Tag: luca montersino ricette

Ricetta della focaccia messinese – La Cucina Italiana

Ricetta della focaccia messinese - La Cucina Italiana

La focaccia messinese è un classico street food di Messina. Per farla a casa, ecco la ricetta della Cannata Sicilian Bakery a base di farina evolutiva che difende la biodiversità siciliana

Chiunque sia andato a Messina almeno una volta l’ha vista nei banchi delle panetterie: è la focaccia messinese, una focaccia alta, soffice, condita con pomodoro fresco, scarola, formaggio di capra (la Tuma siciliana) e acciughe. E’ uno street food tipico della città e di tutta la Sicilia orientale, amatissima, e arrivata anche a Milano grazie alla ricetta della Cannata Sicilian Bakery. Da Messina con furore, la passione della famiglia Cannata per il pane si tramanda da quattro generazioni, le stesse che hanno usato e reso così speciale il loro lievito madre, di nome “Turi”.

La loro tradizionale focaccia messinese è a base di farina biologica Evolutiva, quella nata dall’incontro degli agricoltori dell’Associazione siciliana Simenza con Molino Quaglia. Questo grano tenero viene coltivato biologicamente in Sicilia da contadini che aderiscono all’associazione all’interno di un progetto che accomuna agricoltori e mugnai in difesa della agrobiodiversità. “La ricerca sull’uso dei grani antichi nasce dalla nostra voglia di tornare a produrre pani di una volta. Noi siamo per la farina integrale da macinazione a chicco intero e siamo contro le farine raffinate” – spiega Tommaso Cannata. La sua ricetta eccola qui.

Focaccia messinese, la ricetta

Ingredienti per una focaccia di 3 kg

1 kg di farina di grano tenero bio Petra Evolutiva (Molino Quaglia)
20 g di sale
300 g lievito madre
10 g di malto d’orzo
400 g di Tuma (formaggio di pecora)
500 g di scarola
800 g di pomodori San Marzano
40 gr olio extravergine d’oliva Sicilia Igp
10 filetti di acciughe

Procedimento:

Raccogliete la farina in una ciotola, versate 500 g di acqua, aggiungete il lievito, il malto, l’olio e infine il sale. Impastate gli ingredienti e amalgamateli, trasferite il composto sul piano di lavoro leggermente infarinato e continuate a impastare versando 150 g di acqua poca alla volta (5-10 minuti).

Formate una palla, avvolgetela nella pellicola e fate riposare in luogo tiepido per 20 minuti circa.

Riprendete l’impasto, prelevatene 1,3 kg e stendetelo in una teglia oliata di 60×40 cm.

Distribuite sull’impasto le acciughe ridotte a tocchetti, la tuma a striscioline, la scarola tagliata finemente e i pomodori a cubetti.

Fate lievitare la focaccia per circa 40 minuti in luogo tiepido. Trascorso il tempo di lievitazione, cuocetela in forno a 230° per 25 minuti e servitela calda.

Ricetta Formaggio alla griglia – La Cucina Italiana

Ricetta Formaggio alla griglia - La Cucina Italiana
  • 600 g caciocavallo silano
  • 500 g pomodorini (gialli, rossi, verdi)
  • olio extravergine di oliva
  • finocchietto
  •  origano
  • pepe
  • 6 croste di Grana Padano Dop
  • glassa al balsamico
  • 3 pomodori

PER IL FORMAGGIO FILANTE CON POMODORINI
Tagliate i pomodorini (gialli, rossi, verdi) a spicchi e conditeli con un filo di olio, pepe, finocchietto e origano spezzettati; fate insaporire per 30 minuti. Distribuite sulla piastra di ceramica il caciocavallo silano a fette spesse 3 cm circa, unite i pomodori e cuocete coperto per 8-10 minuti.

PER LO STUZZICHINO ANTISPRECO CON CROSTE DI FORMAGGIO
Disponete le croste di Grana Padano Dop sulla griglia e cuocete senza coperchio per 1-2 minuti per lato o fino a completa doratura: quando
vedete che si sono decisamente ammorbidite, è il momento di toglierle.
Servitele a piacere con glassa al balsamico e fettine di pomodoro.

Ricette: Giovanni Rota, Testi: Angela Odone; Foto: Maurizio Camagna, Styling: Beatrice Prada

7 regole per mangiare in barca (per non parlare della pentola a pressione)

7 regole per mangiare in barca (per non parlare della pentola a pressione)

Cucinare in barca non è facile, soprattutto se è la prima volta. Ecco qualche consiglio di base, il più importante è firmato Soldini: usate la pentola a pressione. Per tutto

Cucinare in barca – in particolare a vela – non è lo stesso che cucinare a casa, ma non si può mangiare male per un’estate solo perché è problematico preparare dei piatti o si è calcolata male la dispensa. Stiamo parlando ovviamente di barche, impegnate in una crociera in mare aperto, che non fanno tappa ogni sera in un porto, ricco di localoni e localini. Troppo facile… Nel primo caso, bisogna ragionare su vari aspetti: la durata della navigazione, il numero dei passeggeri, le ‘preferenze’ o intolleranze degli stessi, l’attrezzatura della barca che (quasi sempre) dipende dalla lunghezza della stessa. A quel punto si può iniziare facendo cambusa. Poi se non si è esperti, si legge qualche libro elementare di ricette ‘da barca’. Infine, a bordo della tipica imbarcazione di media o piccola dimensione, bisogna seguire queste regole base.

1. Fresco ma non troppo

I cibi freschi a bordo sono il massimo del godimento – la frutta e il pesce in particolare – ma andateci piano. Comprate solo per le esigenze (e il piacere) di un paio di giorni. Rifarete la spesa alla prossima tappa in uno dei market al porto o direttamente dai pescatori. Ma tenete sempre a mente che la deperibilità dei cibi è maggiore in barca che a casa. Poi ognuno ha le sue fisse: Giovanni Soldini – il navigatore più famoso d’Italia – non si fa mancare un prosciutto crudo nelle traversate atlantiche. Ma non pretende che le prime fette siano come le ultime…

2. Scatolame a go-go

Qui si vede l’esperienza del barcaiolo e la fantasia di chi cucinerà. Bisogna partire da una base solida: olio (in lattina è meglio), sale, zucchero, tonno in scatola (di quello buono), pasta, riso, pelati o sughi pronti, latte, biscotti e via dicendo. L’ottimizzazione degli spazi – che in barca sono dovunque, magari celati – va di pari passo con la distribuzione: consigliabile la massima lucidità per non perdere tempo nella ricerca.

3. Il secco è meglio

Pane secco, grissini, cracker: sono più intelligenti di pan carré e similari morbidi. Sono di facile consumazione come gli altri ma restano il miglior antidoto – non chimico – al mal di mare. La nausea infatti può essere combattuta mangiando qualcosa di croccante o, curiosamente, con formaggi stagionati o molto salati.

4. Non sprecare acqua

Sulle barche è un bene prezioso, da usare con parsimonia. Per esempio, si può cuocere la pasta mettendo nella pentola solo due terzi d’acqua dolce, e per il restante terzo quella di mare: in questo modo non occorrerà aggiungere sale! E una volta scolata, non ha senso buttarla via: sono molteplici le sue possibilità di riutilizzo: dalle uova sode, alle patate e verdure lesse. Si può persino lavare i piatti senza detersivo, grazie alle proprietà sgrassanti degli amidi della pasta.

5. Il vino? Rossi a terra…

Capitolo beverage: in primis, acqua a volontà tenendo una riserva d’emergenza. Poi massima libertà, puntando preferibilmente su lattine e non su bottiglie in vetro. Capitolo vino: c’è chi vuole il Barolo anche in mezzo al Mediterraneo su un dieci metri ma ha decisamente più senso imbarcare vini bianchi leggeri e qualche bollicina, viste le alte temperature e il tipo di alimentazione a bordo. Fate vobis, comunque

6. La pentola n.1

Soldini ha fatto diventare la pentola a pressione un simbolo delle sue navigazioni: “La trovo geniale e la consiglio vivamente a tutti” – racconta –  cambia la vita in barca perché non ‘rischi per cucinare: è chiusa e il suo contenuto non può rovesciarsi. Cucino tutto con la pentola a pressione, a partire dal risotto giallo che adoro da buon milanese”. In effetti, la pentola a pressione ha una grande versatilità (si può usarla per quasi tutto, evitando di sporcare altre pentole) e di far risparmiare tempo in cucina. Basta preparare una pasta con il sugo per capirlo.

7. Usare il buon senso

La settima regola dovrebbe essere scontata ma non lo è mai del tutto. Prevede che non si tenti l’allestimento di banchetti luculliani quando spazio e condizione meteo consiglino una bella caprese. Oppure che ci si arrenda all’utilizzo di stoviglie in plastica – anche se gli ambientalisti soffriranno – in luogo di quelle classiche, facili alla rottura e obbligatoriamente da lavare. E ancora che ci si convinca – a meno di nin essere cuoca ‘da barca’ fatta e finita – che non ha senso spignattare a scafo sbandato. Il rischio sballottamento è evidente, le preparazioni magari finiscono per terra…Buon vento.

Proudly powered by WordPress