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» Pasta fredda con frittata e pesto

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Innanzitutto, se non lo avete già pronto, preparate il pesto.
Preparate la frittata: sbattete le uova con un po’ di sale, incorporate il grana e metà della rucola, versatela in uno stampo da 20×20 cm rivestito di carta forno e cuocete per circa 20 minuti a 200°C, in forno ventilato già caldo (in alternativa potete cuocerla normalmente in padella con un filino d’olio, girandola a metà cottura).

Nel frattempo mettete a bollire una pentola di acqua salata, cuocete la pasta, scolatela al dente e conditela con un filo d’olio.
Lasciate raffreddare pasta e frittata e intanto preparate gli altri ingredienti: lavate e tagliate i pomodorini, tagliate a cubetti la provola, predisponete la rucola restante.

Quando pasta e frittata saranno almeno tiepide (meglio ancora se fredde), tagliate quest’ultima a quadrotti e unite tutti gli ingredienti insieme, compreso il pesto, infine aggiustate di sale.

La pasta fredda con frittata e pesto è pronta: potete servirla subito, o tenerla almeno 30 minuti in frigo.

Ricetta Pasta ’ncasciata del commissario Montalbano

Ricetta Pasta ’ncasciata del commissario Montalbano

«Nel forno troneggiava una teglia con quattro enormi porzioni di pasta ’ncasciata, piatto degno dell’Olimpo; se ne mangiò due porzioni, rimise la teglia nel forno, puntò la sveglia, dormì piombigno per un’ora, si alzò, si fece la doccia, si rivestì coi jeans e la camicia già allordati, arrivò in ufficio». (Tratto da Il cane di terracotta di Andrea Camilleri, Sellerio, 1996)

  • 650 g 2 melanzane
  • 500 g pasta corta tipo sedanini rigati
  • 300 g passata di pomodoro
  • 250 g polpa macinata di manzo
  • 200 g caciocavallo
  • 100 g pecorino grattugiato
  • 80 g salame
  • 2 uova sode
  • vino bianco secco
  • olio di arachide
  • olio extravergine di oliva
  • aglio
  • sale

Per preparare la famosa pasta ’ncasciata del commissario Montalbano, scaldate 3 cucchiai di olio extravergine in un tegame con un altro spicchio di aglio, unite la passata di pomodoro e cuocete dolcemente per 30 minuti.
Rosolate 1 spicchio di aglio schiacciato con la buccia in una casseruola velata di olio extravergine. Unite la polpa di manzo e cuocete per 5-6 minuti; sfumate con 1/2 bicchiere di vino bianco, unite il salame a tocchetti e continuate a cuocere per altri 15-20 minuti. Riducete il caciocavallo a dadini.
Tagliate le melanzane a cubetti, accomodateli in uno scolapasta salandoli a mano a mano. Lasciateli eliminare l’acqua per almeno 30 minuti. Sciacquateli, tamponateli delicatamente con carta da cucina e friggeteli in abbondante olio di arachide bollente per 1-2 minuti al massimo. Scolateli su carta cucina.
Lessate la pasta al dente, scolatela e conditela con la salsa di pomodoro, la polpa di manzo, le melanzane fritte, 3/4 dei dadini di caciocavallo e 80 g di pecorino. Tagliate a tocchetti le uova sode.
Distribuite la pasta condita in una pirofila unta di olio, unendo anche le uova. Completate alla fine con il resto dei dadini di caciocavallo e del pecorino. Infornate a 190 °C per 10-15 minuti al massimo. Sfornate e servite subito.

Green pass per entrare al ristorante e al bar?

Green pass per entrare al ristorante e al bar?

In Francia, il presidente Emmanuel Macron ha imposto il green pass per contrastare la ripresa dei contagi. Mentre in Italia il dibattito è aperto, vediamo dove è obbligatorio

Il green pass per entrare nei ristoranti e nei bar? In Francia il presidente Emmanuel Macron lo ha già imposto per contrastare la ripresa dei contagi: Oltralpe la certificazione è diventata necessaria per accedere a ristoranti, bar, centri commerciali, treni e aerei.

Il modello francese ha convinto il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, secondo cui «è sicuramente una scelta giusta. Dovremmo farlo anche in Italia: non mi chiedete perché ancora non siamo partiti, io a Speranza l’ho detto tante volte». Secondo Sileri, il green pass va applicato «sul serio», perché «è un mezzo per non tornare indietro quando i contagi saranno più elevati».

L’altro sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, invece, la pensa diversamente: «Per quanto riguarda l’obbligatorietà del green pass, un conto è se parliamo di discoteche o stadi, ma per i ristoranti e i bar è eccessivo anche perché si introdurrebbe un elemento economico: pensiamo alla famiglia che va a mangiare una pizza e che costringiamo a pagarsi il tampone. Io credo che su questo sarei cauto», ha spiegato. «Poi se un ristoratore, liberamente, fa entrare solo i clienti vaccinati con il green pass è un altro discorso. Veicoliamo il messaggio che è importante vaccinarsi. Noi siamo più avanti rispetto alla Francia: abbiamo vaccinato il 43% della popolazione e loro il 36%».

Fra i partiti, i favorevoli al modello Macron sono M5s, Pd e Forza Italia (anche se ognuno con sfumature diverse), mentre gli apertamente contrari sono Lega e Fratelli d’Italia.

Una tendenza europea
Altri Paesi europei, d’altra parte, hanno già adottato lo stile francese: in Grecia, fino alla fine di agosto, solo le persone vaccinate avranno il permesso di entrare in luoghi chiusi come i centri di intrattenimento e i bar, oltre che i cinema e i teatri. Anche in Danimarca è richiesto il pass sanitario per entrare all’interno di ristoranti e bar. In Portogallo, dal 10 luglio, in 60 Comuni (fra cui Lisbona e Porto) i ristoratori sono obbligati a chiedere il certificato vaccinale per accogliere i clienti. In Spagna i vaccinati tra la popolazione giovane sono ancora pochissimi: nei locali senza spazi all’aperto vengono richiesti test all’ingresso, e i alcuni titolari stanno proponendo un pacchetto all inclusive con drink e tampone.

La Fipe: «È discriminatorio»
Assolutamente contraria all’ipotesi green pass nei ristoranti è la Fipe, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi. «La campagna vaccinale va sostenuta, incoraggiata e, possibilmente, velocizzata. Questa è la nostra migliore arma per un ritorno alla stabilità delle nostre vite. Quello che tuttavia non è accettabile è che, per raggiungere l’immunità di gregge, si finisca per penalizzare sempre le solite categorie», dice Roberto Calugi, direttore generale di Fipe-Confcommercio.

Proprio l’Horeca, a causa delle misure adottate per contrastare la diffusione della pandemia, è uno dei settori che ha subito i maggiori danni: ammontano a oltre 34 i miliardi di euro nel 2020 e a oltre 6 nei primi mesi del 2021 le perdite stimate per i pubblici esercizi, a 22 mila le imprese chiuse e a 243 mila i dipendenti che hanno perso il lavoro.

«I pubblici esercizi hanno pagato più di ogni altro settore nei 16 mesi della pandemia, sia in termini di perdita di fatturati che in termini di posti di lavoro. Andare ancora una volta a pesare sulle nostre attività significa compromettere la ripartenza e allontanare le migliaia di professionisti che stavano tornando pian piano ad avere fiducia e a mettere le loro competenze a disposizione dei locali. Se proprio si vuole percorre questa strada, che il vincolo del vaccino valga per ogni tipo di attività, dal teatro, alla palestra, al supermercato, a ogni altro luogo. Altrimenti è discriminatorio».

 

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