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Tellia: la pizza dell’anno è di Torino (e vale la fila)

Tellia: la pizza dell’anno è di Torino (e vale la fila)

Enrico Murdocco, giovane imprenditore e pizzaiolo, ha fatto successo proprio ora, sotto la pandemia. Perché la Pizza dell’anno 2021 premiata dal Gambero Rosso si mangia subito, ma è buona anche riscaldata e vuole restare popolare

La pizza al taglio è l’emblema del fast food all’italiana. Si scelgono un paio di pezzi al volo, breve riscaldamento in forno e si mangia su una panchina o persino camminando. Mentre a Roma la rivoluzione sulla pizza al taglio inizia dagli anni 90 per poi esplodere negli anni Duemila, a Torino nello stesso periodo dominavano le focaccerie liguri. Lo stile romano è arrivato timidamente solo negli ultimi anni, ma Tellia ne ha fatto una bandiera.

Alta, leggera, condita dopo

Pizza alta, ma leggera, come fosse sfogliata, con un crunch dovuto a una tostatura a puntino del fondo che lascia l’interno scioglievole. Queste sono le caratteristiche principali dell’impasto.
Come nella pizza gourmet ogni base viene cotta senza condimenti, giusto un filo d’olio o un cucchiaio di salsa di pomodoro se richiesta, affinché sia libera di svilupparsi in forno. Dopodiché la base viene condita o, meglio, impiattata con il topping che è stato studiato e preparato in precedenza. Come dice Enrico: «La libertà che dà il condire in questa maniera una pizza è la stessa che ha uno chef su un piatto, ogni ingrediente può avere la sua cottura specifica, solo che in questo caso il piatto si mangia».

Quanto è buona la pizza riscaldata

Una caratteristica che potrebbe sembrare limitante e invece è stata la forza di questo concept, proprio in quest’anno difficile, è che la pizza al taglio non può essere perfetta solo se mangiata subito. Ci sono giorni in cui una teglia sparisce in pochi minuti, ma altri in cui rimane esposta anche per qualche ora. Questa è una variabile importante per un pizzaiolo, poiché una consueta pizza di pizzeria, ad esempio, perde molto appeal in neanche un quarto d’ora. La pizza di Tellia, al contrario, rende al massimo scaldata a casa prima di essere gustata, seguendo i consigli di Enrico: «Quattro o cinque minuti in padella calda, con coperchio, senza olio o altro». Così si ottiene un prodotto che sembra appena sfornato, morbido e croccante, migliore di molte pizzerie da asporto. Ciò ha permesso a Tellia di attirare una clientela più variegata, poiché la gente che fa la fila alle cinque del pomeriggio, non è lì per la merenda, ma per la cena, e ne porta via per tutta la famiglia.

Pizza popolare

Enrico rivela di preferire il lievito di birra, l’uno percento del totale, per i suoi impasti. La complessità aromatica del lievito madre la sceglie solo per pizze bianche, senza topping, come per la focaccia di farro integrale con «olio super, sale affumicato e stop». Invece la maggior parte delle proposte di Tellia è formata da condimenti stratificati e ricchi. La pizza che lo descrive meglio, ci dice essere sicuramente la carbonara: «Una pizza estremamente tecnica, con la crema di uovo e pecorino cotta sotto vuoto ad esempio, ma anche popolare. Simbolo di romanità, ma anche delle sere in cui mia madre la preparava mentre aspettavamo mio fratello a tarda sera».

#croccantemorbidezza

Il menu è ricco di varietà, da proposte più rustiche come la porchetta, pecorino e cipolla caramellata, a topping più sfidanti, ma sempre deliziosi, come la Polpo, crema di mandorla e spinacino che ha vinto il premio Miglior Pizza 2021 di Gambero Rosso (da 8€). La missione per Enrico è rimanere comprensibili perché «se non sono comprensibile non valgo niente». E infatti la Margherita parte da 4€ e una teglietta 20*20 arriva a casa da 8€ con il servizio di delivery. Da assaggiare anche il Box romana con degustazione di Cacio e Pepe, Gricia e Amatriciana a 10€.

Enrico il pizza chef

Enrico Murdocco, classe 1991, entra nel mondo delle pizzerie lavorando il weekend mentre va ancora al liceo scientifico. Una volta diplomato e maggiorenne rileva la sua prima pizzeria da asporto. La storia di Enrico non è sicuramente comune, ma questo è solo il prologo. Dopo quattro anni di lavoro, Murdocco decide di volersi spingere in territori gastronomici nuovi e stimolanti. Riesce a entrare nella brigata di Michelangelo Mammoliti, proprio l’anno in cui prenderà la prima stella Michelin (adesso ne ha due), e apre la sua mente all’alta cucina e ai suoi metodi. Finita questa esperienza il ventiduenne Murdocco frequenta corsi con Bonci, da cui trae l’ispirazione per la pizza al taglio alla romana, poi con Renato Bosco e il suo Doppio Crunch, fino allo studio della pizza gourmet di Padoan e Prete. Dopo oltre cinque anni si sente preparato, ma capisce di non volere rivoluzionare la propria pizzeria d’asporto, ma invece vuole aprire un nuovo concept. Ad autunno 2019 nasce quindi Tellia, progetto frutto di tutte le conoscenze acquisite, a gennaio 2021 ha aperto la seconda sede.

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Testo a cura di Jacopo Giavara, e Margo Schachter

Marianna Vitale è la cuoca dell’anno

Marianna Vitale è la cuoca dell'anno

La chef e patronne di Sud ha conquistato il Premio Michelin Chef Donna 2020 by Veuve Cliquot. La storia e la visione di una ragazza napoletana, praticamente autodidatta, che è diventata sempre più brava, in un piccolo ristorante di Quarto

Di solito le home page dei ristoranti stellati sono ‘leggere’, goderecce o quantomeno rassicuranti. Quella di Sud, il locale di Marianna Vitale – vincitrice del Premio Michelin Chef Donna 2020 by Veuve Cliquot – è praticamente un manifesto sociale. «Sud è una piccola idea con molte parole. L’amore e la passione, la furia e la fatica. L’ansia e la gioia, la ricerca e il lavoro. Parole che sono i mattoncini con cui abbiamo costruito il nostro modo di stare nel mondo: il modo di Sud». Si capisce molto di questa ragazza meridionale, come la siciliana Martina Caruso, che vinse il premio nel 2019.  Napoletana di Porta Capuana, classe 1980. la Vitale ha una storia decisamente unica nella ristorazione italiana: vero che il padre era cuoco professionista («che oltre vent’anni fa preparava pietanze attualissime» sottolinea) e lei avrebbe voluto frequentare l’istituto alberghiero. Ma non è nata chef «perchè mia madre non era d’accordo sulla mia idea, in quel momento le aspettative in famiglia erano diverse e si diceva che fosse una scuola solo per ragazzi» racconta.

Faceva la guida turistica

Da qui un percorso scolastico di tipo classico. Nel 2004, Marianna si laurea in Lingua e Letteratura Spagnola. Come primo impiego illustra ai turisti stranieri ogni anfratto di San Gregorio Armeno e Decumani in una lingua che i napoletani trovano familiare per una dominazione lunga due secoli. Ma la passione per la cucina resiste, eccome. Per materializzarsi ha bisogno di una svolta che arriva nel 2008 quando fa esperienza, per un anno, ai fornelli di Palazzo Petrucci alla corte di Lino Scarallo.  È da lui («un gran lavoratore di profilo basso, che si pone un solo obiettivo: ristorare») che apprende le basi della cucina semplice e di territorio. L’ambizione la spinge presto a un progetto tutto suo, affiancata da Pino Esposito, sommelier e marito. A Quarto, cittadina non facile dei Campi Flegrei,  aprono il ristorante Sud nel maggio 2009: tra la sorpresa generale, in soli tre anni, arriva la stella Michelin, sempre riconfermata da quell’edizione.

Cucina popolare creativa

In realtà, la Vitale ha seguito una rotta lucida: valorizzare i prodotti del territorio, conoscendo benissimo la tradizione ma senza farsene condizionare. Lei la definisce ‘cucina popolare creativa’ perchè «non è come la sempre citata rivisitazione della tradizione: qui la tradizione non viene mai abbandonata, perché il napoletano vive la sua cucina come una mentalità, è radicata in lui». E’ stata bravissima, perchè a parte il già citato passaggio da Scarello, è un’autodidatta. «Non c’è una vera e propria figura che mi abbia ispirato in questo senso, è sempre stato un mio desiderio diventare una cuoca, per cui ho fatto di tutto per realizzare questo sogno. Ho guardato molto alle donne come me, in particolare quelle europee, in Spagna ed in Francia, e sulla scia del loro esempio ho imparato molto anche da sola» dice. Paste secche e pesce povero sono le stelle comete, interpretati in piatti intensi, caldi e raffinati.

Angelina, l’altro locale

A conferma della sua visione ‘popolare’, nel febbraio 2019, ha inaugurato a Napoli una tavola calda moderna’ che ripropone la cucina napoletana divertente e attenta agli sprechi. «Si chiama Angelina come mia nonna e, più che le sue ricette, l’aspetto che mi ha sempre colpito è il suo modo di gestire la cucina con pochi soldi pur dovendo cucinare per tante persone, perché la famiglia era numerosa. Per questo il menu viene scandito giorno per giorno e si basa su semplici ingredienti. E’ anche cucina take away, perché sono pietanze che puoi portare sempre con te, sia a casa che quando vai al mare. C’è un po’ di tutto, dai primi piatti alle frittate di maccheroni, dalle pizze rustiche alle zuppe e così via. Ed è quello che è ripartito per primo dopo il lockdown»

Non è il primo riconoscimento

La conquista del Premio Michelin Chef Donna 2020 by Veuve Cliquot – nell’ambito della quinta edizione dell’Atelier des Grandes Dames, il network che ha lo scopo di celebrare il talento femminile nell’alta ristorazione voluto dalla maison di Champagne – si aggiunge a un palmarès già ricco di riconoscimenti: basti pensare che nel 2015 fece una doppietta come miglior cuoca d’Italia per L’Espresso e per Identità Golose. «Non mi  sono mai sentita un fenomeno, conta moltissimo avere un gruppo come il mio. Poi sono premi che fanno piacere ma soprattutto danno la motivazione a continuare e a far capire che pure a Quarto – tra mille difficoltà – si possono fare buone cose» spiega Marianna, che è una delle 43 chef italiane a capo di ristoranti stellati. In tutto il mondo, per la cronaca, sono 168. Il prossimo traguardo? Magari la doppia stella Michelin? «Non abbandonerò Sud e Angelina, realtà che amo anche e soprattutto per l’impegno che hanno comportato per la loro realizzazione. Magari potrò lavorare in un posto più grande o anche più piccolo, magari riducendo i coperti. L’unica certezza è che cercherò di andare avanti sempre con gli stessi obiettivi, da lì non si cambia». risponde la più brava cuoca italiana. E sicuramente una delle più colte e determinate.

Blue Monday. Il menu per affrontare il giorno più triste dell’anno

Blue Monday. Il menu per affrontare il giorno più triste dell'anno

Il 20 gennaio è il giorno più triste dell’anno. Combattiamolo con un menu pieno di gioia servito su una tovaglia blu!

Il terzo lunedì di ogni anno è il giorno più triste. Il Blue Monday quest’anno cade il 20 gennaio (sarà il venti venti venti!) e, secondo l’algoritmo dello psicologo inglese Cliff Arnal, ci aspetterà un giorno davvero deprimente. Demotivati, affaticati e privi di aspettative. Se vi sentite così non preoccupatevi, è solo l’effetto prevedibile di una preannunciata giornataccia.

La fine delle feste natalizie, il weekend appena concluso, un nuovo anno, per giunta bisestile, e una nuova settimana da affrontare faranno di voi uno straccio. O quasi. Ma perché non giocare d’astuzia?
Mettete la sveglia una mezz’ora prima del solito, dedicate qualche minuto a un dolce risveglio muscolare, proseguite con la doccia, una buona colazione e indossate i vostri abiti preferiti. Affrontate la giornata con spensieratezza ed evitate di fare progetti a meno che non si tratti di pensare al prossimo weekend fuori porta, oppure in montagna a sciare! Questo sì che sarà un buon progetto da fare!

E poi il 2020 è proprio l’anno del blu, interpretato come colore positivo e non come simbolo della tristezza. Così ce lo descrive infatti il Pantone Institute: «Pantone Classic Blue è una tonalità su cui possiamo fare sempre affidamento, trasmette proprio questa sensazione di costanza e fiducia. Dotato di profonda risonanza, esso costituisce una solida base cui ancorarsi. Blu sconfinato che rievoca il vasto e infinito cielo serale, ci incoraggia a guardare al di là dell’ovvio per pensare più in profondità e fuori dagli schemi, ampliare i nostri orizzonti e favorire il flusso della comunicazione».

Quindi sfidate questo Blue Monday con una tavola apparecchiata con una tovaglia blu! E poi seguite i nostri consigli e preparate questo menu!

Blue Monday

Siamo quello che mangiamo: partiamo dalla tavola per ritrovare la gioia

Per affrontare il Blue Monday abbiamo pensato a un menu del buon umore ricco di piacevoli ricordi d’infanzia, trasgressioni e gratificazioni. Del resto questo è un giorno difficile: ci meritiamo qualche coccola in più, no? Ah, e non dimenticate la sfida: tovaglia blu!

Si parte dalle capesante gratinate alle erbe e ‘nduja, contando sul potere esotico delle conchiglie (non è mai troppo presto per pensare alle vacanze al caldo) e sul potere energizzante del peperoncino. A seguire una piccola porzione di pasta alla gricia. Comfort food d’eccellenza, la pasta è la scelta giusta per rassicurarci in una giornata difficile. La croccantezza del guanciale e la sua sapidità ci faranno sentire immersi in una di quelle antiche trattorie romane in cui si mangia, beve e ride, lasciandosi ogni pensiero alle spalle. Come secondo piatto antitristezza abbiamo scelto gli spiedini di manzo con ketchup di barbabietola. Ricordano i finger food degli aperitivi mondani, ma soprattutto… si mangiano con le mani. Il bambino che è in noi sarà molto felice di poter lasciare da parte le posate. La salsa alla barbabietola, inoltre, è una preziosa fonte di sali minerali e antiossidanti, ideali per prenderci cura di noi e ritrovare la giusta carica. A chiudere il menu del buon umore, la crostata con ganache, arance e fior di panna. Contiamo sulla capacità del cioccolato di confortarci nei momenti no, sulla bontà della panna che suona sempre come una dolce trasgressione e sulla vitamina C. Le arance sono infatti il frutto di stagione cui affidarsi per fare il pieno di vitalità. Senza contare il fatto che un dolce a base di agrumi ci donerà un senso di freschezza capace di conciliare il sonno. E che siano sogni buoni!

Il nostro menu per il Blue Monday

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