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Le tagliatelle di Zaghini, trattoria romagnola

Le tagliatelle di Zaghini, trattoria romagnola

È il tempio delle tagliatelle in Romagna dal 1895. Qui, ogni giorno, si fanno 100 uova d’impasto a mano. Lo sanno bene Fellini e Tonino Guerra, che in questa trattoria erano di casa

C’è un posto in Romagna dove tutti i giorni dal 1895 impastano a mano 100 uova per 10 chili di tagliatelle. È Zaghini di Santarcangelo, una di quelle trattorie romagnole di una volta, che fu tempio di Tonino Guerra, Fellini, Mastroianni e tanti altri che la decretarono istituzione indiscussa per le tagliatelle. Con ragùpiselli.

La famiglia Zaghini ieri

Velia la conoscevano tutti. Il mondo del cinema le aveva attribuito l’oscar della tavola, in particolare per le sue tagliatelle. Parola di gente come Fellini, Mastroianni, Tornatore, Monica Vitti, Tognazzi, Zurlini o, ancora, Giannini, Pozzetto, Antonioni, anche se questo è stato principalmente il regno di Tonino Guerra, nato, cresciuto e vissuto a Santarcangelo. Velia era una di quelle donne romagnole dal carattere forte, in cucina poi era un generale, non solo alle prese con le tagliatelle, ma anche con altri piatti rimasti leggendari, quali la sua trippa o il brodetto, che infatti dopo la sua scomparsa decisero di non cucinare più. A continuare l’attività furono i suoi figli Edoardo e Licia: non potevano lasciare il luogo dove erano cresciuti, un posto talmente denso di ricordi che ancora oggi sembra di sentire Fellini e Guerra che discutono della sceneggiatura di Amarcord e decidono di chiamarlo così bevendo l’Amaro Cora.

La famiglia Zaghini oggi

Con Edoardo il ristorante vive una nuova era di massimo splendore, fino a una brutta malattia che nel 2013 lo porta via. Così è sua moglie Gabriella, insegnante di matematica, a subentrare nella squadra, insieme ai figli Alessandro, in cucina, e Valentina, in sala. «Mio padre all’inizio non voleva che facessi il suo lavoro, diceva sempre che avrei avuto tempo per farlo», racconta Alessandro. «Così per anni ho viaggiato per il mondo e spesso mi è capitato di essere riconosciuto in giro come il figlio di Zaghini, quello della trattoria, persino in Israele». Nel tempo non è cambiato praticamente niente, se non l’aggiunta del coniglio farcito (prima solo al forno o in porchetta), il maialino e il pesce di venerdì. Ma le camere sono sempre disponibili al primo piano e le tagliatelle si fanno ancora rigorosamente tutte a mano, tutti i giorni. E si sente. Eccome se si sente!

Rosanna: la vestale delle tagliatelle

Il segreto delle tagliatelle di Zaghini sta tutto nella manualità al 100%, dalla A alla Z, per cui ogni passaggio viene completato a mano. È Rosanna che se ne occupa da più di dieci anni, con un’energia magistrale e una fatica encomiabile: tutti i giorni alle otto (massimo) inizia a impastare 100 uova (nei giorni di festa anche 180) per circa 10 chili di impasto. Una volta pronto l’impasto, lo distende sui tavoli del ristorante, dove è facile scambiarlo per una tovaglia, tant’è che spesso Valentina deve avvertire i suoi clienti di non appoggiare nulla sopra. Dopo circa mezz’ora, tempo che varia a seconda del clima e della stagione, si passa alla fase del taglio, anch’essa tutta manuale. «Ormai usano tutti la macchina, ma le cose fatte a mano sono sempre diverse, hanno un altro sapore». Così anche le altre paste fresche della tradizione romagnola da Zaghini vengono preparate a mano: dai cappelletti ai tortellini in brodo, fino agli strozzapreti alla contadina con pomodoro e cipolla da acqua, “la bionda”, prodotto tipico di Santarcangelo.

Il ragù con piselli

Forse non tutti sanno che in Romagna le tagliatelle al ragù prevedono anche i piselli, che possono essere serviti sia a parte (su richiesta) che direttamente nel piatto. Per quanto riguarda il ragù di base, invece, da Zaghini viene preparato solo con le parti più magre di maiale e vitello; infatti, a differenziarlo da altri ragù, come ad esempio quello bolognese, è proprio l’essere meno grasso. Anche in questo caso, si inizia tutti i giorni presto, verso le sette del mattino, con il taglio della carne; poi si mette tutto a bollire con olio (senza burro, strutto o panna), sale e pepe nero macinato (senza altre spezie) e dopo circa un’ora si aggiunge il concentrato di pomodoro. Da questo momento in poi il ragù deve cuocere per almeno quattro ore, altrimenti non possiamo definirlo tale. Le quantità? Tutto a occhio, è questa la cucina di una volta!

Pollo allo spiedo e Caciara

Oltre alle tagliatelle, a non mancare mai nel menu è il pollo allo spiedo, un classico che nel 1948 Zaghini propose come novità del ristorante. Da quel giorno viene sempre imbottito e girato a mano, perché continua a essere la manualità la caratteristica primaria di Zaghini, ciò che la rende una vera e propria trattoria di una volta, di quelle rare, ormai in via d’estinzione. Mi raccomando però, che in accompagnamento ci sia sempre presente del Sangiovese, meglio se il Caciara degli Ottaviani, per rendere al massimo lo spirito romagnolo che permea questo luogo (se in periodo autunnale invece è d’obbligo un po’ di cagnina). E poi, Velia non avrebbe mai potuto tollerare un tavolo senza vino nel suo ristorante.

Tartiflette, il piatto che ti fa sentire al calduccio

Tartiflette, il piatto che ti fa sentire al calduccio

Una ricetta francese ideale per scaldare un pranzo in montagna o una giornata di freddo e pioggia anche in città. Ecco come prepararla

Caldo, sostanzioso, ricco, goloso: la tartiflette è il piatto ideale per i pranzi d’inverno. Ha origini francesi, in particolare è una preparazione dell’Alta Savoia, ma viene spesso proposto anche in Valle d’Aosta e nella zona del Monte Bianco. Non è un semplice sformato e il suo protagonista è il Reblochon, un formaggio tipico francese di latte crudo vaccino.

Da servire con un buon bicchiere di vino rosso che stempera il gusto pieno del piatto, la tartiflette è semplice da preparare, ma richiede due step, il primo in padella e il secondo in forno. Scopriamo insieme come fare.

La ricetta della tartiflette

Ingredienti

Per 4 persone vi serviranno: 400 g di Reblochon, 600 g di patate, 100 g di pancetta tagliata a cubetti o striscioline, 2 cipolle, 1 bicchiere di vino bianco secco, burro qb, sale e pepe qb. Tenete pronto del brodo in caso di necessità.

Procedimento

Come prima cosa lavate le patate e lessatele con la buccia per 15 minuti circa (o finché sono morbide ma non troppo, non devono spappolarsi) in acqua bollente salata. Scolatele, poi pelatele e fatele raffreddate. Tagliatele a cubetti e mettetele da parte. Sbucciate poi le cipolle e affettatele sottilmente. Mettetele in una padella a rosolare con una noce di burro, aggiungete la pancetta. Lasciate cuocere a fuoco basso. Se vi sembra che il burro si sia asciugato troppo aggiungete poco brodo. Sfumate poi con il vino e fate cuocere finché la cipolla non sarà morbida. Aggiungete poi le patate e fatele saltare in padella. Salate e pepate. Tagliate il Reblochon a fette abbastanza spesse, mantenendo la crosta. Prendete una teglia, imburratela e versate il mix di patate, cipolle e pancetta. Coprite poi con il Reblochon e passate in forno per 10 minuti a 220°C.

Medaglioni di polenta al forno

Medaglioni di polenta al forno

Lo ammetto, noi siamo dei polentoni.

Come la temperatura inizia a scendere, la polenta molto spesso è nel menù della domenica; dato che mi piace molto, ne faccio sempre in abbondanza e poi la riciclo il giorno dopo in vari modi. 

Domenica ha piovuto parecchio e l’arrosto di coniglio con patate è stato il nostro primo piatto autunnale. Ovviamente polenta in abbondanza e piatto con avanzi il giorno dopo.

Ingredienti

250 g di polenta già cotta

          (io preparata con farina per polenta taragna)

formaggio grana grattugiato

fiocchetti di burro

Preparazione

Quando preparo la polenta per il riciclo, la stendo direttamente in una teglia leggermente unta e la livello in modo da formare uno strato uniforme alto circa 1 cm.

Scaldare il forno a 180°C e imburrare leggermente una teglia.

Con un coppa pasta formare dei dischi e sistemarli nella teglia precedentemente imburrata.

Cospargere con il formaggio grana grattugiato e finire con i fiocchetti di burro.
Infornare e cuocere fino a quando sulla superficie dei medaglioni non si è formata una crosticina croccante-

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