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Mele dell’Alto Adige, lasciatevi tentare

Mele dell'Alto Adige, lasciatevi tentare

È il turno delle mele dell’Alto Adige. Non c’è Paese al mondo con tanta ricchezza e varietà di prodotti, naturali come li regala il territorio o lavorati da mani esperte in modi semplici, che sono antichi e insieme i più contemporanei. Prosegue il viaggio alla scoperta delle nostre bontà, da quelle più conosciute a quelle meno note lontano dalla zona di produzione. 
Vi piacciono dolci oppure acidule? Cercate le vostre mele preferite tra le varietà dell’Alto Adige.

Mele dell’Alto Adige

Il più grande frutteto d’Europa è l’Alto Adige, ve si raccoglie il 10% delle mele di tutto il continente, addirittura il 25% delle biologiche. Il primo merito è dei trecento giorni di sole l’anno, delle abbondanti piogge primaverili, di estati e autunni solitamente miti, insomma delle condizioni ideali per la coltivazione fino a mille metri di altitudine. Il clima assolutamente unico, la passione dei coltivatori e le pratiche agricole ecologiche regalano alle mele dell’Alto Adige succosità e croccantezza.

Nella regione sono ben tredici le varietà tutelate dal marchio europeo Igp. La più diffusa è la Golden Delicious, dal colore giallo e polpa croccante, seguita dalla Gala con le tipiche sfumature rosse e dalla Red Delicious, con il rosso intenso e uniforme. Tutte belle da vedere e da gustare, secondo le preferenze: ci sono le acidule Granny Smith, Topaz e Bonita, le dolci-acidule Braeburn, Kanzi® e Kissabel®, le dolci Red Delicious, Royal Gala, Ambrosia… Le mele ci ricordano anche Biancaneve, Newton, Guglielmo Tell, Nonna Papera, e prima di tutto e tutti Adamo ed Eva. Favole e miti che in Alto Adige sono diventati una risorsa economica trasformandosi in marchio: quello dei frutti della Val Venosta sono due coccinelle. Chi le ha nel frutteto, dicono i contadini, ha già vinto perché i simpatici insetti sono indispensabili nella lotta contro i parassiti e simbolo di una frutticoltura rispettosa dell’ambiente.

Carta d’Identità della mela dell’Alto Adige

TERRITORIO – Le coltivazioni si estendono per una lunghezza di 100 km lungo l’Adige, dalla Val Venosta fino alla Bassa Atesina. Meleti estesi anche nella Valle dell’Isarco, vicino a Bressanone. I frutti crescono bene a un’altitudine tra 200 e 1.000 metri sul livello del mare.

VARIETÀ IGP – Braeburn, Elstar, Fuji, Gala, Golden Delicious, Granny Smith, Idared, Morgenduft, Jonagold, Pinova, Red Delicious, Topaz, Winesap.

VALORI NUTRIZIONALI – Le mele sono costituite per l’85% da acqua; dissetano e reidratano, sono povere di grassi e ricche di vitamine, minerali e fibre.

CONSERVAZIONE – A temperatura ambiente durano almeno per una decina di giorni. Meglio se in un luogo fresco e asciutto: in estate nel frigorifero, in inverno all’aperto, ma coperte.

Le nostre ricette con le mele

Asiago, una questione di sfumature

La Cucina Italiana

È il turno dell’Asiago. Non c’è Paese al mondo con tanta ricchezza e varietà di prodotti, naturali come li regala il territorio o lavorati da mani esperte in modi semplici, che sono antichi e insieme i più contemporanei. Prosegue il viaggio alla scoperta delle nostre bontà, da quelle più conosciute a quelle meno note lontano dalla zona di produzione. 
E basta un cambio di quota per variare il carattere di un Asiago.

Asiago

Non era ancora l’anno Mille quando i pastori crearono uno dei gioielli caseari d’Italia. L’Asiago è il frutto di un matrimonio tra la genialità della natura, che si è sbizzarrita in microclimi ed erbe che personalizzano il latte, e la sensibilità del pastore capace di adeguarsi a una fioritura improvvisa o a condizioni climatiche impreviste. Ancora oggi i casari veneti e trentini sono autentici chef del latte, che non si limitano a far cagliare il latte, ma si sforzano di ottenerne prodotti diversi. Così questo formaggio a pasta semicotta prodotto esclusivamente con latte vaccino è diverso secondo la tipologia: il Dop Fresco, con latte intero, ha sapore dolce e delicato, mentre il Dop Stagionato, con latte parzialmente scremato, ha sapore più deciso. 

Il primo – detto «pressato» – ha crosta sottile ed elastica, pasta bianca o leggermente paglierina con occhiatura marcata e irregolare. Lo Stagionato – definito «d’allevo» – ha crosta liscia e regolare, la pasta interna è compatta, il colore va dal paglierino fino all’ambrato e presenta occhiatura sparsa di piccola o media grandezza. Venti giorni stagiona il Fresco, novanta lo Stagionato. Il Fresco è consueto negli aperitivi (tagliato a cubetti), nei sandwich, in insalate, nella pasta al forno. Lo Stagionato è preferito a fine pasto, abbinato a frutta secca, o in ricette dal gusto deciso. Nelle versioni Vecchio e Stravecchio è ideale da grattugia.

Carta d’Identità dell’Asiago

DOVE NASCE – Nella provincia di Vicenza, in due zone del Padovano e del Trevigiano, nella provincia di Trento.

LATTE – Solo dalle razze Bruna Alpina, Burlina, Frisona Italiana, Grigio Alpina, Pezzata Rossa.

VARIETÀ – Il Fresco può avere la dicitura Riserva; lo Stagionato può essere anche Mezzano (stagionatura da quattro a dieci mesi), Vecchio (da 10 a 15 mesi), Stravecchio (oltre i 15 mesi). Alle due tipologie può essere aggiunta la menzione «Prodotto della Montagna», se lavorato sopra i 600 metri.

CONSERVAZIONE – Il Fresco va consumato entro una decina di giorni dall’acquisto, lo Stagionato entro un mese. Deve essere avvolto nella pellicola alimentare e tenuto a temperature tra 8 e 9 °C.

Asiago una questione di sfumature
Quesadilla all’italiana con Asiago

Un antipasto facile e vegetariano che utilizza pochi semplici ingredienti per dare vita a un piatto messicano con influenza italiana

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I diversi limoni campani: una questione di sfumature

I diversi limoni campani: una questione di sfumature

È il turno dei limoni campani. Non c’è Paese al mondo con tanta ricchezza e varietà di prodotti, naturali come li regala il territorio o lavorati da mani esperte in modi semplici, che sono antichi e insieme i più contemporanei. Prosegue il viaggio alla scoperta delle nostre bontà, da quelle più conosciute a quelle meno note lontano dalla zona di produzione.
Limoni campani: bastano pochi chilometri a dare ai limoni di Sorrento, di Amalfi o di Procida qualità diverse.

Limoni campani

«Un bosco di agrumi». Così Alexandre Dumas padre definì la Penisola Sorrentina. Peccando per difetto, perché in Campania i giardini di limoni si rincorrono ovunque e per buona parte della costa, in terrazze spesso ripide dove un’agricoltura eroica regala frutti strepitosi: per il colore giallo chiaro, gli aromi intensi, la succosità della polpa moderatamente acida, la quasi assenza di semi, la particolare ricchezza di oli essenziali. Limoni simili, ma non in tutto. Ecco così che lo “sfusato”, il Limone Costa d’Amalfi Igp, ha la buccia spessa, la forma ellittica e affusolata, e pesa almeno 100 grammi. Più piccolo – ogni frutto in vendita deve essere almeno di 85 grammi – è il Limone di Sorrento, anche questo Igp. Lo gustavano già a Pompei, come testimoniato da alcuni antichi mosaici, ed era amato (e molto citato) da Torquato Tasso, nativo proprio di Sorrento. Ancora diverso è l’agrume di Procida, tanto da essere definito “limone pane” perché il suo albedo, lo strato bianco e spugnoso sotto la scorza gialla, è particolarmente spesso.
Anche se i più noti derivati sono il limoncello e le marmellate, il limone è un ingrediente versatile in cucina nei piatti salati come nei dolci: 200 chili ne ordinò la casa reale inglese per dare aroma alla torta nuziale di Harry e Meghan. In estate, la tradizione campana lo vuole fresco, tagliato a fette, con l’aggiunta di un pizzico di sale o zucchero, foglioline di menta e aceto.

Carta d’identità del limone campano

DOVE NASCONO – Il Limone d’Amalfi Igp è coltivato ad Amalfi, Atrani, Cetara, Conca dei Marini, Furore, Maiori, Minori, Positano, Praiano, Ravello, Scala, Tramonti, Vietri sul Mare. Il Sorrento Igp in tutti i comuni della Penisola Sorrentina (Massa Lubrense, Meta, Piano di Sorrento, Sant’Agnello, Sorrento, Vico Equense) e nell’isola di Capri. Il «limone pane» è tipico dell’isola di Procida.

CARATTERISTICHE – Il succo, grazie ai terreni nei quali vengono coltivate le piante, è particolarmente ricco di vitamina C, sali minerali e oli essenziali. La polpa ha punte inaspettate di dolcezza.

STAGIONALITÀ – Da marzo a fine luglio il limone Sorrento; da febbraio a ottobre lo sfusato d’Amalfi.

CONSERVAZIONE – Va tenuto in frigorifero o in un luogo fresco e asciutto.

Le nostre 10 ricette con i limoni

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