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Ricetta Cernia alla ghiotta al forno

Ricetta Cernia alla ghiotta al forno

Pomodori, capperi e olive sono gli ingredienti fondamentali insieme a peperoncino ed erbe aromatiche per cucinare un pesce “alla ghiotta” secondo la tradizione siciliana. Questa preparazione è adatta a pesci come spada, gallinella, rana pescatrice, scorfano e cernia

Proprio quest’ultima è la protagonista della nostra ricetta che abbiamo preparato con qualche variante nella cottura rispetto a quella tradizionale in padella. La cernia, a filetti, cuoce in forno e separata dal suo sugo, così da mantenere le carni più consistenti. Il piatto ci guadagna in leggerezza e in nitidezza dei sapori.

Provate anche queste ricette: Pesce spada alla ghiotta, Baccalà in umido alla ghiotta, Empanada di pesce spada alla ghiotta.

Sartù di riso in bianco di mamma Margherita, bontà genuina

Sartù di riso in bianco di mamma Margherita, bontà genuina

Per le polpettine

300 g macinato
150 g pane raffermo
50 g parmigiano
1 uovo
sale q.b.
pepe q.b.
1 l di olio per friggere

Per i funghi

500 g di funghi
50 g di burro
1 spicchio di aglio
olio di oliva
prezzemolo q.b.
sale q.b.

Per i piselli

400 g di piselli
1 scalogno
olio di oliva
sale q.b.

Per il risotto

600 g di funghi
50 g di burro
1 scalogno
1 bel bicchiere di vino bianco
olio di oliva
sale

Procedimento

Per le polpettine, mettete in una ciotola il pane raffermo spugnato, in un’altra più capiente, la carne macinata, l’uovo, il pepe, il sale e un 50 g di parmigiano. Strizzate il pane e aggiungetelo al composto che mischierete. Al termine dell’operazione prendete con l’indice e il medio (come se voleste rubare la marmellata da un barattolo) piccole quantità di impasto e create le “leggendarie” polpettine. Ora prendete una padella ampia, o una pentola profonda, riempitela del litro di olio e portate a temperatura per friggere le polpettine (N.B. mia madre friggeva in poco olio, io in tanto; chissà se questo è un altro motivo del gusto diverso del piatto). Lasciatele asciugare sulla carta assorbente.

Mondate i funghi, tagliando la base dove è ancora attaccata un po’ di terra, e pulite la testa con un canovaccio (in napoletano mappina). Una volta puliti, metteteli a testa in giù e tagliateli di lungo, purché a pezzi omogenei tra di loro. In una padella abbastanza larga mettete 40/50 g di burro, due fili di olio e fate soffriggere lo spicchio di aglio schiacciato. Una volta dorato, alzate la fiamma e versate tutti funghi, saltateli. Coprite con un coperchio. Dopo qualche minuto, salate, pepate e continuate a cuocere, finché non saranno più asciutti. A questo punto spegnete il fuoco, aggiungete il prezzemolo. In una padella con l’olio extravergine d’oliva mondate e tritate lo scalogno tritato. Appena questo comincia a dorarsi aggiungete i piselli. Poi un bicchiere di acqua e lasciate cuocere a fuoco moderato fino a che l’acqua non sia del tutto evaporata. Salate.

Per il riso preparate un brodo vegetale (prezzemolo, carota, sedano, cipolla, pomodoro in acqua bollente o il classico dado vegetale). Pulite lo scalogno, tritatelo e mettetelo da parte. Mettete il riso in un colapasta e sciacquatelo sotto l’acqua corrente (N.B. questa cosa mia madre non l’ha mai fatta). In una pentola capiente mettete il burro e tre fili di olio. Accendete il fuoco e tenetelo basso. Aggiungete lo scalogno e, quando dorato, alzate la fiamma e aggiungete il riso. Giratelo e rigiratelo sino a che i chicchi non diventino trasparenti, quindi versate il bicchiere di vino bianco e lasciate sfumare. A questo punto aggiungete il brodo vegetale poco alla volta. Attendete che il riso abbia assorbito il brodo e aggiungetene dell’altro fino a cottura al dente. Spegnete il fuoco e lasciate riposare.

ricetta e indirizzi | La Cucina Italiana

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| La Cucina Italiana

«I tortellini bolognesi sono sexy! Con quella forma a ombelico di Venere*, quel ripieno così gustoso e il brodo così ricco di sapori». Per chef Bruno Barbieri non ci sono dubbi anche sul loro destino: «I tortellini bolognesi muoiono nel brodo». Un piatto della tradizione emiliana che «mi appartiene sin dalla infanzia, per profumo, sapore, emozione» spiega lo chef raggiungo al telefono, dopo la registrazione di una delle nuove puntate di MasterChef Italia. I tortellini sono anche un piatto tra i più amati dagli stranieri. Dici tortellini ed è subito Emilia Romagna. Almeno se lo chiedi al “turista enogastronomico”, il cui identikit è stato tracciato dall’ultimo Rapporto sul turismo enogastronomico italiano 2023.

«A Bologna i turisti non vanno via senza aver mangiato un piatto di tortellini. Anche negli Stati Uniti è diventato un piatto super top (come Wendy Cacciatori, chef di Nonna Beppa a New York e dei due locali Via Emilia 9 e Via Emilia Garden a Miami, o come Lucciola, un angolo di Emilia-Romagna nel cuore dell’Upper West Side di Manhattan, ndr), ma non diciamolo ad Antonino, che pensa che il piatto più famoso al mondo sia ancora la pizza…», ironizza chef Barbieri riferendosi all’amico e collega chef Cannavacciuolo, con cui sta girando le nuove puntate di MasterChef. «I tortellini oltre a essere sexy, sono una roba raffinata, perché, al di là agli ingredienti, hanno una storia emozionale, e alla gente piace il racconto, anche profondo, di un piatto». I tortellini preferiti da chef Barbieri sono due. «Se voglio quello dei ricordi sono al brodo, altrimenti mi piacciono anche con la crema al parmigiano. Mia nonna me li faceva mangiare nella variante con la panna, quella buona della campagna, dal latte appena munto. Certo, al brodo di gallina è la versione più raffinata, sai, quello che fa quelle belle stelline sopra».

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Il rituale del tortellino

Ma esistono delle regole per un tortellino a regola d’arte? «Ovviamente sì! «Se hai un grande brodo, i tortellini sono migliori con il ripieno cotto, se il brodo è più scarico, allora meglio con il ripieno crudo, che lo insaporisce». Occhio all’estetica. «Con il ripieno crudo la pasta, in cottura, fa la classica grinza, quelli con ripieno cotto invece sono perfetti». Ammesso che li sia fatti a regola d’arte. Lo sa bene lo chef che da bambino aiutava la nonna nella preparazione. In campagna a casa Barbieri c’era sempre la pentola del brodo che bolliva tutta la settimana, poi quando era il momento della preparazione, «il ripieno era già mangiato per la metà, poi istruiti dalla nonna li mettevamo in fila come soldatini, se ce n’era uno storto lei ce lo faceva mettere a posto. Ecco, questa è la tecnica, il rigore in cucina che ho imparato sin da bambino». E non è finita, perché il rituale prevedeva anche un altro passaggio. «Quando rimaneva la pasta la mettevamo sulla piastra della stufa, e diventava croccantina, mangiavamo i tortellini anche così, senza brodo, un po’ come fanno oggi fanno i cinesi con i loro ravioli. La Cina non ha inventato nulla!».

Dove mangiare i tortellini a Bologna

«Io i tortellini li ho sempre inseriti nel menù dei miei ristoranti, anche quando vado fuori mi piace farli assaggiare, fai sempre bella figura, ti lasciano qualcosa nel cuore, nell’anima, come i bruscolini, poi, vanno via uno dietro l’altro. Per le famiglie bolognesi è un cult. Ancora oggi: si dice “ci vediamo domenica a mangiare i tortellini da…”. A me piace andare da Daniele Minarelli, all’Osteria Bottega, dal 2005 uno dei templi sacri della gastronomia bolognese…». Pochi giorni fa qui sono stati avvistati anche Cesare Cremonini ed Elisa, proprio davanti a un piatto di tortellini. «Un’altro luogo un po’ fuori dai soliti giri, che risale ai primi del Novecento, è Donatello. Una super trattoria apparecchiata con la classica tovaglia, tante foto alle pareti. E poi… a casa di Barbieri! Sono una garanzia, anche perché mia madre mi lascia nel freezer sempre i sacchettini sia di tortellini e sia di brodo, per questo non mancano mai». Tra l’altro il brodo è anche un toccasana per raffreddori e influenze di stagione: «Mia madre mi curava così, con una tazza di brodo, non c’è medicinale che tenga».

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