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Okonomiyaki la frittata giapponese – La Cucina Italiana

Okonomiyaki la frittata giapponese - La Cucina Italiana

La ricetta per preparare uno dei piatti più semplici mai più gustosi della cucina giapponese: l’okonomiyaki

L’okonomiyaki è una frittata giapponese più famosa di quanto il nome non ci suggerisca. La sua fama viene da uno dei cartoni animati più amati della generazione che ha vissuto l’infanzia negli anni ottanta: Kiss me Licia!
La frittata giapponese che preparava lo scorbutico Marrabbia, trafficando sulla piastra bollente del suo ristorante, è proprio questo okonomiyaki, gustosa combinazione di uova, cavolo e altri ingredienti, nata a Osaka.

Rifarla a casa non è poi così difficile, anche se il gusto della frittata giapponese lo fa soprattutto l’elenco di ingredienti autentici del Giappone, ormai facilmente reperibili anche nei negozi specializzati in Italia o su Amazon: dash (brodo di alghe, si trova anche istantaneo), salsa okonomi, katsuobushi… Ma in realtà la preparazione base si presta anche per sperimentare con gli ingredienti che avete in frigorifero.
Nella ricetta sotto troverete gli ingredienti corretti per la ricetta originale (della foto in alto) ma anche delle alternative.

Ricetta: okonomiyaki, frittata giapponese

Per la pastella

2 uova
200 g di cavolo cappuccio (o verza quando è di stagione)
1 cipollotto (oppire un porro, quando è di stagione)
100 g di brodo dashi (oppure brodo vegetale)
5 cucchiai di farina per okonomiaky (oppure 3 cucchiai di lievito madre non rifrescato, oppure 5 cucchiai di farina 00)

Ingredienti extra

pancetta dolce, oppure gamberi sgusciati, oppure funghi

Per il topping

a scelta: salsa okonomiyaki, maionese, salsa teriaki, salsa barbecue, katsuobushi

Procedimento

Con una mandolina tagliate il cavolo e il porro a fettine molto sottili. In un’ampia ciotola mescolare farina, brodo, uovo e aggiungere il cavolo e il porro. Mescolate con un cucchiaio di legno poche volte. Se mescolate troppo il risultato finale risulterà gommoso e invece la consistenza deve essere morbida, leggermente “bavosa”.
Scaldate una piastra o una padella antiaderente fino a che non sarà molto calda. Fate saltare gli ingredienti extra che vi piacciono (gamberi, pancetta, funghi) fino a che saranno leggermente croccanti.
Versate la pastella sopra, formando due frittate, rotonde, alte circa due centrimetri.
Lasciatele sfrigolare sulla piastra per un paio di minuti e poi copritele con un coperchio. Dopo circa 4 minuti girate l’okonomiyaki dall’altro lato e lasciate cuocere altri 4 minuti.
Portate a tavola caldissimi decorando con le salse che avete a disposizione.

Okonomiyaki – frittata giapponese (fatto con quello che hai in casa!)

 

 

Cristina D’Avena sulla copertina di Vanity Fair Italia

Cristina D'Avena sulla copertina di Vanity Fair Italia

Nel momento in cui molto ci viene proibito, Vanity Fair celebra il desiderio con un numero speciale dedicato all’amore. Protagonista di copertina, Cristina D’Avena come non l’avete mai vista

Vanity Fair celebra il desiderio, l’amore e la vita oltre questo momento difficile e lo fa mettendo in copertina un personaggio che ha scelto di smettere i panni consueti per vestire quelli di chi non ha alcuna intenzione di rassegnarsi alle asperità: una Cristina D’Avena splendente, fiera, padrona del proprio potenziale erotico, umano, affettivo.

La cantante e attrice – che ha esordito a 3 anni allo Zecchino d’oro e poi ha cantato le sigle di tutti i cartoni più amati da svariate generazioni – svela infatti il suo lato sexy (e inedito) nel numero di Vanity Fair in edicola da mercoledì 4 novembre. Nei panni di Dita Von Teese posa per questo numero speciale perché, come dice «In questi tempi incerti, l’unico modo per esorcizzare la paura è coltivare e praticare il desiderio».

«Il vero problema è che abbiamo perso l’innocenza: a marzo, quando è iniziato il primo lockdown, in fondo al tunnel c’era la speranza, l’andrà tutto bene, le canzoni sui balconi, le infornate di torte, le dirette Instagram. Tutti confinati, alcuni soli, altri in compagnia, comunque tutti convinti che si dovesse sacrificare qualcosa per riavere indietro tutto», scrive nel suo editoriale il direttore Simone Marchetti. «E invece eccoci qui: più delusi, più arrabbiati, forse persino più impauriti di prima. Perché a spaventarci non ci sono solo il virus e la prospettiva di un ennesimo crollo del lavoro, dell’economia e delle sicurezze: ci mette ansia non vedere la luce in fondo al tunnel, la fine di questo anno così terribilmente memorabile. E qui arriva questo nuovo, provocatorio numero di Vanity Fair: abbiamo pensato un giornale per celebrare il desiderio, l’amore, la vita, il corpo nostro e quello degli altri, la sessualità nostra, quella di chi amiamo e di chi desideriamo, oltre questo momento difficile».

Nelle pagine del numero Cristina D’Avena intervistata da Marchetti racconta che per lei valgono solo due cose in questo momento: la tolleranza e la speranza. «La tolleranza che si sta perdendo per via della faziosità dei social e di tanta politica contemporanea è fondamentale per capire tutto: gli altri, cosa non funziona, cosa funziona, come adattarsi. E la speranza è una sua conseguenza: la speranza è la virtù di chi riesce a vedere la luce in fondo al tunnel. È un esercizio di forza».

Come riesce a esorcizzare la paura? Vivendo il potere dei momenti che ancora abbiamo. «Bisogna amare, abbracciare chi possiamo, fare l’amore quando possiamo, approfittare di ogni singolo secondo come fosse un regalo. Non mi ritenga superficiale. Io penso che la mia vita e la mia carriera mi abbiano insegnato a coltivare una sana dose di fanciullezza. E tornare a essere bambini non significa essere superficiali. Vuol dire, invece, essere più positivi perché i bambini sanno essere leggeri, grande dote, e sanno convivere meglio con i momenti difficili perché posseggono la spensieratezza del reinventarsi».

Il suo ruolo di bimba donna e di donna bambina la fa amare indistintamente da uomini e donne perché incarna la spensieratezza dell’infanzia e i chiaroscuri sensuali dell’età adulta, perché è rassicurante e sembra di conoscerla da sempre. Cristina D’Avena ammette che le piace risvegliare il desiderio, essere fonte di attrazione e quando il direttore le chiede com’è stato cambiare così tanto la sua immagine per questa cover risponde: «È una provocazione, un invito a sciogliersi, a tollerare, ad amare di più, a sperare. Io penso davvero che questo sia da vivere come un momento di prova. E nei momenti di prova bisogna fare soprattutto una cosa: resistere. E non perdere mai la fiducia. Nel mentre, consiglio di chiudere le porte di casa, spegnere i social, tagliare fuori tutto e tutti. E amare. Noi stessi, chi ci è vicino, chi ci ama. Perché se ci si dimentica di amare, ci si dimentica di tutto».

Completano il numero degli approfondimenti dedicati al tema del desiderio: il sesso over 60 raccontato dalla scrittrice Lidia Ravera; l’eros secondo Barbara Alberti; le testimonianze dei figli delle stelle del cinema hard ovvero Leonardo Tano (figlio di Rocco Siffredi) e Mercédesz Henger (figlia di Éva Henger e Riccardo Schicchi); protagonista anche la designer Betony Vernon considerata la regina del gioiello erotico e Violeta Benini la «divulvatrice» che su Instagram conta oltre centomila seguaci; si esplorano anche il cybersex ai tempi del lockdown e del distanziamento sociale e Tinder, l’app di incontri che in tempo di Covid è diventata uno dei pochi posti dove conoscersi. Infine la redazione di Vanity Fair è andata a trovare Fabrizio Corona ai domiciliari.

Questa settimana il sito di Vanity Fair e il profilo Instagram si tingeranno di rosso con una serie di dirette, interviste e speciali per ragionare insieme sul desiderio, sulla sessualità e sul corpo oltre il momento difficile e oltre gli stereotipi.

la ricetta tradizione del dolci tipico del 2 novembre

la ricetta tradizione del dolci tipico del 2 novembre

Fatto con biscotti, zucchero e spezie, il pan dei morti è un dolce povero e sobrio, adatto alla ricorrenza per cui viene preparato, le festività dell’1 e 2 novembre. Si ritrova sulle tavole di Lombardia e Toscana, dove viene accompagnato con vin santo

È un dolce tipico del nord dell’Italia, che viene preparato in Lombardia, soprattutto a Milano, e in Toscana.  Il pan dei morti si mangia nella notte tra l’1 e il 2 novembre, in occasione della festa dei morti (da qui il suo nome). E’ un dolce povero e sobrio, vista la ricorrenza per cui si prepara, e le sue origini sono antichissime. Si dice che la prima versione fu servita nell’antica Grecia, fatta con acqua, farina e uva passa e che fosse donata in onore della dea Demetra perché assicurasse un buon raccolto. Nella tradizione cattolica, il pan dei morti è accompagnato da altri due dolci, meno elaborati, che sono le ossa e le fave dei morti. L’usanza vuole che tutti e tre i dolci vengano offerti dai vivi ai loro defunti, che, nella notte tra l’1 e il 2 novembre, tornano sulla terra dall’aldilà, affrontando un lungo e faticoso viaggio.

Pan dei morti, una ricetta povera

Tipica del mondo contadino, la ricetta del pan dei morti evocava la necessità di realizzare un dolce ricco e nutriente con gli ingredienti che si trovavano in casa, dai biscotti avanzati alla frutta secca. Con il passare del tempo, le versioni si sono arricchite di altri elementi, come il cacao e il vino, sino a che il pan dei morti è passato dalle cucine casalinghe a quelle delle migliori pasticcerie.

La ricetta del pan dei morti

Ingredienti

250 g di biscotti vari già sbriciolati, 100 g di farina, 130 g di zucchero, 1 cucchiaino di lievito vanigliato, 1 cucchiaio di cacao amaro, 50 g di mandorle pelate e tritate, 50 g di fichi secchi tritati, 100 g di uvetta sultanina ammollata e strizzata, 3 albumi non montati, cannella, vino bianco (dolce o secco) qb.

Procedimento

In una ciotola capiente unite tutti gli ingredienti e iniziate a mescolare, sino a ottenere un impasto morbido e omogeneo. Dividete il composto in piccole parti, modellatelo e dategli una forma ovale e schiacciata. Allineate ogni biscotto su una teglia ricoperta con carta da forno e cuocete in forno già caldo a 190° per 30 minuti. Quando saranno pronti levateli dal forno a attendete che si raffreddino prima di assaggiarli.

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