilzatelo con degli stuzzicadenti e tenendo la punta verso l’alto infilatelo in un bicchiere d’acqua ( appoggiandolo sugli stuzzicadenti) facendo in modo che solo la base sia bagnata. Dopo un paio di mesi spunterà una radice e ancora dopo un germoglio. A questo punto potrete trasferire tutto in un vaso con la terra. Sappiate però che difficilmente questa pianta darà frutti in casa.

9. Quali sono le proprietà dell’avocado?

L’avocado ha innumerevoli proprietà. Si dice infatti che un avocado al giorno allunghi la vita…molto più di una mela, a quanto pare! È ricco di acido folico, importantissimo per la normale funzione cellulare e ancora più importante in gravidanza per prevenire alcune malformazioni del feto. Contiene anche acidi grassi che fanno bene al cuore, come abbiamo già detto, oltre che tante vitamine e minerali. Secondo recenti studi sarebbe anche un’ottima prevenzione contro il cancro.

10. Qual è la stagione dell’avocado?

L’avocado viene esportato da tutto il mondo, quindi è sempre la stagione dell’avocado e sarà sempre possibile trovarne di buonissimi al supermercato. Questo purtroppo è anche il contro del consumo dell’avocado, che ripetiamo supportare di qualità italiana.

10 modi di usare l’avocado, non solo in cucina

Vi lasciamo ora con una gallery ricca di spunti. Ecco tante idee per utilizzare l’avocado, non solo in cucina.

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