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news dal Roma Bar Show | La Cucina Italiana

news dal Roma Bar Show
| La Cucina Italiana

Abbiamo fatto un giro fra gli stand del Roma Bar Show 2023 e la sensazione diffusa è che sempre di più c’è attenzione non solo a bere bene, ma anche a bere meno – pronti per mocktail, long drink & company? No, non è una contraddizione per la manifestazione che ha riunito a Roma, il 29 e 30 maggio, tutti i più grandi esponenti internazionali della bar industry, nonché decine di marchi che producono alcolici. E non è un caso che fosse massiccia la presenza delle bibite analcoliche, che non possono mancare mai nei bar, sia per essere bevute da sole sia per essere miscelate.
Il tema è che gli stessi cocktail, pure quelli classici, possono essere bevuti anche in versione “low” o perfino “senza”, perché il trend del momento è tutto dedicato ai long drink e ai mocktail, ovvero i cocktail senza alcol. Altra derivazione, quella del senza zucchero, che sta conquistando il cuore dei bartender e le loro drink list, con prodotti dedicati a chi sta attento alla dieta, ma non vuole rinunciare all’aperitivo.

Dai mocktail ai long drink passando per il Gin Tonic, 5 consigli dal Roma Bar Show 2023:

L’amatriciana (arrostita) con la ricetta di Luciano Monosilio | La Cucina Italiana

L'amatriciana (arrostita) con la ricetta di Luciano Monosilio
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L’amatriciana, ricetta facile, casalinga, direte voi. Piccola delizia con anche un tasso di moderata innovazione, secondo Luciano Monisilio. Lo chef infatti è l’ottavo re di Roma, quello della carbonara (classica e persino alla grappa). Ma nel suo ristorante Luciano – Cucina Italiana a pochi passi da Campo de’ Fiori, uno dei piatti più venduti è l’amatriciana. È anche quella che ti prepara se gli dici «Fai tu» mentre sei di passaggio in pausa pranzo, mentre il locale è pieno e alla porta si affacciano VIP in cerca di un tavolo libero. La pasta è il fulcro del menù, la pasta secca di semola di grano duro la fanno in casa, al piano di sotto, la vendono sugli scaffali, ma nel menù c’è anche altro; anche se nessuno esce senza aver ordinato almeno un primo. Luciano alle 12 è al piano di sotto, al pastificio, e mozza le mezze maniche che escono dalla trafila con una spatola. Con un centinaio di coperti almeno, pranzo e cena, la produzione della pasta è un atto quotidiano. Originario di Albano Laziale, Luciano Monosilio è classe 1984 e ha sempre voluto fare il cuoco. È andato “a bottega dai migliori” torna a Roma nel tempio della cucina romana, Roscioli, e nel 2010 viene chiamato dal patron Alessandro Pipero per guidare la sua cucina. Qui prende la stella Michelin e in otto anni sdogana la carbonara, da piatto da trattoria a primo gourmet, servito con un servizio impeccabile. Sembra quasi banale, ma quelli erano anni in cui la pasta secca era ancora guardata con diffidenza nell’alta ristorazione, e quel segnale sarà per sempre ricordato. Nel 2018 una nuova avventura e apre Luciano – Cucina Italiana in piazza del Teatro di Pompeo  in cui si dedica alla tradizione italiana e a piatti più contemporanei. Carbonara, cacio e pepe, amatriciana sono sempre nel menù.

L’amatriciana: ricetta di Luciano

L’amatriciana, la ricetta dell’amatriciana di Luciano, per meglio dire, è arrostita. Il guanciale, che viene prodotto da un norcino di fiducia che lo stagiona per 4 mesi per la ricetta di Luciano. In padella lui lo taglia molto grosso, lo cuoce nel suo grasso, croccante all’esterno e morbido all’interno. Bucatini? No, mezze maniche, così il guanciale si insinua nel mezzo. E pecorino. Ma il segreto della sua bontà è il pomodoro, non una semplice passata, ma pomodori con il soffritto, infornati e poi frullati, una base che si può usare anche per altre ricette.

La ricetta

Ingredienti per 4 persone

400 g pomodori maturi
50 g gambo di sedano
40 g cipolla bianca
30 g carote
foglie di basilico fresco
4 cucchiai di olio extra vergine da versare a filo
200 g guanciale pulito
1 punta di peperoncino fresco
20 g sale grosso
240 g pasta
100 g pecorino romano: 40 g in mantecatura e 60 g per guarnire

La sostenibile leggerezza di Heinz Beck, italianista convinto

La sostenibile leggerezza di Heinz Beck, italianista convinto

Heinz Beck ottavo re di Roma? Sembra una battuta, ma per chi ama la cucina, soprattutto nella Capitale, non lo è: da quando Francesco Totti si è ritirato dal campo (o l’hanno fatto smettere, come dicono i più) l’ultimo re di Roma è sicuramente lui, herr Heinz Beck. Tedesco di Friedrichschafen, ma nel 2024 saranno trent’anni nella Città Eterna con ufficio culinario a La Pergola che è il gioiello del Rome Cavalieri, a Waldorf Astoria Hotel nonché il miglior ristorante romano da tempo immemore per tutte le guide e il pubblico gourmet. Ambiente di classe, servizio impeccabile, terrazza da urlo: a novembre si chiude sino alla prossima primavera per un sostanzioso restyling, affidato allo studio francese Jouin Manku. Abbiamo sbirciato i rendering: è un progetto moderno che esalta le opere d’arte già presenti e vedrà gli effetti di luce come elemento distintivo. Ci sembra una bella mossa.

Tre Stelle a Roma, due Stelle a Taormina

Poi, che piaccia o non piaccia, importa sino a un certo punto: come prima più di prima, a fare la differenza c’è sempre un piccolo (di statura) grande chef, talmente bravo e di classe, che gli si perdona serenamente un italiano d’impronta tedesca e inflessione capitolina, dopo tre decenni sul Tevere. A pensarci bene, il mix vincente benedetto da una moglie italiana, Teresa Maltese, fondamentale nelle scelte imprenditoriali di Beck, a partire dall’apertura nel 2014 – a Dubai – del Social by Heinz Beck sino al Gusto ad Almancil, in Portogallo, che ha una Stella Michelin. A proposito di Stelle, in Italia alle tre di La Pergola – consecutive dal 2005 – Beck può vantarne due con il St. Georges all’interno di The Ashbee Hotel a Taormina. Non male, per un quasi sessantenne (il 3 novembre, auguri in largo anticipo) che non dà mai l’impressione di accontentarsi di quanto realizzato e non smetterebbe mai di parlare di cucina. E che difficilmente non trovate in servizio. «Quando non sono in viaggio, dalle 18 sono sempre ai fornelli con la mia brigata. Mi piace soprattutto cucinare i piatti di pasta perché mi rilasso» racconta.

Omaggio (perenne) all’Italia

La sua cucina è classica contemporanea, lucida e perfetta, un omaggio permanente alla tradizione italiana che Beck, da secchione tedesco, ha studiato nei minimi dettagli per invitare noi italiani ad amarla in rinnovati modi. «Non bisogna mai dimenticare da dove veniamo. Soprattutto nei primi anni, ho lavorato molto sui piatti della tradizione, cercando di capire il perché di ognuno e il percorso che aveva portato alla forma attuale. Solo così puoi permetterti di migliorare la ricetta, e oggi ha senso farlo in nome di una maggiore digeribilità, se sono ancora piatti non leggeri e salutari. Mai pensato alla tradizione italiana come a qualcosa di monolitico e bloccato». È così che nascono piatti formidabili, storici e inediti, quali i Fagottelli che rimescolano il Dna della carbonara e fanno parte della Hall of Fame della nostra cucina, le Animelle di vitello con frutti rossi e basilico, gli spaghetti con coniglio e cime di rapa, il Piccione con miele, propoli e polline, la Gelatina di mandarino con crema di panna al timo e gelato alla mandorla Pizzuta d’Avola.

Attento alla salute

Gusto, classe e soprattutto leggerezza. A Beck va riconosciuto di essere stato uno dei primissimi cuochi a impegnarsi sul rapporto cibo-medicina. «Ho iniziato nel 2000 con una prima ricerca sull’alta cucina e la salute. In quei tempi, non è stato facile convincere i professori univeristari a darmi retta, ma io cercavo la digeribilità a tutti costi, pensando alle degustazioni composte da molti piatti. Stagione dopo stagione, ho continuato a lavorare sul tema che è fondamentale. E nel 2010 ho scritto pure un libro come Ipertensione e alimentazione di cui vado orgoglioso» dice lo chef tedesco. Detto questo, non è che il cuoco debba essere il medico del futuro. «Facciamo due lavori diversi e ci mancherebbe che io mi sentissi un dottore. Ma la nutrizione è fondamentale nella prevenzione delle malattie, quindi possiamo lavorare insieme. Comunque deve essere lo Stato a muoversi, intervenendo sulle abitudini alimentari: un Paese di gente in salute, è un Paese in salute. Senza dimenticare che diminuendo il numero di persone che si ammalano per un’alimentazione non corretta, si risparmia molto denaro pubblico».

Una cena magica

Se ci venisse chiesta la peculiarità del Beck uomo, noi propenderemmo per l’impegno totale nel restare ai vertici, nel non deludere le attese, nella ricerca della qualità. Non è un uomo da seconda fila (re, lo abbiamo detto), ma gli piace dialogare con quelli bravi. Per la celebrazione dei 60 anni dell’hotel che ospita il ristorante, ha invitato due grandi chef quali l’olandese Jacob Jan Boerma (una Stella al The White Room di Amsterdam) e Paolo Casagrande, veneto naturalizzato spagnolo, che dirige la cucina del Tre Stelle Lasarte a Barcellona. Ne è uscita una cena straordinaria (nella gallery i piatti firmati da Heinz), servita da una delle brigate di sala più premiate in Italia, guidata da Simone Pinoli con Marco Reitano a gestire una delle cantine più poderose del nostro Paese. Il maestro severo come qualcuno definisce Beck si è commosso più volte durante l’evento. «Lo so che molti pensano sia inflessibile. In realtà, dando per scontate le competenze specifiche, ai miei allievi chiedo solo una cosa: l’umiltà. E mi fa molto piacere se quelli che se ne vanno, diventano più bravi di quando cucinavano con me. Detto questo, a La Pergola c’è un notevole tasso di fedeltà nel personale. E per me la fedeltà è uno dei valori più grandi» chiude con un sorriso dei suoi. Ecco perché, fortunatamente, lo ritroveremo a La Pergola.

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