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Cioccolata calda senza latte: è buonissima

La Cucina Italiana

Ebbene sì, la cioccolata calda senza latte è possibile. Del resto, la cucina è democratica e si trova sempre una soluzione per tutti i gusti e tutte le esigenze. Certo, potreste semplicemente essere rimasti senza latte in casa, oppure essere intolleranti al lattosio o con specifiche necessità dietetiche. Perché rimanere a becco asciutto quando si può fare in casa una buonissima cioccolata calda senza latte?

Cioccolata calda light

La cioccolata calda in polvere si prepara in genere con il latte caldo, ma può capitare di avere una voglia improvvisa a tarda sera e non trovare latte in frigorifero. Che si fa, si rinuncia? Giammai. Sostituendo il latte con acqua calda il risultato sarà più o meno lo stesso, solo più leggero e meno dolce. Il segreto è aggiungere l’acqua a filo nel pentolino dove si scalda la polvere di cacao mescolata con pochissima acqua. La polvere va ovviamente setacciata prima per eliminare i grumi ed è importante mescolare con una piccola frusta a mano piuttosto che con un cucchiaio. La quantità di acqua dipende molto dalla cottura, perciò versatene poca alla volta fino a raggiungere la consistenza desiderata.

Cioccolato e acqua

Se non avete nemmeno il mix di cacao e zucchero per preparare la cioccolata calda utilizzate semplicemente del cioccolato, anzi scoprirete che il risultato sarà ancora più goloso. Le cose da tenere a mente sono due: non si tratta di una ricetta light perché la quantità di cioccolato da utilizzare è importante e il cioccolato deve essere di ottima qualità perché è l’ingrediente principale, per non dire unico. In pratica, basta scioglierlo a bagnomaria e aggiungere pochissima acqua, dato che come abbiamo detto il latte manca. Se state pensando che è praticamente cioccolato fuso, avete capito bene. Il migliore cioccolato caldo si fa così: tanta cioccolata, pochi liquidi.

Alternative vegetali al latte

Se non avete latte vaccino e non volete utilizzare l’acqua, ma in dispensa avete per caso una confezione di latte vegetale utilizzatelo. Ma c’è una considerazione da fare: se non utilizzate latte vaccino per motivi di intolleranze fate attenzione alle polveri di cacao in commercio perchè molto spesso contengono tracce di lattosio. Se volete utilizzare il latte vaccino sceglietene uno che sia leggermente dolce e abbastanza corposo come quello di mandorla o cocco che tra l’altro hanno gusti che si sposano molto bene con il cioccolato.

E la panna?

Se non avete la panna fresca da montare, ma per caso avete del latte di cocco in barattolo utilizzate questa alternativa vegetale. Il problema è però che bisogna lavorare d’anticipo perché il latte di cocco andrebbe conservato in frigorifero per una notte prima di essere montato come panna. Panna di cocco e cioccolata calda fondente senza latte sono la fine del mondo insieme!

Mix per cioccolata calda fatta in casa

Sapete che potete preparare un mix per la cioccolata calda anche in casa? Procuratevi 35 g di cacao amaro, 25 g di zucchero semolato, 50 g di zucchero di canna, 45 g di fecola di patate e 70 g di gocce di cioccolato. Basta mescolare gli ingredienti in un barattolo e tutte le volte che avete voglia di cioccolata calda prelevatene due cucchiai e sciogliete tutto in un pentolino con circa 150 ml di acqua o latte.

Torta Ciobar

Vi lasciamo con una ricetta curiosa e molto facile da preparare, a base di mix per cioccolata calda e senza latte. La Torta Ciobar è un’idea per la colazione e la merenda di tutta la famiglia. Noi abbiamo pensato di arricchirla con le gocce di cioccolato fondente, ma voi potete utilizzare anche il cioccolato bianco oppure potete farcire la torta con crema spalmabile alla nocciola o confettura e con lo stesso impasto potete realizzare dei muffin.

Ingredienti

  • 280 g farina 00
  • 25 g Ciobar
  • 200 g Zucchero
  • 320 ml acqua
  • 80 g olio di semi
  • 1 bustina lievito
  • Gocce di cioccolato

Procedimento

  1. Per preparare questa torta mettete subito in freezer delle gocce di cioccolato così durante la cottura non affonderanno.
  2. Poi mescolate tutti gli ingredienti secchi e aggiungete poi quelli liquidi.
  3. Utilizzate una frusta a mano per eliminare eventuali grumi.
  4. Unite alla fine le gocce di cioccolato e versate tutto in uno stampo da torta o da plumcake imburrato e infarinato o rivestito con carta forno.
  5. Cuocete in forno ventilato a 180° per 35 minuti circa.

Chef Alberto Basso è il nuovo Presidente JRE-Italia

La Cucina Italiana

«Fin da quando lavoravo al ristorante La Peca, un associato JRE storico, ho sempre guardato con profonda ammirazione a JRE-Italia. Così, il giorno in cui è arrivata la chiamata da parte del direttivo di allora, e ho fatto il mio ingresso in Associazione, per me è stato un sogno che si realizzava, una attestazione di valore e stima, nonché la possibilità di confrontarmi con tanti colleghi in Italia e all’estero. E oggi, che qualche anno è passato, esserne diventato presidente rappresenta un vero onore, un compito che porterò avanti con grande orgoglio e impegno, insieme al board, per continuare quello che è stato fatto fino ad ora e svilupparlo ulteriormente. Perché considero JRE-Italia come una famiglia e, in quanto tale, fulcro di rapporti e dialogo con colleghi diventati anche amici, di scambio reciproco e crescita basati su valori e ideali comuni».

Guida Michelin Italia 2024: promossi, bocciati e (finte) sorprese

La Cucina Italiana

Ed eccola la Guida Michelin Italia 2024. Ma va detto, così come siamo un popolo di commissari tecnici (a meno di non odiare il calcio), allo stesso modo crediamo di essere (in questo caso parliamo di nicchia) gli ispettori della Michelin. Magari allenandoci con le recensioni di Tripadvisor. Comunque sia, non possiamo fare né le formazioni della Nazionale, né decidere sulle Stelle: per la cronaca, visto che ormai nella Serie A calcistica i giocatori italiani sono il 35% sul totale, appare ben più difficile il lavoro di Sergio Lovrinovich – direttore della Guida Michelin Italia – che quello del buon Luciano Spalletti, selezionatore degli Azzurri. Di ristoranti che vogliono entrare o tornare nel “salotto buono” della cucina ce ne sono decine e decine: nove volte su dieci restano al palo. La premessa, per ribadire che noi per primi ci divertiamo un sacco a fare pronostici sulla Rossa e, come tutti (addetti ai lavori e gourmet), ne azzecchiamo una parte, quando va bene.

Le Stelle

Lo hanno scritto mille volte, ma è giusto ripeterlo. Il fascino (non occulto) della Michelin è non seguire le mode, ma premiare la costanza. A parte che non sempre la Rossa fa seguire il dogma alla pratica, andiamo in controtendenza: talvolta è un errore perché ci sono decine di vecchi stellati fuori dal tempo non per gli arredi bensì per una cucina stanca e non di rado mal eseguita. Non è questione di creatività, né di restare fedeli al copione: si chiama restare sul pezzo, merita rispetto, ma non ha senso metterlo sullo stesso piano di chi spingendo continuamente viene fermato al confine. Vedere dei campioni della nostra cucina (i soliti, scusateci, ma è così: Cracco, Berton, Baronetto, Camanini…) messi sullo stesso piano di onesti cuochi non mi convincerà mai e non si tratta di snobismo. Per non parlare di eccellenti professionisti cui manca sempre la prima Stella o cercano di riprendersela, che sono avanti anni luce a parecchi posti “con la storia”.

Qualche facile previsione

Poi, ovviamente, ci sono anche i pronostici rispettati. La doppia stella di Andrea Aprea e Michelangelo Mammoliti rientra tra queste, partendo da presupposti diversi, ma esemplari in entrambi i casi. Oppure la conferma di Norbert Niederkofler, protagonista di un trasloco esemplare: raramente si è visto un posto e un team che in poche settimane di lavoro è stato capace di offrire esperienze di altissimo livello, in un luogo top, come Atelier Moessmer. Questa è una case history da prendere nota, unita alla capacità del guru altoatesino di aver creato un metodo che i suoi allievi (Alnerto Toé di Horto e Michele Lazzarini di Contrada Bricconi) hanno messo rapidamente a frutto, conquistando la Stella singola.

Regione per regione

Capitolo Sud. Non fa notizia nella misura in cui tanti hanno scritto. La Campania è da sempre una delle regioni più amate (giustamente, sia chiaro) dalla Michelin: evidente sia stata un’edizione memorabile con tre stelle singole in provincia di Salerno, due bistellati in quella di Napoli e il tristellato (a sorpresa) Quattro Passi di Nerano. Alla fine, la richiesta a gran voce di scendere sotto la vecchia linea tra l’Abruzzo e Roma per dare al Sud un tre Stelle ha funzionato. Bravissima la famiglia Mellino a cogliere l’attimo fuggente, bruciando vecchi leoni e giovani rampanti. Tra l’altro, quando tornerà Don Alfonso 1890 in una veste che, dicono, clamorosa, la Campania potrebbe avere un altro massimo riconoscimento.

A livello regionale, considerando che Toscana e Lombardia hanno fatto, come sempre il proprio dovere, ci pare che la maggiore soddisfazione debba risiedere nella piccola Umbria (non bagnata dal mare, quindi con un handicap in partenza) con le tre nuove stelle singole mentre a parte il previsto exploit di Mammoliti con La Rei Natura è stata una stagione triste per il Piemonte che ha perso quattro Stelle per strada. Bene anche la Sicilia, ma senza il colpo d’ala, e la Liguria, che sembra uscita dall’immobilismo di un tempo. Importante: a conferma che le accuse fatte alla Michelin di guardare molto ai giovani cuochi e poco alle cuoche sono insensate, ecco ben tre nuove stelle a locali guidate da signorine e signore. Morale: se ci sono poche donne in cucina, ce ne saranno pochissime brave e da premiare, è una questione di numeri.

Le Stelle Verdi

Invece, di Stelle Verdi, se ne troveranno sempre di più (siamo a 58 da quando è nata l’idea nel 2021) per quanto la classificazione ci appaia onnicomprensiva. Ma il Verde piace, fa sentire persino più buoni e non di rado diventa l’anticamera della Stella Rossa o la targa in più da mettere davanti all’entrata affiancando quella già guadagnata. Al contrario, continuano a mancare i “macaron” per la pizza con alti lamenti da parte degli addetti ai lavori: i maestri nonostante locali chic, comunicazione ad alto livello e un impegno clamoroso per apparire chef continuano a non essere considerati. Anche i più bravi, secondo noi, non prenderanno mai l’agognata Stella perché – non dimenticatelo mai – magari gli ispettori italici nel tempo libero vanno sempre in pizzeria, ma comandano i francesi. Fargli capire che Franco Pepe – tecnicamente e culturalmente – vale quanto (e forse più) un giovane cuoco è praticamente impossibile.

A proposito di cugini d’Oltralpe: per quanto ci sia gioia diffusa per essere sempre più vicini a loro (e in effetti, almeno sui piatti non hanno più niente da insegnarci, anzi spesso siamo noi a emigrare per dar loro energia), 395 locali stellati in Italia sono un’enormità che non ci convince. Teniamoceli, per carità, ma vent’anni fa entrare nel “salotto buono” era decisamente più complicato e il livello medio – soprattutto dei neo stellati – era superiore. Chiedere a chi viveva quell’epoca da cuoco o gourmet, se non ne siete convinti. Ma la Michelin, per quanto ami raccontarsi inamovibile, è una vecchia signora che sa adattarsi al mondo che cambia e si concede pure il piacere della (finta) tendenza. Quella che può apparire la sorpresona dell’anno, ossia la doppia stella al milanese Verso, locale minimal in tutto, nel menù e nell’arredo con un bancone in stile omakase davanti alla cucina, da un lato è un riconoscimento a due super professionisti quali i fratelli Capitaneo e dall’altro pare lanciare un messaggio che il ristorante del futuro possa uscire dai canoni della tradizione. Calma e gesso, possiamo elencare le Stelle fuori dalle rotte, rimaste tali: nella notte dei tempi il ristorante vegetariano (Joia, tuttora il solo in guida), la macelleria con cucina Damini e Affini (senza imitatori), il locale etnico Iyo (tale è rimasto). Ergo, è la sorpresa richiesta dal copione: quindi se volete che l’amata pizza colga il “macaron” non parlatene più per un paio di anni.

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