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Gianni Cinti, dalle posate Jungle alle ricette della nonna

Gianni Cinti, dalle posate Jungle alle ricette della nonna

Gianni Cinti, designer umbro, allievo di Gianfranco Ferrè e di Bruno Munari, candidato al Compasso d’Oro nel 2018, ha appena realizzato per Sambonet una linea di posate ispirate alla vegetazione della giungla. Abbiamo parlato con lui di tavole rock, posate situazioniste e delle ricette a occhio che gli ha insegnato la nonna umbra.

Cosa rappresenta la tavola per lei?

«È il luogo dove le persone stanno insieme, si parlano, si raccontano, uno spazio intellettuale più che uno spazio fisico. Ogni tavola è la storia di un incontro, anche con noi stessi se apparecchiamo alla perfezione per pranzare da soli. Quando ho iniziato a fare il designer, non avrei mai immaginato che gran parte delle mie creazioni sarebbero finite sulla tavola. Immaginavo piuttosto il corpo come destinazione finale dei miei progetti. Comunque alla fine non penso che ci sia una differenza sostanziale tra vestire una tavola o un corpo.»

Come è nata la collezione di posate Jungle?

«Volevo creare oggetti che non rispondessero alle mode, con un decoro di foglie che si capisce quando le posate sono una di fianco all’altra. Quando invece tieni in mano la singola posata percepisci soprattutto il dettaglio dell’intaglio. Lavorare per Sambonet è una grande responsabilità, sia perché ti devi confrontare con alcuni dei più grandi designer che hanno creato per loro, sia perché le posate sono oggetti che intercettano la vita quotidiana delle persone: prima o poi, tutti abbiamo avuto in mano una posata Sambonet.»

Le ha pensate per tutti i giorni o per occasioni speciali?

«Io le definisco posate situazioniste perché, per il concept e i colori, si adattano a svariate occasioni: quelle in acciaio vanno bene per tutti i giorni, quelle nere sono perfette per tavole
rock, mentre quelle dorate si abbinano a piatti eleganti o vintage. Come designer ci tengo a
creare oggetti classici, senza tempo, e le posate sono un po’ come la camicia bianca, che si adatta a una giornata business come a una serata di gala.»

In che direzione va il design oggi, secondo lei?

«Attualmente è tornato prepotente l’utilizzo della decorazione, un elemento molto ricorrente
nell’arte e nell’artigianato italiano, dalla ceramica al vetro, all’oreficeria. Vale la pena di
riqualificarla, anche perché è il mezzo più semplice ed elegante per vestire qualcosa.»

La milanese della nonna | La Cucina Italiana

La Cucina Italiana

Noi le abbiamo sempre chiamate bistecche impanate: perché la milanese, quella classica, di vitello e con l’osso, non la si faceva quasi mai, in famiglia. Soprattutto mia nonna non la faceva mai. Nata nel 1910, aveva vissuto tutte le difficoltà della guerra, con una famiglia da nutrire, nonostante le ristrettezze. E anche molti anni dopo,  in tempi più sereni, l’attitudine al risparmio era rimasta radicata saldamente in lei. Quando noi nipoti andavamo a trovarla per pranzo, ci preparava sempre piatti che considerava di festa: la bistecca impanata era tra quelli, insieme a un altro grande classico, il risotto alla milanese (semplice, senza ossobuco). Com’erano, quindi, le sue bistecche impanate? Fettine di carne, quasi sempre fesa di vitello, quella delle scaloppine, per intenderci, impanate e poi fritte in padella. Le batteva con il batticarne, per renderle più grandi (eh… anche l’occhio voleva la sua parte!), le passava nelle uova sbattute con il sale, infine nel pangrattato. Poi finivano in padella, dove bastavano pochi minuti per cuocerle, nell’olio misto a poco burro. Ma non finiva qui! 

Le mele, per non sprecare

Quasi sempre avanzava un po’ di uovo sbattuto e del pangrattato ormai “sporco” di uovo, e quindi non recuperabile. Ecco entrare in scena le mele, allora, da trasformare in irresistibili frittelle. Sbucciate, detorsolate e tagliate in fettine tonde, con il buco in mezzo. Le passava nell’uovo (salato) e poi nel pangrattato e le cuoceva proprio come le bistecche. Le adoravo, addirittura le preferivo alla carne che lei considerava più preziosa. Le rubavo appena fritte, per gustarmele ancora calde, prima ancora di mangiare la bistecca: mi piaceva moltissimo il contrasto tra la dolcezza delle mele e il gusto salato della panatura. Ecco come mia nonna riusciva a preparare una milanese speciale e delle frittelle croccantine, per non sprecare proprio neanche un po’ di uovo e nemmeno una briciola di pane. 

La milanese della nonna, la ricetta

Ingredienti per 4 persone

4 fettine di vitello
2 uova
2 bicchieri di pangrattato
2 mele
olio extravergine di oliva
burro, sale

Procedimento

Ripulite le fettine di vitello da eventuale grasso in eccesso, quindi battetele con il batticarne per assottigliarle. Se diventano troppo grandi, tagliatele a metà, anche per friggerle con più agio.
Sbattete due uova con una forchetta, in un piatto fondo, e salatele. Se volete, aggiungete anche una macinata di pepe. Versate anche il pangrattato in un vassoietto. 
Passate le bistecche nell’uovo sbattuto, poi nel pangrattato, premendo bene con le mani, in modo che la panatura aderisca bene alla carne.
Friggete poi le bistecche in una larga padella, abbastanza grande da non dover sovrapporre le bistecche: basteranno 1-2 minuti per lato, essendo molto sottili. Regolatevi secondo la padella e la forza del fuoco e cuocete finché non diventano dorate
Appoggiate le bistecche su carta da cucina.
Sbucciate le mele, detorsolatele con l’apposito detorsolatore (se non ce l’avete, tagliatele a fette, poi eliminate il centro con i noccioli e il torsolo utilizzando un coltellino. 
Passatele nell’uovo e nel pangrattato, quindi friggetele nella padella, rinnovando olio e burro
Appoggiate anch’esse su carta da cucina. Salate leggermente carne e mele e servitele.

Spezzatino con patate: la ricetta della nonna

La Cucina Italiana

La ricetta dello spezzatino con patate è un classico della cucina italiana, tramandata per generazioni e conservata nella memoria di chi lo prepara da tanti anni e – anche – da chi ha fortuna di assaggiarlo.

Si tratta di uno di quei piatti che richiama antichi sapori e riporta la mente e il palato indietro nel tempo, alle domeniche passate tutti insieme in famiglia, circondati dai parenti, con la nonna che preparava il pranzo dalle prime ore del giorno e gli altri commensali che attendevano che tutto fosse pronto quasi in religioso silenzio.

Lo spezzatino di patate della nonna è proprio questo: gusto e tradizione. Un piatto per il quale il tempo non passa mai e, anzi, si è fermato, in attesa di nuove generazioni che lo preparino e lo portino in tavola. Chi non ha avuto la fortuna di avere in un vecchio quaderno la ricetta originale dello spezzatino di patate scritta a mano dalla nonna può provare a seguire la nostra. Non avrà certamente lo stesso fascino ma il gusto, ve lo promettiamo, sarà proprio quello!

Spezzatino di patate della nonna: la ricetta

Ingredienti

500 g di polpa di manzo
500 g di patate
300 ml di brodo vegetale o di carne
1 cipolla bionda
1 carota
sedano
vino rosso qb
alloro qb
rosmarino qb
chiodo di garofano qb
farina 00 qb
olio extravergine di oliva qb
sale e pepe qb

Procedimento

Iniziate la preparazione di questo piatto tradizionale della cucina italiana tagliando a cubetti non troppo grandi la polpa di manzo e poi infarinateli leggermente. Preparate un trito con la carota, una costa di sedano e la cipolla e fatelo rosolare in una casseruola grande, preferibilmente di ghisa e che abbia un coperchio, con due cucchiai di olio extravergine (o di burro).

Aggiungete i bocconcini di carne, alzate la fiamma e fateli rosolare per circa due minuti, aggiungete mezzo bicchiere di vino rosso e sfumate, sempre a fuoco alto, fino alla completa evaporazione. Aggiungete quindi un paio di mestoli di brodo già caldo, per evitare che si perda il bollore.

Ricerche frequenti:

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