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Roberto Benigni e la cacio e pepe, una poesia straordinaria

La Cucina Italiana

Il 27 ottobre è il giorno del compleanno del grande artista Roberto Benigni, che quest’anno mette 70 candeline sulla torta. Attore dalla comicità intelligente e malinconica, regista e sceneggiatore, ha conquistato il grande e piccolo schermo dagli anni Settanta in poi, diventando un volto iconico dell’italianità all’estero, come la nostra Sophia Loren. 

Da Il piccolo diavolo a Johnny Stecchino, da Il mostro a Non ci resta che piangere, dagli Oscar con La vita è bella fino al ritorno in teatro con Tutto Dante e Pinocchio al cinema: Roberto Benigni ha spaziato davvero in tutti gli ambiti della cinematografia e della drammaturgia. A fianco di grandi attori e registi, ha affrontato temi impegnati con quel suo tipico fare dissacrante, con cui è sempre riuscito a strappare una risata inaspettata.

Roberto Benigni con gli Oscar vinti per La Vita è Bella nel marzo 1999 (migliore colonna sonora di Nicola Piovani, miglior attore e miglior film straniero).

VINCE BUCCI/Getty Images

Toscano “vero” nato a Castiglion Fiorentino, non gli manca certo la passione per la cucina italiana e lo dimostra con la poesia dedicata alla cacio e pepe. Ma non una cacio e pepe qualsiasi, proprio quella di Felice a Testaccio, di cui era un cliente abituale. Sapete qual è il segreto di una vera pasta “cacio e pepe”? A svelarvelo è Maurizio Trivelloni, nipote di colui che, nel lontano 1936, aprì Felice a Testaccio

La poesia di Roberto Benigni per la cacio e pepe

Nel maggio 2000, Roberto Benigni si lascia trasportare dalla creatività e compone su due piedi un piccolo componimento in versi dedicato al primo piatto romano cucinato da Felice a Testaccio. Eccolo:

Ecco il quadretto della poesia scritta di suo pugno da Roberto Benigni in bella mostra al ristorante trattoria Felice a Testaccio di Roma (ph Facebook Felice a Testaccio).

Il segreto della cacio e pepe di felice a Testaccio

La cacio e pepe alla romana è un po’ come la pasta al pomodoro: sembra la cosa più facile da preparare ma per farla a regola d’arte è tutt’altro che semplice. Ecco allora i segreti della preparazione di questo piatto di Maurizio Trivelloni, nipote di quel Felice Trivelloni che aprì la trattoria Felice a Testaccio nel lontano 1936, di cui Roberto Benigni è stato cliente fisso, talmente assiduo che ha dedicato al locale anche una poesia. Per Maurizio non ci sono dubbi sugli ingredienti: pasta, cacio di qualità, pepe, un goccio d’olio. E anche sulla tecnica c’è poco spazio per la fantasia, ma bisogna conoscerla: il segreto di Felice è sempre stato la mantecatura che deve essere fatta direttamente nel piatto. E quando siete al vostro tavolo, vi portano il piatto per farvi vedere come i professionisti camerieri vi fanno la mantecatura davanti a voi e vi garantisco che è un vero e proprio spettacolo: provate per credere!

La ricetta originale della cacio e pepe di Felice a Testaccio

Ingredienti per 2 persone

200 gr tonnarelli freschi uova e farina
70 gr Pecorino romano grattugiato
30 gr Parmigiano Reggiano grattugiato
2 cucchiai di olio evo
acqua di cottura q.b.
pepe nero macinato q.b.

Carbonara romana: nella Capitale la fanno proprio così

Carbonara romana: nella Capitale la fanno proprio così

Qual è il tuo piatto preferito all’Antica Pesa? Francesco Panella: «Sono fortunato perché vado in cucina e mangio le prove di Simone. Non mangio mai i piatti del menù, ma le prove: mi usa da cavia. È un momento molto bello perché lo facciamo insieme. C’è tanta creatività e voglia di fare e di innovare. Un piatto preferito non c’è perché aspetto il prossimo di Simone, ogni volta mi sorprende con cose molto buone gustose che mi rimangono a lungo nel palato». 

Mentre la ricetta delle Pennette alla SiFraLo e la cacio e pepe le trovate sul libro 100 anni di cucina romana nelle ricette e nella storia dell’Antica Pesa, qui di seguito per i lettori di “La Cucina Italiana” la ricetta della carbonara come la fanno all’Antica Pesa da sempre.

Spaghetti alla Carbonara

Ingredienti (per 4 persone)

4 tuorli 
pepe nero q.b. 
200 g di guanciale a listarelle 
400 g di pasta 
150 g di pecorino 
25 cl di vino bianco

Procedimento

In una padella antiaderente lasciate cuocere il guanciale a fuoco lento finché non diventerà dorato e croccante, poi tenete da parte metà delle listarelle croccanti e sfumate le restanti con il vino bianco.

In una boule, unite il pecorino, le uova, il guanciale sfumato col proprio grasso e pepe nero macinato grossolanamente; amalgamate il tutto fino a ottenere un composto omogeneo.

Scolate gli spaghetti al dente e uniteli al composto, iniziando a mantecare a bagnomaria. La salsa comincerà a sciogliersi e poi a rapprendersi. Quando avrà raggiunto la giusta densità, impiattate guarnendo col guanciale croccante, una spolverata di pepe e pecorino.

La carbonara secondo l’Antica Pesa, dal libro 100 anni di cucina romana nelle ricette e nella storia dell’Antica Pesa

«Piatto conosciuto a livello internazionale la cui ricetta è interpretata nei modi più disparati, in realtà si presenta sui menù romani molto più tardi rispetto ai grandi primi di pari livello: non se ne trova traccia nei grandi ricettari italiani e nelle guide fino agli anni 50, e solo qualche tempo dopo comincia ad apparire nei menù guadagnandosi fama e notorietà.
Spesso il piatto era in carta, ma con un nome diverso da quello con cui tutti oggi lo conosciamo: su una guida degli anni 70 si identifica la Carbonara negli Spaghetti alla Poverella provati all’Antica Pesa.
L’ipotesi più accreditata è che, dopo lo sbarco degli americani ad Anzio durante la guerra, si sia tentato di congiungere le tradizioni gastronomiche romane al gusto eggs and bacon tipico degli usa, il che spiegherebbe tra l’altro la grande popolarità di questo piatto Oltreoceano.

Qui, come nel Cacio e pepe, la buona esecuzione è basata sulla manualità e il colpo d’occhio. Noi usiamo mantecare gli spaghetti in boule d’acciaio a bagnomaria a 80°C per alcuni secondi. Questa temperatura ci consente di effettuare una pastorizzazione e addensare il composto senza però portarlo in cottura.
Si deve raggiungere la densità giusta valutando la tendenza della salsa a rapprendersi: per allentarne la consistenza ci si può eventualmente aiutare con un cucchiaio di brodo vegetale, per tirare la salsa invece basta prolungare il bagnomaria.
Ovviamente anche qui la qualità dei prodotti fa la differenza: uova biologiche, pecorino romano stagionato e guanciale artigianale sono indispensabili per avere risultati di livello».

Saltimbocca alla romana, la ricetta di Armando al Pantheon

La Cucina Italiana

Secondo lo chef il punto critico nella preparazione dei saltimbocca sta nello scegliere il momento in cui si toglie la carne dal fuoco. Anche perché non tutti amano la stessa cottura: qualcuno vuole la carne molto tirata, quasi bruciata, altri invece la preferiscono cremosa. Nella ricetta classica la farina non è tra gli ingredienti, ma Armando, il padre di Claudio, la usava. Il segreto di oggi? Un goccino d’acqua, che crea una cremosità esagerata. Chiudiamo con una massima: più saltimbocca fai in padella, più vengono buoni. Parola di chef. 

Saltimbocca alla romana, la ricetta originale

Ingredienti per 4 persone

8 fettine di vitello magro
8 fettine di prosciutto dolce
8 foglie di salvia fresca
1/2 bicchiere di vino bianco 
burro, olio e sale q.b.

Preparazione

Mettere in padella una noce di burro chiarificato (vi abbiamo spiegato qui cos’è e come si prepara) E fatela andare in padella a fuoco lento. Quando sarà quasi completamente sciolto, aggiungete un giro d’olio. 

A questo punto tocca alla carne. Servono 8 fettine (due a testa) di vitello magre e senza nervature, idealmente di noce o di girello, preparate direttamente dal vostro macellaio di fiducia, per un peso di circa 90 grammi l’una. Sopra le fettine vanno adagiate altrettante fette di prosciutto crudo dolce e foglie di salvia abbastanza grandi affinché si senta il sapore. Il prosciutto e la salvia vengono agganciate alla fetta di carne grazie al riconoscibile stecchino. 

Dunque quando olio e burro cominciano a sfrigolare, potete mettere i saltimbocca nella padella, fateli cuocere per un paio di minuti, girateli, aspettate un altro paio di minuti e poi rigirateli sul lato della salvia. Quando saranno rosolati, potete annaffiare con il vino bianco. Attendete che sfumi il vino, quando si sarà formata una bella cremina, potete servirli. Toglieteli dal fuoco e impiattatene due per ogni commensale. 

Ricerche frequenti:

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