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» Frittelle di ananas – Ricetta Frittelle di ananas di Misya

Misya.info

Ciao Misya!! Interessanti queste frittelle!! Magari le provo!! Ti chiedo di nuovo perfavore dove hai trovato ( su quale sito) il testo in ghisa per fare la pizza perché é da molto che lo cerco ma lo trovo o in pietra o in alluminio antiaderente!! Lo vorrei come il tuo in ghisa dato che ormai faccio solo la tua pizza come in pizzeria!! Fantastica!! Ti prego se puoi aiutami!! Grazie!! Ciaoooo!!

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Il caffè del nonno, ovvero la crema fredda al caffè

Il caffè del nonno, ovvero la crema fredda al caffè

Il caffè d’estate si fa freddo. Anzi no: si fa dessert! Ecco la ricetta, e le diverse varianti, per fare in casa il caffè del nonno

Estate e spossatezza vanno a braccetto. E così, oltre a prendere integratori di vario genere, spesso si bevono più tazzine di caffè. Ma il caffè è bollente e quindi, non di rado, si scelgono alternative fredde. Ce ne sono tante. La più semplice è il caffè freddo. E poi c’è questa: la crema fredda al caffè conosciuta anche come caffè del nonno.

Così capita che, nella stagione calda, lo si prende spesso al bar al posto del solito caffè. Ma la crema fredda al caffè è facile da preparare anche in casa. Se si hanno amici a cena, servirla a fine pasto susciterà stupore e gioia. Sì, perché il caffè del nonno è qualcosa di più di un semplice caffè freddo. È un dessert.

Caffe del nonno @Instagram (https://www.instagram.com/p/BVRG-a9FTBJ/).
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La ricetta del caffè del nonno

Difficoltà: facile
Tempo di preparazione: 20 minuti più 1 ora di riposo in freezer

Ingredienti per 6 persone

70 ml di caffè
4 cucchiaini di zucchero
300 ml di panna per dolci

Procedimento

Preparare il caffè con la moka o con la macchinetta a cialde. Versarlo in una ciotola e lasciarlo raffreddare (si può mettere in frigorifero per accelerare i tempi). Intanto, in un’altra ciotola, montare la panna dopo aver aggiunto lo zucchero. Quando la panna inizierà a raggiungere la consistenza desiderata versare a filo tutto il caffè continuando a montare ancora per un po’, fino a ottenere una crema liscia e densa. Mettere il composto in freezer per 1 ora. Trascorso questo tempo, prendere la crema al caffè e con una spatola mescolare bene, ma con delicatezza, soprattutto lungo i bordi. Infine prendere 6 bicchierini e con un cucchiaio riempirli di caffè del nonno e servire a tavola, in base alla consistenza, con una cannuccia o un cucchiaino.

Varianti

Si può arricchire la crema aggiungendo altri ingredienti, come per esempio la Nutella o un liquore al caffè. E poi c’è la variante per bambini.

Variante Nutella
Una volta versato il caffè nella ciotola per farlo raffreddare, aggiungere 2 cucchiaini di Nutella e mescolare finché non si sarà sciolta. Poi lasciare raffreddare. Per il resto procedere come descritto sopra.

Variante con liquore al caffè
Si può aggiungere al caffè da mettere a raffreddare in frigorifero 2 cucchiai di liquore al caffè oppure, se si preferisce, di crema al whisky. Per il resto seguire la ricetta.

Variante per bambini (e non solo)
Si è detto che il caffè del nonno è (anche) un dessert, giusto? E allora, come ogni dolce (buono) che si rispetti, non potrà che piacere anche ai bambini. Quindi, fermi restando tutti i passaggi della ricetta base (magari nella variante con Nutella), per farne un golosità per i più piccoli (o per coloro che hanno problemi con la caffeina) basterà utilizzare il caffè decaffeinato. E il gioco è fatto.

Come presentare a tavola il caffè del nonno

È cosa nota che, prima ancora del gusto, è con l’olfatto e la vista che si “assapora” un cibo. E quindi va da sé che presentare bene un piatto è molto importante. Ecco allora qualche suggerimento.
Una volta riempiti i bicchierini di caffè del nonno, decorare con un chicco di caffè la sommità della crema, oppure con un poco di panna montata o un biscottino. Se si preferisce, si può passare una spolverata di cacao amaro. Molto golosa e di grande effetto visivo anche l’idea di stendere un po’ di Nutella sui bordi dei bicchierini. Insomma: basta un pizzico di fantasia per stupire i commensali.

Conservazione

Di solito non ne avanza mai perché gli ospiti chiedono il bis o il tris o.
Esageratamente buona e irresistibile, questa crema fredda al caffè viene spazzolata in men che non si dica! Ma qualora dovesse accadere che ne resti un po’, il consiglio è quello di mettere il caffè del nonno nel congelatore. Oppure in frigorifero, ma in questo caso deve essere consumato al massimo entro 4 giorni.

Caffe del nonno @Instagram (https://www.instagram.com/p/49jGityiGt/).
Caffe del nonno @Instagram (https://www.instagram.com/p/49jGityiGt/).

Il cono gelato da 70 euro si mangia a Ruvo di Puglia

Il cono gelato da 70 euro si mangia a Ruvo di Puglia

Per chi viaggia alla ricerca dei luxury food (dall’inizio di giugno si potrà tornare a farlo), la gelateria Mokambo è una tappa irrinunciabile. Qui si può gustare lo Scettro del Re, un cono da 70 euro fatto solo con gelato di zafferano iraniano

Sentirsi reali a tavola è possibile. Ce lo ha insegnato Gualtiero Marchesi con il suo Riso, oro e zafferano. Ma una foglia d’oro da sola, senza materie prime eccezionali, è niente. Lo sanno bene Franco, Giuliana e Vincenzo Paparella che nella loro gelateria Mokambo, a Ruvo di Puglia, in provincia di Bari, hanno creato lo Scettro del Re, un cono da 70 euro fatto con gelato allo zafferano, panna e oro alimentare. E non è quest’ultimo, l’ingrediente più costoso.

Gelateria Mokambo: dai Borbone alla quarta generazione dei Paparella

La storia di Gelateria Mokambo inizia nel 1910, quando Luigi Marseglia, garzone prima, poi capo di pasticceria del Caffè Gambrinus di Napoli, si trasferisce a Ruvo di Puglia, per seguire la sua sposa pugliese. «È lui è il pazzo che ci ha infettati di questa malattia», racconta Franco Paparella». Qui apre il suo Caffè Gambrinus, uno dei bar simbolo del secolo scorso in città, e prende sotto la sua ala Vincenzo Paparella senior. Proprio lui, l’8 novembre 1967, in corso Carafa 56, apre il Bar Mokambo, dove vivono le ricette dell’arte bianca di Marseglia. Nel locale lavorano Franco e Antonio, i due figli di Vincenzo. Alla sua morte, i fratelli si dividono: Antonio resta nel Bar Mokambo e Franco intraprende un’avventura nel mondo della ristorazione. Negli anni Novanta il bar chiude, ma la nostalgia condivisa per quel gelato eccezionale non si placa. Galeotto fu Facebook. Una utente pubblica un post in cui ricorda quel locale e le sue delizie. Il messaggio cade sotto gli occhi dei fratelli Giuliana e Vincenzo Paparella, figli di Antonio, che iniziarono a fantasticare sul riaprire la gelateria di famiglia. Ma la chiave di tutto era convincere zio Franco, appassionato di donne e motori, ma soprattutto abile maestro gelatiere, a rimettersi in pista. Ce la fanno e riaprono alla fine dell’estate 2016, «una scelta imprenditoriale vincente!», scherza Giuliana. Vincenzo si occupa del marketing, sua sorella “ruba” il mestiere al maestro di lungo corso e si occupa del servizio e della produzione, mentre ancora oggi zio Franco – come lo chiama chiunque entri nel mondo Mokambo – si sottrae ai fotografi e non ama la ribalta. Ma fa un gelato che marchia a fuoco le papille gustative.

Otto gelati e ingredienti “d’Altri Tempi”

Nei pozzetti ci sono otto gusti (elencati da Giuliana rigorosamente in ordine cromatico): Crema del Re 1840 (la ricetta del 1840 tramandata da Luigi Marseglia e premiata dal Re Ferdinando II di Borbone), Torrone croccante di mandorle (con frutti locali, «Ruvo è da sempre un territorio vocato per la coltivazione delle mandorle», spiega Giuliana), Pistacchio di Bronte DOP, Nocciola delle Langhe IGP, Gianduia IGP, Cioccolato Puro (ottenuto da venti fave di cacao differenti, selezionate in giro per il mondo; viene proposto il gusto monorigine o creato con un blend di fave), Tartufo (cioè la variante speziata del cioccolato). Alcuni gusti ruotano durante l’anno: c’è il Caffè superior, la Granita di Limoni di Sorrento IGP (disponibile da maggio a settembre), il Gelato di Gelsi rossi, quello alla Mela cotogna, e il Nonna Lena, fatto con fichi secchi, scaglie di mandorle e pepite di cioccolato puro 100 per cento). Ogni cono viene guarnito con panna («rigorosamente fresca, di origine animale»), granella di mandorle, granella di Pistacchio di Bronte DOP, di Meringhe home made e di Fave di cacao in abbinamento a quelle usate per il gusto al cioccolato disponibile nel pozzetto in quel momento.

Dalle Ricette di Marsiglia al Libro di Ciocca passando allo Zafferano Iraniano

Nei primi anni del secolo lo stesso Luigi Marsiglia collaborò con l’invio di alcune delle sue ricette alla stesura del volume Il Pasticciere e Confettiere Moderno, scritto da Giovanni Ciocca, probabilmente uno dei più famosi pasticceri del XX secolo. Alcune di queste ricette, prevedevano l’utilizzo di ingredienti esclusivi come lo zafferano, appunto, in quel periodo comune solo nelle cucine delle più importanti famiglie. La diffusione di questo ingrediente “al grande pubblico” risale a partire dal 1860 grazie all’introduzione a opera del cavalier Giuseppe Alberti del liquore Strega. È infatti questa spezia che conferisce il caratteristico colore gallino al liquore di Benevento.

Scettro del Re.
Scettro del Re.

Perché questo è il miglior zafferano

Lo zafferano viene valutato in base a 3 parametri: il potere colorante, dato dalla crocina, quello odoroso, dato dal safranale, e quello amaricante, dato dalla picrocrocina. I valori in termini comparativi dello zafferano coltivato in Italia e quello utilizzato presso la gelateria Mokambo parlano chiaro. Lo zafferano iraniano scelto dal team Paparella contiene 233 nm di crocina, quindi ha un colore più intenso, rispetto a quello noto come 1 cat. in ISO3632, che ne ha 190 nm. La quantità di safranel nello zafferano di 1 cat. in ISO3632 è di 70 nm; quello iraniano utilizzato da Mokambo arriva a 100 nm. Quindi ha un profumo più intenso. La picrocrocina dello zafferano di 1 cat. in ISO3632 si attesta tra i 20 e i 50 nm, mentre quello iraniano arriva a 35 nm. «La principale differenza tra lo zafferano made in Italy e quello che usiamo noi è la nota amara, molto marcata, quel sapore metallico della spezia», spiega Giuliana Paparella. «Il primo assaggio del nostro gelato allo zafferano è sì leggermente metallico, ma poi inizia subito a liberare note agrumate e floreali. Se lo zafferano italiano costa un terzo rispetto a quello iraniano un motivo c’è». Il prezzo della spezia italiana si attesta attorno ai 20 euro al grammo, contro i 60-70 euro di quello proveniente dall’Iran.

Un’amicizia preziosa

L’arrivo dell’attuale zafferano iraniano tra le mani di zio Franco e Giuliana è merito di Giuseppe Ladisa e Yuki D’Innocenzo, due avventurieri glocal di Bari, che nel proprio tempo libero vanno a caccia di chicche gastronomiche e no. Durante una domenica in giro tra i colli murgiani, Yuki scova la gelateria Mokambo su TripAdvisor. «All’epoca aveva solo 15 recensioni», ricorda la ragazza di origini italo-giapponesi. «Le ho lette tutte, attentamente, e ho detto a Giuseppe “Perché non facciamo un salto a Ruvo?”». Combattendo lo scetticismo, i due si dirigono verso la cittadina del nordbarese e si innamorano del gelato, della simpatia dei Paparella bros e della sagacia di zio Franco. Tornano molte altre volte. Durante uno dei loro assaggi, raccontano di essere in procinto di partire verso l’Iran. Giuliana non si fa sfuggire l’occasione e chiede a questi due clienti ormai amici di portarle un po’ di zafferano “vero”. Durante il viaggio Yuki e Giuseppe si informano sulla zona di produzione e si tengono in contatto con la gelateria. Scovato il prodotto giusto («perché in Iran il livello di contraffazione è altissimo», spiega Yuki), lo acquistano e lo consegnano ai gelatieri, che ne ricavano un gusto davvero unico. «In Iran fanno il gelato allo zafferano con pezzi di pistacchio o con l’acqua di rose. Ma ci mettono un sacco di gomma di guar, che lo rende tipo una chewing gum», spiega Giuliana, che ha fatto molto di meglio.

Gli ingredienti

Per fare lo Scettro del Re servono latte appena munto (proveniente dalla zona di Altamura, più precisamente dall’Azienda Agricola Santa Maria dell’Assunta, nel Parco nazionale dell’Alta Murgia), uova, zucchero e, naturalmente, lo zafferano. Per assaggiarlo, bisogna prenotare il gusto con tre giorni di anticipo, necessari per organizzare la lavorazione. La sola infusione dello zafferano si aggira attorno alle quattro ore. «Usiamo la parte alta, più nobile del pistillo più alto (ogni croco ne ha tre, ndr.), il sargol», spiega Giuliana. Inoltre, lo zafferano deve essere utilizzato a una temperatura non troppo alta. Dopo una mantecazione di 15 minuti nella storica Carpigiani SED L20c del 1972, il gelato allo zafferano è pronto per essere montato sul cono. Dopo aver farcito il fondo della cialda con panna e tre Pistacchi di Bronte DOP, si aggiunge il gelato e un velo di panna fresca. Non sarebbe un vero scettro regale senza un po’ di metallo prezioso: infatti, chiude la composizione un foglio di oro alimentare e qualche scaglia di zucchero caramellato. Lo Scettro del Re costa 70 euro a cono. Lo si può acquistare solo su ordinazione e per un minimo di due coni. Un’intera vaschetta da mezzo chilo costa tra i 450 e i 500 euro. Come per tutti gli altri gusti, si può ricevere anche a domicilio. L’assaggio è elegante, vellutato. Al contatto con il palato, i sentori agrumati liberano l’immaginazione: siamo nelle Mille e una notte e l’Oriente si può quasi toccare, anche da un paesino della Puglia.

Testo Stefania Leo

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