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La carbonara perfetta? A bagnomaria | La Cucina Italiana

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Un angolo del Bivium, bar and restaurant del Six Senses di RomaLuana Failla

Perché secondo lei?
«Perché è il piatto di tante giovinezze. Ciascuno si sente libero di interpretarla secondo la propria di tradizione, senza timore».

Spaghetti alla carbonara, la ricetta di Nadia Frisina

Ingredienti per 4 persone

320 g spaghettoni monogramo Felicetti trafilata al bronzo
200 g guanciale azienda agricola Coccia Sesto
4 tuorli di galline allevate a terra agricola Cupidi
80 g di Pecorino romano DOP
sale

Procedimento

Rosolate il guanciale tagliato a cubetti, molto importante, regolari di 1,5 cm massimo, in padella, senza grassi: devono diventare croccanti fuori e rimanere morbidi dentro, per dare piacevolezza al morso: il cuore del cubetto deve essere “autentico”. Privo il guanciale della cotenna ma anche del pepe. Quest’ultimo si usava perché chi lavorava nelle carbonaie in Abruzzo, non poteva lasciare il lavoro anche per giorni. Partiva da casa con delle derrate conservate, come il guanciale, con il pepe. Io lo tolgo, per evitare che tiri fuori delle note troppo amare».

Cuocete al dente la pasta in acqua salata: la mia tecnica è cuocere per un terzo del tempo, la pasta in padella. Questo permetterà alla pasta come diciamo noi cuochi, “di cacciare fuori gli amidi” naturalmente, rendendo cremosa la pasta senza l’aggiunta di panna o altro.

Spegnete e fate raffreddare la padella (antiaderente o di rame) e scolateli su una carta assorbente. Scolate la pasta nella padella che deve rimanere tiepida, non bollente, mi raccomando. Fate mantecare così per un paio di minuti a fuoco molto basso: giocate con le temperature della padella per creare il vostro capolavoro. Unite un po’ di acqua di cottura e con un forchettone rimestate per ottenere la cosiddetta “prima mantecatura”.

Aumentate la fiamma quindi unite i cubetti di guanciale. Versate la pasta in una ciotola di porcellana. Create un’emulsione con tuorlo e 65 g di Pecorino e unite il composto di tuorli e fate una manteca a freddo. Se il tutto risulta troppo solido unisco ancora un po’ di acqua di cottura. Se la pasta sembra liquida, sposto la ciotola sopra la pentola di acqua di cottura della pasta e finisco con una manteca dolce a bagnomaria. Concludete con il restante Pecorino con pepe nero, macinato al momento. Un segreto? Io tosto il pepe un po’ prima per far uscire tutti i sapori. Dà più vitalità al tutto.

La chef: Nadia Frisina

Siciliana, Executive Chef del Six Senses Rome nel 2022, Nadia ha iniziato il suo percorso proprio a Catania e Siracusa, nell’ambito dell’hotellerie a cinque stelle. A 28 anni è stata nominata Executive Chef a La Plage Resort, sull’Isola Bella di Taormina, uno degli hotel più celebri al mondo diventando la più giovane Executive Chef donna italiana. Il percorso è proseguito tra Toscana, Veneto ed Emilia-Romagna, cosa che l’ha resa padrona di varie cucine regionali. Nel 2021 è stata nominata tra i 14 migliori chef europei dell’EAM per il MILUX Culinary Advisory Board, mentre nel 2014 ha vinto lo Chef Par Excellence Culinary Award al Four Seasons Hotel Beijing. Tra le poche cose che curiosità che trapelano su questa talentuosa chef c’è Nino, 15 anni, il suo “gatto itinerante” che la segue in giro per il mondo dall’inizio della sua carriera: «è il mio primo e ultimo ospite ogni giorno… ed è il più esigente!».

Tiramisù a Roma: 7 varianti da provare

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Il tiramisù a Roma è sempre stato una cosa seria. Nonostante le origini venete, di negozi specializzati in tiramisù nella capitale se ne contano da anni e nelle carte dei ristoranti, anche se scontato, appare quasi imprescindibile. Anche perché è sempre il dolce che vende più di tutti.

Il tiramisù a Roma

Il tiramisù di Zum da Eggs

Barbara Agosti ha inventato il format a tutto uovo che si chiama Eggs. È lei che aveva dato vita anche a Zum, il cui nome è l’acronimo di zucchero-uova-mascarpone: in pratica la ricetta della crema del tiramisù. Il punto vendita di piazza del Teatro di Pompei non è più aperto, ma la versione che più filologica non si può della Agosti è possibile assaggiarla a Trastevere da Eggs. Uova rigorosamente biologiche, provenienti dal Bio Farm Orto di Arianna Vulpiani, ma in carta ci sono anche le versioni modificate, che cambiano in base alle stagioni, inoltre ci sono le opzioni gluten free o senza lattosio. Per i più golosi, la chef di Zum Barbara Agosti ha inventato un gusto che unisce le sue origini piemontesi alla capitale: una base di biscotti Gentilini per rappresentare Roma e crema spalmabile al cioccolato per non smentire le proprie origini.

In barattolo da Charlotte

Non lasciatevi ingannare dall’atmosfera tutta rosa da casa di Barbie. Charlotte non è un gioco, ma ormai una consolidata pasticceria che ha reso più dolce Re di Roma. È a un passo dall’uscita dell’omonima metropolitana e merita di essere conosciuto per i suoi dolci moderni e piacevoli, frutto della capacità e passione di Claudia Martelloni. Alcuni sono dei veri e propri trompe-l’oeil, e magari il tiramisù, nascosto nel suo barattolo può apparire meno invitante, eppure è un concentrato di gusto, dall’anima estremamente tradizionale: è preparato con crema al mascarpone, savoiardi alla vaniglia fatti in casa, caffè filtro Mondi e cioccolato fondente Valrhona. Una vera delizia, volendo anche da passeggio.

Sù tiramisù da Casa & Bottega

Da qualche anno la pastry chef Loretta Fanella ha lanciato il suo Sù: il tiramisù con la cialda di cioccolato che fa croc. Una volta spaccata con il cucchiaino, il ripieno di caffè (il Kafa, arabica 100% monorigine di Lavazza) va a intingere il savoiardo. In pratica una rivisitazione del tiramisù espresso, sormontato da una classicissima crema al mascarpone fatta con le suddette uova di Parisi e con mascarpone homemade. Si trova da Casa & Bottega, il bistrot di via dei Coronari che ha dedicato un corner a questo dolce da passeggio, a due passi da piazza Navona. La novità recente è la cosiddetta “shot experience”, ovvero la versione mignon in bicchierino che costituisce un piccolo peccato di gola.

Il bicchierino da Felice a Testaccio

Più che un tiramisù, quello di Felice è un ulteriore peccato di gola, da compiere alla fine di un pasto che probabilmente è già stato un’imperdonabile trasgressione, specie dopo l’immancabile cacio e pepe per cui Felice è famoso in tutta la città. Insomma, se entrate da Felice non pensate alle calorie, ma lasciate uno spazietto per il suo famoso tiramisù al vetro, che alla crema di mascarpone e ai biscotti sbriciolati sul fondo, aggiunge una generosa colata di cioccolato fuso. Roba da fare la scarpetta nel bicchiere.

La sfera di Bowie

Il mitico tiramisù in sfera di Cristina Bowerman ora arriva a casa con Glovo. La chef stellata di Glass da qualche mese ha dato vita al progetto di “democratizzazione del gusto” che si chiama Bowie. In pratica con un click arrivano a casa, fra le altre ricette pensate appositamente per il format, alcuni suoi cavalli di battaglia, come appunto la Sfera di tiramisù (un must dei tempi di Romeo). Il croccante involucro di cioccolato a forma di globo racchiude il goloso tiramisù fatto con savoiardi inzuppati al caffè e un ripieno di crema inglese arricchita con mascarpone e panna. La prima cosa da fare è rompere il rivestimento, la seconda è tuffarsi in questa golosità.

Il classico in pizzeria da la Gatta Mangiona

Anche in una delle pizzerie migliori della città si trova un tiramisù di tutto rispetto. C’è perfino chi dice di mangiarlo solo lì, probabilmente oltre che per la bontà, anche per la fiducia nella scelta delle materie prime da parte di Giancarlo Casa, patron della Gatta, come la chiamano gli amici. Comunque, questo è un tiramisù che ha tutto l’aspetto di quello fatto in casa, con i savoiardi bagnati generosamente di caffè e la crema al mascarpone. Non particolarmente bello, niente bicchieri, barattoli o monoporzioni di altro genere: si prende la spatola e si mette nel piatto. Fine. Ed è buono come quello della nonna.

Il TiramiSeu di Seu Pizza Illuminati

Un’altra pizzeria, ma questa volta niente tradizione, ma una rivisitazione a tutta pizza. L’estro di Pier Daniele Seu, pizzaiolo che ha fatto impazzire i romani, da qualche anno che si è particolarmente concentrato sulla sezione dei dolci. Ed ecco che l’anno scorso tira fuori dal cappello il TiramiSeu, ovvero la sua versione su disco di pizza al cacao: la tonda viene cotta con una generosa dose di zucchero di canna a caramellare in forno, quindi spicchiata e guarnita. Un topping a base di crema pasticcera alla vaniglia e mascarpone, ricotta con cacao e caffè, gel e polvere di caffè. Infine un tocco divertente: i frizzi pazzi che scoppiano in bocca e fanno tornare bambini.

Papa Francesco: i calamari ripieni e altre curiosità a tavola

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Papa Francesco è forse il papa più intervistato della storia, ma nessuno gli ha ancora chiesto la ricetta dei calamari ripieni. «Jorge cucina benissimo, fa dei calamari ripieni da urlo», confidò in una intervista la sorella del pontefice, Maria Elena Bergoglio, pochi giorni dopo l’elezione a pontefice del fratello. Da quel 13 marzo 2013, Bergoglio non ha più avuto occasione di mettersi ai fornelli e la ricetta di quella pietanza «da urlo» rimane un segreto ben custodito.

Il merito delle abilità culinarie del papa è della mamma Regina Maria, la quale a sua volta aveva imparato i segreti di cucina da Rosa, la nonna paterna di Bergoglio, emigrata in Argentina dall’Italia. Erano abbondanti e lunghi i pranzi in casa Bergoglio, soprattutto la domenica, quando le donne di casa ci davano dentro con i piatti della tradizione: risotti, pasta fatta in casa, pollo al forno, dolci.

Il giovane Jorge Mario gettava un occhio in cucina, memorizzando i gesti sapienti della mamma e della nonna. «Mia madre», ha raccontato Bergoglio nel libro intervista El Jesuita, pubblicato in Argentina nel 2010, «rimase paralitica dopo aver partorito l’ultimo figlio, il quinto. Quando tornavamo da scuola, la trovavamo seduta a pelare patate, con tutti gli altri ingredienti per il pranzo già disposti. Ci diceva come dovevamo mescolarli e cucinarli».

Così Bergoglio, anche da semplice prete e poi da vescovo, si è sempre trovato a suo agio fra pentole e fornelli. Quando era professore al Collegio Massimo, il futuro papa cucinava per i suoi studenti la domenica, giorno di riposo per i cuochi. «Ci ha sempre preparato una fantastica paella», ha ricordato il suo confratello gesuita, padre Angel Rossi. A chi gli ha chiesto se sia davvero un buon cuoco, Bergoglio ha risposto: «Beh, non ho mai ammazzato nessuno col mio cibo».

Eletto papa, Jorge Mario Bergoglio, non ha voluto occupare l’appartamento pontificio. Per lui, quindi, niente servizio di cucina personale. Nessun cuoco privato e neanche, come spesso accade per gli ecclesiastici, suore cuciniere. Papa Francesco dorme in un piccolo appartamento della Domus Santa Marta e consuma i pranzi e le cene nella mensa comune.

Il papa viene servito a un tavolo defilato. La cucina è semplice e non diversa da quella di molte altre mense: primi di pasta o di riso, zuppe, secondi di carne e di pesce, verdure, insalata, frutta. Si beve vino bianco e rosso, in genere piemontese. Sulla tavola del papa arrivano anche i prodotti delle fattorie delle Ville Pontificie di Castel Gandolfo: latte, ricotta, yogurt, formaggi, carne, verdure e un ottimo miele. Probabilmente il papa ha gustato anche i regali che gli ha portato la regina Elisabetta d’Inghilterra in occasione della sua visita in Vaticano nell’aprile del 2014, tutti prodotti delle tenute reali, anzi, «del mio giardino», come disse la regina al momento dello scambio dei doni: miele, dodici uova, costate di manzo, succo di mela, sidro, chutney, marmellate, shortbread, tè e anche una bottiglia di whisky.

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