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Roma d’estate: aperitivo in terrazza con vista

Roma d’estate: aperitivo in terrazza con vista

Cresce la voglia di stare all’aperto, con le terrazze più belle della capitale che aprono per godersi fresco e distanziamento

L’estate 2020 probabilmente sarà un unicum. Una Roma così dedicata ai romani non si era mai vista e sono in molti a sperare che mai si rivedrà, se non altro per motivi economici. Nascono locali in luoghi solitamente dedicati a eventi e matrimoni, si aprono giardini e terrazze che dominano la Grande Bellezza della città. I posti più belli sono quelli più pieni, ma sempre con le opportune misure di sicurezza, perché la parola d’ordine di questa estate è “distanziamento”.

Vista 101 – Rome Cavalieri

L’hotel Cavalieri ha notoriamente una delle terrazze più belle della città. Sicuramente quella che può vantare una vista a 360°, che abbraccia in un unico colpo d’occhio il cupolone di San Pietro, il Vittoriano e il Colosseo, mostrando la maestosità dell’Urbe. Proprio accanto alla terrazza su cui La Pergola domina la città, c’è un’altra terrazza che solitamente è utilizzata dalla proprietà per eventi e matrimoni. E se di norma bisogna essere invitati per accedervi, ecco che quest’anno apre al pubblico sotto il nome di Vista 101 (numero che non esiste fra le stanze dell’hotel, ma è il civico di via Alberto Cadlolo da cui si entra al Cavalieri). Qui si può sorseggiare un drink al tramonto sul rooftop, a scelta tra i cocktail creati da Angelo Severini, bartender del Tiepolo Lounge & Terrace, accompagnato dai side preparati dallo chef Fabio Boschero e dalle dolcezze del pastry chef Dario Nuti.

Hi-Res

Atmosfere internazionali, pubblico locale. Questa è la caratteristica dell’Hi-Res, ristorante/cocktail bar in cima all’Hotel Valadier, che ha riaperto con grande successo la sua bellissima terrazza in pieno centro a Roma, a due passi da piazza del Popolo. A caratterizzare il locale, una struttura mobile all’avanguardia, che consente di chiudere e aprire in base al vento i pannelli di vetro e chiuderla completamente d’inverno, lasciando invariata la vista. La serata all’Hi-Res si snoda fra aperitivi e cene, a cura dello chef Gabriele Cordaro, che propone un menu ricercato a base di pesce, per arrivare al dopocena fra un cocktail e un bicchiere di vino (oltre 600 etichette in cantina). A curare l’aspetto creativo e culturale della lounge, dove non manca mai il dj-set, il patron Daniele Lassalandra, sempre alla ricerca di atmosfere internazionali.

The Court

Torna il cocktail bar di Palazzo Manfredi, dalla cui terrazza ammezzata si può quasi toccare il Colosseo, sorseggiando champagne o uno dei cocktail del barman internazionale Matteo Zed. L’atmosfera è da lusso discreto e per l’occasione si può anche scegliere uno dei terrazzini appartati che afferiscono alle suite accanto al bar, momentaneamente chiuse in attesa del gran ritorno dei turisti. Specializzato in amari, sui quali ha anche scritto un libro, il bar manager Matteo Zed ha impostato una carta dei drink che spazia dai suoi cocktail signature denominati “Untouchables”, intoccabili, ai classici e ai twist on classic. Non mancano tocchi di alta miscelazione, grazie al The Court Lab, con l’uso di macchine come il rotovapor o tecniche come il fat washing e la fermentazione.

Acquaroof Terrazza Molinari

Altro giro, altro cocktail bar sul rooftop di un hotel di lusso. In questo caso siamo ai margini di via di Ripetta, nel The First Roma Arte Hotel, che già dall’anno scorso è diventata Acquaroof Terrazza Molinari. Alessandro Simeone accompagna con i suoi ottimi drink le proposte food pensate per la terrazza dallo chef stellato Daniele Lippi. A proposito, una nota sul ristorante Acquolina, che rimane chiuso in attesa di tempi migliori, ma nel frattempo propone un’esperienza super-esclusiva con il format “Suite & Star”. In pratica è possibile riservare per cena una delle suite con terrazza privata, avendo lo chef Daniele Lippi a disposizione.

Madeiterraneo/Up Sunset Bar

Questa volta non siamo in cima a un hotel, bensì a un grande magazzino, anche se la Rinascente di via del Tritone è molto di più: meta per lo shopping di lusso della capitale, merita il viaggio anche solo per l’architettura e il design e può vantare una posizione d’eccezione in pieno centro a Roma. Necessario concedersi una sosta al piano superiore, dove le due terrazze al sesto e settimo piano sono gestite dalla coppia di All’Oro, Riccardo Di Giacinto e Ramona Anello. Lo chef stellato per la sua insegna pop ha pensato a un menu mediterraneo (per non smentire il nome), accompagnato da una selezione di proposte veloci, che ben si accompagnano all’aperitivo. L’ideale è godersi un cocktail su una delle terrazze che dominano i tetti di Roma e magari assaggiare uno dei famosi maritozzi salati dello chef.

Jacopa

In attesa che riapra i battenti l’omonimo ristorante, al momento gli sforzi degli chef Jacopo Ricci e Piero Drago sono concentrati sulla terrazza che domina i tetti di Trastevere. Qui, sul rooftop dell’Hotel San Francesco, si possono assaggiare gli ottimi cocktail del bar manager Giordano Cioccolini, accompagnati dagli sfizi preparati dagli chef per l’occasione, dalle zeppoline ai bun farciti “alla romana”, per esempio ripieni di coda alla vaccinara. In aggiunta, si possono ordinare anche gli sfiziosi fritti, oppure piatti come l’hamburger o il coccio di rigatoni (all’amatriciana o alla norma).

Gnoccheria @ Giulia Restaurant

Un altro ristorante che piace molto ai gourmet della capitale, Giulia, e che per l’estate 2020 ha puntato tutto sulla terrazza, sacrificando momentaneamente gli spazi all’aperto del b&b che sovrastano il locale. In questo caso le terrazze sono due, con affaccio sul Lungotevere dei Tebaldi, collegate alle cucine del Giulia Restaurant, da cui provengono le proposte food e gli abbinamenti beverage. Nel primo caso, a parte il menu dello chef Pierluigi Gallo, si aggiunge la novità della proposta della gnoccheria, gustosi e sfiziosi gnocchi in doppia versione, ripiena o alla romana, da assaggiare nelle innumerevoli varianti pensate dallo chef. Un side sfizioso per accompagnare uno dei drink del bartender Gianluca Storchi o un bicchiere di vino suggerito dal sommelier Fabio Romolo Buratti.

Ricerche frequenti:

La galantina: dalla Polonia al Piceno. La ricetta

La galantina: dalla Polonia al Piceno. La ricetta

In Polonia o nelle Marche non servono occasioni speciali per mangiare la galantina, il salame cotto più invidiabile che ci sia. Provate la versione dell’Osteria Ophis di Offida!

In Umbria si mangia solo a Natale. Nelle Marche o in Abruzzo, invece, non serve un’occasione speciale per preparare o mangiare la galantina: è sempre il momento buono. Per questo, ogni volta che capiterete qui, in particolare nell’entroterra, vi potrebbe succedere di assaggiarla. Ma la sua storia inizia altrove rispetto ai luoghi in cui è ambientata: infatti, la prima volta che ho mangiato la galantina ero in Polonia, a Cracovia, nell’estate del 2006.

Che cos’è la galantina

L’origine antica della galantina si evince già dal nome, che deriva dal latino medievale “gelatina”, probabilmente riferito al fatto che nella cottura delle sue carni si produce e prepara anche la gelatina, appunto. Infatti, si tratta di un secondo piatto a base di carni bianche, soprattutto di gallina: in passato nasce proprio per recuperare, utilizzare e valorizzare la gallina vecchia, quella che fa buon brodo, unita poi con altri ingredienti che variano da ricetta a ricetta. A non mancare mai sono le olive, meglio se tenere ascolane (intese come cultivar e non ripiene fritte), a prova del fatto che si tratta di un piatto soprattutto piceno; poi c’è chi ci aggiunge mandorle e noci, chi pistacchi e tartufo (che di certo nel Piceno non manca). Ma in realtà di galantina ne esistono davvero tantissime versioni, dalla Polonia (dove si chiama galantyna) all’Abruzzo, dove la preparano in modi differenti, unendo sempre insieme più carni, quali il pollo come documentato nel De Re Coquinaria di Apicio; o il cappone come scrive Pellegrino Artusi in La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene. «Vi descriverò un cappone in galantina fatto in casa mia e servito a un pranzo di dieci persone, ma poteva bastare per venti poiché, pelato, risultò kg 1,500». Ma c’è anche chi utilizza o aggiunge tacchino, anatra, faraonamanzomaiale e prosciutto cotto, soprattutto nella versione tradizionale, che si faceva con quello che c’era. In ogni caso, la galantina si consuma fredda, tagliata a fette. Per questo, anche sulle verdure ci sono diverse scuole: c’è chi le taglia a listarelle fini in modo da avere in ogni fetta tutti gli ingredienti presenti, oltre che un bel impatto cromatico; chi invece a cubetti, come nella ricetta che vi proponiamo oggi.

Dove trovarla

Per provare la galantina, quella autentica, disossata a tasca, cucita e preparata tradizionalmente come una volta, dovete riuscire a farvi invitare in una casa del Piceno o della provincia di Teramo. In alternativa, la potete trovare spesso ben fatta nelle piccole gastronomie di paese, dove se ne può acquistare anche solo una fetta. Ma se volete provare l’idea platonica della galantina, c’è solo una scelta: l’Osteria Ophis, dal nome latino del paese in cui si trova, Offida. Qui lo chef patron Daniele Citeroni Maurizi ha compiuto un miracolo: da esattamente vent’anni il suo locale è un volano che porta persone in questo meraviglioso paese dell’entroterra piceno, facendogli provare la versione più alta di alcuni piatti locali, come la pizza Chichì, il fritto misto all’ascolana o il Pollo ‘ncip ‘ngciap con i peperoni, nome onomatopeico che ricorda il suono ripetuto del coltello che taglia a pezzi il pollo. E poi, tra questi, spicca sicuramente la galantina, che lui accompagna con una deliziosa giardiniera e una serie di maionesi preparate da lui. La ricetta che segue (che è la sua personale versione) è presa dal suo libro La cucina picena, un omaggio ben fatto, tecnico e insieme spontaneo, con tutti i piatti cui lui è particolarmente legato.

La ricetta di Ophis

La galantina è un piatto tutt’altro che semplice o veloce, per questo veniva preparato solo in occasioni importanti. Così, se decidete di cimentarvi assicuratevi di avere tempo e soprattutto pazienza, oltre a considerare che il primo tentativo potrebbe essere un fallimento. Il consiglio di Daniele è quello di separare la preparazione della galantina da quella della gelatina di accompagnamento, cioè di evitare di far bollire tutto insieme per esaltare meglio il sapore di questo piatto in ogni sua parte.

Ingredienti

1 gallina disossata
carcassa di 1 gallina più qualche osso di vitello
1 uovo fresco
2 uova bollite
500 g macinato di pollo, tacchino e vitello
150 g carote a cubetti
150 g sedano a cubetti
50 g cipolla a brunoise
50 g olive tenere ascolane denocciolate
20 g mandorle pelate e tostate
20 g  noci tostate
50 g  parmigiano reggiano
qb sale e pepe

Procedimento

Immergete la carcassa di pollo, le ossa di vitello e qualche verdura per la farcitura in un bel pentolone colmo di acqua fredda e portate a bollore, facendo ridurre il tutto dell’80%. Attenzione al sale e al pepe: non mettetene in abbondanza fin dall’inizio, poiché dovete considerare che poi il brodo si dovrà ridurre. In questo modo avete ottenuto la gelatina.
Iniziate a lavorare la vecchia regina del cortile aprendola bene su un foglio di carta da forno, poi aggiungete un pizzico di sale e pepe. Nel frattempo preparate la farcitura mescolando e condendo il trito di carni bianche con verdure, frutta secca, olive, parmigiano, sale, pepe e un uovo fresco, che servirà come legante (anche se in realtà la carne bianca contiene già l’albumina, un legante naturale).
Successivamente la farcitura va posizionata “a salame” lungo le due cosce, mentre al centro inseriamo le uova spaccate a metà (una lamellata di tartufo nero non ci sta male). Avvolgete il tutto nella carta da forno e legate con uno spago.
La cottura lenta al forno renderà la carne tenera e succosa: 140°-150° per un’ora e mezzo al 90% di umidità. Se non siete dotati di un forno per la cottura al vapore, vi consiglio di porre sul fondo del forno una pentola d’acqua, in modo da garantire la giusta umidità.
Una volta cotta, lasciate riposare la galantina. Non appena sarà tiepida, rimuovetela dalla carta forno e fatela raffreddare bene in frigorifero per una notte. Il giorno successivo avrete ottenuto quello che lui chiama «il salame cotto tipico più invidiabile delle tavole moderne».

Inutile dirvi che l’accompagnamento consigliato è con un Pecorino di Offida (io prediligo Poderi San Lazzaro, San Filippo e Clara Marcelli), vitigno con cui questo paese e i suoi piatti hanno un legame profondo e inscindibile.

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