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Green pass per entrare al ristorante e al bar?

Green pass per entrare al ristorante e al bar?

In Francia, il presidente Emmanuel Macron ha imposto il green pass per contrastare la ripresa dei contagi. Mentre in Italia il dibattito è aperto, vediamo dove è obbligatorio

Il green pass per entrare nei ristoranti e nei bar? In Francia il presidente Emmanuel Macron lo ha già imposto per contrastare la ripresa dei contagi: Oltralpe la certificazione è diventata necessaria per accedere a ristoranti, bar, centri commerciali, treni e aerei.

Il modello francese ha convinto il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, secondo cui «è sicuramente una scelta giusta. Dovremmo farlo anche in Italia: non mi chiedete perché ancora non siamo partiti, io a Speranza l’ho detto tante volte». Secondo Sileri, il green pass va applicato «sul serio», perché «è un mezzo per non tornare indietro quando i contagi saranno più elevati».

L’altro sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, invece, la pensa diversamente: «Per quanto riguarda l’obbligatorietà del green pass, un conto è se parliamo di discoteche o stadi, ma per i ristoranti e i bar è eccessivo anche perché si introdurrebbe un elemento economico: pensiamo alla famiglia che va a mangiare una pizza e che costringiamo a pagarsi il tampone. Io credo che su questo sarei cauto», ha spiegato. «Poi se un ristoratore, liberamente, fa entrare solo i clienti vaccinati con il green pass è un altro discorso. Veicoliamo il messaggio che è importante vaccinarsi. Noi siamo più avanti rispetto alla Francia: abbiamo vaccinato il 43% della popolazione e loro il 36%».

Fra i partiti, i favorevoli al modello Macron sono M5s, Pd e Forza Italia (anche se ognuno con sfumature diverse), mentre gli apertamente contrari sono Lega e Fratelli d’Italia.

Una tendenza europea
Altri Paesi europei, d’altra parte, hanno già adottato lo stile francese: in Grecia, fino alla fine di agosto, solo le persone vaccinate avranno il permesso di entrare in luoghi chiusi come i centri di intrattenimento e i bar, oltre che i cinema e i teatri. Anche in Danimarca è richiesto il pass sanitario per entrare all’interno di ristoranti e bar. In Portogallo, dal 10 luglio, in 60 Comuni (fra cui Lisbona e Porto) i ristoratori sono obbligati a chiedere il certificato vaccinale per accogliere i clienti. In Spagna i vaccinati tra la popolazione giovane sono ancora pochissimi: nei locali senza spazi all’aperto vengono richiesti test all’ingresso, e i alcuni titolari stanno proponendo un pacchetto all inclusive con drink e tampone.

La Fipe: «È discriminatorio»
Assolutamente contraria all’ipotesi green pass nei ristoranti è la Fipe, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi. «La campagna vaccinale va sostenuta, incoraggiata e, possibilmente, velocizzata. Questa è la nostra migliore arma per un ritorno alla stabilità delle nostre vite. Quello che tuttavia non è accettabile è che, per raggiungere l’immunità di gregge, si finisca per penalizzare sempre le solite categorie», dice Roberto Calugi, direttore generale di Fipe-Confcommercio.

Proprio l’Horeca, a causa delle misure adottate per contrastare la diffusione della pandemia, è uno dei settori che ha subito i maggiori danni: ammontano a oltre 34 i miliardi di euro nel 2020 e a oltre 6 nei primi mesi del 2021 le perdite stimate per i pubblici esercizi, a 22 mila le imprese chiuse e a 243 mila i dipendenti che hanno perso il lavoro.

«I pubblici esercizi hanno pagato più di ogni altro settore nei 16 mesi della pandemia, sia in termini di perdita di fatturati che in termini di posti di lavoro. Andare ancora una volta a pesare sulle nostre attività significa compromettere la ripartenza e allontanare le migliaia di professionisti che stavano tornando pian piano ad avere fiducia e a mettere le loro competenze a disposizione dei locali. Se proprio si vuole percorre questa strada, che il vincolo del vaccino valga per ogni tipo di attività, dal teatro, alla palestra, al supermercato, a ogni altro luogo. Altrimenti è discriminatorio».

 

» Schiacciate tonno e pomodori

Misya.info

Innanzitutto impastate velocemente gli ingredienti per la base fino ad ottenere un panetto omogeneo.

Mentre l’impasto riposa per qualche minuto, preparate la farcitura: lavate e tagliate i pomodorini, tagliate il fior di latte a dadini, sgocciolate accuratamente il tonno.

Riprendete l’impasto, dividetelo in 4 parti uguali e stendetelo fino a formare delle pizzette allungate, piuttosto sottili.

Cuocete le schiacciatine in un’ampia padella antiaderente leggermente unta di olio, a fiamma medio-bassa: una volta cotto il primo lato, giratele con una spatola e farcitele, in modo che il fior di latte si sciolga.

Le schiacciate tonno e pomodori sono pronte, potete servirle calde, tiepide o anche fredde, a seconda della farcitura che avrete scelto.

» Crostata camilla – Ricetta Crostata camilla di Misya

Misya.info

Innanzitutto preparate la pasta frolla: mettete tutti gli ingredienti in una ciotola, impastate velocemente fino ad ottenere un panetto, avvolgetela con pellicola trasparente e lasciatela riposare in frigo per almeno 1 ora.

Quando la frolla sarà quasi pronta per essere utilizzata, potete iniziare a preparare l’impasto delle camille: Mondate le carote, lavatele bene e frullatele molto finemente.

Montate gli albumi a neve ferma con lo zucchero fino ad ottenere una meringa soda e lucida.

Mettete in una ciotola i tuorli, unite il burro fuso intiepidito, le carote, la farina di mandorle, la farina normale e la buccia di arancia, e mescolate, infine incorporate delicatamente anche gli albumi, con un movimento dal basso verso l’alto, per farli smontare il meno possibile: dovreste ottenere un impasto piuttosto cremoso.

A questo punto potete procedere ad assemblare il dolce: stendete la frolla in una sfoglia sottile e usatela per foderare lo stampo imburrato, eliminando poi i bordi in eccesso.

Riempite il guscio di frolla con l’impasto, livellate la superficie e cuocete per circa 30 minuti a 180°C, in forno ventilato già caldo.

La crostata camilla è pronta: decorate a piacere ocn mandorle a lamelle e servite.

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