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Carbonara Day: le nostre ricette ispirate al celebre piatto romano

La Cucina Italiana

Il 6 aprile si celebra il Carbonara Day, una giornata dedicata a questo piatto italiano che ha conquistato tutto il mondo. La carbonara è una delle ricette su cui si sono scatenati i più accesi dibattiti tra puristi della tradizione e innovatori. Ed è anche il piatto le cui preparazioni (o  interpretazioni), specialmente quelle provenienti da Oltreoceano o da altre parti d’Europa, hanno sollevato scandali e “indignazione popolare”. Vedi la carbonara di Gordon Ramsey, quella alla francese, la carbonara di Nigella Lawson e la ricetta della carbonara con il pomodoro proposta dal New York Times che, per il 95% degli italiani, secondo un sondaggio di Unione Italiana Food, non si poteva proprio definire “carbonara”.

Carbonara, la ricetta tradizionale

Esiste solo un modo per fare la carbonara o non devono esserci limiti alla reinterpretazioni? Noi lasciamo la scelta a voi e per soddisfare tutti i gusti vi sveliamo la nostra ricetta della carbonara secondo tradizione, la preparazione della carbonara passo passo, ma poi anche tante variazioni su questo iconico piatto.

Carbonara: le nostre ricette alternative

Stessa forma della carbonara – una pasta -, ma con gli ingredienti reinterpretati: per i “carnivori” ecco una Carbonara con la salsiccia o con il petto d’anatra (e limone) al posto del guanciale; per chi invece ama il pesce è perfetta la Carbonara di mare con cozze, calamaretti, vongole.

Qualche idea anche con le verdureCarbonara di carciofiPappardelle alla carbonara di asparagi, Fusilloni alla carbonara con piselli, Tagliolini alla carbonara di fave e, ancora, Fusilli alla carbonara vegetariani con spinaci e fagiolini o Linguine alla finta carbonara vegetariana con peperoni e zucchine.

Un altro modo per reinterpretare la carbonara è quella di usare gli ingredienti della ricetta per condire piatti diversi dalla pasta. Qualche esempio? Una polenta alla carbonara, dei ravioli alla carbonara, delle linguine di riso alla carbonara, delle verdure alla carbonara. E che ne dite, infine, di questa ricetta creativa della Mattonella carbonara con sfoglie di pancetta?

Divertitevi con le nostre ricette

Spaghetti alla carbonara

Le nuove migliori pizzerie di Roma

Le nuove migliori pizzerie di Roma

Dalla bassa e croccante alla degustazione in tranci, gli indirizzi più buoni della capitale. Suddivisi per tipologia di pizza per accontentare tutti i gusti

Per anni a Roma si è consumata la diatriba fra estimatori della pizza cosiddetta romana e amanti della versione napoletana. I primi accusati dai secondi di adorare una specie di cracker; gli ultimi di mangiare una pizza mai abbastanza cotta. Ma, si sa, la virtù sta nel mezzo e così si è felicemente inserita sul ring – mettendo d’accordo tutti – la new wave della “pizza romana cresciuta”, con i fautori delle lunghe lievitazioni e della ricerca del “giusto mezzo”. Fra i contendenti si sono poi aggiunti i rappresentanti della versione gourmet, dove l’attenzione agli impasti c’è sempre, ma a regnare è il principio della degustazione in tranci, per assaggiare più varianti.

Romana Classica e Pinsa

Il primo, anzi la prima, a rivoluzionare il concetto di pizza romana è stata Emma, portando una ventata di freschezza al genere. Poi si è cominciato a discutere di lievitazioni, mattarello sì/mattarello no, bordo più o meno marcato, arrivando anche a un decalogo della pizza romana. Alla fine i cultori della materia che sono emersi da questa diatriba sono Mirko Rizzo, Jacopo Mercuro e Sami El Sabawi. Il primo lo trovate d’estate al parco Appio con la sua pizzeria Elementare all’aperto e tutto l’anno nell’omonima pizzeria a un passo da piazza Trilussa. Secondo e terzo sono a Tor Pignattara, periferia multietnica dove si sta compiendo una mezza rivoluzione gastronomica. Con il suo 180g Jacopo Mercuro registra il sold out permanente, grazie a una pizza romana da competizione e fritti golosissimi, tanto che è uno che in tempi di Covid ha perfino raddoppiato: il vecchio locale è diventato base di partenza per l’asporto e la nuova sede è la moderna casa-base delle sue creazioni. Sami lo trovate invece da A Rota, espressione tipica romanesca per dire che la sua pizza dà dipendenza. In effetti l’impasto convince e le pizze ripiene, come si dice sempre a Roma, “spaccano”. Si aggiunge all’elenco anche Pier Daniele Seu, nella sua versione “Tac! Thin&Crunchy”, portata in spiaggia a Ostia per l’estate, ma torniamo a parlare di lui nella sezione gourmet.

Napoletana

Dalla fine del 2016 Roma è diventata terra di conquista per i napoletani più famosi. Il primo ad aprire con il suo marchio storico è il mitologico Michele, con la famiglia Condurro che ha aperto prima una succursale del locale di Forcella a Roma, accanto al museo Explora dedicato ai più piccoli, poi una in zona Eur. Lo ha seguito un altro fuoriclasse della napoletanità: Gino Sorbillo, che ha aperto prima a piazza Augusto Imperatore e poi la sua versione Gourmand alla Rinascente di via del Tritone. Versione Gourmet anche per Salvatore Di Matteo, che ha invece scelto una traversa a un passo dal Palazzaccio per portare la sua pizza e i suoi strepitosi fritti. E, restando in tema di fritti, l’ultimo napoletano ad affrontare il mercato capitolino è stato La Masardona, famoso per le sue pizze fritte, che ha ugualmente scelto un posto super centrale.
Fuori dalle logiche dei blasonati napoletani, si sono fatti apprezzare con la loro versione partenopea di pizza anche Angelo Pezzella, che ha un locale un po’ fuori, a due passi da Capannelle, e in zona Furio Camillo ci sono invece I Quintili, di Marco Quintili, che si è fatto apprezzare oltre che per l’ottima pizza anche per delle monumentali frittatine napoletane.

Impasto romano moderno

Sono due gli antesignani della new wave della pizza a Roma: Stefano Callegari e Giancarlo Casa. Il primo è il papà dei trapizzini, capace di trovare nelle sue pizzerie il “giusto mezzo”. Primo fra tutti, Sforno, in zona Cinecittà, oggetto di una recente ristrutturazione e riapertura, poi sono seguite nel tempo le aperture di Tonda, in zona Montesacro, e di Sbanco, vicino San Giovanni. Fra le particolarità, la sua speciale ricetta per la pizza cacio e pepe, con quel tocco di genio che gli ha fatto mettere il ghiaccio sulla base per evitare che il pecorino fondesse. Patron di La Gatta Mangiona, Giancarlo Casa è capace di portare fino a Monteverde gli abitanti di tutta Roma. Da un lato impasti dalla digeribilità assicurata, che nel tempo si sono avvicinati sempre di più al concetto di napoletana (cottura breve e consistenza soffice), dall’altro abbinamenti felici con pizze che rasentano il genere gourmet. Entrambi, sia Callegari sia Casa, oltre a essere fautori della buona pizza, sono anche maestri del supplì, quindi come tradizione vuole a Roma, prima di ordinare la pizza non potete non concedervi un supplì. Ai due mostri sacri, nel tempo si sono aggiunti – superando addirittura i maestri? – allievi come Pier Daniele Seu, con il suo Seu Pizza Illuminati (ma lo trovate anche nel riaperto Mercato Centrale, con una carta più snella). Romano di Ostia, Seu lo troviamo fra Trastevere e Portuense e anche da lui la prenotazione è d’obbligo. Grande lo studio sugli impasti, ottima la selezione delle materie prime e la capacità di combinarle fra loro e geniale la sezione delle pizze dolci.

Pizza gourmet

Come si diceva, è necessario introdurre una nuova categoria, dedicata a chi propone pizze che sono più che altro degustazioni. Vere e proprie basi neutre per appoggiare abbinamenti arditi e prodotti dal valore inestimabile per la loro bontà. Il maestro e antesignano del genere è senza dubbio Edoardo Papa, patron della pizzeria In Fucina, in zona Monteverde. La ricerca degli ingredienti più pregiati è il suo cavallo di battaglia, per una pizza da mangiare rigorosamente a spicchi, in degustazione con gli altri commensali, per assaggiarne più versioni. Unica pecca, i prezzi non proprio popolari, che portano questa pizzeria a qualificarsi piuttosto nella fascia dei ristoranti gourmet. Regno dei fratelli Alessio e Fabio Mattaccini, Spiazzo, in zona Marconi-Ostiense è la pizzeria giusta per divertirsi con le degustazioni. Qui il gioco si fa duro perché comporta non solo assaggiare le varie proposte in termini di topping, ma soprattutto quattro tipi di impasti differenti: classiche, classiche integrali, nel ruoto e spiazzanti. Vengono servite direttamente a spicchi, con un chiaro invito alla condivisione.

I 6 migliori ristoranti vegani (e vegetariani) a Roma

I 6 migliori ristoranti vegani (e vegetariani) a Roma

I migliori ristoranti, pasticcerie e street food della Capitale dove mangiare senza carne né derivati. Senza rimpiangere le proteine animali. Consigliati anche agli onnivori

Sono l’8% della popolazione. Sono i vegani e vegetariani, un popolo in crescita e che nella sola Roma occhio e croce si attesta sulle 200mila persone, senza contare i turisti in vacanza nella Capitale. Per venire incontro ai bisogni di questa ampia fetta di mercato, nascono sempre nuovi locali, dai ristoranti alle hamburgerie, dalle pasticcerie alle gelaterie. Di seguito un elenco non esaustivo, ma che raccoglie i migliori indirizzi di Roma, da quelli storici alle proposte più recenti. Buon appetito!

Roma: i 6 migliori ristoranti vegani (e vegetariani)

Margutta – Centro Storico

È il vegetariano più longevo della Capitale, in via Margutta come suggerisce il nome. È la strada degli artisti e lo stretto legame con la pittura e la scultura è testimoniato dalle tante opere in mostra, che cambiano periodicamente. Le cronache ricordano come sia il locale romano di riferimento per Richard Gere, dopo la conversione al buddismo e al vegetarianesimo. Un ristorante a tutti gli effetti, che piace anche a chi vegetariano non è. A pranzo ogni giorno propone il suo Green brunch, più ricco nei fine settimana, che non fa rimpiangere certo la carne. È ampio anche lo spazio dedicato ai vegani, senza uso di uova, latte e altri derivati animali.

Romeow Cat Bistrot – Ostiense

Vade retro allergici ai gatti. Questo ristorante a Roma è noto per la colonia felina che lo popola e che scorrazza allegramente nel locale (con il patto reciproco che, se non si infastidiscono, i gatti non daranno alcun fastidio ai commensali). Per tutti gli altri, specialmente per gli amanti degli animali e della cucina vegana, è il posto giusto per assaggiare qualche piatto innovativo e interessante. Non mancano infatti virtuosismi e piatti da non perdere come il Pad Thai. Estratti e smoothies completano il menù, magari anche per una pausa merenda pomeridiana. Il conto non è leggerissimo, ma è proporzionato all’ambiente raffinato e all’impegno dello staff.

veGusta – Centocelle

Cento per cento vegano anche in questo caso, ma non si tratta di un ristorante, bensì di una hamburgeria/fast food non tanto fast, perché i piatti sono cucinati espressi e i gestori raccomandano pazienza. Patatine fritte, anelli di cipolla, hamburger vegetali, ma anche ramen, frittate vegan di pasta e così via. Anche i carnivori non rimarranno delusi dal menù che declina in versione vegan le proposte dei più noti fast food internazionali.

Veg Joy – Appia

Da una costola del suddetto VeGusta è nato Veg Joy, in una traversa di via Appia, a due passi da San Giovanni. L’ispirazione è quella di un bistrot in salsa vegan, con piatti semplici e la possibilità di mangiare e sedersi, ma anche di ordinare a casa il proprio “veg meal” o fare take away. Estratti e centrifughe completano l’esperienza, magari per una sosta più veloce.

Breaking Bread bistrot – Centocelle

Cosa c’è di più vegan del pane? È quello che devono aver pensato gli inventori di Breaking Bread, che richiama il nome della famosa serie tv per questo concept di panetteria/bistrot a prevalenza vegana (giusto qualche sconfinamento nel vegetariano come deroga). Morbide focacce, cornetti senza burro e senza rimpianti, pizze vegane e chi più ne ha più ne metta nel versante panetteria. Proposte vegetali per chi vuol concedersi un pasto in modalità bistrot.

Grezzo Raw Chocolate – Monti/Ghetto

Di natura crudista e conseguentemente vegano, Grezzo è un progetto frutto di un’idea di Nicola Salvi. Quella di Monti è la prima sede, cui è seguita quella del Ghetto. Il nome grezzo è la traduzione di “Raw”, riferito al cioccolato e non solo. Qui è tutto crudista e biologico: non si trovano uova, latte e derivati né farine, lieviti e zuccheri raffinati. Tutti prodotti che richiederebbero cotture e che sono quindi sostituiti da elementi che possono essere lavorati sotto i 42°, temperatura limite per definirsi crudista. Fra le proposte, il cioccolato grezzo e il gelato crudista, nel quale la componente grassa del latte è egregiamente sostituita dal latte di mandorle.

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