Innanzitutto preparate la polenta: portate a ebollizione l’acqua leggermente salata, quindi versate la farina a pioggia, mescolando allo stesso tempo con la frusta. Cuocete, continuando a mescolare, per circa 5 minuti o finché la polenta non sarà piuttosto soda (non più mescolabile con la frusta, ma con un cucchiaio di legno), quindi spegnete la fiamma e aggiungete burro e parmigiano.
Versate subito la polenta sulla teglia rivestita di cartaforno e livellate bene la superficie (potete fare come ho fatto io: ho coperto con un secondo foglio di cartaforno e steso con il matterello), poi lasciate raffreddare.
Togliete il secondo foglio di cartaforno (una volta fredda sarà più facile da levare lasciando intatta la superficie) e ritagliate le vostre stelline con una formina da biscotti (potete scegliere anche un’altra forma, o più forme diverse). Distribuite le stelle sulla teglia, spennellatele con poco olio e cuocete per circa 10 minuti in forno ventilato preriscaldato a 200°C.
Lasciate raffreddare completamente le stelline; nel frattempo, mescolate mascarpone e gorgonzola fino ad ottenere una crema liscia e omogenea. Una volta fredde, farcite le stelline con un po’ di crema (io ho usato una sac-à-poche con beccuccio a stella), un gheriglio di noce e poche gocce di miele.
Le stelle di polenta sono pronte, non vi resta che servirle.
Mettete tutti gli ingredienti (meno le mandorle intere) in una ciotola e lavorate velocemente, fino ad ottenere un panetto omogeneo.
Sagomate il panetto per formare dei cordoncini spessi, tagliatene dei pezzetti uguali tra loro e sagomateli a formare delle palline grandi come una noce, quindi schiacciatele leggermente.
Disponete i biscotti sulla teglia del forno rivestita di cartaforno, separandoli leggermente tra di loro, e disponete al centro di ogni biscotto una mandorla, cercando di incastonarla un po’ nell’impasto. Cuocete per 12-15 minuti (o fino a doratura) a 180°C, in forno ventilato già caldo.
I biscotti di SantaLucia sono pronti: fateli almeno intiepidire prima di servirli.
Entrato a pieno titolo nell’iconografia siciliana, il fico d’India disegna il paesaggio dell’isola trasformandola in una cartolina. Ma ridipinge anche la tavola
Originario dell’America centro-meridionale, nella storia dell’Opuntia ficus non manca l’intreccio con la leggenda. Si narra, infatti, che fu Cristoforo Colombo ad assaggiare il frutto durante il suo viaggio nelle Americhe, ma pensando di trovarsi in India, lo chiamò fico d’India.
Il fico d’India arriva in Sicilia
Uno dei simboli indiscussi del Messico, tanto da essere inserito nello stemma della bandiera nazionale, è in Sicilia che ha trovato la sua seconda casa sin dagli inizi del 1500, molto probabilmente introdotto dall’arrivo degli Spagnoli nell’Isola. Che siano i terreni vulcanici dell’Etna, o quelli sabbiosi e argillosi, il fico d’India è ante litteram il frutto della sostenibilità e della resilienza. A impatto zero sull’ambiente, non ha bisogno di massicce risorse idriche per sopravvivere, ha una grande capacità di sopravvivenza alle calure estive sicule. Biologico per vocazione, non necessita di trattamenti antiparassitari per la sua coltivazione. Il frutto più trasversale sulla Terra vanta innumerevoli usi: da quelli gastronomici a quelli medici, passando per la cosmetica.
In Sicilia si contano cinquemila ettari destinati alla coltivazione del fico d’India, quattro poli produttivi (Etna, San Cono, Roccapalumba, Santa Margherita di Belice), due riconoscimenti DOP (Etna DOP, San Cono DOP) e un Distretto Produttivo che punta sulla sua crescita e identità.
Da metà agosto fino a dicembre, la campagna siciliana è tutta un’esplosione di colori: dal giallo dellaSulfarina, la variante a polpa gialla del fico d’India, al rosso dellaSanguigna, fino al bianco della Muscaredda.
A queste tre varietà, si aggiunge anche quella dei “bastardoni”, i frutti ottenuti dalla seconda fioritura, indotta con l’abbattimento manuale del primo fiore (pratica denominata in siciliano “scozzolatura”). Un paesaggio naturale, agricolo, ma anche umano, rappresentato dall’iconica quanto difficile e impegnativa raccolta a mano.
Il fico d’India a tavola. Ma non solo…
Dal gusto delicato e corposo, una texture fibrosa, le proprietà e i benefici sono così tanti da eleggere il fico d’India a un vero e proprio super food. Ricco di fibre, di vitamine e di sali minerali, a questo frutto sono riconosciute proprietà diuretiche, astringenti, antinfiammatorie, antiossidanti e gastroprotettive.
Anche nella cultura popolare siciliana, oltre che in quella originaria degli Aztechi, trova spazio l’uso terapeutico e curativo delle proprietà medicinali del fico d’India. E a conferma che di questo frutto non si butta via niente, i cladodi (cioè le pale della pianta) sono da sempre utilizzati in Sicilia come cicatrizzante.
Liquori, infusi, bevande, confetture, creme e molto altro, nell’Isola sono tutti pazzi per questo frutto, che in Sicilia ha dato vita a diverse realtà imprenditoriali sempre più specializzati nella produzione, lavorazione e trasformazione del fico d’India.
A San Cono, una delle capitali del fico d’India siciliano, la coppia Luca Santonocito e Daniela Farchica, con la loro azienda Fico essere buoni, si sono dedicati alla trasformazione del frutto creando una linea di confetture e pesto, declinandolo nella sua versione dolce e salata.
Gli estratti di questa preziosa pianta sono sfruttati al massimo in cosmetica nella linea viso-corpo di Etna Cosmesi, mentre alle pendici dell’Etna, Sicilio è il marchio che l’azienda Op La Deliziosa ha dedicato alla produzione di una bevanda biologica, con il 75% di polpa e succo di fico d’India Etna DOP.
A Roccapalumba, comune del palermitano che sorge ai piedi dell’imponente rocca, la coltivazione elavorazione del fico d’India rappresentano la principale risorsa economica. È nato anche il consorzio Più che…fico: ogni anno una sagra ne celebra le proprietà e gli usi nel mondo gastronomico.
Folgorati sulla via dell’Opuntia ficus, questo frutto ha ammaliato chef e pasticcieri, fornendo continuamente nuovi spunti per creazioni culinari e dolciarie. Tutto ha inizio dalla mostarda ai fichi d’India, celebre dessert dell’arte culinaria popolare siciliana, per arrivare sino ai giorni nostri, con nuove espressionie ricette come il gelo, l’insalata, il paté, spingendosi fino al panettone.
Giuseppe Zito, pasticciere di Mezzojuso, altro piccolo borgo suggestivo del palermitano, ha dedicato al fico d’India la sua ricetta Terre Sicane, rendendo omaggio a quello che per il pastry chef siciliano «è il frutto più iconico e rappresentativo della Sicilia».
In questa ricetta originale, Zito ha sfruttato al massimo tutte le tre varietà eparti di questo frutto, dalla buccia, usata per la dadolata caramellata,ai fiori essiccati per la coulis, fino ai cladodi (pale).
Chiude il crumble di cioccolato, che rappresenta simbolicamente la terra siciliana.
«Un frutto fragile, difficile da lavorare e trasformare. È una bella sfida, commenta Zito. Se non si bilancia bene il fico d’India con gli altri ingredienti, si rischia di perdere la sua identità».
Ricetta Terre Sicane
Coulis di pala di Fico d’India 1 pala di Fico d’India tenera di g 500 circa 5 fiori di anice stellata 1/2 stecca di cannella
Procedimento
Spazzolare per bene la pala e aver cura di togliere tutte le spine, togliere uno stato sottilissimo dalla superficie della pala, lessare la pala assieme ai fiori di anice stellata e alla mezza stecca di cannella per 15 minuti dal bollore, far raffreddare totalmente in acqua di cottura. Frullare la pala con l’aiuto di un cutter e successivamente passare in un colino a grana finissima per togliere tutte le fibre, passaggio indispensabile per una coulis vellutata.
Brunoise di fichi d’india 8 bucce di fico d’India 100 g di zucchero 30 g di succo di arancia 10 fiori di fico d’India essiccate
Procedimento
Lessare in acqua le bucce dei fichi d’India insieme aifiori essiccati di fico d’India per 5 minuti dal bollore, decorticare lebucce di fico d’India e mettere in frigo per una notte. Successivamente, asciugare per bene le bucce e tagliarle a dadini. In una padella, mettete lo zucchero e il succo di arancia e portare a bollore, inserire i fichi d’India e creare una semicanditura e riporre in frigo.
Quenelle di Fico d’India 600 g di fichi d’India sbucciati/ totale succo gr,300 500 di crema inglese 10 g di colla di pesce 280 g di cioccolato bianco 300 g di panna semilucida non zuccherata
Procedimento
Con l’aiuto di un estrattore estrarre il succo dai fichi d’India. Portare a 45 gradi la crema inglese e inserire il cioccolato bianco precedentemente sciolto; versare il succo di fichi d’India, la colla di pesce anch’essa precedentemente sciolta al microonde, la panna semilucida. Mescolare il tutto con l’aiuto di una spatola e riporre in frigo sino al suo raffreddamento. Successivamente, creare delle quenelle con l’aiuto di due cucchiai.
Procedimento per l’impiattamento In un piatto, creare una virgolacon la coulis di pala abbastanza panciuta, in modo da ricreare la forma di una pala di fico d’india. In un lato, porre la brunoise di fichi d’India e sopra adagiare le quenelle di fichi d’India. Chiudere in basso con una spolverata di crumble al cioccolato per ricreare un effetto che rimanda alla terra siciliana. Decorare con fiori eduli.