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Coronavirus, i guanti di plastica distruggono l’ambiente

Coronavirus, i guanti di plastica distruggono l’ambiente

Spesso non vengono smaltiti in maniera responsabile. Simili ai sacchetti, presto raggiungeranno fiumi e mari trasformandosi in cibo per la fauna marina. E possono anche diffondere il contagio

Se non sono usati correttamente, possono addirittura trasformarsi in veicolo per la diffusione del coronavirus. E se non vengono smaltiti in modo responsabile, porteranno a un vero e proprio disastro ambientale, con lo sterminio di tante creature innocenti. I guanti di plastica possono essere utili, ma non in tutte le circostanze e solo a patto di rispettare le regole per il loro uso. Lo sottolinea l’associazione Plastic Free, che ha lanciato una petizione diretta a Sergio Costa, ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, che è già stata firmata da quasi 6mila persone.

«Pensi che servano davvero i guanti in plastica se poi tocchiamo ogni cosa? Soprattutto quando andiamo a fare la spesa, con gli stessi guanti usciamo di casa, guidiamo l’auto, tocchiamo il carrello, poi il telefono per leggere la lista della spesa, poi la spesa, i soldi o la carta di credito per il pagamento. Una volta tolti, tocchiamo nuovamente la spesa e il cellulare senza problemi. Davvero pensi che l’utilizzo dei guanti in plastica siano davvero efficaci?», si legge nel testo. In effetti, bisognerebbe anche ricordare che il virus sopravvive fino a 72 ore sulla plastica. Lo spiega anche l’Istituto superiore di sanità (Iss), che sul suo sito scrive che l’uso «dei guanti, come quello delle mascherine, aiuta a prevenire le infezioni ma solo a determinate condizioni. Diversamente, il dispositivo di protezione può diventare un veicolo di contagio».

Sì ai guanti a patto che «non sostituiscano la corretta igiene delle mani che deve avvenire attraverso un lavaggio accurato e per 60 secondi, siano ricambiati ogni volta che si sporcano ed eliminati correttamente nei rifiuti indifferenziati, come le mani, non vengano a contatto con bocca naso e occhi, siano eliminati al termine dell’uso, per esempio, al supermercato, e non siano riutilizzati».

L’altro enorme problema è la loro dispersione nell’ambiente. «Nella maggior parte dei casi, il loro utilizzo si circoscrive all’interno dei centri commerciali dove a fine utilizzo vengono lasciati nei carrelli, gettati in secchi della spazzatura senza coperchio o lasciati a terra. Un colpo di vento e vanno ovunque», dice ancora la petizione.

«La situazione sta davvero sfuggendo di mano. L’uomo e la plastica non vanno d’accordo, non lo sono mai andati. Il coronavirus doveva farci riflettere sull’importanza del nostro pianeta, ma non è andata così. L’inquinamento e l’inciviltà è aumentata, il senso di responsabilità per avere un mondo migliore è scomparso. I guanti in plastica monouso, spesso simili a bustine, sono ovunque e presto raggiungeranno fiumi e mari trasformandosi in cibo per la fauna marina. Cosa significa questo? Disastro ambientale e sterminio di tante creature innocenti».

L’unico modo per «fermare questa catastrofe», dice l’associazione, è smettere di utilizzare i guanti di plastica e, piuttosto, appena usciti dal supermercato, igienizzarsi le mani con un disinfettante gel prima di toccare il volante dell’auto o prendere il telefono.

Mangiare macrobiotico, o meglio macrobioticamente

Mangiare macrobiotico, o meglio macrobioticamente

La macrobiotica non è fatta di tabù e divieti alimentari. È piuttosto una filosofia antica, molto più simile alla dieta mediterranea di quanto possiamo immaginare

Di regimi alimentari ce ne sono ormai in abbondanza. Da vegetariani e vegani, a fruttariani e crudisti e così via. La macrobiotica, invece, non è affatto così: non si tratta, infatti, né di una tribù alimentare con tabù e divieti, né tanto meno di una moda, quanto piuttosto di una filosofia antica, molto più simile alla dieta mediterranea di quanto si potrebbe pensare. Infatti, a differenza di ciò che molti erroneamente credono, nella macrobiotica non ci sono regole rigide come cibi consigliati o vietati (se non prodotti industriali come le merendine), quanto idee secolari che vedono l’uomo come parte di un sistema olistico, molto più ampio e globale (infatti macrobiotica vuol dire grande vita). Per questo si può mangiare tutto, poiché è il modo che rende un cibo macrobiotico o meno (da cui mangiare macrobioticamente). L’importante è farlo con un equilibrio tra quelle due forze primordiali e complementari che sono lo Yin e lo Yang. Quindi, vediamo realmente di che cosa si tratta al di là di falsi miti, errate credenze e infondati pregiudizi. Non vi preoccupate se vi restano dubbi sul tema: è nella natura stessa della macrobiotica essere aperta a innumerevoli interpretazioni, avere confini labili, senza divisioni troppo rigide o nette. Dunque, iniziamo a capire come e grazie a chi la macrobiotica si è diffusa in Italia.

Origine e diffusione della macrobiotica

Immaginatevi l’Italia del Dopoguerra e l’avvento della modernità, dove anche in cucina si voleva abbandonare e superare la tradizione, in vista dell’arrivo di novità come fast food, surgelati o alimenti confezionati. Quell’Italia dove si iniziava ad abbandonare il biologico ancora prima che questa parola esistesse e dove il cibo di qualità non era di certo, come oggi, una priorità. È in questo contesto che si affacciano le idee di Georges Ohsawa, già noto scrittore giapponese di filosofia, politica ed economia. Ammalatosi di tubercolosi, alla ricerca di cure diverse da quelle farmacologiche, approfondì il modello filosofico orientale ispirandosi alla religione Shinto, al Buddismo, ma soprattutto al Taoismo cinese. Scoprì così una verità molto semplice: «L’’alimentazione connette l’uomo all’universo perché i cibi stessi contengono le forze complementari del cambiamento, lo Yin e lo Yang, che si ridistribuiscono nel corpo umano, lo curano, e se in equilibrio, lo mantengono in salute. La salute quindi non può essere solo fisica o biologica, ma anche mentale e spirituale, perché lo spirito e la materia sono due aspetti della stessa realtà». Il desiderio di condividere con gli altri le sue scoperte, lo portò a divenire il primo grande divulgatore in Italia e in Europa delle teorie cinesi incentrate sulla salute e il benessere dell’uomo, in particolare della macrobiotica e della visione del cibo non solo come fonte di sostentamento, ma anche come medicina del corpo e dell’anima. La macrobiotica, dunque, ha origini orientali nella misura in cui il suo scopritore e portavoce è stato un giapponese, ma in realtà i suoi principi di base si intrecciano fortemente con qualcosa che, più o meno consapevolmente, esisteva già nella nostra tradizione: la dieta mediterranea, intesa come stile di vita, fatto di stagionalità, convivialità, frugalità ed equilibrio. Insomma, di tutto quello che ruota intorno al cibo in sé.

La filosofia di base

Secondo la macrobiotica non esiste una dieta che vada bene per tutti: gli alimenti vanno equilibrati sulla base di ogni singola persona, a seconda di vari fattori, come ad esempio dove vive, quanti anni ha, quanto movimento fisico fa, e così via. Non ci sono quindi prodotti vietati o consigliati in assoluto o, ancor peggio, una lista di alimenti “sì e no”, poiché è il modo con cui vengono prodotti, cucinati e combinati che rende un alimento macrobiotico o meno. Per questo è preferibile parlare di «mangiare macrobioticamente». Nella macrobiotica, infatti, si può mangiare tutto, proprio come previsto dalla piramide alimentare della dieta mediterranea: l’importante è farlo con un equilibrio tra le due forze yin e yang, presenti sia all’interno dei vari ingredienti, che nel modo in cui li prepariamo. Lo yin e lo yang sono due forze energetiche antagoniste, all’origine di molte filosofie orientali, che si attraggono e si completano, interconnesse e interdipendenti: una è di espansione (yin), l’altra di contrazione (yang). In realtà, però, non vanno pensate in modo troppo dicotomico come due categorie nette, rigide e divise, perché con la macrobiotica sarebbe solo fuorviante, visto che non esistono cibi che sono solo e sempre yin o yang. Tutto dipende da una serie di fattori, anche se la mente occidentale spesso di blocca nella comprensione di questa labilità.

Lo yin e yang

Tendenzialmente è yang tutto ciò che ha un energia contrattiva e discendente, come ad esempio il sale, il caglio dei formaggi, le uova o, tra le verdure, carote e daikon, che crescono sotto terra; la carne è yang, così come il pesce, anche se un po’ meno in quanto vive nell’acqua che invece è yin. È yin, infatti, tutto ciò che è espansione, che cresce verso l’esterno come pomodori, frutta, verdure a foglie verdi, zucchero (meglio se di canna) e olio, così come (quasi) tutti i liquidi. I cereali, invece, sono tra gli alimenti più equilibrati che ci sia, poiché sono contratti (quindi yang), ma con le spighe che crescono verso l’esterno (quindi yin). A questo proposito c’è da dire che, all’inizio della diffusione della macrobiotica, uno degli errori principali è stato quello di aver seguito una dieta quasi esclusivamente a base di cereali e legumi, riducendo o azzerando tutti gli altri alimenti. Questa interpretazione troppo rigida e assoluta (e quindi errata come tutte le estremizzazioni), ha creato molti danni, poiché il nostro corpo ha bisogno di mangiare un po’ di tutto. In realtà, è più semplice e spontaneo di quel che può sembrare: d’estate, infatti, non abbiamo forse naturalmente più voglia di qualcosa di yin, come cibi crudi o con cotture leggere, quali insalate o pomodori? E d’inverno, quando più freddo, non si è orientati verso prodotti con energia più yang, con cotture più lunghe come il brasato? Insomma, per tutti questi motivi è impossibile consigliare un menu macrobiotico o parlare di dieta macrobiotica, semplicemente perché non esiste. Esiste un mangiare macrobioticamente per cui possiamo mangiare di tutto in modo consapevole, cercando equilibrio nel modo di preparare e combinare il cibo con altri ingredienti. Infine, ma non per importanza, è fondamentale anche la masticazione che, come scrive Ohsawa, è la prima forma di digestione, che ci consente di assimilare meglio il cibo, e quindi una forma di autocontrollo e consapevolezza.

Non vi preoccupate se vi sembra di aver capito poco: si tratta di temi complessi, che vanno “assimilati”. Ma dopo poco scoprirete che mangiare equilibrato è molto più naturale di quel che si crede, sicuramente molto di più che vietarsi completamente degli alimenti o mettersi dei tabù. Infatti, se vi state chiedendo perché fare tutto questo, la risposta è semplice: perché la macrobiotica, se non portata agli estremi (come purtroppo è stato fatto), ha dei sorprendenti effetti benefici sulla salute. Provare per credere!

Un brunch per la festa della mamma

Un brunch per la festa della mamma

Informale e molto intimo, il brunch è il modo più affettuoso (e divertente) per festeggiare a tavola tutte le mamme in questi giorni così particolari

Domenica 10 maggio sarà la festa della mamma e, siccome per quest’anno il pranzo nel suo ristorante preferito o la gita fuori porta proprio non si possono organizzare, perché non pensare di festeggiare questa ricorrenza organizzando un brunch a casa? A metà strada tra la colazione (breakfast) e il pranzo (lunch), è un modo per rendere questo giorno un po’ speciale e diverso, nonostante le restrizioni dovute al Coronavirus.

Come decorare la tavola del brunch per la festa della mamma

La tavola del brunch per la festa della mamma deve essere molto curata. Scegliete una tovaglia dai toni delicati, oppure optate per runner di lino, o se preferite, per tovagliette all’americana di tessuto o di paglietta. Sistemate le posate in un angolo, all’interno di un cestino, e accanto i piatti. Sull’altro lato del tavolo i bicchieri e i tovaglioli. Il resto dello spazio sarà occupato dai piatti da portata con tutti i manicaretti che avrete preparato. Ognuno si servirà da solo, scegliendo tra le varie portate. Se avete balconi fioriti con garofani o gardenie, oppure piante di rosmarino e salvia, gelsomino o meglio ancora roselline, non perdete tempo e tagliate un mazzetto aromatico da ogni piantina da unire ai fiori, che sistemerete insieme in piccoli vasetti o bicchierini, da disseminare per tutta la tavola. Daranno un tocco di colore e diffonderanno essenze per tutta la stanza, rendendo l’atmosfera ancora più intima e gioiosa.

Metà dolce, metà salato

Sulla tavola del brunch per la festa della mamma dovranno esserci i classici della tradizione, come muffin, pancake, torta di mele e crostata di fragole, insieme a toast farciti, uova e bacon, tramezzini e torte salate. Potete pensare a piccole tartine di pasta sfoglia con una mousse al tonno o al prosciutto, salmone marinato, involtini di pesce spada affumicato ripieni di zucchine in scapece, o insalate di farro, avocado e pomodori o riso venere, salmone e cetrioli. Il tutto accompagnato da un’atmosfera dolce e rilassata.

Tè, caffè, ma anche aperitivi

Per accompagnare i piatti, in tavola non possono mancare caffè, latte e tè, nero e verde, come preferite, insieme a succhi di frutta, spremute di arancia o centrifughe a base di zenzero, carota e kiwi o altre verdure di stagione. Per chi non può fare a meno dell’alcol, una bottiglia di vino bianco o cocktail a base di frutta come un Bellini, un Orange Daiquiri o un Gin Tropical. Serviti con tanto ghiaccio.

Nel tutorial qualche idea in più da portare in tavola

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