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Il limoncello perfetto (e qualche idea per utilizzarlo in cucina)

Il limoncello perfetto (e qualche idea per utilizzarlo in cucina)

Perché una cena estiva non può che concludersi con un bicchiere ghiacciato di questo colorato digestivo, un liquore che può arricchire anche tante ricette

Il limoncello è il liquore che bisogna sempre tenere a disposizione in freezer perché è perfetto per concludere un pranzo o una cena con gli amici, specialmente in estate.

Must-have da freezer

Fresco e agrumato, il limoncello è un digestivo molto gradevole che rappresenta un alternativa al classico amaro a fine pasto.
Va servito rigorosamente freddo e in un bicchierino senza ghiaccio. Se siete dei veri intenditori, portatelo a tavola con bicchieri ghiacciati.
Farlo in casa è molto semplice e vi consigliamo di prepararne un bel po’ per avere sempre pronta una scorta in freezer per le serate in compagnia e per omaggiare i vostri amici: i liquori artigianali sono sempre regali molto graditi.

Solo limoni biologici

Per preparare un ottimo limoncello bisogna partire da ingredienti di prima qualità.
I limoni sono la base quindi devono essere non solo profumati e saporiti, ma soprattutto coltivati naturalmente e senza prodotti chimici perché è dalla buccia che vengono estratti gli oli e tutta la fragranza di questa bevanda.
Ovviamente vi consigliamo i limoni di Sicilia o di Sorrento, ma se avete un albero in giardino approfittatene.

La ricetta del limoncello perfetto

Ingredienti

8 limoni grandi, biologici e non trattati
1 litro di acqua
1 litro di alcol 95°
700 grammi di zucchero

Procedimento

Con un coltellino molto affilato prelevate la scorza dei limoni senza raggiungere la parte bianca amara.
Versate le scorze di limone e l’alcol in un barattolo di vetro capiente, mescolate, chiudete tutto con un coperchio e lasciate riposare in un luogo fresco e asciutto per 20 giorni.
Ricordate di scuotere il barattolo due volte al giorno.
Dopo 20 giorni filtrate il liquido ottenuto con l’aiuto di una garza o di un colino e versatelo in un contenitore di vetro.
A parte preparate lo sciroppo riscaldando acqua e zucchero in un pentolino. Portate l’acqua a ebollizione e mescolate per sciogliere bene lo zucchero.
Lasciate raffreddare e poi unite lo sciroppo di acqua e zucchero al macerato alcolico filtrato.
Versate il limoncello in bottiglie di vetro sterilizzate in acqua bollente. Per questa quantità avrete bisogno di due bottiglie da 1 litro.
Chiudetele con un tappo e lasciate riposare la bevanda in un luogo fresco e buio per 30-40 giorni.

Varianti con agrumi

Potete preparare una bevanda molto simile al limoncello anche con altri agrumi.
Per esempio è molto buona la versione con la scorza di arancia, particolarmente aromatica e dal retrogusto amarognolo quella al lime e molto delicata quella al mandarino.
Potete anche mescolare diversi tipi di agrumi insieme.

Zucchero di canna o semolato?

Abbiamo parlato di zucchero nella ricetta del limoncello, ma senza specificare quale tipo.
In realtà potete utilizzare sia quello semolato bianco sia quello di canna. Non cambierà nulla se non il colore che nel secondo caso sarà leggermente più ambrato.

Come utilizzare il limoncello in cucina? Scoprite qualche suggerimento nel tutorial

 

In Campania il baccalà si fa con i peperoni

In Campania il baccalà si fa con i peperoni

Prima fritto poi cotto in umido con le verdure, il baccalà con i peperoni è un piatto della tradizione campana, perfetto come secondo, o come piatto unico se unito a crostoni di pane strofinati con l’aglio

Il baccalà con i peperoni è una ricetta facile e molto appetitosa, tipica della Campania, perfetta per le sere d’estate per il suo gusto così mediterraneo. Il baccalà viene prima fritto in olio di oliva e poi lasciato cuocere in umido con peperoni e pomodori, che con la loro dolcezza bilanciano perfettamente la sapidità del pesce. Si può servire come secondo o accompagnato da crostoni di pane strofinati di aglio e olio. In questo caso può tranquillamente essere un piatto unico. Quello che è certo, è che appena finito ne desidererete ancora.

La differenza tra baccalà e stoccafisso

Spesso questi due termini vengono confusi. In realtà la materia prima è sempre la stessa, il merluzzo, dalle carni bianche e delicate. Quello che cambia è la sua conservazione, che nel caso del baccalà viene fatta sotto sale, mentre per lo stoccafisso il pesce viene essiccato all’aria aperta. In tutti e due i casi il pesce va ammollato, e per togliere il sale, e per reidratare le carni.

Una curiosità che riguarda lo stoccafisso….

E’ probabilmente l’unico ancora a svolgere questo lavoro in tutto il Paese: si chiama Umberto Zoratto e nel Mulino di Bert, un opificio per la produzione di farine nel mezzo del Parco delle Risorgive di Codroipo, in provincia di Udine, batte manualmente lo stoccafisso norvegese. Risalente al 1450, il mulino divenne nell’Ottocento proprietà della famiglia Zoratto, mugnai dei Conti Manin. Lo stoccafisso arriva essiccato avvolto in sacchi di iuta dalle isole scandinave Lofoten, qui viene qui ammorbidito grazie ai colpi del maglio di legno battente sulla base in pietra proprio come avveniva nei secoli passati. Con questo sistema, le fibre del pesce non vengono rovinate, ma solo stirate, rese più morbide e pronte per una cottura ideale. Una volta ammollate, aumenteranno di tre volte il loro spessore, divenendo morbide e pronte per essere cotte.

Erbe aromatiche e altre sfiziosità

Il connubio peperoni-baccalà è già di per sé un matrimonio perfetto. Se vi piace però dare un sapore ancora più fresco a questo piatto di baccalà con peperoni, provate ad aggiungere fuori dal fuoco erbe aromatiche come basilico fresco e origano. In aggiunta, capperi sotto sale (sciacquati!) e lamelle di mandorla. Irresistibile!

La ricetta del baccalà con i peperoni

Ingredienti: 800 g baccalà già ammollato, 500 pomodori maturi, farina bianca, 5 peperoni rossi e gialli, 2 cipolle di Tropea grandi, prezzemolo, erba cipollina, peperoncino piccante, 1 bicchiere di vino bianco, olio extravergine di oliva, sale.

Procedimento: Raschiate con un coltellino la pelle del baccalà tagliatelo a pezzetti di tre o quattro cm e diliscatelo bene. Sciacquatelo in acqua corrente e poi asciugatelo. Infarinate tutti i pezzetti e versate l’olio in una pentola. Fatelo scaldare e poi versateci i pezzetti di pesce, pochi alla volta, e friggeteli. Quando saranno pronti, toglieteli con una schiumarola e asciugateli con della carta assorbente perché perdano l’olio in eccesso. Lavate i peperoni, asciugateli, metteteli  in un sacchetto di carta e fateli cuocere in forno a 150° per circa 30 minuti. Una volta cotti, lasciateli raffreddare e poi staccate loro la pellicina. Tagliateli a striscioline e metteteli da parte. Intanto versate l’olio utilizzato per friggere il baccalà in una pentola di coccio, aggiungete le cipolle affettate e fatele rosolare a fuoco lento. Lavate i pomodori, tagliateli e togliete loro i semini. Uniteli alle cipolle appena queste saranno dorate. Aggiungete i peperoni, il prezzemolo, l’erba cipollina il peperoncino e il baccalà. Sistemate nella pentola il baccalà, unite il vino bianco, coprite e lasciate cuocere dolcemente per 10 minuti. Si serve sia caldo sia tiepido.

Nel tutorial qualche consiglio per un piatto perfetto

 

I maccheroncini al fumè: la ricetta originale di Maciste

Altro che carbonara o amatriciana, il maccheroncino al fumè è un classico marchigiano. Inventato da Maciste, e da mangiare da Mac Iste’s, a Castelplanio (o da fare con la sua ricetta originale)

Di fronte a una comitiva numerosa, magari con molti bambini, il cameriere suggerisce il piatto capace di accontentare il maggior numero di ospiti. Uno di questi è il maccheroncino al fumè – nelle Marche, oltre che in una buona porzione del centro Italia, il fumé è un primo piatto immancabile.

Altro che carbonara, questa è la ricetta di Maciste

Ma forse in pochi sanno che questo primo pasticciato, fatto di pancetta affumicata, pomodoro, formaggio e panna, è nato nel 1978 dalla pentola di Stefano Marzi.
Classe 1948, meglio conosciuto come Maciste, in virtù dei suoi muscoli possenti, Marzi non ha mai abbandonato la passione per il culturismo, tanto che la primavera prossima competerà ancora una volta per lo scettro di Mister Universo. Nel 2013 Maciste ha ricevuto dal comune di Castelplanio, in provincia di Ancona, l’attestato che lo consacra come l’inventore del maccheroncino al fumè. E in effetti, legare una ricetta al proprio nome e costruire un rapporto indissolubile con i clienti che dura da quasi quaranta anni è un po’ il sogno di tutti gli chef. Oggi nel suo locale ci sono circa cento coperti che diventano centocinquanta in estate, e il novanta per cento delle comande che arrivano in cucina contemplano il celebre primo piatto.

La ricetta e il segreto del fumè

La pancetta tesa affumicata viene tagliata a cubetti grossolani; la si frigge in poco olio extravergine di oliva fino a diventare quasi croccante. A questo punto, per ogni porzione si aggiunge mezzo cucchiaino di spezie in polvere. Il segreto è proprio qui. Maciste ha ideato il mix di polveri che rappresenta la sua firma sul fumè. Possiamo dire soltanto che ci sono sette spezie, tra cui peperoncino, noce moscata e coriandolo. Le altre rimangono top secret, come pure i tre formaggi che vengono fatti sciogliere nella salsa di pomodoro, aggiunta quando la pancetta sarà già rosolata e speziata.
Se si vuole creare un buon fumè anche a casa, il consiglio è quello di scegliere almeno un emmenthal. Il formaggio va mescolato rapidamente alla salsa di pomodoro fino a farlo filare. L’aggiunta di panna fresca a fine cottura completa il condimento. I sedanini scolati vengono messi nella padella a fuoco medio. Inutile provare a saltarli. L’amalgama è troppo consistente. Il risultato finale è un’esplosione di sapore. Un liberatorio e gradevole eccesso gastronomico.

Come è nato il fumè

Dopo aver lavorato in grandi alberghi di Roma e Firenze, nel 1978 Stefano Marzi aprì il suo snack bar con cucina nell’entroterra anconetano, a Castelplanio. E andando letteralmente “a naso” ha perfezionato la sua ricetta, che è poi rimasta immutata fino ad oggi. Da non confondere con la celebre pasta all’uovo di Campofilone, quello di Maciste altro non è che un classico sedanino di semola di grano duro, condito con uno dei sughi più ricchi e calorici che si possano concepire. Oggi la formula è quella del risto-pub per famiglie e comitive. L’insegna del locale riporta uno strano gioco di parole “Mac’Iste”, retaggio degli anni ottanta; un chiaro riferimento all’avvento del colosso del fast food che proprio in quegli anni faceva il suo ingresso in Italia.
“Ogni porzione viene cucinata espressa. Niente preparati e niente precotti – spiega Stefano Marzi – ho sempre fatto così. I clienti sentono la più piccola differenza e a me piace rassicurarli. Di recente, abbiamo anche iniziato a proporre il maccheroncino nella versione senza pomodoro. Il fumè bianco. Ce lo chiedono sempre di più”.
La sua maggiore soddisfazione, confessa Marzi, è quando allo stesso tavolo siedono tre generazioni di mangiatori di maccheroncini. Nonni e genitori che insegnano ai propri bambini come quel cuoco con i muscoli sia l’unico a farli così buoni. Famiglie riunite per il rito iniziatico del maccheroncino al fumè.

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