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Burger di funghi – Ricetta di Misya

Burger di funghi

Innanzitutto pulite i funghi e tagliateli a pezzi, quindi mondate la cipolla e tritatela.

Fate appassire la cipolla in una padella antiaderente con aglio e olio, quindi unite anche i funghi, condite con sale e pepe e portate a cottura (ci vorranno circa 10-15 minuti, a seconda della dimensione dei tocchetti di funghi).

Nel frattempo, scolate bene i ceci, metteteli in un mixer con il prezzemolo e un filo d’olio e frullate.

Una volta cotti, eliminate l’aglio e tritate grossolanamente i funghi.

Unite i ceci e i funghi in una ciotola e mescolate.
Se necessario aggiungete 1-2 cucchiai di pangrattato, abbastanza da rendere il composto malleabile, ma non troppo asciutto.

Formate i burger e passateli nel pangrattato.

Infine cuocete i burger a fiamma media con un filo d’olio in una padella antiaderente, facendoli dorare da entrambi i lati, basteranno circa 10 minuti dal primo lato e 5 dal secondo.

I vostri burger sono pronti per essere serviti al piatto, ma se volete metterli in un panino come ho fatto io predisponete gli altri ingredienti.
Lavate e mondate lattughino e pomodori, tagliate il panino e farcite, aggiungendo ovviamente anche i burger.

I burger di funghi sono pronti, a questo punto non vi resta che servirli.

Scroccafusi – Ricetta di Misya

Scroccafusi

Innanzitutto preparate l’impasto: unite in una ciotola farina, lievito, uova, olio, sale, zucchero, cannella e liquore e lavorate velocemente fino ad ottenere un panetto omogeneo, quindi coprite con un canovaccio pulito e lasciate riposare per 1 ora.

Tagliate il panetto a listarelle spesse 2-3 cm e ricavatene dei tocchetti lunghi 4-5 cm.

Portate a ebollizione dell’acqua in una pentola ampia, calate i pezzetti di impasto e scolateli appena tornano a galla (circa 5-7 minuti), lasciandoli asciugare su di un telo pulito per 30 minuti.

Con la lama di un coltello effettuate un taglio al centro degli scroccafusi, quindi friggeteli in olio già caldo, girandoli per farli dorare uniformemente.

Scolateli su carta da cucina, poi impiattateli e lasciateci colare su un po’ di alchermes.

Gli scroccafusi sono pronti, non vi resta che decorarli con zucchero a velo prima di gustarveli.

Renon: dove mangiare e bere vista Dolomiti

La Cucina Italiana

Arriva a Bolzano, dirigiti alla funivia del Renon. Un dondolio tenue darà leggerezza al tuo salire veloce. Valli, prati, castelli, sentieri lontani e… le Dolomiti. Arrivato, avrai alla tua destra il Park Hotel Holzner 1908. Con la sua elegante architettura liberty, come nell’aria di quella operetta*, «tra i monti azzurri ed il ciel, è dolce asilo che invita a farci godere la vita». Accadrà cenando al 1908 Restaurant. Stephan Zippl, lo chef, ti condurrà in un «mercato» di sapori. Il piatto che svela uno dei segreti di questa impareggiabile cucina è il «100% Aspinger» e capirai presto perché.

Di fronte al ristorante, la stazione del treno del Renon, realizzata nel 1907. Il piccolo treno rosso attraversa boschi di abeti e pascoli. Fermandosi a richiesta, collega villaggi e fattorie arrivando puntuale alla stazione di Collalbo. Un consiglio: il caffè Lintner a pochi metri dallo storico hotel Bemelmans Post. Ti suggerisco un bicchiere di latte con una fetta delle loro torte: quella di ricotta, la Sacher, la torta di grano saraceno con marmellata di ribes rosso, la Linzer con il lekvar* di lamponi, il loro confortevole strudel. Da Collalbo, la SP73 ti porterà a Barbiano. Chiedi del maso Aspinger. Harald Gasser e la sua famiglia vivono in questo podere che fu del padre, del nonno, comperato dal bisnonno. Erbe e piante ovunque: nei vasi grandi e piccoli del garage, negli orti lungo la collina, nelle cassette di legno accanto al fienile, sotto le finestre del soggiorno, lungo la strada che sale al paese. Osserva: nel maso Aspinger, le piante, gli ortaggi, le erbe, sono coltivate e vivono come in un’unica, grande, composita, «dinamica» comunità che sembra in costante movimento. Presta attenzione se Harald parlerà del diritto di migrare delle piante. Comprenderai quante cose restano ancora da svelare, capire. Petra, la moglie, è maestra d’ospitalità. Sa convincere un’amica della suocera a cucinare per te la «zuppa di trippe» come nessuno più fa: farina bruciata, aglio, burro (se c’è), alloro e un po’ di aceto di vino prima di servirla calda. La sua insalata, servita nella terrina smaltata, è un giardino che va raccontato, stagione per stagione. Harald e il padre Gebhard panificano il loro pane con farina di grano duro, segale, cumino selvatico, anice e un po’ di «trifoglio del pane»; qui lo chiamano anche «erba zingara». Sentirai friggere nella padella le polpette servite poi con un purè fatto con la varietà di patate Sieglinde, la migliore. Sappi che la polpetta è di sola carne di zebù nano: niente farina, niente pangrattato, niente uova, niente di niente. Croccanti, succose, saporite. Harald ha scelto di allevare lo zebù nano srilankese perché è razza rustica, sana, mansueta. Bevi con attenzione il loro vino rosso servito nel coccio grigio. Il sapore è pieno, soddisfacente e consolatorio. La vigna la impiantò il bisnonno, il vitigno è antico, in giro se ne è persa la memoria. Sarà una giornata perfetta se Petra avrà preparato anche la torta di papavero, servita con la panna della latteria di Lagundo montata a mano. Farina di nocciole, burro, uova, zucchero, le piccole mele Gravensteiner e farina di semi di papavero. Le piante sono coltivate vicino alla stalla, solo due metri quadrati di coltura, come vuole la legge. I sapori indimenticabili che l’ospitalità di Petra e dei figli Aron e Noah offrono sono saperi se li saprai cogliere. «L’ascolto» e l’attenzione che Harald dedica alle sue essenze vegetali ridonano al verbo coltivare il senso, l’intenzione del gesto primigenio: colere = coltivare, incolere = abitare, coltura = cultura. Mettiti in viaggio…

*Al Cavallino Bianco, operetta in tre atti di Ralph Benatzky, su libretto di Hans Müller-Einigen e Erik Charell e testi di Robert Gilbert rappresentata la prima volta l’8 novembre 1930, Großes Schauspielhaus.
*Una confettura densa o burro di frutta di origine ungherese.

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