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Prepariamo insieme la polenta concia, la più golosa che ci sia!

Prepariamo insieme la polenta concia, la più golosa che ci sia!

Filante di formaggio, la polenta concia è il piatto top per ritrovare l’energia dopo una giornata di sci o semplicemente per riscaldarci con gusto nelle giornate fredde e uggiose

La polenta concia è un piatto tipico della tradizione valdostana, fatto di polenta, formaggio e burro. Una ricetta senza dubbio calorica, ma adatta a ritemprarsi nel clima rigido delle montagne. In realtà le calorie non sono date dalla polenta, ma dal suo condimento di burro e formaggio, quindi potete scegliere voi se portare in tavola un piatto più o meno ricco e sostanzioso.

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La fontina, un formaggio antico

La fontina è un formaggio tipico valdostano, che ha ricevuto la certificazione Dop (Denominazione di Origine protetta) e per questo motivo si produce seguendo le regole di un disciplinare. Viene fatta solo con il latte (ne servono 100 litri per fare una forma di fontina) delle mucche nate e cresciute in Valle, che d’estate pascolano all’aria aperta sui prati e che d’inverno mangiano il fieno raccolto nei campi di fondovalle. Si utilizzano fermenti lattici autoctoni e la stagionatura avviene in grotte naturali della Valle d’Aosta.

Polenta concia
Polenta concia.

La farina giusta per la polenta

Solitamente si utilizza la farina di mais per la polenta. Ma non ne esiste soltanto una! La bramata è una farina di mais macinata in modo grossolano ed è adatta per polente rustiche. Si accompagna bene con piatti di carne cotti in umido. La farina a macinatura media ha una grana più fine, è più morbida e si accompagna bene a verdure, legumi o salsiccia. Esiste poi una farina a macinatura fine, che rimane molto morbida e viene usata per piatti più delicati, con carni pregiate e selvaggina. Scegliete voi quella che più vi piace!

La ricetta per la polenta concia

Per preparare la polenta concia vi serviranno 200 g farina di mais, 120 g toma, 120 g fontina valdostana, 120 g burro, parmigiano grattugiato, pepe, sale. Per prima cosa mettete sul fuoco una pentola con 1 l di acqua. Non appena bollirà, salatela e poi versateci la farina a pioggia, mescolando con una frusta, per evitare che si formino grumi. Lasciate cuocere per circa 45 minuti, mescolando sempre con un cucchiaio di legno, per evitare che la polenta attacchi sul fondo. Sarà pronta quando si staccherà da sola dalle pareti della pentola. A questo punto aggiungete i formaggi privati della crosta e tagliati a dadini. Mescolate bene, spolverate con un poco di pepe e versate la polenta concia su un piatto da portata o su un tagliere, cospargetela di parmigiano reggiano e di burro, fuso precedentemente in un pentolino.

polenta-concia

Nel tutorial qualche suggerimento per una polenta concia perfetta!

Foto d’apertura Riccardo Lettieri.

Fico d’India: una ricetta golosa dalla Sicilia

Fico d'India: una ricetta golosa dalla Sicilia

Entrato a pieno titolo nell’iconografia siciliana, il fico d’India disegna il paesaggio dell’isola trasformandola in una cartolina. Ma ridipinge anche la tavola

Originario dell’America centro-meridionale, nella storia dell’Opuntia ficus non manca l’intreccio con la leggenda. Si narra, infatti, che fu Cristoforo Colombo ad assaggiare il frutto durante il suo viaggio nelle Americhe, ma pensando di trovarsi in India, lo chiamò fico d’India.

Il fico d’India arriva in Sicilia

Uno dei simboli indiscussi del Messico, tanto da essere inserito nello stemma della bandiera nazionale, è in Sicilia che ha trovato la sua seconda casa sin dagli inizi del 1500, molto probabilmente introdotto dall’arrivo degli Spagnoli nell’Isola.
Che siano i terreni vulcanici dell’Etna, o quelli sabbiosi e argillosi, il fico d’India è ante litteram il frutto della sostenibilità e della resilienza. A impatto zero sull’ambiente, non ha bisogno di massicce risorse idriche per sopravvivere, ha una grande capacità di sopravvivenza alle calure estive sicule. Biologico per vocazione, non necessita di trattamenti antiparassitari per la sua coltivazione. Il frutto più trasversale sulla Terra vanta innumerevoli usi: da quelli gastronomici a quelli medici, passando per la cosmetica.

In Sicilia si contano cinquemila ettari destinati alla coltivazione del fico d’India, quattro poli produttivi (Etna, San Cono, Roccapalumba, Santa Margherita di Belice), due riconoscimenti DOP (Etna DOP, San Cono DOP) e un Distretto Produttivo che punta sulla sua crescita e identità.

Da metà agosto fino a dicembre, la campagna siciliana è tutta un’esplosione di colori: dal giallo della Sulfarina, la variante a polpa gialla del fico d’India, al rosso della Sanguigna, fino al bianco della Muscaredda.

A queste tre varietà, si aggiunge anche quella dei “bastardoni”, i frutti ottenuti dalla seconda fioritura, indotta con l’abbattimento manuale del primo fiore (pratica denominata in siciliano “scozzolatura”). Un paesaggio naturale, agricolo, ma anche umano, rappresentato dall’iconica quanto difficile e impegnativa raccolta a mano.

Il fico d’India a tavola. Ma non solo…

Dal gusto delicato e corposo, una texture fibrosa, le proprietà e i benefici sono così tanti da eleggere il fico d’India a un vero e proprio super food. Ricco di fibre, di vitamine e di sali minerali, a questo frutto sono riconosciute proprietà diuretiche, astringenti, antinfiammatorie, antiossidanti e gastroprotettive.

Anche nella cultura popolare siciliana, oltre che in quella originaria degli Aztechi, trova spazio l’uso terapeutico e curativo delle proprietà medicinali del fico d’India. E a conferma che di questo frutto non si butta via niente, i cladodi (cioè le pale della pianta) sono da sempre utilizzati in Sicilia come cicatrizzante.

Liquori, infusi, bevande, confetture, creme e molto altro, nell’Isola sono tutti pazzi per questo frutto, che in Sicilia ha dato vita a diverse realtà imprenditoriali sempre più specializzati nella produzione, lavorazione e trasformazione del fico d’India.

A San Cono, una delle capitali del fico d’India siciliano, la coppia Luca Santonocito e Daniela Farchica, con la loro azienda Fico essere buoni, si sono dedicati alla trasformazione del frutto creando una linea di confetture e pesto, declinandolo nella sua versione dolce e salata.

Gli estratti di questa preziosa pianta sono sfruttati al massimo in cosmetica nella linea viso-corpo di Etna Cosmesi, mentre alle pendici dell’Etna, Sicilio è il marchio che l’azienda Op La Deliziosa ha dedicato alla produzione di una bevanda biologica, con il 75% di polpa e succo di fico d’India Etna DOP.

A Roccapalumba, comune del palermitano che sorge ai piedi dell’imponente rocca, la coltivazione e lavorazione del fico d’India rappresentano la principale risorsa economica. È nato anche il consorzio Più che…fico: ogni anno una sagra ne celebra le proprietà e gli usi nel mondo gastronomico.

Folgorati sulla via dell’Opuntia ficus, questo frutto ha ammaliato chef e pasticcieri, fornendo continuamente nuovi spunti per creazioni culinari e dolciarie. Tutto ha inizio dalla mostarda ai fichi d’India, celebre dessert dell’arte culinaria popolare siciliana, per arrivare sino ai giorni nostri, con nuove espressioni e ricette come il gelo, l’insalata, il paté, spingendosi fino al panettone.

Giuseppe Zito, pasticciere di Mezzojuso, altro piccolo borgo suggestivo del palermitano, ha dedicato al fico d’India la sua ricetta Terre Sicane, rendendo omaggio a quello che per il pastry chef siciliano «è il frutto più iconico e rappresentativo della Sicilia».

In questa ricetta originale, Zito ha sfruttato al massimo tutte le tre varietà e parti di questo frutto, dalla buccia, usata per la dadolata caramellata,  ai fiori essiccati per la coulis, fino ai cladodi (pale).

Chiude il crumble di cioccolato, che rappresenta simbolicamente la terra siciliana.

«Un frutto fragile, difficile da lavorare e trasformare. È una bella sfida, commenta Zito. Se non si bilancia bene il fico d’India con gli altri ingredienti, si rischia di perdere la sua identità».

Giuseppe Zito.
Giuseppe Zito.

Ricetta Terre Sicane

Coulis di pala di Fico d’India
1 pala di Fico d’India tenera di g 500 circa
5 fiori di anice stellata
1/2 stecca di cannella

Procedimento

Spazzolare per bene la pala e aver cura di togliere tutte le spine, togliere uno stato sottilissimo dalla superficie della pala, lessare la pala assieme ai fiori di anice stellata e alla mezza stecca di cannella per 15 minuti dal bollore, far raffreddare totalmente in acqua di cottura. Frullare la pala con l’aiuto di un cutter e successivamente passare in un colino a grana finissima per togliere tutte le fibre, passaggio indispensabile per una coulis vellutata.

Brunoise di fichi d’india
8 bucce di fico d’India
100 g di zucchero
30 g di succo di arancia
10 fiori di fico d’India essiccate

Procedimento

Lessare in acqua le bucce dei fichi d’India insieme ai fiori essiccati di fico d’India per 5 minuti dal bollore, decorticare le bucce di fico d’India e mettere in frigo per una notte. Successivamente, asciugare per bene le bucce e tagliarle a dadini. In una padella, mettete lo zucchero e il succo di arancia e portare a bollore, inserire i fichi d’India e creare una semicanditura e riporre in frigo.

Quenelle di Fico d’India
600 g di fichi d’India sbucciati/ totale succo gr,300
500 di crema inglese
10 g di colla di pesce
280 g di cioccolato bianco
300 g di panna semilucida non zuccherata

Procedimento

Con l’aiuto di un estrattore estrarre il succo dai fichi d’India. Portare a 45 gradi la crema inglese e inserire il cioccolato bianco precedentemente sciolto; versare il succo di fichi d’India, la colla di pesce anch’essa precedentemente sciolta al microonde, la panna semilucida. Mescolare il tutto con l’aiuto di una spatola e riporre in frigo sino al suo raffreddamento. Successivamente, creare delle quenelle con l’aiuto di due cucchiai.

Procedimento per l’impiattamento
In un piatto, creare una virgola con la coulis di pala abbastanza panciuta, in modo da ricreare la forma di una pala di fico d’india. In un lato, porre la brunoise di fichi d’India e sopra adagiare le quenelle di fichi d’India. Chiudere in basso con una spolverata di crumble al cioccolato per ricreare un effetto che rimanda alla terra siciliana. Decorare con fiori eduli.

Testo di Liliana Rosano

Fico d'India: tre ricette dalla Sicilia

Ricerche frequenti:

Platano fritto: ricetta golosa in tre versioni

Platano fritto: ricetta golosa in tre versioni

Una vera goduria: ecco tre ricette per preparare il platano fritto (in versione salata e dolce)

Il platano fritto è una ricetta tipica dell’America Latina e dei Caraibi, servita come snack o in accompagnamento ai secondi piatti, come il ceviche. Non fatevi trarre in inganno: anche se questo frutto tropicale ha la stessa identica forma della banana, il suo sapore è più simile a quello delle patate. Inoltre, i platani sono più grandi e hanno una polpa molto soda, per questo è consigliabile consumarli cotti.

Per cucinarli nel modo giusto bisogna innanzitutto tener conto delle diverse fasi di maturazione. Il platano fritto salato si prepara utilizzando il platano verde, ancora acerbo, che ha un sapore più neutro. A rimarcare la differenza con la banana, noterete che la buccia del platano verde è più resistente: niente paura, basterà inciderla con un coltello per aiutarvi a sbucciarlo.
Se invece avete intenzione di preparare il platano fritto dolce, meglio optare per il platano giallo, più zuccherino e facile da sbucciare. Non sceglietelo troppo maturo e molle, altrimenti non sarà adatto per la frittura. In quest’ultimo caso sarà più facile mangiarlo crudo oppure utilizzarlo per altre ricette, come purea o negli impasti.

Platano fritto: ricetta

La ricetta del platano fritto salato è molto facile e veloce. Per prima cosa rimuovete la buccia del platano verde dopo averla incisa con un coltello; a questo punto tagliatelo a rondelle di circa 1 centimetro di spessore oppure affettatelo sul lato lungo. Fate riscaldare bene l’olio di semi in una padella capiente ed immergetevi per 3-4 minuti le fette di platano, poche alla volta. Il segreto per una frittura perfetta è proprio friggere in olio bollente, pochi pezzi per volta, in modo che abbiano abbastanza spazio nella padella. Scolate sulla carta da forno e fate assorbire l’olio in eccesso, tamponando leggermente. Condite con sale, pepe e mangiate immediatamente: potete servire il platano fritto per un aperitivo sfizioso oppure come contorno a secondi piatti di carne o pesce.

Platano fritto dominicano

Credete che sia finita qui? Vi sbagliate di grosso. La ricetta dominicana dei platani fritti, chiamati anche tostónes (o patacónes in Colombia) prevede un ulteriore passaggio e una doppia frittura, per ottenere un risultato ancora più croccante.

platano fritto cubano

Per cucinarlo secondo la ricetta tradizionale, tagliate il platano a fette di circa 3 centimetri e friggetele per qualche minuto in olio di semi bollente, finché non saranno leggermente dorate; scolate e asciugate dall’olio in eccesso. Adesso arriva il bello: dovete schiacciare delicatamente le fette aiutandovi con il fondo di un bicchiere o con un batticarne (tradizionalmente si utilizza uno strumento apposito, la pataconera) in modo che si appiattiscano senza sfaldarsi. Cospargete le fette con sale e pepe, strofinatevi dell’aglio a crudo e procedete con la seconda frittura, circa 1-2 minuti per lato, fino a completa doratura. Trasferite sulla carta assorbente e gustate in abbinamento a salse o formaggi!

Platano fritto dolce

Quando il platano diventa più maturo e la sua buccia passa da verde a gialla, il sapore della polpa diventa più zuccherino. Questo è il momento di cucinarlo in versione dolce! Sbucciatelo, tagliatelo a fette e friggete pochi pezzi alla volta in olio bollente per 3-4 minuti, fino a dorarlo su entrambi i lati. Una volta scolato e asciugato dall’olio in eccesso, spolveratelo con lo zucchero a velo o semolato.

platano fritto dolce

In alternativa, potete preparare il platano caramellato! Invece di friggerlo nell’olio di semi, sciogliete a fuoco basso del burro e tuffatevi le fettine di platano; lasciate cuocere per un paio di minuti, cospargetelo con zucchero di canna e cannella e completate la cottura finché non sarà caramellato su entrambi i lati.

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