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Luganega di Monza, la salsiccia brianzola

La Cucina Italiana
luganega

Luganega di Monza: dove e come mangiarla

Morbida, liscia, dolce, saporita ma delicata. La luganega non è solo una salsiccia, la luganega è la salsiccia monzese per eccellenza. Almeno per i Monzesi e i Brianzoli, che della luganega fanno una sorta di bandiera gastronomica. È l’ingrediente caratterizzante del risotto alla monzese, completamente diverso da quello giallo di Milano proprio perché privo di zafferano, ma insaporito con vino (possibilmente rosso) e, appunto, luganega sbriciolata.

Storia della luganega

L’origine latina del termine “lucanica” attesta l’antichità del salume: usato da Cicerone, il vocabolo oggi è presente in molte regioni d’Italia ad indicare diversi insaccati tipici, differenti l’uno dall’altro. Inutile dire che ogni campanile ne rivendica la paternità: così alla luganega monzese si affiancano la luganega del Trentino, la juganega trevisana e la lucanica o salsiccia Lucana. Che la primogenitura sia controversa è un fatto. Il Tassoni nella Secchia Rapita, fa derivare il nome “…latinamente da Lucca”, ma c’è chi si rifà proprio alla Lucania, citando il Vocabolario Napoletano che recita: “Lucanica a lucanis populis a quibus romani milites primum didicerunt”, “lucanica, dal nome dei popoli lucani, dai quali in origine i soldati romani la conobbero”. Da parte loro i Brianzoli raccontano l’esatto contrario, ossia che gli stessi soldati romani abbiano portato la salsiccia e il suo nome dalla Gallia Cisalpina in Lucania. Ma a Monza c’è anche chi sostiene che la luganega sia un’invenzione di Teodolinda, regina longobarda, mitica fondatrice della città, che si sarebbe ispirata alle proprie lunghe trecce. Per avvalorare la tesi della monzesità del prodotto, si citano le parole derivate dal termine “Luganega”, diventate di uso comune tra Monza e  la Brianza: le salamelle diventano luganeghitt, il cotechino luganeghin de codega, mentre gergalmente una persona alta e dinoccolata è detta ul Luganega. Altro mattone a favore della paternità monzese è una cinquecentesca citazione di Ortensio Landi, che esortava: “Non ti scordar la luganega di Monza”.

La ricetta della luganega

Di certo chi assaggia questa prelibata salsiccia raramente la dimentica. La ricetta è tanto antica quanto semplice: la si prepara con carne di maiale, macinata finissima, Grana Padano grattugiato e poco vino bianco per amalgamare il tutto. Il tutto viene insaccato nel budello naturale, di suino oppure di agnello. Lunga e non troppo sottile, la luganega di Monza ha un colore rosa chiaro, con tenui sfumature bianche, e una consistenza morbida, liscia e spalmabile; particolarmente magra, è delicatamente profumata, e ha un sapore elegante e fine, ma insieme caratteristico. Si consuma fresca, anzi, freschissima, perché cruda è semplicemente irresistibile. La si può cucinare sulla brace, in umido oppure in tegame con il vino bianco. Si usa per preparare farce e ripieni per ravioli e arrosti, come ingrediente del ragù o come base per sughi, oltre che naturalmente nel risotto.

Dove gustarla e dove acquistarla

Trovare la vera luganega di Monza non è impresa facile. Molti (purtroppo) ne usano il nome per indicare prodotti simili ma comunque diversi. Un esempio? Tutte le pizzerie di Monza hanno in carta una “pizza monzese”, il cui ingrediente caratterizzante è la luganega, ma non sempre viene usata quella originale.

Eppure è ancora possibile trovare la vera luganega. Anche nella grande, vicina Milano. Matteo Scibilia la propone nel suo ristorante Piazza Repubblica: «cruda, su una fetta di pane tostato con pepe e un filo di olio è eccezionale – spiega lo chef – soprattutto se accompagnata da un calice di Franciacorta è un aperitivo perfetto. Sbriciolata e appena scottata è uno spettacolo, ed è ovviamente protagonista nel classico risotto alla monzese. Io mi rifornisco da Gigi Viganò a Verano Brianza, che la realizza secondo la ricetta tradizionale».

Ricerche frequenti:

150 anni di hospitality, eleganza e cucina gourmet a Bellagio

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150 anni e non sentirli: sembra solo una battuta, ma è tutto vero. Villa Serbelloni ha raggiunto l’eccezionale traguardo nel mondo dell’hospitality, da quando nel 1873 la residenza privata del Conte Frizzoni apre come Grand Hotel diventando la meta prediletta dell’aristocrazia. Da allora, il Grand Hotel Villa Serbelloni, 5 stelle Lusso, non ha smesso di migliorarsi e di ospitare con calore e professionalità una clientela anche internazionale di alto livello. Per celebrare il fantastico risultato, la famiglia Bucher ha organizzato una cena di gala memorabile grazie al menù speciale formulato dal geniale chef Ettore Bocchia, resident dal 1993, seguita da un concerto privato di Noemi e gli immancabili fuochi d’artificio sullo specchio d’acqua dell’iconico lago di Como.

Un secolo e mezzo di storia

In quel delizioso paesino di Bellagio, Grand Hotel Villa Serbelloni si accomoda sulla punta del promontorio dove il leggendario lago di Como si biforca e, dal 1873 anno dopo anno, si evolve tra investimenti e ampliamenti volti a portare il resort al livello più alto possibile – premi e riconoscimenti internazionali si accumulano, inevitabilmente. La struttura vince con grazia la gara contro il tempo: antico e moderno danzano insieme senza sbagliare un passo seguendo l’air du temps a ritmo serrato.

Il segreto di questo successo inossidabile sta tutto nel cuore, ovvero nella famiglia Bucher che da quattro generazioni porta avanti il progetto con passione. Era il 1918 quando Arturo Bucher acquista e prende la guida della prestigiosa struttura ricettiva, dando il via ad una nuova era di scintille grazie ad uno stile manageriale brillante, che passa di padre in figlio fino ad arrivare ai giorni nostri con Gianfranco Bucher. Nel 1986 subentra a Rudy Bucher, ristruttura e ammoderna il Grand Hotel nel pieno rispetto del fascino della grande villa neoclassica, manda avanti il concept di base: questo non è solo un hotel, è una casa di famiglia aperta agli ospiti. Uomo di mondo e sensibile ai trend, comprende il valore dell’alta cucina nell’hospitality e nei primi anni Duemila investe sulla proposta culinaria del ristorante gourmet Mistral attraverso il talento del visionario chef Ettore Bocchia, padre italiano della cucina molecolare. Premi e riconoscimenti, tra cui la Stella Michelin nel 2004, ne confermano l’eccellenza gastronomica. I complimenti passano anche a Jan Bucher, che prosegue la tradizione di famiglia promettendo la stessa costante dedizione e ricerca, affiancato dalla dolce consorte Chiara e supportato dall’energica madre Dusia.

Scale di marmo, lampadari di cristallo di Murano, affreschi e dipinti, tappeti persiani e stucchi dorati: ogni centimetro dell’imponente villa canta la melodia dell’elegante ricchezza in coro con l’affabile professionalità del personale rinforzato dalla presenza costante e discreta della famiglia Bucher. Una delle rare realtà ricettive non appartenenti a grandi gruppi internazionali che rischiano la spersonalizzazione, il Grand Hotel Villa Serbelloni beneficia in pieno della conduzione famigliare che abbraccia l’ospitalità con calore e rispetto. 150 anni e quattro generazioni al servizio del benessere degli ospiti, che si rivelano essere illustrissimi nomi, da Sir Winston Churchill a J.F. Kennedy, da Clark Gable a Al Pacino, solo per citarne alcuni tra artisti, star, politici e – naturalmente – potreste esserci anche voi.

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Ai Boschetti Reali, ogni giorno dalle 10 di mattina alle 2 di notte, il BarLegend Red Bull Village dove vivere esperienze di realtà aumentata e con sette Airstream (i famosi tondeggianti motorhome americani in alluminio) di varie misure e brandizzati ad hoc dove deliziarsi di sfizioso cibo di strada e drink di ogni tipo secondo le ricette dello chef Michele Cioffi e della bartender Elisabetta Ciceri del Saint.

Nel caravan dedicato a cassa, oltre a gadget ricordo come t-shirt, cappellini, adesivi e spillette BarLegend (realizzate da Mezzopieno Studio, agenzia veronese che ha curato tutta l’immagine coordinata del brand) si potranno acquistare i token necessari per gli hamburger e pulled pork di Jurassic Pork, per i fritti e le salamelle di Fattyssimo, per le pizze e pinse di Pizzawagon e per la pasta e i ravioli (ricotta e spinaci o bufala ed erbette) al sugo o cacio e pepe di Pastarda, così come per il beverage scegliendo, oltre a birre Nastro Azzurro, Red Bull e The Organics by Red Bull, spritz by Freni e Frizioni, anche tanti cocktail speciali a base di Vetz e Angostura rum e di Big Gino gin e Roby Marton’s gin, nei rispettivi motorhome.

Il tutto condito da musica tutta da ballare, già dalla mattina con tanto di dancefloor di 300 metri quadri, tra dirette radiofoniche e djset con il sound di Miky Garzilli di Radio Studio Più. Serate clou sabato 2 settembre a tutta house con in console PRZI del Nameless Festival affiancato/da vari guest; domenica 3 con l’Autpop festival, una serata speciale ideata da Shorty e Matteo Perego, con in console i ragazzi e ragazze diversamente abili delle Associazioni Facciavista e Il Veliero affiancati da dj di Radio M2O (Shorty Lrnz, Walter Pizzulli, Mauro Miclini, Rino Sparacino, Lori B e Vittoria Hyde), Maurino e Tato di Radio Deejay, Dj Marietto di Silver Music Radio e Dj Funky.

in foto: al Gomez (piazza S. Paolo 4) troverete una “playa” con il Red Bull Kombibar (un furgone d’epoca con bancone bar).

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