Tag: ricette di cucina dolci

Susafa, il buono della Sicilia a casa tua

Susafa, il buono della Sicilia a casa tua

Direttamente dalla campagna siciliana una selezione di prodotti sani e sostenibili: pasta, farina, confettura, passata di pomodoro e olio extravergine. Per mangiare bene e diventare un vero modern farmer

A quasi un anno dallo scoppio dell’emergenza sanitaria è tempo di bilanci e riflessioni sullo stile di vita quotidiano. In questi ultimi mesi, trascorsi tra lockdown e distanziamento sociale, abbiamo preso maggiore consapevolezza sull’importanza di una alimentazione corretta e rispettosa dell’ambiente, del ciclo delle stagioni, degli animali e delle persone. Pertanto, meglio iniziare subito l’anno con i buoni propositi da mettere in atto, agevolati dall’abitudine ormai consolidata delle consegne a domicilio. Ecco una proposta, per mangiare bene, che arriva dalla Sicilia.

Diventare un modern farmer

Tra le colline del comprensorio madonita, nell’entroterra palermitano, esiste una virtuosa realtà contadina impegnata nella difesa dell’identità culturale di questo angolo incontaminato di campagna. Difficile definire con un’unica parola cosa sia Susafa: secondo la più autorevole stampa americana è un country boutique hotel (pluripremiato da Condé Nast per l’eccellente servizio di ospitalità) che nel 2020 ha dato avvio a un progetto di adozioni – un albero o un appezzamento di terreno – per ricevere direttamente a casa una selezione di prodotti della filiera corta, senza passaggi intermedi: «Si tratta di un’iniziativa di sostenibilità ambientale basata sul consumo alimentare che mira a creare una rete di modern farmer, ovvero consumatori virtuosi», afferma il patron Manfredi Rizzuto. «Vogliamo portare l’utente a cogliere il valore della natura e della terra, e vivere un’agricoltura sostenibile naturalmente inserita all’interno del ciclo delle stagioni».

Adottare un albero o un campo di grano

Aderire all’iniziativa è facilissimo, basta collegarsi all’apposita sezione dell’e-shop di Susafa per creare la propria dispensa: si può adottare una pianta (ulivo, ciliegio, pomodoro) oppure una porzione del vasto campo di grano che circonda la masseria. Ciascuna adozione ha un valore di €90 (più le spese di trasporto) e in base alla scelta arriveranno a domicilio barattoli con la buonissima confettura di ciliegia, lattine di olio extravergine d’oliva biologico, la salsa di pomodoro preparata come una volta, ben sei tipi di farine e la pasta in quattro diversi formati. «Tanti i motivi per cui conviene entrare a far parte della nostra filiera», spiega Manfredi Rizzuto. «Fra questi la garanzia di mangiare sano, il sostenere un modello di agricoltura non invasiva, conoscere i prodotti di stagione e mantenere viva l’antica cultura contadina».

Ospitalità secondo natura

Chi diventa modern farmer, oltre a ricevere a casa i prodotti di Susafa (spedizioni in tutta Italia), avrà a disposizione anche tutta una serie di vantaggi, come la possibilità di poter osservare da una webcam la crescita del proprio “cibo”, seguire i corsi di cucina online con le signore della brigata di cucina, scoprire quali piatti di stagione preparare grazie al ricettario del mese e, infine, avrà tutta una serie di sconti dedicati per gli acquisti online e i soggiorni nella tenuta. Per comprendere in pieno l’unicità di questo progetto, infatti, è fortemente consigliato un viaggio nel magico mondo di Susafa, testimonianza di una Sicilia inaspettata e al tempo stesso sorprendente, fuori dai soliti cliché delle spiagge affollate dal turismo di massa. Il merito è di Manfredi Rizzuto, giovane imprenditore che dopo anni trascorsi all’estero, tra Belgio e Canada, decide di far ritorno nella terra natia per restarci e valorizzare la centenaria azienda agricola di famiglia, all’insegna del motto: «Ospitalità secondo natura».

Ricerche frequenti:

Madeleine per la merenda d’inverno: come prepararle

Madeleine per la merenda d'inverno: come prepararle

Una ricetta francese per scaldare i pomeriggi più freddi. Semplici, ma deliziose: preparatele così!

In inverno c’è spesso bisogno di una extra dose di coccole. E quando si parla di coccole, ognuno ha le sue del cuore. Una pausa, del tempo libero, per gli amici, l’amore, la famiglia. Un sabato in pigiama davanti a una serie TV, un massaggio in SPA dopo averlo sognato tutto l’anno, qualcosa di buono da mangiare che esca dalla routine. Per alcuni sono coccole salate e golose, per altri dolci e avvolgenti. A volte è il conforto di una tazza di latte bollente con miele e cannella, altre la semplicità di un quadratino di cioccolato fondente prima di dormire. Spesso, basta accendere il forno e lasciare che la cucina venga invasa dalla magia del profumo di madeleines alla cannella, la merenda perfetta per l’inverno.

Quando preparare le madeleine?

L’ideale è preparare le madeleine in mattinata: l’impasto infatti deve riposare almeno due ore in frigorifero prima di poter passare alla cottura in forno. Una tazza di caffè per riscaldarvi, pochi ingredienti semplici, e siete pronti a partire.

La ricetta delle madeleine

Ingredienti

2 uova
150 g di zucchero
150 g di farina 00
1 cucchiaino di lievito per dolci
2 cucchiai di latte o latte vegetale
125 g di burro
scorza di limone
cannella q.b.

Procedimento

Sbattete le uova con lo zucchero, fino a ottenere un composto spumoso a cui aggiungere la farina 00 setacciata, il lievito, il latte (se preferite anche vegetale), e il burro ammorbidito. Aggiungete a piacere cannella e scorza di arancia grattugiata, mescolate e siete pronti per trasferire il vostro impasto in frigorifero. Dopo due ore circa, mettetene un cucchiaio per volta nell’apposito stampo ad alveoli, infornate a 220° per i primi 4 minuti e proseguite per altri 6 minuti a 180°, tenendo sempre sotto controllo le vostre madeleines. Non riuscite più a resistere al profumo che si sprigiona dal forno? È il momento di sfornare le madeleine e apparecchiare la tavola per la vostra merenda d’inverno.

Le alternative alla cannella

Se non amate la cannella, o preferite alti sapori, potete sostituirla con la vaniglia o la noce moscata oppure lasciare che gli agrumi (invece che la scorza d’arancia potete utilizzare anche quella di limone) facciano il loro lavoro aromatico da soli, senza aggiungere altre spezie.

da venerdì 15 gennaio i ristoratori si ribellano (forse)

da venerdì 15 gennaio i ristoratori si ribellano (forse)

I numeri parlavano di 60 mila adesioni, la realtà ne conta molti meno. Le associazioni di categoria si dissociano, ma la protesta parla di un settore in difficoltà che ha bisogno di sostegno. Anche il nostro

«Sveglia! Il 15 gennaio l’Italia riapre, senza paura». La nuova protesta dei ristoratori prevista da venerdì 15 gennaio era partita con intenzioni “bellicose” di disobbedienza civile: aprire i propri locali violando le chiusure imposte dall’ultimo DPCM. Al grido dell’hashtag #ioapro diversi ristoranti avevano proclamato di voler aderire. O così pare, perché i numeri non tornano e la protesta “dal basso” finisce per rivelarsi una boutade politica. Ma con un messaggio chiaro.

I numeri (che non tornano)

I numeri autoproclamati su social network e stampa parlavano di 60mila adesioni. Sul sito web, Ioapro.org, le attività registrate all’iniziativa risultano per ora solo 21 e sulla pagina Facebook arrivano quasi a 19mila like. L’hashtag su Instagram è stato utilizzato poco più di 1000 volte e scorrendo fra i post alla ricerca di qualche nome noto si trova solo un video di Vittorio Sgarbi (che insulta il Governo e dichiara di aprire il comune di Sutri di cui è sindaco) e post neanche troppo velatamente riconducibili alla Lega di Salvini, che ha subito sostenuto l’iniziativa proposta da alcuni ristoratori.

La diretta con Salvini che ha innescato la protesta

Tutto è partito qualche giorno fa da Maurizio Stara, proprietario di un pub a Cagliari. «Non spengo più la mia insegna, io apro», aveva scritto su Facebook. Ma l’interesse nazionale lo si deve a Umberto Carriera, «imprenditore, chef e scrittore», come si definisce su Linkedin, con sei ristoranti a Pesaro. È lui ad aver rilanciato la protesta in diretta social proprio con Matteo Salvini, per finire poi intervistato da quotidiani e televisioni, dalla D’Urso e a Porta a Porta.

«Saranno coinvolte 48 città italiane: sono i cittadini a chiederci di riaprire perché vogliono sostenerci. Abbiamo messo in campo una task force di oltre 30 avvocati», aveva dichiarato Carriera. Ma nessuna idea negazionista. Sui social network si trova infatti un “DPCM Autonomo”, ossia un Decalogo Pratico Commercianti Motivati e che prevede il rispetto delle norme di sanificazione e mascherina, la chiusura alle 21.45 e l’uso di metà dei tavoli.

Le associazioni di categoria si dissociano

Le associazioni di categoria hanno risposto dissociandosi senza se e senza ma dall’iniziativa. «Condividiamo la frustrazione e il senso di spaesamento di tanti esercenti, che possono indurre a gesti radicali. Ma proprio per supportarli efficacemente, come rappresentanza del settore più grande e diffusa dell’intero Paese, esercitiamo il nostro ruolo e la nostra responsabilità. Il nostro ruolo è quello di difendere la categoria e di rappresentarne gli interessi reali, valorizzandoli per la loro capacità di contribuire al bene e al futuro del Paese», scrive la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi. «Se in seguito ad aperture forzose si dovesse casualmente registrare un nuovo picco nei contagi, l’intera categoria sarebbe ulteriormente danneggiata anche da questo punto di vista. Gli italiani hanno sempre manifestato grande attaccamento e vicinanza ai loro Pubblici Esercizi, ma sarebbe difficile solidarizzare con atti così distanti dal comportamento condiviso. Il rischio è quello di intraprendere azioni senza storia e senza futuro, che penalizzano tutti». Gli fa eco Alfredo Zini, ristoratore e presidente del Club Imprese Storiche di Confcommercio a “Il Fatto Quotidiano”. «La protesta sta dividendo la categoria dei ristoratori e questo non va assolutamente bene. Le proteste vanno fatte rispettando le regole. Su Milano oltre 3mila saranno i pubblici esercizi che alzeranno le serrande e accenderanno le luci, mentre al momento non sono più di una ventina quelli che faranno entrare i clienti, a loro rischio e pericolo», ha spiegato. «Da parte delle associazioni di categoria c’è l’invito alla massima responsabilità perché ci si può fare sentire anche in silenzio. I ristoratori non sono untori e abbiamo sempre rispettato tutti i protocolli».

Aiutiamo il settore, a casa nostra

Da Brescia a Rovigo le prefetture promettono controlli e sanzioni a tappeto. Sui social si leggono dichiarazioni di chef e ristoratori che si uniscono al coro delle lamentele per le chiusure e i mancati ristori, ma ammettono pubblicamente di non voler riaprire nell’illegalità, per il rispetto delle regole e per paura delle ripercussioni. Amministrative e di immagine: se tanti clienti sono vicini ai ristoratori come agli altri imprenditori in difficoltà, molti di più non apprezzerebbero un gesto che rischia di mettere in pericolo la salute pubblica.
I ristoranti sono aperti, per delivery e asporto, e in questa fase li si può aiutare così. A casa nostra.

Proudly powered by WordPress