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Zuppa di cipolle: quali varietà usare?

Le migliori in assoluto sono la rossa di Tropea e la bianca di Brunate, senza dimenticare l’umbra di Cannara, la siciliana di Giarratana e la toscana di Certaldo

Bianche, rosse o dorate? Quando si parla di cipolle non è mai facile prendere una decisione. Le varietà sono tantissime, con numerose proprietà benefiche per il nostro organismo e adatte a preparare svariate ricette: dalle cipolle gratinate alla focaccia, passando per le cipolle in agrodolce oppure quelle cotte al forno. Ma questo ortaggio, che fa bene al cuore, alle ossa, ci depura ed è adatto persino ai diabetici, può diventare l’ingrediente principale anche per un’altra ricetta tipicamente invernale: la zuppa di cipolle. Come si cucina questo piatto? E quale varietà di cipolla bisogna scegliere? Ecco tutte le risposte.

Una grande famiglia

In Italia la coltivazione di cipolle è tra le più diffuse in assoluto, da nord a sud. Lo conferma il gran numero di varietà esistenti nel nostro Paese. C’è la cipolla sarda di Banari, dorata e ideale al forno, la bianca di Barletta, ottima fresca o sott’aceto. Poi c’è la cipolla rossa di Cavasso, la borettana, la bianca di Chioggia, la ramata di Montoro e la più nota di tutte: la cipolla rossa di Tropea, prelibatezza tutta italiana tutelata dal marchio Igp e da un consorzio di produttori attivo da diversi anni.

La migliore zuppa di cipolle

Non tutte le varietà della grande famiglia delle cipolle sono però adatte per la preparazione di una zuppa dal sapore forte e deciso. Quella di Tropea, ad esempio, va bene sia da sola, ma ancor meglio se accompagnata con la cipolla bianca di Brunate che non è molto grande, ha una forma tondeggiante ed è decisamente indicata per tortini e zuppe, appunto. Per preparare una deliziosa zuppa di cipolle, è necessario tritare una costa di sedano e una carota, da far rosolare con un poco di olio. Si aggiungono poi tre cipolle di Tropea e tre di Brunate, tagliate finemente, e si fa insaporire il tutto, magari bagnando con del vino. Dopo averlo fatto evaporare, si aggiunge mezzo litro di brodo, si aggiusta di sale e si continua a cuocere a fuoco molto basso per circa un’ora. Alla fine, non resta che servire con una macinata di pepe, un po’ di olio crudo, i classici crostini di pane e una bella spolverata di formaggio grattugiato.

Altre varietà indicate

Un’altra cipolla adatta per la preparazione di un’ottima zuppa invernale è quella di Certaldo, coltivata in Toscana, dalla forma tonda e il colore viola. Anche la cipolla bianca di Giarratana, in Sicilia, è un’altra di quelle varietà ideali per la zuppa, grazie al suo particolare gusto dolce e mai pungente. Le già citate cipolla di Tropea e Brunate, oltre che in accoppiata, vanno benissimo anche da sole, mentre l’ultimo consiglio per le varietà migliori riguarda quella umbra di Cannara. In commercio ce ne sono di diverse tonalità e tutte perfette per preparare la zuppa di cipolle.

Ricerche frequenti:

Fatto in casa: il pan brioche

Fatto in casa: il pan brioche

Perfetto per preparare tartine o servito spalmato di marmellata a colazione, il pan brioche arriva sulle nostre tavole direttamente dalle pasticcerie francesi

Profumato, soffice, dal sapore delicato, il pan brioche è una preparazione tipica della pasticceria francese, noto sin dal Medioevo e molto amato, sembra, anche dalla regina Maria Antonietta. Si tratta di un impasto tra i più versatili in cucina: è perfetto infatti per realizzare tartine golose, french toast per la colazione del mattino o può essere l’accompagnamento per stuzzichini da servire prima di cena.

Con dolce o salato è sempre buono!

È un pane che si abbina perfettamente sia al sapore salato, sia al dolce, per via del suo gusto quasi neutro (nell’impasto infatti le quantità di zucchero sono pochissime). Se volete preparare un pan brioche a casa, ritagliatevi del tempo per voi, pregustate il piacere di avere della farina tra le mani, di dar vita a un impasto e di vederlo crescere ora dopo ora. Il pan brioche non è una ricetta per chi ha fretta: serve tempo per impastarlo e attesa per farlo lievitare, ma il profumo che invaderà le stanze mentre cuoce, vi ripagherà di tutto.

pan brioche

La ricetta del pan brioche

Ingredienti

500 g farina 00 – 20 g lievito di birra – 90 g latte – 150 g burro – 30 g zucchero – 50 g acqua – 10 g sale – 2 uova – 1 tuorlo.

Procedimento

Scaldate 90 g di latte e scioglietevi il lievito con lo zucchero. In una ciotola impastate 150 g di farina con il lievito e il latte e lasciate riposare l’impasto per un’ora. Dopo questo tempo, impastate il resto della farina con il burro, 50 g di acqua, il sale e le uova. Unite i due impasti e lavorateli a lungo, sino a che non saranno perfettamente amalgamati. Lasciate lievitare il nuovo impasto ancora per due ore, coperto da un telo. A questo punto dividetelo in due parti e mettetene ognuna in uno stampo imburrato per plum cake e lasciate riposare ancora 50 minuti, sempre coperto da un telo, sino a che non lo vedrete crescere oltre il bordo dello stampo. Spennellate la superficie dei due pani delicatamente con un rosso d’uovo sbattuto e poi mettete in forno statico (già riscaldato) a 180° per 30-35 minuti.

Cristina D’Avena sulla copertina di Vanity Fair Italia

Cristina D'Avena sulla copertina di Vanity Fair Italia

Nel momento in cui molto ci viene proibito, Vanity Fair celebra il desiderio con un numero speciale dedicato all’amore. Protagonista di copertina, Cristina D’Avena come non l’avete mai vista

Vanity Fair celebra il desiderio, l’amore e la vita oltre questo momento difficile e lo fa mettendo in copertina un personaggio che ha scelto di smettere i panni consueti per vestire quelli di chi non ha alcuna intenzione di rassegnarsi alle asperità: una Cristina D’Avena splendente, fiera, padrona del proprio potenziale erotico, umano, affettivo.

La cantante e attrice – che ha esordito a 3 anni allo Zecchino d’oro e poi ha cantato le sigle di tutti i cartoni più amati da svariate generazioni – svela infatti il suo lato sexy (e inedito) nel numero di Vanity Fair in edicola da mercoledì 4 novembre. Nei panni di Dita Von Teese posa per questo numero speciale perché, come dice «In questi tempi incerti, l’unico modo per esorcizzare la paura è coltivare e praticare il desiderio».

«Il vero problema è che abbiamo perso l’innocenza: a marzo, quando è iniziato il primo lockdown, in fondo al tunnel c’era la speranza, l’andrà tutto bene, le canzoni sui balconi, le infornate di torte, le dirette Instagram. Tutti confinati, alcuni soli, altri in compagnia, comunque tutti convinti che si dovesse sacrificare qualcosa per riavere indietro tutto», scrive nel suo editoriale il direttore Simone Marchetti. «E invece eccoci qui: più delusi, più arrabbiati, forse persino più impauriti di prima. Perché a spaventarci non ci sono solo il virus e la prospettiva di un ennesimo crollo del lavoro, dell’economia e delle sicurezze: ci mette ansia non vedere la luce in fondo al tunnel, la fine di questo anno così terribilmente memorabile. E qui arriva questo nuovo, provocatorio numero di Vanity Fair: abbiamo pensato un giornale per celebrare il desiderio, l’amore, la vita, il corpo nostro e quello degli altri, la sessualità nostra, quella di chi amiamo e di chi desideriamo, oltre questo momento difficile».

Nelle pagine del numero Cristina D’Avena intervistata da Marchetti racconta che per lei valgono solo due cose in questo momento: la tolleranza e la speranza. «La tolleranza che si sta perdendo per via della faziosità dei social e di tanta politica contemporanea è fondamentale per capire tutto: gli altri, cosa non funziona, cosa funziona, come adattarsi. E la speranza è una sua conseguenza: la speranza è la virtù di chi riesce a vedere la luce in fondo al tunnel. È un esercizio di forza».

Come riesce a esorcizzare la paura? Vivendo il potere dei momenti che ancora abbiamo. «Bisogna amare, abbracciare chi possiamo, fare l’amore quando possiamo, approfittare di ogni singolo secondo come fosse un regalo. Non mi ritenga superficiale. Io penso che la mia vita e la mia carriera mi abbiano insegnato a coltivare una sana dose di fanciullezza. E tornare a essere bambini non significa essere superficiali. Vuol dire, invece, essere più positivi perché i bambini sanno essere leggeri, grande dote, e sanno convivere meglio con i momenti difficili perché posseggono la spensieratezza del reinventarsi».

Il suo ruolo di bimba donna e di donna bambina la fa amare indistintamente da uomini e donne perché incarna la spensieratezza dell’infanzia e i chiaroscuri sensuali dell’età adulta, perché è rassicurante e sembra di conoscerla da sempre. Cristina D’Avena ammette che le piace risvegliare il desiderio, essere fonte di attrazione e quando il direttore le chiede com’è stato cambiare così tanto la sua immagine per questa cover risponde: «È una provocazione, un invito a sciogliersi, a tollerare, ad amare di più, a sperare. Io penso davvero che questo sia da vivere come un momento di prova. E nei momenti di prova bisogna fare soprattutto una cosa: resistere. E non perdere mai la fiducia. Nel mentre, consiglio di chiudere le porte di casa, spegnere i social, tagliare fuori tutto e tutti. E amare. Noi stessi, chi ci è vicino, chi ci ama. Perché se ci si dimentica di amare, ci si dimentica di tutto».

Completano il numero degli approfondimenti dedicati al tema del desiderio: il sesso over 60 raccontato dalla scrittrice Lidia Ravera; l’eros secondo Barbara Alberti; le testimonianze dei figli delle stelle del cinema hard ovvero Leonardo Tano (figlio di Rocco Siffredi) e Mercédesz Henger (figlia di Éva Henger e Riccardo Schicchi); protagonista anche la designer Betony Vernon considerata la regina del gioiello erotico e Violeta Benini la «divulvatrice» che su Instagram conta oltre centomila seguaci; si esplorano anche il cybersex ai tempi del lockdown e del distanziamento sociale e Tinder, l’app di incontri che in tempo di Covid è diventata uno dei pochi posti dove conoscersi. Infine la redazione di Vanity Fair è andata a trovare Fabrizio Corona ai domiciliari.

Questa settimana il sito di Vanity Fair e il profilo Instagram si tingeranno di rosso con una serie di dirette, interviste e speciali per ragionare insieme sul desiderio, sulla sessualità e sul corpo oltre il momento difficile e oltre gli stereotipi.

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