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Le giovani donne del vino siciliano

Le giovani donne del vino siciliano

Giovani e tenaci: Giulia Monteleone, Enrica Spadafora, Federica Fina, Giovanna e Rosanna Caruso, Clementina e Carmen Padova. Sono i nuovi volti dell’enologia siciliana, di cui sentiremo presto parlare

Cosmopolite, giovani e iperconnesse. Sono le ragazze del vino siciliano: 7 vignaiole di nuova generazione – tutte under 35 – pronte a conquistare i critici più severi e i winelover di tutto il mondo. Valorizzazione dei vitigni autoctoni (non solo Nero d’Avola, ma anche Grillo, Moscato Perricone, Catarratto e Nerello Mascalese) e pratiche agronomiche rispettose dell’ambiente sono i due imperativi alla base della filosofia produttiva delle cantine che rappresentano. Senza dimenticare l’importanza per i social network, strumento prediletto per comunicare con i coetanei. Ecco, dall’Etna a Marsala attraverso l’arazzo di vigneti dell’entroterra, le nuove ambasciatrici dell’enologia siciliana di cui presto sentiremo parlare.

1. Giulia Monteleone – Monteleone vini dell’Etna

Segnalata da “Forbes” tra le vigneron d’Europa da tenere d’occhio, Giulia Monteleone è una fuoriclasse nel panorama vinicolo siciliano. In soli due anni ha ottenuto importanti riconoscimenti dalla più autorevole stampa di settore. Ultimo, in ordine di tempo, il Tre Bicchieri del Gambero Rosso, conquistato con l’etichetta Qubba, un Etna Rosso Doc da uve di Nerello Mascalese coltivate ad alberello nei suoli lavici del vulcano, a’Muntagna come la chiamano i locali. Nata e cresciuta a Palermo (classe 1989), si innamora dell’Etna e insieme al compagno enologo Benedetto Alessandro e al supporto di papà Enrico la giovane Giulia acquista nel 2017 due ettari di vigna vecchia nel comune di Castiglione di Sicilia (Catania). Siamo nel versante nord-est, una delle migliori aree al mondo per la viticoltura. Il contesto pedoclimatico è infatti unico: temperature di montagna a latitudini mediterranee, un mix che regala vini sorprendenti, eleganti e dal fortissimo carattere identitario. Una scelta, quella di diventare vignaiola, che ha drasticamente cambiato la vita di Giulia, fatta ora di tanti sacrifici come sveglie all’alba e ore in piedi tra i filari, sia d’inverno con la neve sia d’estate sotto il sole. Uno sforzo poi ripagato dalla gioia di vedere il risultato di tanto lavoro nelle bottiglie a marchio Monteleone vini dell’Etna. «La nostra non è un’impresa di famiglia», afferma Giulia. «Più semplicemente è una famiglia: prendersi cura del vigneto, la raccolta manuale e i processi di vinificazione sono entrati così prepotentemente nelle nostre esistenze da non riuscire più a tracciare una linea di demarcazione tra vita privata e lavoro». C’è molta attesa per la prossima vendemmia (sull’Etna si inizia a raccogliere più tardi che nel resto della Sicilia, solitamente verso ottobre), quando saranno ultimati i lavori della nuova cantina: «Non vedo l’ora di poter finalmente accogliere gli appassionati del vino, degustare insieme a loro i nostri Cru e promuovere le bellezze naturalistiche e paesaggistiche del Parco dell’Etna».

2. Enrica Spadafora – Dei Principi di Spadafora (Palermo)

Enrica Spadafora ha solo 25 anni, ma le idee molto chiare. Da grande vuole fare la vignaiola di professione, proprio come papà Francesco, nobiluomo vigneron tra i primi in Sicilia ad aver creduto nell’agricoltura in regime biologico. Oggi Enrica si divide tra Palermo, città nella quale è nata e cresciuta, e la tenuta di famiglia a Virzì, tra vigne e natura incontaminata dell’entroterra siciliano compreso tra Alcamo e Camporeale. Oltre alla passione per il vino, ha ereditato dal padre anche l’etica green – di cui entrambi vanno molto fieri – alla base della filosofia produttiva dell’azienda Dei Principi di Spadafora, con il delicato compito di comunicare questi valori soprattutto ai più giovani. E per farlo usa lo strumento preferito dai ragazzi della sua generazione: i social network. Un altro settore di cui si occupa è l’export, grazie al quale può girare il mondo per promuovere il vino siciliano e soddisfare così la sua passione per i viaggi. «Sono profondamente legata alla mia Sicilia e invece di andar via, come purtroppo sono costretti a fare molti miei coetanei, ho deciso di restare per dedicarmi al vino e alla terra. Può sembrare strano che alla mia età», continua Enrica, «una ragazza decida di passare così tanto tempo in campagna, eppure c’è una bellezza speciale nelle albe, nei tramonti, nel cambio delle stagioni e nei ritmi lenti della natura che mi ha sempre affascinato». Fin da piccola Enrica ha partecipato a tutte le vendemmie con papà Francesco, dalla potatura alla selezione delle uve, dalla vinificazione all’imbottigliamento e «ogni volta è sempre un’emozione unica». Dopo aver terminato gli studi universitari in Economia, si è dedica totalmente alla vita dell’azienda e sono già tantissimi i progetti che spera di realizzare. Primo fra tutti quello di potenziare l’offerta enoturistica attraverso visite, degustazione e soggiorni in cantina (a disposizione degli ospiti ci sono già degli appartamenti immersi nelle vigne) o, come ama definirla lei, «la mia casa-cantina». Il suo vino preferito non può che essere l’etichetta che porta il suo nome, Enrica, un elegante brut nature da uve Grillo, la varietà a bacca bianca più diffusa nella Sicilia occidentale.

3. Clementina e Carmen Padova – Riofavara

Per conoscere le prossime protagoniste dobbiamo spingerci più a sud, nel triangolo d’oro del barocco siciliano compreso tra Ragusa e Siracusa. Un territorio ricco di borghi gioiello, bianchi muretti a secco e filari di Malvasia, varietà principe in questo angolo dell’isola. Clementina e Carmen sono le figlie di Massimo Padova, fondatore della cantina Riofavara e presidente della Strada del vino e dei sapori del Val di Noto. Clementina (25 anni) è la sorella maggiore, dopo la laurea in Economia a Catania e la specializzazione a Parma in Trade and consumer marketing rientra in Sicilia per assecondare la sua passione per il vino: «È un prodotto vivo e ogni bottiglia racconta da dove veniamo, chi siamo, cosa facciamo e verso dove ci stiamo dirigendo». Carmen invece è ancora giovanissima, ha appena compiuto 19 anni e si è iscritta all’Università. Quella di Riofavara è una grande famiglia allargata, di cui fanno parte anche le persone dello staff che ogni giorno si prendono cura delle vigne e degli ospiti che soggiornano nel relais. Riofavara dispone infatti di quattro originali camere arredate con botti in legno, tappi di sughero e pallet trasformati in mobili, per vivere l’emozione di un’autentica wine experience. Entrambe le sorelle sono consapevoli della fortuna di essere nate e cresciute a diretto contatto con la natura e con dei genitori che le hanno sempre incoraggiate nelle loro scelte. Papà Massimo rappresenta un modello di vita da seguire, nel privato e nel lavoro, ed è stato proprio lui a credere nelle potenzialità delle figlie, tanto da affidare loro il lancio dei nuovi vini di Riofavara – di cui hanno curato tutti i dettagli, dalla grafica delle etichette alla scelta dei nomi – ottenuti da un blend di vitigni reliquia del territorio. Per queste due giovani wine ambassador il percorso è appena cominciato ma, c’è da scommetterci, ne sentiremo ancora parlare.

4. Giovanna e Rosanna Caruso – Caruso & Minini

Giovanna e Rosanna Caruso, rispettivamente classe 1988 e 1991, sono le sorelle alla guida dell’azienda Caruso & Minini, insieme all’amatissimo papà Stefano. La cantina si trova a Marsala, nell’estrema punta occidentale della Sicilia, città del vento, delle saline e del vino. Una famiglia di vignaioli da ben quattro generazioni che ha sempre supportato le due giovani nelle loro scelte, a cominciare dall’Università: Giurisprudenza per Giovanna, con la prospettiva di una brillante carriera forense, e Ingegneria per la piccola Rosanna. Ed è proprio durante gli anni universitari, trascorsi lontano da casa e dalla vigna, che non hanno saputo resistere al richiamo della terra. Oggi Giovanna e Rosanna sono pienamente coinvolte nella vita della cantina: la prima si occupa di export, settore fondamentale che rappresenta quasi l’80% del business aziendale, mentre Rosanna sfrutta il suo know-how per garantire il buon andamento delle attività di gestione e controllo. Due imprenditrici del vino in un settore che in Sicilia vede sempre più donne in prima linea, a differenza di falsi stereotipi secondo cui sia ancora appannaggio maschile: «Abbiamo scelto in autonomia di occuparci di vino, per decenni roccaforte degli uomini», affermano le Caruso. «E siamo felici di constatare come nell’ultimo ventennio la presenza femminile sia aumentata, anche se ciò non ci sorprende. Noi donne abbiamo infatti un’innata capacità di rapportarci con il mondo esterno e l’attitudine alla direzione e alla conduzione dell’organizzazione familiare. Da quando abbiamo deciso di essere delle imprenditrici vitivinicole non abbiamo mai avuto nessun ripensamento. Da bambine il momento della vendemmia era sempre una grande festa, e l’idea di averlo fatto diventare un lavoro è la soddisfazione più grande». Tra i progetti di cui le Caruso vanno più fiere c’è la creazione della linea Naturalmente Bio, quattro vini ottenuti dalle principali uve siciliane: Nero d’Avola, Grillo, Perricone e Catarratto.

5. Federica Fina – Cantine Fina

La cantina della famiglia Fina sorge su una gradevole collina che sovrasta la città di Marsala. Da qui lo sguardo si perde in un orizzonte sconfinato di vigneti, con il profilo delle Egadi a far da cornice. Giovanissima e solare, Federica Fina (classe 1990) è la figlia più piccola di Bruno – enologo che negli anni 80 ha contribuito alla valorizzazione in Sicilia dei vitigni internazionali e autoctoni – e insieme ai fratelli Marco e Sergio porta avanti il sogno dei genitori. Nata trent’anni fa in un giorno d’estate, non a caso la sua stagione preferita, Federica si trasferisce prima a Roma per conseguire la laurea in comunicazione d’impresa presso l’Università Sapienza e poi a Londra per un training formativo. A 24 anni fa ritorno a casa e inizia a muovere i primi passi nell’azienda di famiglia occupandosi di enoturismo, una scelta dettata dalla naturale propensione per le relazioni interpersonali. Segue personalmente i tour in cantina e le degustazioni guidate e i visitatori restano subito colpiti dalla sua energia. Nel giro di poco tempo diventa il volto di Cantine Fina: «Mi piace accogliere gli ospiti e farli innamorare della nostra storia promuovendo, sorso dopo sorso, la mia amata Sicilia». Parallelamente inizia a gestire anche i canali social e grazie a lei l’account Instagram è oggi seguito da più di 20mila followers, soprattutto giovani che si approcciano per la prima volta al mondo del vino e ne apprezzano il linguaggio fresco e diretto. Un talento, quello di Federica, che è stato riconosciuto anche dalla delegazione siciliana delle Donne del Vino per cui cura le attività di comunicazione web e le pagine social. Da brava sognatrice ha ancora tanti progetti da realizzare e in questo momento sta già pensando all’avvio della nuova stagione enoturistica. «Non vedo l’ora di poter tornare a organizzare nella terrazza della cantina gli appuntamenti musicali dell’estate, che richiamano ogni anno tantissimi winelover, e brindare con un calice di Kikè alla ripartenza». Kikè: l’etichetta più conosciuta dell’azienda che porta il proprio il suo nome o, meglio, il vezzeggiativo usato in famiglia e dagli amici.

Scacce ragusane: irresistibile street food siciliano

Scacce ragusane: irresistibile street food siciliano

A base di pomodoro e caciocavallo, le scacce sono una specialità di Ragusa davvero golosa: prepariamole insieme

Si preparano in occasione della Vigilia di Natale o di Capodanno come antipasto, ma non mancano in estate, per esempio a Ferragosto, sulle tavole delle feste o in spiaggia: sono le scacce ragusane, portafogli di pasta ripiena e golosissima in tante versioni diverse. Street food della zona di Ragusa, richiedono pochi ingredienti, come pomodoro e caciocavallo, meglio se il Ragusano DOP, ma si possono anche arricchire con cipolle, melanzane, ricotta, salsiccia. Scopriamo come preparare le scacce ragusane.

La ricetta delle scacce ragusane

Ingredienti

Per preparare le scacce ragusane vi serviranno: 260 g di semola di grano duro, 4 g di lievito di birra, 1 cucchiaino di sale, 130 ml di acqua a temperatura ambiente, 1 cucchiaino di zucchero, 1 l di salsa di pomodoro, 1 spicchio di aglio, 200 g di Ragusano DOP (o caciocavallo), olio extravergine d’oliva qb, sale qb, foglie di basilico qb.

Procedimento

Iniziate preparando il sugo di pomodoro. Fate soffriggere l’aglio in una padella con l’olio extravergine d’oliva. Quando sarà dorato aggiungete la salsa di pomodoro. Lasciate cuocere a fiamma bassa per almeno mezz’ora. Regolate di sale e aggiungete a piacere le foglie di basilico.

Nel frattempo preparate l’impasto per le scacce: sciogliete il sale nell’acqua. In una ciotola mettete la semola, il lievito e lentamente unite tutta l’acqua salata. Non dimenticate poi due cucchiai di olio extravergine d’oliva e il cucchiaino di zucchero.

Impastate tutto con le mani. Il composto dovrà essere morbido ed elastico. Coprite la ciotola con la pellicola e lasciate lievitare per un paio d’ore circa: l’impasto dovrà raddoppiare il suo volume. Intanto grattugiate il formaggio.

Riprendete poi l’impasto, mettetelo su un piano di lavoro infarinato, dividetelo a metà. Il primo andrà steso per ottenere un disco largo e sottile.

Coprite la ciotola con la pellicola trasparente e mettetelo a lievitare in un luogo tiepido per circa un’ora e mezza, o comunque fino a quando sarà almeno raddoppiato di volume.

Mentre l’impasto lievita, tagliate 200 g di caciocavallo a scaglie sottili, poi mettetelo da parte.

Trascorso il tempo necessario, riprendete l’impasto e rovesciatelo sul piano di lavoro ben infarinato, dividetelo a metà e stendete il primo pezzo di impasto in modo da ottenere un cerchio largo e sottile. Versate sul disco la salsa e spolverate con le scaglie di caciocavallo. Richiudete il disco piegando le estremità verso il centro per ottenere un rettangolo lungo.

Spalmate ancora salsa di pomodoro e scaglie di caciocavallo, poi ripiegate verso il centro i lati più corti: dovrete ottenere un quadrato. Aggiungete di nuovo salsa e caciocavallo e piegate infine a libro il quadrato. Avrete così un pacchetto rettangolare piccolo.

Fate la stessa cosa con l’altra metà di impasto, poi disponete le due scacce su una leccarda foderata con la carta da forno e fatele cuocere in forno già caldo a 250°C per 30 minuti circa. Devono risultare ben colorite.

broccolo affogato siciliano

broccolo affogato siciliano

Broccoli, olive, formaggio in questo piatto povero della cucina tradizionale catanese. Vediamo come si prepara questa gustosa preparazione siciliana

Da nord a sud la cucina dello stivale non fa eccezioni: è sempre buonissima. La cucina siciliana, per esempio, offre tante idee per rendere deliziose e succulente le verdure. Questa di oggi è una ricetta antica, tramandata da generazioni, semplice eppure molto gustosa. In dialetto si chiama “rocculu affucatu”, broccolo affogato siciliano, e il profumo, che la cottura lascia sprigionare in cucina, è inconfondibile. A Catania si prepara per le feste natalizie, ma non solo. Viene utilizzato come contorno, come secondo vegetariano e come condimento per la pasta. Oppure come farcia per la rinomata “schiacciata siciliana”. Ogni donna, alla ricetta ufficiale, aggiunge qualche piccolo segreto di famiglia. Quel che è certo è che, per preparalo, di solito non mancano la toma (detta tuma), che è un formaggio tipico siciliano, le olive nere, il vino rosso.

La ricetta del broccolo affogato

Prendete un broccolo, lavatelo e dividetelo in cimette. Sbucciate due cipolle medie e affettatele, tagliate la toma a fette sottili. Se non riuscite a reperire questo formaggio, potete utilizzarne uno morbido in alternativa. Sul fondo di un tegame disponete uno strato di broccoli, sale, pepe, uno strato di cipolla, infine uno di formaggio. Procedete così fino a terminare gli ingredienti. Coprite con un filo di olio evo, quindi mettete il coperchio facendo cuocere a fuoco basso per 10 minuti. Togliete il coperchio, aggiungete le olive nere, subito dopo un bel bicchiere di vino rosso. Saranno perfetti i vini locali da vitigni siciliani: Nero d’Avola, Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio. Fate evaporare e fate cuocere per 25 minuti. Il broccolo affogato è buonissimo tiepido o freddo. Evitate quindi di servirlo se è ancora troppo caldo. Naturalmente, da una famiglia all’altra, esistono delle varianti che prevedono l’aggiunta di alici o di tocchetti di salsiccia. Non vi resta che sperimentare.

 

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