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Anna in Casa: ricette e non solo: Torta semplice all’olio

Anna in Casa: ricette e non solo: Torta semplice all'olio

La sera, dopo aver sistemato la cucina, apparecchio la tavola per la colazione del giorno dopo, con vassoi, posate, biscotti, fette biscottate e confettura di pesche o albicocche. Spesso c’è anche una torta casalinga, proprio come questa. Io amo le torte casalinghe, quelle da credenza, quelle che mi preparavano nonna o mamma.

Questa ricetta prevedeva l’utilizzo del burro ma io ho preferito sostituirlo con l’olio di semi di girasole, che non toglie niente al risultato finale.

Pronti con ciotola e ingredienti?

Ingredienti

4 uova

150 g di farina 00

30 g di amido di mais

     o 180 g di farina 00

145 ml di olio di semi

180 g di zucchero

1 bustina di lievito per dolci

Procedimento

Scaldare il forno a 180°C e foderare una tortiera apribile da 24 cm con carta forno.

In una ciotola rompere le uova, aggiungere lo zucchero e con le fruste elettriche montare i due ingredienti fino ad ottenere un composto spumoso.

Unire a filo l’olio di semi, sempre mescolando.

Aromatizzare con l’aroma vaniglia ed infine unire, in due volte, la farina e il lievito precedentemente mescolati con una frusta a mano.

Ottenuto un composto liscio ed omogeneo, versarlo nello stampo prima preparato.

Infornare e cuocere per 35-40 minuti, vale la prova stecchino.

Ristoranti e bar: il green pass non serve più?

La Cucina Italiana

Il passo decisivo per segnare l’uscita dalla pandemia sarà quello del primo aprile: è questa la data individuata per l’inizio dell’eliminazione graduale del green pass, e coincide con la fine dello stato di emergenza e l’addio al sistema dei colori e alla struttura commissariale. 

Dunque, dall’1 aprile, per sedersi ai tavoli all’aperto di bar o ristoranti non sarà più necessario mostrare la certificazione verde. E, dal primo maggio, giorno della festa dei lavoratori, un altro passo avanti: per entrare nei ristoranti, anche al chiuso, non ci sarà più l’obbligo di mostrare il green pass rafforzato (quello che viene rilasciato solo ai vaccinati e ai guariti). La certificazione non servirà più nemmeno per prendere un caffè al bancone del bar o per andare in mensa. 

Per favorire il turismo, anche nelle strutture ricettive, dagli hotel ai relais, dall’1 aprile non servirà più il green pass rafforzato. Il documento non sarà più necessario nemmeno per l’accesso a musei, mostre e luoghi di cultura, anche se al chiuso. Via libera anche nei negozi che non vendono beni di prima necessità e in quelli per i servizi alla persona (parrucchieri, barbieri, estetisti). Fine dell’obbligo anche per entrare in uffici pubblici, in banca o alla posta.

Il primo aprile è anche il giorno in cui il green pass non servirà più per le feste e gli spettacoli all’aperto, per le cerimonie pubbliche, le sagre e le fiere.

L’obiettivo, sempre che l’andamento della curva epidemiologica rimanga sotto controllo e non imponga nuovi ripensamenti, visto anche l’aumento recente dei casì, è quello di arrivare gradualmente a un’estate da vivere pienamente, senza più restrizioni. «Credo che arriveremo a un momento in cui il green pass non sarà più richiesto, anche se è uno strumento che rimarrà disponibile, qualora ci fosse la necessità di affrontare una situazione difficile, e ci auguriamo questo non accada», ha spiegato il sottosegretario alla Salute Andrea Costa. «Però ritengo ragionevole pensare che a maggio o a fine maggio nel nostro paese il green pass potrà non essere richiesto: questo è l’obiettivo del governo».

Piccolo atlante dei cibi perduti di Alberto Capatti

Piccolo atlante dei cibi perduti di Alberto Capatti

Nella crescita benemerita – ma talvolta tumultuosa – della nostra cucina si è avuta la sensazione che il passato sia stato poco considerato, come fosse un freno allo sviluppo. In realtà, ha una valore fondamentale soprattutto in un Paese come l’Italia dove le differenze climatiche e storiche hanno impedito sostanzialmente la nascita di una cucina italiana: uno svantaggio forse per l’esportazione del concetto, ma un vantaggio clamoroso perché ha permesso la difesa (e la rivisitazione) delle cucina regionale, in certe aree ancora fortissima. Ma bisogna studiare cosa siamo stati, cosa siamo e soprattutto cosa saremo in base a quello che mangiamo. Un valido contributo lo porta il nuovo Piccolo atlante dei cibi perduti (Slow Food Editore, 192 pagine, prezzo di copertina 16,50 euro) scritto da Alberto Capatti. Uno dei più noti storici della gastronomia italiana, primo rettore dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, dove ha insegnato Storia della cucina e della gastronomia. Ha scritto molti libri, diretto magazine e fa parte del comitato scientifico di CasArtusi. È anche presidente della Fondazione Marchesi.

C’è anche la sogliola al ferro da stiro

Capatti ha raccolto 80 schede-racconto che spaziano dall’acqua (e dal modo in cui viene pesata nelle ricette) fino a “ricette meteore” e bizzarre preparazioni come la sogliola al ferro da stiro. Le schede si susseguono in rigoroso ordine alfabetico: si parte da abalon (il mollusco orientale da noi chiamato anche orecchia di mare) e si chiude con zuccaro (la variante arcaica di zucchero). Ci si diverte molto, leggendo di cibi oggi imprevedibili, dalle varianti infinite,  con ingredienti non usuali o nomi curiosamente seducenti o misteriosi come «bighelloni, broccioli e brustulli» o le uova di pavoncella, suggerite per una cena galante in un ricettario afrodisiaco del 1910. Ma si parla anche della sogliola al ferro da stiro (con tanto di ricetta del 2005, provatela), delle allodole nel nido e persino dello yogurt come rimedio per la sbornia. 

Le ricette scomparse

L’autore definisce l’opera come una «stanza delle meraviglie enogastronomiche», nata ispirandosi alle fonti più varie, tra ricettari iconici della cucina italiana e saggi contemporanei, ma anche canzoni di Guccini. E poi c’è la «cucina delle nonne» in parte dimenticata, ma grazie a ricettari di grande fortuna editoriale, capace di innescare un meccanismo sorprendente. A loro Capatti riserva la seconda parte del volume, analizzando i libri che citano le nonne nel titolo e che, di fatto, le hanno consacrate ad anima autentica della cucina di tradizione italiana. «Ho voluto raccogliere alcune ricette inconsuete, uniche nel loro genere, ma non impossibili da ripetere; ricette frutto di una idea di cucina maturata in famiglie che non conosciamo più e che ci offrono cibi preclusi. La nonna ha due identità, una passata e conclusa e una sempre presente», sottolinea l’autore. 

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