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Pettole pugliesi: la ricetta tradizionale

La Cucina Italiana

Come fare le pettole pugliesi

Le pettole, note anche come pittule, sono delle morbide palline di pasta lievitata tipiche della tradizione culinaria pugliese che vengono fritte in olio bollente. Diffuse anche in Basilicata, Campania e Calabria, sono molto gustose sia nella versione salata che in quella dolce e affinché se ne apprezzi la fragranza, devono essere gustate caldissime.

Vengono cucinate durante tutto l’anno ma da tradizione a Lecce si preparano l’11 novembre nel giorno di San Martino, a Taranto il 22 novembre nel giorno di Santa Cecilia, a Brindisi il 7 e l’8 dicembre per l’Immacolata e a Foggia per la vigilia di Natale.

Pettole pugliesi: la ricetta base e alcune varianti

Fare le pettole in casa è molto semplice. Quella che segue è la ricetta base che può essere arricchita a piacere nella versione salata con cavolfiore, acciughe, capperi, olive, cime di rapa e pomodori secchi.
Se invece volete provare le pettole nella versione dolce, una volta pronte irroratele con miele, mosto cotto, sciroppo d’acero o ripassatele nello zucchero semolato.

Pettole pugliesi (pittule)

Ingredienti per 8 persone

540 g di farina 00
300 g di acqua frizzante
100 g di patate lesse
20 g di lievito di birra fresco
1 cucchiaino di zucchero semolato
1 lt di olio di semi di arachidi
1 cucchiaino di sale

Procedimento

Sbriciolate il lievito e fatelo sciogliere in 50 g di acqua presa dal totale alla quale avrete aggiunto il cucchiaino di zucchero. Schiacciate le patate e setacciate la farina all’interno di una capiente ciotola. Unite il sale e formate un buco al centro. Aggiungete la patata schiacciata, l’acqua con il lievito e iniziate ad impastare. Versate a filo la restante acqua e mescolate aiutandovi con un cucchiaio o con le mani fino ad ottenere un composto morbido e colloso. Coprite la ciotola con la pellicola trasparente e fate lievitare in luogo tiepido fino al raddoppio del volume.

Quando l’impasto sarà lievitato versate l’olio di semi di arachidi in una casseruola dai bordi alti e portatelo alla temperatura di 180°C. Con l’aiuto di due cucchiai prelevati delle piccole porzioni di impasto che farete scivolare nell’olio bollente. Friggete le pettole fino a che saranno dorate girandole a metà cottura con una pinza. Recuperatele con una schiumarola e fatele scolare brevemente su un foglio di carta assorbente per fritti. Servite le pettole calde!

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Ricerche frequenti:

Il senso degli italiani per il croccante

La Cucina Italiana

Gommoso o croccante? Amaro, acido, dolce, salato, umami. Il gusto viene descritto secondo cinque, sei parametri, sette secondo alcuni che aggiungono il gusto grasso all’elenco. Ma di texture si parla invece molto poco. Mangiare però è un’esperienza che coinvolge tutti i cinque e sensi: vista, olfatto, gusto e anche il tatto. La consistenza di un cibo è parte integrante dell’esperienza gastronomica; e di un gusto che oltre che essere personale è assolutamente culturale. Durante un’analisi sensoriale si utilizzano una serie di parametri, alcuni giudicati tendenzialmente positivi per il cibo, come la succosità o la friabilità, altri negativi, come la durezza o la granulosità. E poi ci sono consistenze che contraddistinguono intere popolazioni, proprio come l’amore per il piccante o la dolcezza.  Noi andiamo matti per il croccante

Croccante, il gusto istintivo che ricerchiamo da sempre

C’è un croccante naturale, che identifica i cibi freschi e sani, come la frutta o la verdura: carote, mele, insalata… se non fossero croccanti sarebbero avariate. Ecco la conclusione dell’antropologo John S. Allen della University of Southern California nel suo libro The Omnivorous Mind: Our Evolving Relationship with Food. Un po’ come lo zucchero, siamo biologicamente programmati per sceglierlo come alimento. Tanto da aver imparato a rendere croccanti cibi che non lo sono all’origine. Le noccioline tostate, la crosta del pane, i fritti: la storia della nostra cucina si è evoluta e le tecniche si sono specializzate per rendere cibi e ingredienti, croccanti. Così tanto che oggi l’industria alimentare ricerca e sviluppa prodotti così croccanti da diventare irresistibili. Basta provare a masticare una patatina oramai floscia: è ancora così buona? Difficile che ne faremo un secondo morso. Empirico, direte voi, scientifico. 

Anche il suono conta

Si chiama gastrofisica la scienza che studia le variabili che influenzano il modo in cui sperimentiamo il cibo e le bevande. Charles Spence, psicologo e professore all’Università di Oxford e uno dei più importanti esperti al mondo di gastrofisica, ha condotto una ricerca (seria) fino a dimostrare che modificando elettronicamente il suono di una patatina, amplificandolo, gli assaggiatori percepiscono delle normalissime Pringles più fresche e croccanti. Lo stesso studioso ha anche dimostrato che le persone danno valutazioni più elevate alle bevande gassate quando il suono delle bollicine è più intenso e ravvicinato. Quindi che i suoni oltre che le percezioni tattili di croccantezza, ci inducono ad amare di più quello che mangiamo, a godercelo molto di più. A renderlo addirittura sensuale, come nel caso dell’ASMR. Ma non è così in tutto il mondo.

Il gusto “Q” per l’elastico e il gommoso

In Oriente le consistenze tradizionalmente più amate sono altre dal croccante. In Giappone, per esempio, c’è un termine per definire la consistenza di cibi deliziosamente viscidi: neba-neba. Hanno una parola per definire questa sensazione perché hanno una tradizione gastronomica di cibi con questa consistenza: il natto (soia fermentata), le alghe o il tororo (una patata che viene grattugiata cruda e che assume una consistenza mucillaginosa). A Taiwan esiste una definizione invece per la consistenza gommosa e scivolosa, lo chiamano “Q”. Riso glutinoso, mochi, gnocchi di riso, ramen in brodo, trippa, le palline di tapioca del bubble tea o, per meglio trovare un riferimento comune, le caramelle gommose.  In tutta la Cina si consumano piatti per la loro consistenza più che per il sapore: meduse, tagliatelle di patate, pasta e gelatine di konjac. O semplicemente, il tofu. L’elasticità, la gommosità, la scivolosità sono una leccornia, e non a caso il risucchio di una scodella di noodles in brodo non è considerato maleducazione per niente. Anzi.
Basta ascoltare qualche video di AMSR: la consistenza e il suo suono sono sensuali e rilassanti in modo diametralmente diverso. Il mondo si divide in chi sgranocchia e chi risucchia. Ma come si dice, de gustibus non est disputandum.

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